periodico telematico quotidiano a carattere informativo
registrato il 17/03/2003 presso il Tribunale Civile di Roma Sezione Stampa n.106/2003
 
n. 250 Roma, 19 marzo 2004

Sommario

Colozzi: restrittive e ingiustificate norme su indebitamento Stato-Regioni prosegue impasse istituzionale
Ghigo: terrorismo; Europa protagonista pace Fisichella: riforme istituzionali ponderate e equilibrate
Lingua blu: assistenza agli allevatori Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia. Convegno a Torino
Colozzi: restrittive e ingiustificate norme su indebitamento

Non c'e' un indebitamento sommerso, una bolla pronta a esplodere. Lo ha sottolineato Romano Colozzi, assessore lombardo alle Finanze e coordinatore degli assessori regionali alle Finanze, all'audizione in commissione Bilancio del Senato, impegnata in un'indagine conoscitiva sull'indebitamento pubblico. Colozzi ha detto che non c'è nessun indebitamento fuori controllo.''Le Regioni - ha spiegato - partecipano per l'1,9% allo stock del debito pubblico''. Alle Regioni è sempre stata preclusa, in tutte le normative legislative varate dal 1970 in poi, la possibilità di contrarre mutui per il finanziamento della spesa corrente.
E oggi, mentre l'art. 119 della Costituzione - quello che introduce il federalismo fiscale - ''restava e resta inattuato nelle parti relative al federalismo fiscale, due leggi finanziarie, negli ultimi anni, hanno ripreso il tema dell'indebitamento delle Regioni''.
La finanziaria del 2003 ha previsto che qualora gli enti territoriali ricorrano adindebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, i relativi atti e contratti sono nulli, con la possibilita' per le sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti di irrogare sanzioni pecuniarie agli amministratori. LA Finanziaria 2004 ha infine introdotto ''una forte limitazione delle tipologie di spesa di investimento finanziabili con l'indebitamento''. ''Questa operazione - e' la critica delle Regioni di cui Colozzi si e' fatto portavoce - e' stata effettuata senza alcun preventivo confronto con le Regioni, anzi in maniera improvvisa e unilaterale tramite un emendamento presentato nella fase finale dell'iter parlamentare, quando ormai i bilanci regionali erano stati predisposti e in parte approvati''. Si tratta di uno dei cinque punti "irrinunciabili" sostenuti dalla conferenza delle Regioni e già posti all'attenzione del premier Berlusconi e al ministro Tremonti.
Si e' trattato, secondo Colozzi, di un'attuazione  ''restrittiva'' del dettato costituzionale, in ogni caso in  contrasto con la cautela della Corte dei Conti che,  nell'interpretazione dell'art. 119, aveva osservato la mancanza  della volonta' ''di restringere il significato del termine  'investimento' ''.
La volontà restrittiva del governo sulla capacità di investimento delle Regioni ''ha l'effetto di alimentare, come extrema ratio, il contenzioso Stato-Regioni anche perché le
Regioni sono nell'impossibilita' di finanziare con risorse diverse dall'indebitamento le spese per contributi agli investimenti''. L'effetto quantitativo delle decisioni prese dal governo con l'ultima finanziaria ha pesato per circa 2 miliardi di euro: a tanto ammontano i tagli sulla capacita' delle Regioni di co-finanziare gli investimenti pubblici e privati.
''Il sistema delle Regioni - ha osservato Colozzi - e' sempre stato adempiente agli obblighi derivanti dalle norme sul Patto di Stabilità Interno (PSI) così contribuendo al raggiungimento dell'obiettivo previsto dal Patto di stabilità ''.
A conferma della sostenibilità finanziaria dell'indebitamento delle Regioni, l'assessore lombardo ha ricordato i giudizi di merito di Standard&Poor's, di Moody's e di Fitch che, per alcune regioni, e' pari o addirittura superiore al giudizio di merito dello Stato.
Per quanto riguarda la sanità, il Governo deve alle Regioni 15 miliardi di euro. E' quanto le Regioni lamentano in termini di mancati trasferimenti.
''Il governo ha riconosciuto - ha aggiunto Colozzi - le sottostime dei livelli di finanziamento della spesa sanitaria ed ha adeguato le risorse incrementandole da circa 68 miliardi del 2001 a circa 75 miliardi per il 2004, sulla base dell'accordo del 3 agosto 2000, e da 71 a 81 miliardi sulla base dell'accordo dell'8 agosto 2001''. A fronte di tutto questo, pero', le Regioni hanno lamentato ''la dilatazione nei tempi di erogazione'' con il risultato che nel 2002 sono stati erogati circa 7 miliardi in meno rispetto al fabbisogno, nel 2003 le minori erogazioni ammontano a circa 8 miliardi. I ritardi accumulati dalle Regioni nell'incasso dei trasferimenti si sono ripercossi in una dilatazione dei termini di pagamento per i fornitori oppure hanno costretto le Regioni medesime a contrarre anticipazioni di cassa che, seppur escluse dalla tipologia di indebitamento, hanno generato cospicui oneri sul servizio. ''Al momento risultano ancora da incassare 2,3 miliardi per il 2002 - ha sottolineato Colozzi - e circa 8 miliardi per il 2003''.
Ecco il documento consegnato durante l'Audizione dalla Conferenza delle Regioni. Audizione che si è svolta in Commissione al Senato sul controllo dei flussi di finanzia pubblica, e in particolare sull'andamento del debito: AUDIZIONE DELLA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME PRESSO LA COMMISSIONE BILANCIO DEL SENATO NELL’AMBITO DELL’INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI EFFETTI E LE TECNICHE DI CONTROLLO DEI FLUSSI DI FINANZA PUBBLICA IN ORDINE ALL’ANDAMENTO DEL DEBITO CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA COMPONENTE NON STATALE
Fin da quando vennero istituite le Regioni a statuto ordinario il legislatore si pose il problema di disciplinare e limitare le loro possibilità di indebitarsi.
Infatti le modalità  di attivazione dell’indebitamento delle Regioni furono regolate dall’articolo 10 della legge 16 maggio 1970 n°281 “Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a Statuto Ordinario” che prevede la possibilità di contrarre mutui ed emettere obbligazioni:

