AUDIZIONE DELLA
CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
PRESSO LA COMMISSIONE BILANCIO DEL SENATO NELL’AMBITO
DELL’INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI EFFETTI E LE TECNICHE DI CONTROLLO
DEI FLUSSI DI FINANZA PUBBLICA IN ORDINE ALL’ANDAMENTO DEL DEBITO
CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA COMPONENTE NON STATALE
Fin da
quando vennero istituite le Regioni a statuto ordinario il
legislatore si pose il problema di disciplinare e limitare le loro
possibilità di indebitarsi.
Infatti le modalità di
attivazione dell’indebitamento delle Regioni furono regolate
dall’articolo 10 della legge 16 maggio 1970 n°281 “Provvedimenti
finanziari per l’attuazione delle Regioni a Statuto Ordinario” che
prevede la possibilità di contrarre mutui ed emettere
obbligazioni:
·
esclusivamente per
provvedere a spese di investimento nonché per assumere
partecipazioni in società finanziarie regionali;
·
purché l’importo
complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e
interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in
estinzione non superi il 25% dell’ammontare complessivo delle
entrate tributarie non vincolate della regione;
·
purché il Consiglio
Regionale abbia approvato il Rendiconto dell’esercizio di due anni
precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si
riferisce.
L’indebitamento delle Regioni non
è mai stato quindi, fin dall’inizio, un indebitamento facile e
legibus solutus.
Anzi, questa disciplina
normativa è stata ripresa e confermata con l’articolo 22 della
Legge 335/1976 nell’ambito della legge quadro in materia di
bilancio e contabilità delle Regioni e quando la 335 è stata
riformata con il decreto legislativo n°76/2000 “Principi
fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di
contabilità delle regioni in attuazione dell’articolo 1, comma 4
legge 25 giugno 1999 n°208”, la normativa sull’indebitamento è
stata aggiornata ma nella sostanza confermata rispetto alla
versione precedente.
La legislazione contabile ha
collegato, riconfermandoli, gli specifici vincoli posti dalla
Legge 281 del 1970 alla disciplina dell’equilibrio di bilancio, e
con l’articolo 5 del decreto legislativo n° 76/2000 ha previsto
una globale ricomposizione dell’equilibrio finanziario mediante
l’autorizzazione all’assunzione di mutui (o altre forme di
indebitamento) attraverso la manovra di bilancio. L’autorizzazione
all’indebitamento regionale è infatti previsto non in relazione a
singole leggi di spesa di investimento ma per fare fronte ad
esigenze di copertura da offrire globalmente agli investimenti
previsti da specifici stanziamenti di cui in allegato alla legge
di bilancio è obbligo dare conto.
Inoltre per assicurare la
trasparenza del procedimento di indebitamento la legge prevede
altresì la necessità di specificare l’incidenza dell’operazione
sui singoli esercizi finanziari futuri nonché i mezzi necessari
per la copertura degli oneri ed il coinvolgimento del Comitato
Interministeriale per il Credito e per il Risparmio nel caso di
emissione di prestiti obbligazionari.
Quindi la normativa
dell’ordinamento contabile e finanziario preesistente all'
articolo 119 della Costituzione escludeva già ogni finanziamento
con indebitamento per la spesa corrente.
Le Regioni solamente in casi
eccezionali, preventivamente autorizzati con Legge ordinaria dello
Stato e limitati nel tempo hanno potuto contrarre indebitamento –
a carico dello Stato o a proprio carico - per far fronte alla
copertura di disavanzi pregressi quali quelli per le aziende
sanitarie pubbliche e per le aziende di trasporto pubblico
(l’ultimo provvedimento di autorizzazione in materia sanitaria è
stato previsto dalla legge n°405/2001 di conversione del d.l.
347/2001, art.4, comma 4).
L’articolo 119 del nuovo titolo V
della Costituzione, pertanto, ha precluso al legislatore ordinario
la possibilità di autorizzare le Regioni a contrarre
indebitamento per fare fronte a spese correnti, possibilità che,
come precisato, non era autonomamente agibile dalle Regioni.
Mentre l’articolo 119 della
Costituzione restava e resta inattuato nelle parti relative al
federalismo fiscale, due leggi finanziarie, negli ultimi anni,
hanno ripreso il tema dell’indebitamento delle Regioni.
