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Nuovo Patto Salute: Giani, Bonaccini, De Luca
(Regioni.it 4523 - 23/06/2023) Per Giani il rapporto diretto instaurato dal ministro Schillaci con i presidenti delle Regioni sia un metodo di lavoro proficuo. A breve ci saranno nuovi incontri e si attendono risposte.
Il presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, nel corso dell'incontro della Conferenza delle Regioni con il ministro della Salute, Orazio Schillaci, del 21 giugno evidenzia l’esigenza di aumentare le risorse destinate alla sanità pubblica: “Chiediamo finanziamenti certi - dice Giani - e non solo crediti esigibili come lo sono, ad esempio, i payback: risorse da investire sul personale, per ridurre le liste di attesa sulle prestazioni specialistiche che nei primi mesi dell’anno sono aumentate del 20 per cento, ma anche per popolare di medici ed infermieri a sufficienza le settantasette case di comunità che stiamo allestendo con i fondi del Pnrr e gli ospedali di comunità, in modo da farne strutture capaci di rispondere in maniera diffusa alle richieste dei cittadini”.
“Sarebbe grottesco – aggiunge Giani – costruire nuove infrastrutture e non avere il personale per renderle efficienti”.
Il presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, nel corso dell'incontro della Conferenza delle Regioni con il ministro della Salute, Orazio Schillaci, del 21 giugno evidenzia l’esigenza di aumentare le risorse destinate alla sanità pubblica: “Chiediamo finanziamenti certi - dice Giani - e non solo crediti esigibili come lo sono, ad esempio, i payback: risorse da investire sul personale, per ridurre le liste di attesa sulle prestazioni specialistiche che nei primi mesi dell’anno sono aumentate del 20 per cento, ma anche per popolare di medici ed infermieri a sufficienza le settantasette case di comunità che stiamo allestendo con i fondi del Pnrr e gli ospedali di comunità, in modo da farne strutture capaci di rispondere in maniera diffusa alle richieste dei cittadini”.
“Sarebbe grottesco – aggiunge Giani – costruire nuove infrastrutture e non avere il personale per renderle efficienti”.
La Toscana si candida anche ad ospitare una conferenza nazionale sulla sanità: per un’analisi della situazione nelle diversi parti d’Italia e per programmare insieme gli interventi necessari in questa delicata fase post pandemica.
“Durante la pandemia è emersa in maniera chiara la centralità delle questioni sanitarie e quanto importante sia investire sulla sanità pubblica - ricorda il presidente Giani - In tanti hanno ripetuto come, negli investimenti, la sanità dovesse venire prima di ogni altra cosa, ma oggi si ha la percezione invece che la sanità venga relegata ad una priorità non corrispondente all’appello che si faceva durante la pandemia”.
Toscana prima in Italia per contenimento delle liste d'attesa. Secondo la fondazione Gimbe la Toscana ha recuperato nel 2022 il 99% degli appuntamenti rimasti in arretrato nel 2021. Precede la Provincia autonoma di Trento (ferma al 95%) e l'Emilia Romagna (col 91%). Un risultato reso possibile attingendo al 92% delle risorse stanziate appositamente dallo Stato nel 2022, ma che è motivo oltre che di soddisfazione anche di pungolo per reclamare nuovi fondi al governo. "I numeri ci dicono che la strada intrapresa è quella giusta- spiegano il presidente della Regione Eugenio Giani e l'assessore alla Sanità Simone Bezzini- stiamo impiegando tutti gli strumenti possibili a disposizione, avviando una strategia condivisa con le aziende e i professionisti per contrastare il fenomeno". Sul fronte della domanda, aggiungono, "stiamo ultimando la delibera sull'appropriatezza delle prescrizioni, i cui risultati saranno visibili nel medio periodo. Sono invece già all'opera i coordinatori delle liste d'attesa nelle varie aziende, ovvero le nuove figure di riferimento introdotte con una delibera qualche mese fa e a cui è affidato l'organizzazione dell'offerta". Giani e Bezzini trovano conforto anche dai dati sui livelli essenziali d'assistenza, certificati dal ministero della Sanità, e dall'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Agenas. "Siamo però anche consapevoli che nei prossimi anni sarà necessario uno sforzo ancora maggiore per mantenere livelli alti e costruire un equilibrio tra qualità e quantità dei servizi e sostenibilità del sistema- avvertono- serviranno maggiori risorse da parte del governo per il fondo sanitario, per nuove assunzioni, per ridurre le liste d'attesa e dare piena attuazione alle riforme territoriali". Senza ulteriori risorse, concludono, "tutti questi obiettivi rischiano di non essere raggiunti".