·        esclusivamente per provvedere a spese di investimento nonché per assumere partecipazioni in società finanziarie regionali;

·        purché l’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione non superi il 25% dell’ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della regione;

·        purché il Consiglio Regionale abbia approvato il Rendiconto dell’esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce.

L’indebitamento delle Regioni non è mai stato quindi, fin dall’inizio, un indebitamento facile e legibus solutus.
Anzi, questa  disciplina normativa   è stata ripresa e confermata con l’articolo 22 della Legge 335/1976 nell’ambito della legge quadro in materia di bilancio e contabilità delle Regioni e quando la 335 è stata riformata  con il decreto legislativo n°76/2000 “Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni in attuazione dell’articolo 1, comma 4 legge 25 giugno 1999 n°208”, la normativa sull’indebitamento è stata aggiornata ma nella sostanza confermata rispetto alla versione precedente.
La legislazione contabile ha collegato, riconfermandoli, gli specifici vincoli posti dalla Legge 281 del 1970 alla disciplina dell’equilibrio di bilancio, e con l’articolo 5 del decreto legislativo n° 76/2000 ha previsto una globale ricomposizione dell’equilibrio finanziario mediante l’autorizzazione all’assunzione di mutui (o altre forme di indebitamento) attraverso la manovra di bilancio. L’autorizzazione all’indebitamento regionale è infatti previsto non in relazione a singole leggi di spesa di investimento ma per fare fronte ad esigenze di copertura da offrire globalmente agli investimenti previsti da specifici stanziamenti di cui in allegato alla legge di bilancio è obbligo dare conto.
Inoltre per assicurare la trasparenza del procedimento di indebitamento la legge prevede altresì la necessità di specificare l’incidenza dell’operazione sui singoli esercizi finanziari futuri nonché i mezzi necessari per la copertura degli oneri ed il coinvolgimento del Comitato Interministeriale per il Credito e per il Risparmio nel caso di emissione di prestiti obbligazionari.
Quindi la normativa dell’ordinamento contabile e finanziario preesistente all' articolo 119 della Costituzione escludeva già ogni finanziamento con indebitamento per la spesa corrente.
Le Regioni solamente in casi eccezionali, preventivamente autorizzati con Legge ordinaria dello Stato e limitati nel tempo hanno potuto contrarre indebitamento – a carico dello Stato o a proprio carico - per far fronte alla copertura di disavanzi pregressi quali quelli per le aziende sanitarie pubbliche e per le aziende di trasporto pubblico (l’ultimo provvedimento di autorizzazione in materia sanitaria è stato previsto dalla legge n°405/2001 di conversione del d.l. 347/2001, art.4, comma 4).
L’articolo 119 del nuovo titolo V della Costituzione, pertanto, ha precluso al legislatore ordinario la  possibilità di autorizzare le Regioni a contrarre indebitamento per fare fronte a spese correnti, possibilità che, come precisato, non era autonomamente agibile dalle Regioni.
Mentre l’articolo 119 della Costituzione restava e resta inattuato nelle parti relative al federalismo fiscale, due leggi finanziarie, negli ultimi anni, hanno ripreso il tema dell’indebitamento delle Regioni.
La legge finanziaria 2003, legge n 289 del 27 dicembre 2002, art.30, comma 15, ha previsto che qualora gli enti territoriali ricorrano ad indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’art.119 della Costituzione, i relativi atti e contratti sono nulli. Le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti possono irrogare agli amministratori, che hanno assunto la relativa delibera, la condanna ad una sanzione pecuniaria pari a un minimo di 5 e fino a un massimo di 20 volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione della violazione.
La legge finanziaria 2004, legge n.350 del 24 dicembre 2003, art.3, commi da 16 a 20 ha introdotto una  forte limitazione delle tipologie di spesa di investimento finanziabili con l’indebitamento. Questa operazione è stata effettuata senza alcun preventivo confronto con le Regioni, anzi in maniera improvvisa e unilaterale tramite un emendamento presentato nella fase finale dell’iter parlamentare, quando ormai i bilanci regionali costruiti sulle vigenti regole erano stati predisposti e in parte approvati, e quindi stravolgendone gli equilibri e praticamente annullando la possibilità per le Regioni di effettuare interventi a sostegno degli investimenti di soggetti quali le imprese, le famiglie e le associazioni, ivi compresi gli interventi a cofinanziamento di programmi di investimento attivati con i fondi strutturali dell’Unione Europea. La norma appare anche in contrasto con forme di indebitamento attivabili dalle Regioni con limiti di impegno autorizzati da altre leggi nazionali.
La legge statale ha quindi attuato il dettato Costituzionale in modo restrittivo, attraverso la puntuale indicazione delle tipologie di investimento, nonostante che la ratio della norma costituzionale sia piuttosto mirata ad escludere il ricorso all’indebitamento per il finanziamento della spesa corrente.
