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periodico telematico quotidiano a carattere informativo
registrato il 17/03/2003
presso il Tribunale Civile di Roma
Sezione Stampa n.106/2003 |
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n. 329-
Roma, 13 luglio 2004 |
Sommario |
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Manovra economica critica |
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La
prossima manovra
finanziaria costerà alla Toscana circa 100 milioni di euro di risorse in
meno l'anno e una riduzione del Pil pari allo 0,12%. E' la previsione del
presidente della Regione
Claudio Martini,
elaborata sui dati provvisori forniti dall'Irpet (Istituto regionale per
la programmazione economica della Toscana).
In particolare - ha spiegato il Presidente della Toscana - è stato calcolato su base
annua che la spesa corrente del settore pubblico allargato subirà una
diminuzione di 53 milioni di euro, che il sostegno alle imprese calerà di
22 milioni di euro e che gli investimenti si ridurranno di 8 milioni di
euro. Per effetto dello stimato aumento dell'Irap, inoltre, subiranno una
frenata anche gli utili che le Fondazioni bancarie destinano annualmente
alla Regione (finora, in media 250 milioni di euro).
Toni tranquillizzanti dal Ministero dell'economia: "la limitazione della
spesa per consumi
intermedi di Regioni ed enti locali decisa con la manovra correttiva -
spiegano al MEF - non
comporta ulteriori sacrifici, ma è funzionale al raggiungimento degli
obiettivi fissati dal patto di stabilità interno, che restano invariati.
La precisazione è del
Sottosegretario all'Economia, Giuseppe Vegas,
secondo cui "si tratta di interventi che non si aggiungono a quelli
originariamente previsti, ma che concorrono - in presenza di criticità
manifestate sul fronte della spesa relativa ai miglioramenti contrattuali
del biennio 2002/2003 - a realizzare gli obiettivi prefissati, senza
compromettere le spese per consumi intermedi gia' sostenute. Le spese -
spiega il sottosegretario in una nota - agiscono infatti sulle
potenzialita' di spesa sino alla fine dell'anno. Gli effetti attesi dal
patto di stabilità interno per il 2004 - conclude Vegas (nella foto) - restano
confermati nella dimensione originariamente prevista".
E' lapidario il giudizio dell'Unione delle Province d'Italia sul taglio
del 10% imposto dalla manovra correttiva del governo: ''Si tratta - dice
il presidente dell'associazione, Lorenzo Ria - di un diktat che paralizza
gli enti locali. Parliamo di un taglio da 300 milioni di euro, questo il
regalo che il governo ha fatto alle province italiane''.
Queste misure si ripercuoteranno inevitabilmente sulla qualita' degli
edifici scolastici, sulla sicurezza delle strade, sulla qualita'
dell'ambiente, sulla messa in sicurezza dei territori,bloccheranno i
grandi processi di trasformazione in atto dei Centri per l'Impiego e
spegneranno ogni possibilita' di intervento sul terreno sociale.
Per il responsabile finanziario dell'Unione delle Province, e presidente
della provincia di Pisa, Gino Nunes, non resta che una strada: rifiutarsi
di rispettare il Patto di Stabilità. ''La manovra - ha spiegato - e'
gravissima a cominciare dal metodo: si penalizzano proprio i Comuni e le
Province, mettendo in ginocchio le loro funzioni fondamentali, quando sono
stati gli unici a rispettare il Patto di Stabilità. Per questo proporremo
di rifiutarsi di rispettare il Patto di Stabilità''.
Anche Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e responsabile per l'Anci
della Finanza locale, individua una forma di ''disobbedienza civile'': non
applicare il comma 11 dell'art.1 della manovra, che riguarda la riduzione
del 10% della spesa del triennio 2004-06.
''Ho appena sentito Veltroni - dice Chiamparino - ed e' d'accordo. La
nostra proposta potrebbe essere questa - anticipa - di fatto quanto
previsto dal decreto e' semplicemente impossibile da attuare. Se i Comuni
l'applicassero andrebbero tutti fuori legge'': "la strada che ci
resta e' la disobbedienza civile" (cfr: La Stampa:
Gli enti locali pronti alla disobbedienza).