Mentre il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sottolinea dopo la riunione col ministro Schillaci, "e con tutti i miei colleghi presidenti, dove abbiamo indicato che avanti così la sanità pubblica non può andare".
"Se ci sono delle regioni con i conti in rosso - aggiunge Bonaccini - è un problema nazionale, ma soprattutto è che hanno un'idea molto precisa: stanno tagliando la sanità pubblica. Siamo tornati per la prima volta, dopo anni, al di sotto del 7% nel rapporto tra Pil e spesa pubblica del Paese. Ma il peggio deve ancora venire, l'ho detto al ministro: se non correggete si va al 6,2, tra i peggiori in Europa".
Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, spiega: "Abbiamo fatto una ricognizione generale sulla sanità pubblica nel nostro Paese. Su alcuni punti abbiamo registrato una concordanza: ad esempio sulla drammatica situazione del personale e sulla necessità di un finanziamento per la sanità adeguato a un Paese civile. Su questo vogliamo fare una battaglia comune. Infine è drammatica anche la situazione dei pronto soccorso".
"Per il personale dobbiamo deciderci a prendere delle misure di guerra. La Campania non vuole fare come la Calabria, non vogliamo prendere medici cubani, portiamo Cuba nel cuore ma i medici cubani stanno bene a Cuba", afferma De Luca.
"Vogliamo avere prestazioni di qualità e garantite, non gente che viene per prendere una retribuzione oraria magari il doppio di quello che prendono i medici presenti, senza la garanzia della qualità delle prestazioni. Abbiamo un problema che riguarda i concorsi, anche qui dobbiamo prendere delle decisioni. Facciamo dei concorsi che vanno deserti per l'area dell'emergenza, per un periodo anche per gli anestesisti, fatto il concorso dopo 24 ore lasciano l'ospedale e se ne vanno da altre parti. Non va bene, facciamo fatica a mandare medici a Ischia, Capri e nelle aree disagiate. Vuol dire che almeno per due anni se fai il concorso stai dove diavolo devi stare".
Secondo De Luca occorre, poi prendere altre misure, "non c'è niente da fare: se partiamo oggi con il personale se ne parla tra sei anni, dobbiamo cominciare anche a far funzionare più il cervello. I giovani laureati di oggi sono più svegli rispetto alla mia generazione".
"Se un ragazzo si è laureato in medicina mandiamolo in trincea, non perdiamo tempo. Meglio quel ragazzo laureato rispetto a chi viene da Cuba. Il giovane non deve fare il primario, avrà il primario che lo educherà, lo aiuterà, ma probabilmente si formerà meglio lavorando in trincea e capendo la fatica, oltre che la crescita professionale. Non possiamo più consentirci tempi di attesa per scuole di specializzazione di 4, 5 o 6 anni. Non sono più tempi compatibili con la vita degli esseri umani. Dopo due anni vanno buttati in trincea subito, meglio questo che stare nell'impossibilità di fare i turni".
Per quanto riguarda il finanziamento della sanità, "bisogna arrivare almeno al 7% del Pil per la spesa sanitaria, recuperando l'inflazione e recuperando i costi per il rinnovo del personale che, caso unico nel comparto pubblico, grava sul fondo sanitario nazionale".
“Durante la pandemia è emersa in maniera chiara la centralità delle questioni sanitarie e quanto importante sia investire sulla sanità pubblica - ricorda il presidente Giani - In tanti hanno ripetuto come, negli investimenti, la sanità dovesse venire prima di ogni altra cosa, ma oggi si ha la percezione invece che la sanità venga relegata ad una priorità non corrispondente all’appello che si faceva durante la pandemia”.