In tal senso la Corte dei Conti, nella relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni anni 2001 e 2002, ha osservato che “non è dato desumere dal testo del nuovo articolo 119 Cost. la volontà di restringere il significato del termine ‘investimento’, laddove l’intento è stato semmai di offrire una rafforzata garanzia al divieto di indebitamento per la spesa corrente già esistente nella legislazione ordinaria.” (art. 10 legge 281/70 tuttora in vigore).
Questo intervento restrittivo ha l’effetto di alimentare, come estrema ratio, il contenzioso Stato- Regioni di fronte alla Corte Costituzionale anche perché le Regioni   sono nell’impossibilità di finanziare con risorse diverse dall’indebitamento le spese per contributi agli investimenti delle imprese, delle famiglie e delle associazioni che ammontano ad oltre 2 miliardi € e costituiscono una leva molto importante ai fini dello sviluppo sociale ed economico dei territori regionali.
Né si può invocare a giustificazione di detto intervento che il debito regionale sia fuori controllo, specialmente ora che l’articolo 119 impedisce al legislatore ordinario di autorizzare indebitamento per spese correnti come in passato.
Infatti l’indebitamento delle Regioni a Statuto ordinario rilevato dalla Corte dei Conti nel referto al Parlamento sulle gestioni 2001 e 2002 ammontava alla fine del 2002 a 26,7 miliardi di euro di cui 13,9 miliardi con oneri a carico delle Regioni e 12,8 a carico dello Stato. Inoltre tale indebitamento era ascrivibile per 9,9 miliardi alla copertura della spesa sanitaria e per 17,6 miliardi alla copertura di spese di investimento. In definitiva il debito regionale rilevato dalla Corte dei Conti è di poco superiore al 2 per cento del PIL e contribuisce solo per l’1,96% a costituire lo stock del complessivo debito pubblico.
Inoltre si fa presente che il sistema Regioni è sempre stato adempiente agli obblighi derivanti dalle norme sul Patto di Stabilità Interno così contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo previsto dal Patto di Stabilità.
In questi ultimi anni le esigenze di razionalizzazione delle spese perseguite a livello nazionale e regionale hanno reso sempre più necessario un approccio di ottimizzazione anche della gestione delle passività regionali al fine di individuare spazi di riduzione del costo del debito. Come evidenziato anche dalla Corte dei Conti nell’analisi sulla finanza regionale, fra gli strumenti utilizzati a tal fine figurano operazioni di rinegoziazione del debito o una sua estinzione anticipata, gestione del debito sulla base di strumenti derivati.
A questo scopo si richiama l’articolo 41 della legge finanziaria 2002, legge °448 del 28 dicembre 2001, e il relativo decreto ministeriale di attuazione, riguardante gli strumenti di gestione del debito pubblico  che prevede, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica, il coordinamento dell’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti territoriali ad opera  del Ministero dell’Economia e delle finanze.
Inoltre si sottolinea che le Regioni, pur in pendenza dell’adozione del Decreto Ministeriale di attuazione del citato art.41, avvenuta nel dicembre 2003, hanno fin da subito pienamente collaborato alle attività di monitoraggio poste in essere dal Ministero dell’Economia.
In definitiva le Regioni trasmettono i dati relativi al monitoraggio dell’indebitamento al Ministero dell’Economia e delle Finanze (che peraltro dispone dei Conti consuntivi e dei relativi conti patrimoniali delle Regioni), alla Banca d’Italia e alla Corte dei Conti dimostrando con questo trasparenza e collaborazione.
Il basso livello del debito unitamente alla prudente e manageriale gestione del bilancio ha contribuito, unitamente alla stabilità politica e alla solidità dell’economia, a fare ottenere ad alcune Regioni giudizi di rating di Standard & Poor’s , di Moodys e di Fitch pari o addirittura superiori a quelli dello Stato: questo ha consentito di ottenere sui mercati internazionali collocazioni di tutto rilievo per quantità e qualità della domanda e per prezzi. Anzi, recentemente Standard & Poor’s ha declassato il giudizio di rating di Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Valle d’Aosta al livello di quello della Repubblica solo per il fatto che le leggi finanziarie 2003 e 2004 hanno bloccato la possibilità per le Regioni di utilizzare la leva fiscale, peggiorando in tal modo per le Regioni i costi di accesso al mercato finanziario.
Questa  situazione  attesta che l’indebitamento regionale non è né di elevata dimensione né fuori controllo.
Considerazioni specifiche a parte vanno fatte per quanto concerne il finanziamento della spesa sanitaria che trova le regole nell’accordo dell’8 agosto 2001 e nelle disposizioni legislative conseguenti e che non può trovare più alcuna copertura mediante l’indebitamento.
Tale accordo ha provveduto a:

·        definire un quadro stabile di evoluzione triennale delle risorse per il finanziamento dei fabbisogni sanitari correlati ai livelli essenziali di assistenza;

·        chiudere definitivamente fra Governo e Regioni la partita finanziaria sulla base del principio della corrispondenza delle risorse alle responsabilità;

·        impegnare le Regioni a far fronte con mezzi propri a eventuali ulteriori esigenze;

·        individuare e definire i L.E.A con apposito DPCM;

·        migliorare l’efficienza e la razionalizzazione dei costi.