"La spesa per consumi pubblici
- scrive
Roberto Perotti in un'analisi dedicata alle scelte di Tremonti
pubblicata su
www.lavoce.info
(cfr anche notizia successiva) - nel 2003 è aumentata rispetto
al 2001 dello 0,5 percento del Pil. Di questi, solo 0,2 punti percentuali
sono dovuti all’aumento della spesa per personale. Ciò sembra
contrastare con l’opinione diffusa che la spesa per consumi intermedi e
per il personale stesse aumentando fuori controllo, con aumenti nel 2003
rispettivamente del 19,5 per cento e del 9,3 per cento. Il motivo della
apparente contraddizione è semplice: questi ultimi dati si riferiscono al
settore statale, e sono di cassa; inoltre, omettono il fatto che nel 2002
la spese per consumi intermedi e per il personale del settore statale
diminuirono dell’2,4 e dell’1,3 per cento, rispettivamente".
''La manovra e' severa, ma accoglie gran parte degli emendamenti proposti
dalle Regioni'': e' all'interno di questi paletti che si muove la
riflessione di Romano Colozzi, assessore della Lombardia e coordinatore
degli assessori regionali al Bilancio. E questa riflessione Colozzi
proporra' mercoledi' ai suoi colleghi, convocati a Roma in vista della
Conferenza dei presidenti delle Regioni e della Stato-Regioni in programma
per
giovedì.
Secondo Colozzi ''era giusto fare di tutto per evitare l'early warning da
parte dell'Ecofin. Federalismo significa anche responsabilita': in un
momento di difficolta' ogni livello istituzionale deve fare la propria
parte'' (cfr. Il Sole 24 ore:
Regioni, allentati i vincoli del patto).
Colozzi ha detto di augurarsi che in futuro si possa creare un tavolo
permanente fra tutti i livelli della Repubblica ''dedicato esclusivamente
ai problemi di finanza pubblica: un tavolo che metta in evidenza quali
siano gli obiettivi finanziari da perseguire e che lasci, però ai
singoli livelli istituzionali la possibilità di raggiungere le finalità
concordate con gli strumenti più appropriati, senza invasioni di campo''.
Altro aspetto importante, secondo l'assessore della Lombardia, dovrebbe
essere la possibilita' di prevedere una percentuale di riduzione delle
spese diversa fra le Regioni.
''La Lombardia, ad esempio, ha la più bassa spesa di funzionamento in
assoluto e pertanto ha gia' adottato una seria politica di contenimento.
E' di grande importanza, invece, il fatto che siano stati recepiti tre
degli emendamenti ritenuti indispensabili dalle Regioni quali, ad esempio,
il ripristino per il 2004 dell'indebitamento per investimenti a favore di
privati, e la neutralità fiscale per la valorizzazione del patrimonio
pubblico''.
(sm) |
Discussione ancora aperta
sulle riforme |
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L'accordo sulla devolution
sarebbe stato trovato, forse, ma tra Udc e Lega l'"umore" è ancora
instabile, tra il teso e
il disteso (la Repubblica:Fumata
grigia sul federalismo ; il Sole 24 ore:
E sulla devolution posizioni ancora distanti;
il Messaggero:
Riforme, restano i nodi di premierato e competenze
regionali; il Tempo:
Incertezza sulle Riforme, oggi nuovo tentativo).
Nella verifica di maggioranza il nodo politico più difficile da sciogliere
sembra proprio quello della riforma federalista. Non si è trovato infatti
completamente l'accordo sugli emendamenti richiesti dall'Udc al testo ora
alla Camera e già passato in prima lettura al Senato.
La Lega continua a ripetere di essere nel Governo per attuare una riforma
che almeno tenda al federalismo. Ma è in gioco la stessa "devolution":
si
riconsiderano infatti totalmente le materie concorrenti ed esclusive
tra Stato e Regioni.
L'Udc chiede che siano attribuite alla competenza dello Stato alcune
materie oggi di competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, come
energia, infrastrutture e i principi di tutela della salute. La richiesta
di introduzione della clausola "interesse nazionale" ora si abbina ad una
prerogativa finale e definitiva dello Stato nel caso di "contesa". Non
solo cambia il modo di intendere la pari dignità istituzionale, definita
dal nuovo Titolo V, ma si chiede di passare ad una devoluzione che sposti
il baricentro della riforma più verso lo Stato.
Si parla anche di una "clausola di flessibilita": in sostanza il Governo
potrebbe avocare a sé alcune materie che, di volta in volta, sono
considerate come parte del suo programma di governo. Un potere
mitigato dalla possibilità per il Senato federale di porre un veto alle
leggi del governo, ma solo con un quorum molto elevato, cioè dei tre
quinti. In questo modo
sarebbe salva anche la devolution. A parte
questo, sul
Senato federale non sono stati ancora evidenziati altri motivi di
differenziazione, ma su questo tema le risposte arriveranno oggi in commissione Affari costituzionali
(Libero:
Federalismo, oggi l'esame alla Camera),
poiché dovrebbe iniziare il voto sulle proposta di modifica.