Toscana prima in Italia per contenimento delle liste d'attesa. Secondo la fondazione Gimbe la Toscana ha recuperato nel 2022 il 99% degli appuntamenti rimasti in arretrato nel 2021. Precede la Provincia autonoma di Trento (ferma al 95%) e l'Emilia Romagna (col 91%). Un risultato reso possibile attingendo al 92% delle risorse stanziate appositamente dallo Stato nel 2022, ma che è motivo oltre che di soddisfazione anche di pungolo per reclamare nuovi fondi al governo. "I numeri ci dicono che la strada intrapresa è quella giusta- spiegano il presidente della Regione Eugenio Giani e l'assessore alla Sanità Simone Bezzini- stiamo impiegando tutti gli strumenti possibili a disposizione, avviando una strategia condivisa con le aziende e i professionisti per contrastare il fenomeno". Sul fronte della domanda, aggiungono, "stiamo ultimando la delibera sull'appropriatezza delle prescrizioni, i cui risultati saranno visibili nel medio periodo. Sono invece già all'opera i coordinatori delle liste d'attesa nelle varie aziende, ovvero le nuove figure di riferimento introdotte con una delibera qualche mese fa e a cui è affidato l'organizzazione dell'offerta". Giani e Bezzini trovano conforto anche dai dati sui livelli essenziali d'assistenza, certificati dal ministero della Sanità, e dall'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Agenas. "Siamo però anche consapevoli che nei prossimi anni sarà necessario uno sforzo ancora maggiore per mantenere livelli alti e costruire un equilibrio tra qualità e quantità dei servizi e sostenibilità del sistema- avvertono- serviranno maggiori risorse da parte del governo per il fondo sanitario, per nuove assunzioni, per ridurre le liste d'attesa e dare piena attuazione alle riforme territoriali". Senza ulteriori risorse, concludono, "tutti questi obiettivi rischiano di non essere raggiunti".
Mentre il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sottolinea dopo la riunione col ministro Schillaci, "e con tutti i miei colleghi presidenti, dove abbiamo indicato che avanti così la sanità pubblica non può andare".
"Se ci sono delle regioni con i conti in rosso - aggiunge Bonaccini - è un problema nazionale, ma soprattutto è che hanno un'idea molto precisa: stanno tagliando la sanità pubblica. Siamo tornati per la prima volta, dopo anni, al di sotto del 7% nel rapporto tra Pil e spesa pubblica del Paese. Ma il peggio deve ancora venire, l'ho detto al ministro: se non correggete si va al 6,2, tra i peggiori in Europa".
Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, spiega: "Abbiamo fatto una ricognizione generale sulla sanità pubblica nel nostro Paese. Su alcuni punti abbiamo registrato una concordanza: ad esempio sulla drammatica situazione del personale e sulla necessità di un finanziamento per la sanità adeguato a un Paese civile. Su questo vogliamo fare una battaglia comune. Infine è drammatica anche la situazione dei pronto soccorso".
"Per il personale dobbiamo deciderci a prendere delle misure di guerra. La Campania non vuole fare come la Calabria, non vogliamo prendere medici cubani, portiamo Cuba nel cuore ma i medici cubani stanno bene a Cuba", afferma De Luca.
"Vogliamo avere prestazioni di qualità e garantite, non gente che viene per prendere una retribuzione oraria magari il doppio di quello che prendono i medici presenti, senza la garanzia della qualità delle prestazioni. Abbiamo un problema che riguarda i concorsi, anche qui dobbiamo prendere delle decisioni. Facciamo dei concorsi che vanno deserti per l'area dell'emergenza, per un periodo anche per gli anestesisti, fatto il concorso dopo 24 ore lasciano l'ospedale e se ne vanno da altre parti. Non va bene, facciamo fatica a mandare medici a Ischia, Capri e nelle aree disagiate. Vuol dire che almeno per due anni se fai il concorso stai dove diavolo devi stare".
Secondo De Luca occorre, poi prendere altre misure, "non c'è niente da fare: se partiamo oggi con il personale se ne parla tra sei anni, dobbiamo cominciare anche a far funzionare più il cervello. I giovani laureati di oggi sono più svegli rispetto alla mia generazione".
"Se un ragazzo si è laureato in medicina mandiamolo in trincea, non perdiamo tempo. Meglio quel ragazzo laureato rispetto a chi viene da Cuba. Il giovane non deve fare il primario, avrà il primario che lo educherà, lo aiuterà, ma probabilmente si formerà meglio lavorando in trincea e capendo la fatica, oltre che la crescita professionale. Non possiamo più consentirci tempi di attesa per scuole di specializzazione di 4, 5 o 6 anni. Non sono più tempi compatibili con la vita degli esseri umani. Dopo due anni vanno buttati in trincea subito, meglio questo che stare nell'impossibilità di fare i turni".
Per quanto riguarda il finanziamento della sanità, "bisogna arrivare almeno al 7% del Pil per la spesa sanitaria, recuperando l'inflazione e recuperando i costi per il rinnovo del personale che, caso unico nel comparto pubblico, grava sul fondo sanitario nazionale".
( red / 23.06.23 )
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