La legge finanziaria 2003, legge n
289 del 27 dicembre 2002, art.30, comma 15, ha previsto che
qualora gli enti territoriali ricorrano ad indebitamento per
finanziare spese diverse da quelle di investimento, in violazione
dell’art.119 della Costituzione, i relativi atti e contratti sono
nulli. Le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti
possono irrogare agli amministratori, che hanno assunto la
relativa delibera, la condanna ad una sanzione pecuniaria pari a
un minimo di 5 e fino a un massimo di 20 volte l’indennità di
carica percepita al momento di commissione della violazione.
La legge finanziaria 2004, legge n.350
del 24 dicembre 2003, art.3, commi da 16 a 20 ha introdotto una
forte limitazione delle tipologie di spesa di investimento
finanziabili con l’indebitamento. Questa operazione è stata
effettuata senza alcun preventivo confronto con le Regioni, anzi
in maniera improvvisa e unilaterale tramite un emendamento
presentato nella fase finale dell’iter parlamentare, quando ormai
i bilanci regionali costruiti sulle vigenti regole erano stati
predisposti e in parte approvati, e quindi stravolgendone gli
equilibri e praticamente annullando la possibilità per le Regioni
di effettuare interventi a sostegno degli investimenti di soggetti
quali le imprese, le famiglie e le associazioni, ivi compresi gli
interventi a cofinanziamento di programmi di investimento attivati
con i fondi strutturali dell’Unione Europea. La norma appare anche
in contrasto con forme di indebitamento attivabili dalle Regioni
con limiti di impegno autorizzati da altre leggi nazionali.
La legge statale ha quindi attuato
il dettato Costituzionale in modo restrittivo, attraverso la
puntuale indicazione delle tipologie di investimento, nonostante
che la ratio della norma costituzionale sia piuttosto mirata ad
escludere il ricorso all’indebitamento per il finanziamento della
spesa corrente.
In tal senso la Corte dei Conti,
nella relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni anni 2001
e 2002, ha osservato che “non è dato desumere dal testo del nuovo
articolo 119 Cost. la volontà di restringere il significato del
termine ‘investimento’, laddove l’intento è stato semmai di
offrire una rafforzata garanzia al divieto di indebitamento per la
spesa corrente già esistente nella legislazione ordinaria.” (art.
10 legge 281/70 tuttora in vigore).
Questo intervento restrittivo ha
l’effetto di alimentare, come estrema ratio, il contenzioso Stato-
Regioni di fronte alla Corte Costituzionale anche perché le
Regioni sono nell’impossibilità di finanziare con risorse
diverse dall’indebitamento le spese per contributi agli
investimenti delle imprese, delle famiglie e delle associazioni
che ammontano ad oltre 2 miliardi € e costituiscono una leva molto
importante ai fini dello sviluppo sociale ed economico dei
territori regionali.
Né si può invocare a
giustificazione di detto intervento che il debito regionale sia
fuori controllo, specialmente ora che l’articolo 119 impedisce al
legislatore ordinario di autorizzare indebitamento per spese
correnti come in passato.
Infatti l’indebitamento delle
Regioni a Statuto ordinario rilevato dalla Corte dei Conti nel
referto al Parlamento sulle gestioni 2001 e 2002 ammontava alla
fine del 2002 a 26,7 miliardi di euro di cui 13,9 miliardi con
oneri a carico delle Regioni e 12,8 a carico dello Stato. Inoltre
tale indebitamento era ascrivibile per 9,9 miliardi alla copertura
della spesa sanitaria e per 17,6 miliardi alla copertura di spese
di investimento. In definitiva il debito regionale rilevato dalla
Corte dei Conti è di poco superiore al 2 per cento del PIL e
contribuisce solo per l’1,96% a costituire lo stock del
complessivo debito pubblico.
Inoltre si fa presente che il
sistema Regioni è sempre stato adempiente agli obblighi derivanti
dalle norme sul Patto di Stabilità Interno così contribuendo al
raggiungimento dell’obiettivo previsto dal Patto di Stabilità.
In questi ultimi anni le esigenze
di razionalizzazione delle spese perseguite a livello nazionale e
regionale hanno reso sempre più necessario un approccio di
ottimizzazione anche della gestione delle passività regionali al
fine di individuare spazi di riduzione del costo del debito. Come
evidenziato anche dalla Corte dei Conti nell’analisi sulla finanza
regionale, fra gli strumenti utilizzati a tal fine figurano
operazioni di rinegoziazione del debito o una sua estinzione
anticipata, gestione del debito sulla base di strumenti derivati.