Governo e Regioni si sono impegnati “in sede di prima applicazione dei nuovi LEA ad attivare un tavolo di monitoraggio e verifica, presso la segreteria della Conferenza Stato.Regioni, ….. sui suddetti livelli effettivamente erogati e sulla corrispondenza ai volumi di spesa stimati e previsti, articolati per fattori produttivi e responsabilità decisionali, al fine di identificare i determinanti di tale andamento a garanzia dell’efficienza e dell’efficacia del servizio sanitario nazionale.
Governo e Regioni si impegnano inoltre a valutare congiuntamente, nella stessa sede, gli effetti degli interventi concordati ai fini del controllo della spesa per la farmaceutica, per gli altri beni e servizi e per il personale.
Tutto ciò al fine del conseguimento di un’effettiva congruità fra prestazioni da garantire e risorse finanziarie messe a disposizione del SSN.
Il Governo si impegna ad accompagnare  eventuali variazioni di incremento dei Livelli essenziali di assistenza, decisi a livello centrale, con le necessarie risorse aggiuntive.”
Il Governo ha riconosciuto le sottostime dei livelli di finanziamento della spesa sanitaria ed ha adeguato le risorse  come segue:

milioni di euro

2001

2002

2003

2004

Accordo 3 agosto 2000

67.729,71

70.100,25

72.518,71

74.621,82

Accordo 8 agosto 2001

71.271,05

75.596,90

78.564,46

81.275,34

Le Regioni si sono impegnate a coprire le eventuali maggiori spese regionali, nel rispetto dell’Accordo Stato - Regioni dell’8 agosto 2001, con modalità che prevedono :

·        l’introduzione di misure di compartecipazione alla spesa sanitaria (ticket);

·        variazioni delle aliquote di tributi regionali  (manovra fiscale);

·        altre misure idonee a contenere la spesa  ivi compresi gli interventi sui meccanismi di distribuzione dei farmaci.

Con la legge n°405/2001, articolo 4, comma 4, è stata disciplinata l’ultima possibilità di copertura dei disavanzi pregressi, relativi all’anno 2000, attraverso l’autorizzazione a contrarre mutui con oneri a carico dei bilanci regionali.
Gli adempimenti previsti dall’accordo hanno assunto un carattere vincolante per le Regioni dal momento che vi è stata collegata una sanzione di natura finanziaria particolarmente severa ed inizialmente non prevista: le maggiori risorse messe a disposizione sulla base dell’accordo sono erogate con una procedura di gestione della liquidità penalizzante per le Regioni.
L’erogazione delle disponibilità finanziarie secondo il livello concordato avviene subordinatamente alla conclusione del tavolo di monitoraggio per la verifica degli adempimenti che si attiva l’anno successivo e comporta quindi l’erogazione del saldo delle risorse spettanti con oltre un anno di ritardo.
La dilazione nei tempi di erogazione ha fatto sì che nel 2002 siano stati erogati circa 7 miliardi di € in meno rispetto al fabbisogno (le risorse del 2002 sono state erogate a conclusione del tavolo di monitoraggio a fine 2003 per le Regioni risultate adempienti, nella misura corrispondente al 95% della compartecipazione IVA; resta ancora da erogare il saldo), nel 2003 le minori erogazioni ammontano a circa 8 miliardi di € da incassare dopo le verifiche che si svolgeranno nel 2004.
La Finanziaria 2004, a seguito di un emendamento introdotto su richiesta delle Regioni, stabilisce che per il 2004 le erogazioni di cassa verranno elevate al 95% del fabbisogno complessivo al fine di rimediare almeno in parte al problema, anche se le procedure per conseguire tale liquidità prevedono un Accordo in Conferenza Stato-Regioni sulla verifica degli adempimenti regionali.
In definitiva i tempi per incassare le risorse già assegnate e stanziate nel bilancio dello Stato costringono le regioni a dilatare i tempi di pagamento dei fornitori oppure a contrarre anticipazioni che, se anche non rientrano nella tipologia di indebitamento in quanto vengono chiuse a fine esercizio, generano oneri finanziari e impediscono di ottimizzare e razionalizzare le politiche di acquisto dei beni e servizi: adesso risultano da incassare somme per circa 2,3 miliardi relativi al 2002 e 8 miliardi del 2003, si tratta di risorse non aggiuntive ma somme che fanno parte del fabbisogno coperto, programmato e assegnato.
A questa situazione di scarsa liquidità del sistema si aggiunge il sottofinanziamento rilevato dal tavolo di verifica dei Livelli Essenziali di Assistenza che per l’anno 2001 ha rilevato un ulteriore fabbisogno di 3,9 miliardi. Questo maggior fabbisogno non può non riflettersi  negli anni 2002 , 2003, 2004 per cui il fabbisogno complessivo per il finanziamento dei LEA ammonta dal 2001 al 2004 a circa 18 miliardi di €.
Inoltre a questo maggior fabbisogno si aggiunge la partita rilevante per l’assistenza agli immigrati regolarizzati a seguito della “legge Bossi – Fini”. Le Regioni sono state gravate dei conseguenti oneri senza l’accompagnamento delle necessarie risorse aggiuntive in difformità dell’Accordo dell’8 agosto 2001; la rilevanza finanziaria è valutata in 850 milioni di euro circa per ciascuno degli anni 2004-2005-2006, tenuto conto degli ultimi aggiornamenti del Ministero dell’Interno sul numero di immigrati (650.000).
(gs)