E Follini avverte: "non
ritiriamo gli emendamenti su federalismo e premierato in
commissione".
Calderoli, coordinatore delle
segreterie nazionali della Lega Nord,
dice: "Il modello di federalismo che abbiamo scritto offre le stesse possibilita', le stesse opportunita' a ogni parte del
Paese". E questo "a
maggior ragione se si pensa che tra i quattro saggi di Lorenzago l'unico
del Nord ero io. Gli altri saggi non avrebbero firmato per un federalismo
che andava solo a beneficio del Nord, danneggiando il Sud".
Per il presidente del
Friuli - Venezia Giulia Riccardo Illy, le
proposte dell' Udc sul tema del federalismo ''sono obiezioni fondate, ma
ciò che manca è un progetto alternativo coerente con quello che è necessario''. ''Perché forse - ha
aggiunto - l' Udc non ha proprio nei suoi geni il federalismo''.
''Del federalismo si è parlato in maniera quasi comica in Italia in
questi ultimi anni - ha detto ancora il Presidente del Friuli-Venezia Giulia - l' unica proposta che sembrava avere un senso era
quella della cosiddetta devolution, anche se è stata presentata in
maniera ambigua e confusa: penso per esempio alla polizia locale''.
Per affrontare seriamente il problema del federalismo - ha concluso Illy -
si deve attuare da un lato "il principio della sussidiarietà e dall'altro trovando un sistema di vera e propria compartecipazione al gettito
tributario, come già del resto nel nuovo Titolo V della Costituzione''.
E in Lombardia chiede l'apertura di un tavolo regionale della Casa delle liberta'
per difendere il federalismo
Davide Boni, capogruppo della Lega Nord, e lo fa indirizzando una lettera aperta al presidente Formigoni,
nella quale si parla della " legittima aspirazione di un futuro
federalista''.
Infine il presidente di Confindustria,
Luca Cordero di Montezemolo (nella foto), ritorna
sul tema e spiega che ''Il federalismo e' molto importante", ma
questo "localismo che ci sta uccidendo in Italia va esaminato con grande
attenzione".
(giuseppe schifini) |
Federalismo
fiscale: Fitto impugna
56/2000 |
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La Regione Puglia ha
deciso di impugnare davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio e davanti alla Corte Costituzionale il Decreto della Presidenza del
Consiglio dei Ministri applicativo del Decreto legislativo n. 56 / 2000
sul federalismo fiscale.
Il presidente Fitto (nella foto) ha chiarito di aver
preannunciato “questa
iniziativa esattamente un anno fa nella seduta della Conferenza Stato
Regioni considerandola una extrema ratio. Nello stesso tempo ho scritto al
Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica motivando
ampiamente il perché la Puglia, in assoluta solitudine, ha negato, in sede
di Conferenza Stato Regioni, l’intesa sullo schema del D.P.C.M. in
questione.
Ora non resta che essere coerenti nella piena coscienza di avere tutti i
titoli e le carte in regola per assumere tale iniziativa.
Il risanamento finanziario della Regione Puglia faticosamente conseguito
non può essere messo in discussione da un decreto che riteniamo non solo
incostituzionale ma tale da produrre un danno incalcolabile per la Puglia
e per l’intero Mezzogiorno.
Non ci si oppone solo ad un decreto formulato dal Governo Amato e al
conseguente D.P.C.M. dell’attuale Governo “per partito preso”.
Qui ad essere in gioco è il futuro della Puglia e del Mezzogiorno.
In queste circostanze l’unica fedeltà che conta è quella al proprio ruolo
istituzionale”.
Osservazioni sul D.lgs. n.56 / 2000 formulate dalla Regione Puglia nel
luglio 2003:
Il decreto legislativo 18 febbraio 2000 n. 56, adottato in attuazione dei
principi in materia di federalismo fiscale di cui all’art. 10 della legge
delega 13 maggio 1999, n. 133, è stato approvato per superare il riparto
delle risorse finanziarie determinato, in precedenza, dalla “spesa
storica”.