A questo scopo si richiama
l’articolo 41 della legge finanziaria 2002, legge °448 del 28
dicembre 2001, e il relativo decreto ministeriale di attuazione,
riguardante gli strumenti di gestione del debito pubblico che
prevede, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di
monitorare gli andamenti di finanza pubblica, il coordinamento
dell’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti
territoriali ad opera del Ministero dell’Economia e delle
finanze.
Inoltre si sottolinea che le
Regioni, pur in pendenza dell’adozione del Decreto Ministeriale di
attuazione del citato art.41, avvenuta nel dicembre 2003, hanno
fin da subito pienamente collaborato alle attività di monitoraggio
poste in essere dal Ministero dell’Economia.
In definitiva le Regioni
trasmettono i dati relativi al monitoraggio dell’indebitamento al
Ministero dell’Economia e delle Finanze (che peraltro dispone dei
Conti consuntivi e dei relativi conti patrimoniali delle Regioni),
alla Banca d’Italia e alla Corte dei Conti dimostrando con questo
trasparenza e collaborazione.
Il basso livello del debito
unitamente alla prudente e manageriale gestione del bilancio ha
contribuito, unitamente alla stabilità politica e alla solidità
dell’economia, a fare ottenere ad alcune Regioni giudizi di rating
di Standard & Poor’s , di Moodys e di Fitch pari o addirittura
superiori a quelli dello Stato: questo ha consentito di ottenere
sui mercati internazionali collocazioni di tutto rilievo per
quantità e qualità della domanda e per prezzi. Anzi, recentemente
Standard & Poor’s ha declassato il giudizio di rating di
Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Valle d’Aosta al livello di
quello della Repubblica solo per il fatto che le leggi finanziarie
2003 e 2004 hanno bloccato la possibilità per le Regioni di
utilizzare la leva fiscale, peggiorando in tal modo per le Regioni
i costi di accesso al mercato finanziario.
Questa situazione attesta che
l’indebitamento regionale non è né di elevata dimensione né fuori
controllo.
Considerazioni specifiche a parte
vanno fatte per quanto concerne il finanziamento della spesa
sanitaria che trova le regole nell’accordo dell’8 agosto 2001 e
nelle disposizioni legislative conseguenti e che non può trovare
più alcuna copertura mediante l’indebitamento.
Tale accordo ha provveduto a:
·
definire un quadro
stabile di evoluzione triennale delle risorse per il finanziamento
dei fabbisogni sanitari correlati ai livelli essenziali di
assistenza;
·
chiudere
definitivamente fra Governo e Regioni la partita finanziaria sulla
base del principio della corrispondenza delle risorse alle
responsabilità;
·
impegnare le Regioni
a far fronte con mezzi propri a eventuali ulteriori esigenze;
·
individuare e
definire i L.E.A con apposito DPCM;
·
migliorare
l’efficienza e la razionalizzazione dei costi.
Governo e Regioni si sono
impegnati “in sede di prima applicazione dei nuovi LEA ad attivare
un tavolo di monitoraggio e verifica, presso la segreteria della
Conferenza Stato.Regioni, ….. sui suddetti livelli effettivamente
erogati e sulla corrispondenza ai volumi di spesa stimati e
previsti, articolati per fattori produttivi e responsabilità
decisionali, al fine di identificare i determinanti di tale
andamento a garanzia dell’efficienza e dell’efficacia del servizio
sanitario nazionale.
Governo e Regioni si impegnano
inoltre a valutare congiuntamente, nella stessa sede, gli effetti
degli interventi concordati ai fini del controllo della spesa per
la farmaceutica, per gli altri beni e servizi e per il personale.
Tutto ciò al fine del
conseguimento di un’effettiva congruità fra prestazioni da
garantire e risorse finanziarie messe a disposizione del SSN.
Il Governo si impegna ad
accompagnare eventuali variazioni di incremento dei Livelli
essenziali di assistenza, decisi a livello centrale, con le
necessarie risorse aggiuntive.”