Ghigo: terrorismo; Europa protagonista pace

“Come Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome – ha dichiarato Enzo Ghigo (nella foto con il Presidente Bassolino), nell’intervento alla manifestazione organizzata dall’ANCI contro il terrorismo -  ho sentito il dovere di essere presente a questa manifestazione perché insieme le istituzioni democratiche del nostro Paese facessero sentire a tutti i cittadini italiani in modo forte e unitario il loro “no” al terrorismo. Ed a nome delle Regioni Italiane tutte abbraccio in modo simbolico il popolo spagnolo volendo fare giungere a questo Paese amico e fratello i sentimenti di cordoglio e di solidarietà. Voglio affrontare qui tre ragioni che ci portano a partecipare in modo convinto a questo incontro. La prima è che la logica della violenza, del sangue, degli attentati terroristici, deve trovare il rifiuto netto, intransigente  ed unitario delle Istituzioni democratiche. Oggi siamo qui per discutere sulle ragioni che ci uniscono, e  non su quelle che ci dividono. E fra queste credo che rientri in modo prioritario la difesa della pace e l’avvio di una stagione di profondo rinnovamento istituzionale in Iraq. Se il sistema delle autonomie, dei Governi del territorio si ritrova oggi qui, in Campidoglio, in modo unitario, è perché avverte l’urgenza dell’avvio della stagione del dialogo. Ciascuno di noi individua probabilmente strade diverse per raggiungerlo, ma ciascuno di noi ha in mente questo obiettivo. Non ho mai condiviso l’atteggiamento di chi guarda alle relazioni internazionali in termini di confronto fra civiltà, e non credo che l’Occidente debba assumere un ruolo guida, sono invece persuaso che alle democrazie occidentali spetti un compito più difficile: quello di una partecipazione di valori che non rappresentano il patrimonio di singoli Stati, ma che sono, più in generale, il segno più evidente dei fondamentali diritti dell’uomo e sono l’espressione più alta della cultura dell’Occidente. Noi non siamo chiamati a imporre la democrazia, ma a testimoniarla e a diffonderla col nostro “agire locale”. Anche questa manifestazione - ed arrivo alla seconda ragione - è una tappa del percorso che dobbiamo fare per ricercare tutte le strade possibili per la soluzione dei tanti conflitti internazionali. Ma vogliamo affermare con forza che nessuno dei pur grandi problemi che colpiscono le aree più travagliate del Medio Oriente e del mondo può giustificare il terrorismo.
Con la stessa convinzione voglio però ricordare che dobbiamo rifiutare le strumentalizzazioni di questa difficilissima contingenza internazionale. Ecco perché, a mio avviso, chi ha colto questa occasione per lasciarsi andare ad interpretazioni strumentali, non aiuta il percorso della pace e della distensione internazionale.  Non solo gli Enti locali, le Regioni, i singoli Stati devono far sentire la loro voce contro il terrorismo ma è l’Europa che deve trovare ragioni forti per un suo ruolo politico. Per questi motivi credo che occorra intraprendere ogni sforzo perché si arrivi alla firma della Costituzione Europea. Io sogno un’Europa protagonista della pace, in grado davvero di saper essere partner di un “Nuovo Ordinamento mondiale”, quello che tra suoi principi fondanti ritrova sempre la “ragione del dialogo”.
La terza ragione di fondo sta nel ruolo attivo che le Istituzioni regionali e locali possono giocare nella lotta al terrorismo e nella difesa della pace. Regioni, Province e Comuni sono da sempre impegnati in attività di cooperazione internazionale, ed hanno in più occasioni rappresentato per il sistema Paese – penso al Medio Oriente, alla Bosnia, all’Albania, alle Regioni del Magreb e a tante altre zone del mondo – un punto di riferimento nel processo di ricostruzione e di rafforzamento delle Istituzioni nei Paesi delle aree di crisi. Far prevalere oggi il senso di responsabilità istituzionale è il modo migliore per reagire all’attacco che nei giorni scorsi ha colpito la Spagna e che purtroppo espone i Paesi europei alla violenza e all’opera distruttiva del terrorismo.  Il nostro “no” deve servire a far comprendere che saremo sempre uniti contro chi usa la morte per colpire la nostra cultura e la nostra democrazia, ma serve anche a far capire che in modo altrettanto unitario sosteniamo la necessità del dialogo con la maggior parte del mondo islamico che non  condivide l’opzione terrorismo. Sta a noi dimostrare cosa può significare, a partire da domani, l’impegno della “buona volontà” e della fermezza. E confido nelle capacità europee di far prevalere un soft power, anche nel dialogo con gli Stati Uniti. In questi giorni tristi, dopo il folle attentato di Madrid ancora decine di persone sono tornate a morire in Iraq. Dunque con più impegno dobbiamo lavorare per un orizzonte dove pace e libertà rappresentino facce della stessa medaglia, un orizzonte che non subisca più l’oscuramento delle nubi della follia terroristica”.
"Nessun Comune, nessuna Provincia e Regione d’Italia - ha detto invece il Presidente dell'Upi, Lorenzo Ria - sarebbe mai vinta dal dubbio di disertare questa iniziativa che intende esprimere, in una nuova coscienza europea, solidarietà al popolo spagnolo, cordoglio per le vittime di un disumano massacro e per le loro famiglie, augurio ai colpiti, per una rapida guarigione dalle ferite fisiche e psicologiche.
L’unità delle Province italiane non è generica, non è qualunquista né solo di anime belle. L’unità delle Province d’Italia non viene realizzata dalla maggioranza politiche che via via si alternano nella guida del Paese. La nostra unità sa parlare di pace senza ideologismi; sa condannare le guerre preventive; sa rivendicare un ruolo vero ed efficace agli organismi internazionali – a partire dall’ONU e dall’Unione Europea – nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti. L’idea di pace che noi esprimiamo, e sulla quale si fonda la nostra unità, non ha bisogno di aggettivi per definirsi o caratterizzarsi.  Così anche, la nostra risposta al terrorismo si esprime solo con un sostantivo: resistenza.