Tanto ha dato vita a un nuovo regime imperniato su parametri quali:
1) la capacità fiscale
2) la dimensione geografica
3) il fabbisogno sanitario
Trattandosi di principi ampiamente condivisibili, il provvedimento è stato
adottato con il consenso unanime di tutte le Regioni che hanno convenuto
però di verificare in seguito la rispondenza dei relativi meccanismi ad
una idonea e soddisfacente ripartizione delle risorse anche in funzione
della gradualità dell’applicazione prevista dal decreto per un arco
temporale di dieci anni.
(Com’è noto il meccanismo individuato dal citato decreto prevede il
riparto delle risorse sulla base di percentuali progressive a partire dal
2002 fino al 2013, anno in cui il Fondo verrà ripartito con nuovi
criteri).
In realtà, a distanza di 3 anni dall’approvazione del citato decreto, già
in fase di prima applicazione di tali meccanismi, sono emerse anomalie non
previste dal legislatore, tali da mettere in serio pericolo gli equlibri
finanziari di alcune Regioni.
Di certo se il citato D.P.C.M. applicativo del decreto 56 / 2000 dovesse
essere varato dal Consiglio dei Ministri nei termini attuali,
provocherebbe per tutte le Regioni meridionali una perdita secca, rispetto
alla “spesa storica”, determinando un vero e proprio trasferimento di
risorse dal Sud al Nord del Paese.
Sulla base dei dati contenuti nel suddetto schema di D.P.C.M., proiettati
fino al 2013, anno previsto per l’entrata a regime del decreto 56 / 2000,
la Regione Puglia, ad esempio, passerebbe da una perdita di 30 milioni di
euro per il 2002, ad una perdita di 70 milioni di euro per il 2003, fino
ad arrivare a una perdita di oltre 600 milioni di euro nel 2013 e, per
effetto dell’accumulo, subirebbe, nel decennio, una incredibile
decurtazione di risorse pari a circa 4 miliardi di euro.
Tale onere assolutamente insostenibile per la Regione Puglia ( si
consideri che il massimo sforzo fiscale consentito alla Puglia dalle norme
vigenti non farebbe recuperare, nel decennio, neppure la metà delle
risorse perdute) impone di contrastare, con ogni utile iniziativa, un
provvedimento che, se approvato, comprometterebbe in via irreversibile la
stessa sopravvivenza finanziaria della Regione.
Del resto quanto innanzi evidenziato trova specifici riscontri nelle
posizioni evidenziate dal Governo in sede di Conferenza Stato-Regioni e
della stessa Corte dei Conti i cui rilievi possono essere così
sintetizzati:
1) incostituzionalità rispetto al riformato articolo 119 della
Costituzione che prevede quale parametro per l’attribuzione delle quote
del fondo perequativo la sola capacità fiscale e non, come previsto dal
D.lgs. 56 / 2000 quello della dimensione geografica e del fabbisogno
sanitario;
2) mancata copertura del fabbisogno sanitario in contrasto con le
previsioni dell’art. 7, comma 2 dello stesso decreto 56 / 2000 il quale,
espressamente, stabilisce che le quote del fondo perequativo sono “fissate
in modo tale da assicurare comunque la copertura del fabbisogno sanitario
alle Regioni con insufficiente capacità fiscale”;
3) inattendibilità, incoerenza e non verificabilità delle fonti dei
gettiti posti a base dei meccanismi previsti dal decreto.
Per quanto esposto si evidenzia l’assoluta necessità di procedere al
superamento del Decreto 56 / 2000, prevedendo uno strumento alternativo
più coerente con l’art. 110 della Costituzione e che persegua l’obiettivo
di una più equa e razionale ripartizione delle risorse disponibili. Le
predette misure dovrebbero essere attuate prima dell’adozione del D.P.C.M.
in questione al fine di evitare un danno oneroso ed illegittimo non solo
alla Regione Puglia ma a tutte le Regioni meridionali.
(gs)
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Deficit tendenziale
per CER al 3,5% ; indebitamento PA primo trimestre a quota 6,1% del Pil |
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Un
deficit tendenziale che viaggia al 3,5%, per una crescita che non riesce ad
andare oltre la soglia dell'1%. Sono queste le previsioni del Cer per il
2004. E se per il Pil le cose sembrano migliorare a partire dall'anno
prossimo, le condizioni della finanza pubblica restano allarmanti.