Il Governo ha riconosciuto le
sottostime dei livelli di finanziamento della spesa sanitaria ed
ha adeguato le risorse come segue:
milioni di euro |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Accordo 3 agosto 2000 |
67.729,71 |
70.100,25 |
72.518,71 |
74.621,82 |
Accordo 8 agosto 2001 |
71.271,05 |
75.596,90 |
78.564,46 |
81.275,34 |
Le Regioni si sono impegnate a
coprire le eventuali maggiori spese regionali, nel rispetto
dell’Accordo Stato - Regioni dell’8 agosto 2001, con modalità che
prevedono :
·
l’introduzione di
misure di compartecipazione alla spesa sanitaria (ticket);
·
variazioni delle
aliquote di tributi regionali (manovra fiscale);
·
altre misure idonee
a contenere la spesa ivi compresi gli interventi sui meccanismi
di distribuzione dei farmaci.
Con la legge n°405/2001, articolo
4, comma 4, è stata disciplinata l’ultima possibilità di copertura
dei disavanzi pregressi, relativi all’anno 2000, attraverso
l’autorizzazione a contrarre mutui con oneri a carico dei bilanci
regionali.
Gli adempimenti previsti
dall’accordo hanno assunto un carattere vincolante per le Regioni
dal momento che vi è stata collegata una sanzione di natura
finanziaria particolarmente severa ed inizialmente non prevista:
le maggiori risorse messe a disposizione sulla base dell’accordo
sono erogate con una procedura di gestione della liquidità
penalizzante per le Regioni.
L’erogazione delle disponibilità
finanziarie secondo il livello concordato avviene subordinatamente
alla conclusione del tavolo di monitoraggio per la verifica degli
adempimenti che si attiva l’anno successivo e comporta quindi
l’erogazione del saldo delle risorse spettanti con oltre un anno
di ritardo.
La dilazione nei tempi di
erogazione ha fatto sì che nel 2002 siano stati erogati circa 7
miliardi di € in meno rispetto al fabbisogno (le risorse del 2002
sono state erogate a conclusione del tavolo di monitoraggio a fine
2003 per le Regioni risultate adempienti, nella misura
corrispondente al 95% della compartecipazione IVA; resta ancora da
erogare il saldo), nel 2003 le minori erogazioni ammontano a circa
8 miliardi di € da incassare dopo le verifiche che si svolgeranno
nel 2004.
La Finanziaria 2004, a seguito di
un emendamento introdotto su richiesta delle Regioni, stabilisce
che per il 2004 le erogazioni di cassa verranno elevate al 95% del
fabbisogno complessivo al fine di rimediare almeno in parte al
problema, anche se le procedure per conseguire tale liquidità
prevedono un Accordo in Conferenza Stato-Regioni sulla verifica
degli adempimenti regionali.
In definitiva i tempi per
incassare le risorse già assegnate e stanziate nel bilancio dello
Stato costringono le regioni a dilatare i tempi di pagamento dei
fornitori oppure a contrarre anticipazioni che, se anche non
rientrano nella tipologia di indebitamento in quanto vengono
chiuse a fine esercizio, generano oneri finanziari e impediscono
di ottimizzare e razionalizzare le politiche di acquisto dei beni
e servizi: adesso risultano da incassare somme per circa 2,3
miliardi relativi al 2002 e 8 miliardi del 2003, si tratta di
risorse non aggiuntive ma somme che fanno parte del fabbisogno
coperto, programmato e assegnato.
A questa situazione di scarsa
liquidità del sistema si aggiunge il sottofinanziamento rilevato
dal tavolo di verifica dei Livelli Essenziali di Assistenza che
per l’anno 2001 ha rilevato un ulteriore fabbisogno di 3,9
miliardi. Questo maggior fabbisogno non può non riflettersi negli
anni 2002 , 2003, 2004 per cui il fabbisogno complessivo per il
finanziamento dei LEA ammonta dal 2001 al 2004 a circa 18 miliardi
di €.
Inoltre a questo maggior
fabbisogno si aggiunge la partita rilevante per l’assistenza agli
immigrati regolarizzati a seguito della “legge Bossi – Fini”. Le
Regioni sono state gravate dei conseguenti oneri senza
l’accompagnamento delle necessarie risorse aggiuntive in
difformità dell’Accordo dell’8 agosto 2001; la rilevanza
finanziaria è valutata in 850 milioni di euro circa per ciascuno
degli anni 2004-2005-2006, tenuto conto degli ultimi aggiornamenti
del Ministero dell’Interno sul numero di immigrati (650.000).
Roma, 18 marzo 2004
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