Le conclusioni sono state affidate a Leonardo Domenici
, Presidente dell'Anci: "Vorremmo che da questa piazza uscisse un messaggio di pace, non solo per immaginarla ma anche per costruirla''. E' stato questo uno dei passaggi con il quale il presidente dell'Anci, Leonardo Domenici, ha concluso gli interventi della manifestazione promossa nel pomeriggio in Piazza del Campidoglio. Domenici ha ringraziato, oltre ai rappresentanti del governo interventi, all'ambasciatore di Spagna e all'assessore madrileno Ilar Martinez, anche i rappresentanti delle comunita' islamiche, il rabbino capo Di Segni e il rappresentante della comunita' ebraica di Roma, Leone Paserman, presenti all'iniziativa. ''Anche le differenze ci possono arricchire - ha detto Domenici nel suo breve discorso -; questa e' la forza della democrazia, il suo essere valore universale''. Siamo qui - ha proseguito Domenici - per manifestare la volonta' di un cammino che viene prima della politica, che e' di natura etica, per dire quanto e' importante manifestare accanto al popolo spagnolo''. Domenici ha fatto riferimento ai ''fondamenti stessi del vivere'', ha citato Leopardi e il vangelo di Giovanni e ricordato il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira. ''Dobbiamo cercare di vivere in pace - ha detto - abituarsi all'idea dell'amicizia. Sappiamo che anche nei comuni, se non c'e' la concordia si va alla deriva e oggi il mondo e' una grande citta' dove bisogna imparare a vivere insieme''. Infine Domenici ha ringraziato i rappresentanti delle istituzioni spagnole presenti che sono state salutate dalla piazza con un lungo applauso. (sm)

Lingua blu: assistenza agli allevatori

Il Ministro della Salute Girolamo Sirchia e il Ministro delle Politiche Agricole Giovanni Alemanno insieme al Coordinamento degli Assessori alla Sanità e degli Assessori all’Agricoltura delle Regioni, Giovanni Bissoni e Nicola Marmo hanno incontrato oggi presso il Ministero della Salute i rappresentanti delle associazioni degli allevatori AIA, CIA Col diretti e Confagricoltura per fare il punto sulla situazione della profilassi vaccinale contro la Blue Tongue. Al termine dell’incontro Governo e Regioni hanno convenuto sulla necessità di proseguire la campagna vaccinale di prevenzione di questa malattia degli animali in quanto il vaccino è innocuo ed efficace ed è attualmente l’unico presidio scientificamente accertato in vaire sedi nazionali ed internazionali per contrastare la diffusione della Blue Tongue e consentire la movimentazione dei capi e quindi la loro commercializzazione. Rinunciare alla campagna vaccinale comporterebbe infatti l’impossibilità di movimentare gli animali con un danno inestimabile agli allevatori italiani. Governo e Regioni, alla luce del quadro preoccupante espresso dai rappresentanti delle associazioni di categoria hanno convenuto sulla opportunità di istituire un Comitato permanente di coordinamento formato da rappresentanti del Ministero della Salute, delle Politiche Agricole, dei Coordinamenti regionali degli Assessori alla Sanità e Agricoltura e dell’Associazione italiana allevatori. Il Coordinamento si occuperà anche della messa a punto delle forme di assistenza agli allevatori, compresi gli indennizzi, nonché della comunicazione nelle forme più idonee per assicurare la corretta informazione a sostegno delle categorie interessate. (red)

