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Federalismi.it: Pnrr ed effetti costituzionali
Editoriale su alcune prospettive di ricerca
(Regioni.it 4229 - 04/02/2022) “Le autonomie territoriali non vanno rafforzate soltanto per essere in grado di attuare, pro quota, le azioni del PNRR, ma devono altresì essere poste in condizione, mediante un irrobustimento delle loro strutture amministrative e l’attribuzione di risorse ulteriori, di sviluppare la loro autonomia, anche a fini di coesione territoriale”.
Nella rivista “federalismi.it” del 12 gennaio è stato pubblicato un editoriale di Nicola Lupo (Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università Luiss Guido Carli a Roma) su “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e alcune prospettive di ricerca per i costituzionalisti”, contenuto nella Rassegna mensile di dottrina del Consiglio di Stato – gennaio 2022.
L’analisi sul Pnrr è rivolta a sondare i territori costituzionali, in particolare quelli connessi alla gestione del Governo e ai rapporti tra Stato e autonomie territoriali, ma anche quelli di una consenziente cessione di poteri verso la comunità europea.
Terreni che sono stati mossi finora da un forte accentramento ministeriale, e da un decentramento dei processi decisionali verso l’Europa, con aspetti che si intrecciano tra loro e sempre più complessi costituzionalmente.
Nell’editoriale, che cerca di fotografare gli attuali percorsi, si intende dare gli strumenti per valutare quali possano essere gli effetti derivanti da questa situazione e le prospettive connesse.
La finora troppo fragile collaborazione istituzionale e politica, sollecita la comprensione su quello che sta succedendo in termini di riequilibrio dei poteri costituzionali.
“Anche i rapporti endogovernativi – spiega Lupo - vengono ad essere, com’è ovvio, ridefiniti. Anzi, si ricorderà come proprio sulla questione della predisposizione del PNRR e della definizione della sua governance il Governo Conte 2 palesò i suoi limiti, dimostrandosi incapace di individuare una soluzione concordata tra le forze della sua maggioranza e magari altresì in grado di assicurare un qualche coinvolgimento dell’opposizione. In un Governo, come quello attuale, in cui si è verificato, come di rado in epoca repubblicana, un allineamento lungo il medesimo asse tra i titolari dei tre organi che compongono il “cuore” della macchina governativa, ossia tra Presidente del Consiglio, Sottosegretario di Stato alla Presidenza e Ministro dell’economia, si è riconosciuto – come si era preavvertito già in sede di dichiarazioni programmatiche – il ruolo-chiave al Ministro dell’economia e alla sua struttura tecnica (decisamente la più europeizzata, tra le amministrazioni ministeriali), ma si sono altresì significativamente rafforzati i poteri di coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
Nella governance si evidenzia anche il rafforzamento delle strutture di coordinamento e di integrazione europea, al fine di negoziare in sede europea l’interesse nazionale in modo più proficuo attraverso le strutture tecniche, cercando un “punto di equilibrio tra politica e tecnica nelle istituzioni del governo “a Roma” e in quelle “a Bruxelles”.
“Le prime indicazioni – rileva Lupo - provenienti dalla prassi sono ancora troppo provvisorie per dire come tale governance abbia funzionato: il conseguimento dei 51 milestone e target è sicuramente importante, e non poteva ritenersi scontato, ma di per sé non è decisivo, in quanto le azioni più impegnative sono previste per gli anni successivi, a partire dal 2022; la Cabina di regia si è riunita due sole volte, con formato variabile, e finora non si è avviato nessun esercizio di potere sostitutivo. Tuttavia, il terreno di indagine pare assai proficuo, anche al fine di comprendere in che misura il ruolo del Presidente del Consiglio esca rafforzato”.
Ma in questo processo risulta ancora “assai complesso e meritevole di studi più specifici” il tema “degli effetti del PNRR sui rapporti tra Stato e autonomie territoriali. In proposito, e in termini generalissimi, va segnalato come, specie da parte delle istituzioni regionali, non siano mancate le critiche nei confronti dei contenuti del piano e della sua impostazione. In termini di processo decisionale, invero, è evidente che il PNRR si caratterizza per un impianto di tipo top-down, nel quale i soggetti titolari sono esclusivamente le amministrazioni ministeriali, mentre alle regioni, alle province e soprattutto ai comuni compete, per molti interventi, la delicata ed essenziale funzione di soggetti attuatori. È chiaro peraltro che la territorializzazione degli investimenti rappresenta una partita decisiva, in cui è costituzionalmente necessario un effettivo coinvolgimento delle autonomie interessate, in forme aggregate o individuali a seconda dei casi. Non va dimenticato che una delle finalità del Piano consiste appunto nella riduzione di quegli squilibri territoriali che invece sono andati accrescendosi negli ultimi decenni”.
Così si è stabilito che una quota di almeno il 40% delle risorse che possono essere ripartite sul territorio, anche attraverso bandi, sia destinata alle Regioni del Mezzogiorno.
A questo punto è chiaro che le autonomie territoriali devono essere in grado di rafforzarsi nell’attuazione del Pnrr e nel contempo “di sviluppare la loro autonomia, anche a fini di coesione territoriale”, rispetto alle politiche decise centralmente.
“È in questa lettura attiva e proattiva dell’autonomia che – afferma Lupo - mi paiono risiedere, in prospettiva, le potenzialità delle istituzioni territoriali, troppo spesso portate a muoversi, negli anni scorsi, in una logica meramente rivendicativa di competenze e di risorse in termini di principio (spesso unita, sul piano dei comportamenti concreti, ad un approccio negoziale, specialmente nel dietro le quinte).
Ad ogni modo, anche qui, è davvero presto per fornire indicazioni e valutazioni, in un senso o nell’altro.
Salvo registrare, nel corso del 2021, un clima più collaborativo in seno alle Conferenze Stato-autonomie territoriali, nell’attuazione del PNRR ma non solo, fors’anche come riflesso dell’ampia coalizione che supporta il Governo Draghi, che ha fin qui scoraggiato, su questi interventi, un uso tutto politico delle Presidenze di Regione”.
Il problema è di capire la natura della Costituzione italiana e anche i rapporti con l’Unione europea, in quanto le “limitazioni della sovranità nazionale, in favore di una sovranità europea condivisa e in progressiva affermazione”, toccano anche “il cuore delle politiche redistributive”.
Le istituzioni italiane sviluppano così con risorse europee “l’economia italiana lungo direzioni condivise con Bruxelles ”, evidenziando “gli intrecci in essere tra l’ordinamento europeo e quello nazionale”.
Tutto ciò coinvolge anche le garanzie “dei diritti fondamentali”, la “separazione dei poteri” e la “definizione dell’indirizzo politico”.
( gs / 04.02.22 )
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