Secondo gli economisti del
Centro Europa ricerche infatti, l'indebitamento
è
destinato ad attestarsi al 4,2% nel 2005, per poi scendere "appena al di
sotto di questo livello"nel biennio successivo. L'economia, invece,
potrebbe accelerare all'1,8% l'anno prossimo per raggiungere poi l'1,9% nel
2006 e nel 2007. E attenzione: senza i due miliardi di euro di risparmi da
reperire tramite misure amministrative, la manovra correttiva del Governo,
che corregge i conti dello 0,45% del Pil, non e' da sola sufficiente a
ricondurre il deficit sotto il tetto del 3%. Il Cer calcola in 5,5
punti percentuali di Pil la dimensione degli interventi non permanenti
adottati sui conti pubblici nel periodo 2000-2004. Il ricorso a queste
misure temporanee ha consentito di mantenere "il difficile equilibrio fra
rispetto dei vincoli europei, da una parte, e volontà di non sottrarre
risorse al sistema economico, dall'altra".
Il Patto di stabilità - si legge nel documento - ha mostrato limiti
importanti, ma ha comunque mantenuto l'omogeneità dei tassi di interesse
nell'area dell'Euro. Lo sfarinamento delle regole europee, cui l'Italia ha
dato un contributo, restituisce ora al mercato i poteri di sanzione sui
paesi indisciplinati. La discussione sulla revisione del Patto spinge
inoltre verso un irrigidimento della sorveglianza sulle economie ad alto
debito. Nell'uno e
nell'altro caso l'Italia rischia di essere penalizzata.
All'appuntamento con la fase di rialzo dei rendimenti internazionali
arriviamo infatti con i conti in disordine e un debito pubblico nuovamente
in crescita. In tali condizioni - concludono gli economisti del Cer - non
può essere esclusa l'eventualità di una riapertura del differenziale sui
tassi di interesse in danno del nostro Paese".
L'indebitamento
netto della Pubblica amministrazione, nel primo trimestre del
2004, secondo quanto reso noto dall'Istat (cfr.
Comunicato stampa in pdf;
Conto trimestrale Amm.ni Pubbliche - serie;
Note metodologiche in pdf) si è
attestato in Italia al 6,1 del Pil (6,0% nel primo trimestre 2003). In
valore assoluto la stima dell'indebitamento netto ammonta a 19.878 milioni
di Euro, con una crescita di 1.038 milioni di Euro rispetto al
corrispondente trimestre dell'anno precedente. Guardando al confronto
primo trimestre 2003-primo trimestre 2004 sul fronte delle uscite
aumentano, oltre alla voce "altre uscite correnti", le "prestazioni
sociali in denaro" e i "redditi da lavoro dipendente". Sul fronte delle
entrate si registra una flessione delle entrate in conto capitale (che
però pesano poco sul totale delle entrate) ed un aumento del 3% delle
entrate correnti.
Di debito pubblico
scrive anche Roberto Perotti (co-direttore del
Journal of the European Economic Association, e Research Fellow) in
un'analisi, pubblicata da
www.lavoce.info e dedicata ai principali effetti
delle scelte macroeconomiche dell'ex Ministro dell'economia, Giulio Tremonti
(nella foto). "Si afferma frequentemente -
scrive fra l'altro Perotti - che la discesa del debito pubblico è
rallentata sotto la gestione Tremonti." un traguardo che, secondo Perotti,
è dovuto agli "artifici contabili" che hanno contribuito a salvare le
apparenze. È infatti sul debito che si è scatenata maggiormente la
fantasia del ministero dell’Economia". Due le strategie seguite:
"anticipare entrate, portando i proventi in riduzione del debito, e
modificare lo status legale di alcune entità per farle uscire dalla
definizione delle Amministrazioni pubbliche. Riguardo alla prima, mentre come abbiamo visto solo
una parte delle cartolarizzazioni ha avuto effetti
dell’indebitamento netto, tutte hanno avuto effetti sul debito delle Amministrazioni pubbliche,
anche in questo caso il dato rilevante per il Patto. Riguardo alla
seconda, la "privatizzazione" della Cassa depositi e prestiti è
emblematica. Di per sé, questa ha portato una minima riduzione del
debito (0,6 miliardi di euro). Tuttavia, una volta privatizzata la Cassa,
il governo ha potuto "venderle" 11 miliardi di euro di partecipazioni
azionarie, e portare il ricavato in riduzione del debito". (...) Per un cittadino
però, continua Perotti , ciò che conta è il debito
pubblico totale di tutti gli enti che sono sotto il controllo pubblico:È interessante notare come, nella motivazione del downgrading
del debito pubblico, annunciata mercoledì 7 luglio,
Standard & Poor’s menzioni molto raramente
il debito, e si concentri prevalentemente sul disavanzo di bilancio: gli
artifici contabili sul debito servono a soddisfare formalmente il Patto,
ma non ingannano nessuno. L’impatto macroeconomico diretto di questi artifici contabili
- conclude Perotti - è
dunque probabilmente limitato. Ma il loro costo, in termini di immagine e
trasparenza, potrebbe rivelarsi alto; e in questo senso il loro impatto
macroeconomico indiretto potrebbe non essere trascurabile.