Stato-Regioni prosegue impasse istituzionale
I presidenti delle Regioni sono alla ricerca di riscontri da parte del governo, ma che al momento non da' alcun segnale concreto.  nel corso dell'ultima Conferenza a Roma hanno cercato di delineare le prossime strategie per sbloccare una ''situazione complessa, che non giova a nessuno'' come ha detto il presidente Enzo Ghigo, al termine dell'incontro. In particolare Ghigo ha fatto riferimento alla trattativa in corso con il ministro dell'Economia Tremonti, al quale i Presidenti delle Regioni hanno presentato da alcune settimane un documento con cinque richieste ''irrinunciabili'', per tre delle quali il ministro e lo stesso Berlusconi si erano impegnati per il loro l'accoglimento.
In particolare sulla proroga, per il 2004, del fondo di garanzia previsto dal Decreto legislativo 56/2000; sulla proroga, sempre per il 2004, del regime di trasferimenti per il finanziamento delle funzioni attribuite alle Regioni nell'ambito del decentramento amministrativo (legge 59/97 c.d. Bassanini e dlgs. 56/2000); infine sulla proroga, per il 2004, della definitiva determinazione
dell'aliquota di compartecipazione IVA (emanazione DPCM per il 2004 previsto dal dlgs. 56/2000).  Intanto le Regioni continuano a ribadire il loro ''assenteismo' dalle Conferenze Unificata e Stato-Regioni come lo stesso Ghigo ha confermato a meno che ''la prossima settimana - ha detto - non arrivino delle indicazioni come ci aspettiamo''. Il presidente della Conferenza  nel commentare la riunione ha detto di ''aver colto un forte senso di responsabilita' da parte dei colleghi che adesso tenteremo di rappresentare al governo per raccogliere, e' la mia speranza, un altrettanto consistente sforzo istituzionale''. Ma fra tra i presidenti delle Regioni c'e chi come il presidente delle Marche Vito D'Ambrosio propone, a fronte della mancanza di segnali, un'inizitiva da parte delle Regioni come ad esempio quella di ''chiedere noi una riunione della Conferenza Stato-Regioni in cui potremmo segnalare la preoccupante situazione di stallo e di conflittualita' interistituzionale. A questo punto forse dobbiamo essere noi - ha spiegato ancora D'Ambrosio al termine della Conferenza- a chiedere un confronto aspro tema su tema''.
Un'iniziativa, avverte D'Ambrosio, per evitare che la situazione si degradi senza vantaggi per nessuno. ''Ormai e' sempre più evidente nonostante i nascondimenti che si possono fare che la sostenibilità del sistema e' ormai vicina al punto di non ritorno. Si ragiona tutti i giorni per evitare che il Fondo monetario internazionale o l'Europa ci pongano problemi. Noi ribadiamo la nostra disponibilità a sederci a un tavolo e a uscire dall'Aventino, a fronte però di un riconoscimento della gravità della situazione economica e finanziaria da parte del governo...Ma non possiamo giocare a nascondino.
La Conferenza dei Presidenti delle Regioni sta comunque proseguendo i suoi lavori ordinari e ha approvato alcuni documenti. A parte quello relativo all'
audizione sul controllo dei flussi di finanza pubblica in ordine all'andamento del debito con riferimento alla componente non statale, sono stati licenziati altri documenti relativi a: 
una
Valutazione su schema di decreto attuativo delle legge 83/2003 - approvazione elenco progetti prioritari per via) ;
Valutazioni su proposte di legge in materia di stato giuridico degli insegnanti;
e le
Integrazioni proposte dalla Conferenza delle Regioni alle
Disposizioni per razionalizzare i flussi di erogazione finanziaria e per semplificare le procedure della gestione dell'attività della cooperazione decentrata .
Infine la Conferenza ha dato un primo via libera ad una bozza di accordo fra il Governo e le Regioni , che dovra comunque attendere il vaglio della conferenza Unificata,  sulla pianificazione elettrica che - per
Andrea Bollino, presidente del Gestore della rete nazionale di Trasmissione (Grtn) - segna ''una tappa cruciale nel percorso di ridefinizione dei rapporti con il territorio in materia di sviluppo delle infrastrutture''. L'intesa arriva a ''ridosso del nuovo piano di sviluppo della rete elettrica che il gestore ha inviato alle Regioni per un parere'' ed al ministero delle attività produttive ''per l'approvazione''. 
''Il punto qualificante dell'accordo - ha proseguito Bollino - e' la cosiddetta Vas (Valutazione Ambientale Strategica ), che permette d'individuare sul territorio dei veri e propri 'corridoi energetici' con minore
impatto ambientale''. Il prossimo passo - anticipa Bollino - sarà la stipula degli accordi di programma per la pianificazione elettrica con le singole Regioni. ''Dopo il Piemonte, la Calabria, l'Emilia-Romagna e la Lombardia - ricorda infine - potremmo a breve giungere alla firma dell'accordo con la Sicilia e con il Friuli''.
E' invece intervenuto per sollecitare un contesto di cooperazione europea - il presidente della Basilicata, Filippo Bubbico (nella foto)  - per risolvere il problema dei rifiuti radioattivi e le regioni, dirette interessate, devono rioccuparsi della questione dopo quanto avvenuto per il sito di Scanzano Jonico. ''Il governo aveva detto - ha ricordato Bubbico - che entro un anno si sarebbe dovuto individuare un sito per i rifiuti radioattivi di terza categoria e di una commissione tecnico-scientifica -ha spiegato Bubbico a margine della conferenza - La materia e' fortemente impattante per le Regioni e, siccome e' passato diverso tempo, oggi ho richiesto l'attenzione dei miei colleghi per darci una strategia e offrire al governo il punto di vista delle regioni, in modo da affrontare il problema che abbiamo e per sostenere le azioni che il governo mette in campo. Bisogna arrivare ad una soluzione condivisa in ambito europeo per i rifiuti di terza categoria''.  Il presidente della Basilicata ha quindi spiegato che l'Italia non produce più rifiuti di terza categoria (ad alta attività radioattiva) da quando venne dismesso il nucleare e che quindi il nostro paese non ha bisogno di un sito geologico, come invece e' stato prospettato dal governo. Bubbico ha, comunque, commentato positivamente le notizie degli ultimi giorni che riguardano ''iniziative tra il nostro governo e la repubblica federale russa per risolvere in un contesto di cooperazione il problema, in linea con la direttiva europea e coerentemente alle questioni che abbiamo di fronte''. L'idea sarebbe quella di trasferire i pochi rifiuti di terza categoria in realtà esterne al paese, ''e' ragionevole pensare che chi ha una maggiore quantità di questi rifiuti -ha spiegato- come la Germania, la Francia e altri paesi, possa ospitare anche quella piccola quantità che proverrebbe dal nostro paese, dove invece si producono in maggiore quantità i rifiuti di prima e seconda categoria (di bassa e media attività)''.   Il presidente
Filippo Bubbico rispetto all'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare ad hoc per indagare sulla scelta del governo che individuò all'epoca il sito di Scanzano Jonico, ha detto che si augura che questa possa ''ricevere il sostegno dalle forze di maggioranza, in quanto la Commissione bicamerale sui rifiuti si occupa di altro: come per esempio la patologia dei traffici illegali e quindi sarebbe opportuno una Commissione ad hoc che affronti in maniera specifica il problema che ha riguardato il decreto legislativo 314 (per la raccolta,
smaltimento e stoccaggio in condizioni di massima sicurezza dei rifiuti radioattivi)''. (sm)
Fisichella: riforme istituzionali ponderate e equilibrate

''Ho criticato la riforma del Titolo V attuata dalla sinistra nella scorsa legislatura, adesso critico questa riforma del centrodestra perche' da' luogo a una crescita della conflittualità istituzionale, della quale non abbiamo alcuna necessita'''. Lo afferma il vicepresidente del Senato Domenico Fisichella (nella foto), in un'intervista al 'Corriere della Sera', aggiungendo che sarebbe meglio una pausa di riflessione per varare ''riforme istituzionali ponderate e equilibrate''; ''ritengo -sottolinea- che accelerazioni forzate non giovino a una composizione ragionevole di questa riforma''.
A proposito del conflitto istituzionale che potrebbe sorgere, Fisichella osserva che ''gia' esiste un contenzioso elevato tra Stato e Regioni davanti alla Corte costituzionale, poi se si rafforza l'esecutivo occorre che ciò sia accompagnato da forme di garanzia sul conflitto d'interesse sul pluralismo dell'informazione, come il capo dello Stato ci ha ricordato più di una volta. Pertanto avere un
esecutivo più forte senza che ci sia una normativa incisiva su queste due materie può suscitare un elemento importante di problematicita'''.
''Credo che in questa fase della vita pubblica del nostro Paese non ci siano le condizioni per fare le riforme ponderate ed equilibrate -dice poi Fisichella nell'intervista al 'Corriere della Sera- Quindi è vero che la riforma incardinata al Senato sarà votata, giorno più giorno meno, il 25 marzo. Se, però, gli equilibri politici successivi al 13 giugno subiranno delle modificazioni nei rapporti tra le due coalizioni e all'interno di ciascuna delle coalizioni ciò farà emergere la necessità di accantonare questo tema''.
Cosi', aggiunge il vicepresidente del Senato, ''se all'interno della Casa delle Libertà non si confermano gli attuali equilibri, e' possibile che si decida di focalizzare l'attenzione sulla politica economica piuttosto che su quella istituzionale che, a mio avviso, incide negativamente sugli interessi collettivi del Paese''. E all'obiezione che Lega ricorda sempre che i patti con gli elettori vanno rispettati, Fisichella risponde che ''nessuna classe dirigente può privarsi del diritto di rivisitare criticamente un programma formulato tre anni fa per vedere se è ancora adatto alle esigenze della nazione''.(red)

Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia. Convegno a Torino

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali  e la Regione Pimeonte hanno orgamnoizzato un convegno dedicato ala tema: Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia". la manifestazione si svolgerà a Torino dal 22 la 23 marzo(Centro Congressi Lingotto).
Sono previsti, fra gli altri, interventi di:  Presidente Enzo Ghigo (Regione Piemonte, Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni), Assessore Antonio De Poli (Regione Veneto, con delega alle Politiche sociali e coordinatore della materia nell'ambito della Conferenza dei Presidenti delle Regioni).Il
programma è on line (red)

 

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