(stefano mirabelli) |
Cuffaro plaude ad
autorizzazione sbarco
sudanesi |
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''Le ragioni umanitarie sono l'anima più
autentica delle ragioni del diritto''. E' stato questo il commento del
presidente della
Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro,
alla decisione delle autorita' italiane di concedere l'autorizzazione
allo sbarco a Porto Empedocle dei 37 sudanesi dalla Cap Anamur.
''E' prevalsa la linea umanitaria che avevamo auspicato con forza - ha
detto Cuffaro - perche' prima del diritto degli Stati viene, nella
coscienza di ogni uomo il dovere inderogabile di salvaguardare la vita
umana. Ora dopo aver accolto questi disperati, gli Stati potranno far
prevalere le regioni del diritto''.
''Le vicende di queste settimane - conclude Cuffaro - siano di monito all'
intera Comunita' Europea, che non puo' chiudere gli occhi e lasciare che
siano i singoli paesi a gestire situazioni che travalicano i confini dei
singoli paesi. La Comunita' deve, da subito, mettere in atto tutti gli
strumenti necessari a superare quella che, ormai, si puo' considerare la
prima tragedia umanitaria del secolo, a partire da un vero Piano Marshall
del Mediterraneo che consenta di creare le condizioni di vita e di
sviluppo nelle aree dalle quali questi disperati partono alla ricerca di
una speranza di vita''.
(red) |
Ghigo avvia
confronto-riflessione per Regionali 2005 |
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Ghigo da' ormai per
scontata la propria candidatura per il terzo mandato da Presidente del
Piemonte, e si prepara in vista di una campagna elettorale che si
preannuncia lunga e molto combattuta. E per essere già pronto al via dal
prossimo settembre, termine entro il quale il centro sinistra ha
annunciato che comunicherà il proprio candidato definitivo, il presidente
ha convocato la sua giunta e tutti i consiglieri regionali della Cdl per
un ritiro di riflessione a porte chiuse nelle Langhe.Per due giorni gli
esponenti del centro-destra regionale in Piemonte faranno il punto sulla situazione politica e programmeranno le strategie da adottare per la volata
di fine legislatura.
Klaus
Davi, durante questo incontro - avrà il compito di analizzare il
verdetto del voto alle recenti amministrative ed europee, per
mettere a fuoco gli eventuali errori e studiare i passi migliori per
impostare la nuova campagna elettorale. Sabato scorso i Ds hanno
ufficializzato il nome del
segretario regionale Pietro Marcenaro come candidato da mettere in campo
per contendere a Ghigo la presidenza della Regione Piemonte.
L'attuale presidente del Piemonte parte con il vantaggio della visibilita'
acquisita in otto anni di amministrazione all'insegna, come ama
sottolineare, della ''concordia istituzionale''. E con l'aiuto che
gli deriva dall'essersi costruito una fama di moderato. Ma entrambi
i fattori per fruttare dovranno essere gestiti al meglio, altrimenti il
rischio e' che finiscano per ribaltarsi in svantaggi. Questo punto
e' molto chiaro a Ghigo, e anche ai suoi consiglieri. Il coordinatore
regionale di Forza Italia Guido Crosetto, infatti, sta lavorando attorno
alla proposta di varare una Lista Ghigo per il 2005.
Nel frattempo un sondaggio della Swg (200 individui per ogni
provincia, in 5 regioni), di cui da conto oggi
il Gazzettino,
effettuato sulle sole Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana ed
Emilia-Romagna, rivela che i Presidenti Vasco Errani e Claudio Martini
riscontrano un alto grado di fiducia da parte degli elettori (poco meno
del 60%). Più del 50% confermano fiducia ai Presidenti Ghigo (51%) e
Formigoni (54%). Più bassa la percentuale del Presidente Galan.
(red) |
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editore: Cinsedo - Centro Interregionale Studi e Documentazione
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Direttore responsabile: Marco Tumiati
In redazione: Stefano Mirabelli; Giuseppe Schifini
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