Sommario
Un articolo di Claudia Tubertini, pubblicato da "Orizzonti del diritto pubblico"
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Contenzioso Stato-Regioni: come stanno davvero le cose
Troppe impugnazioni da parte dello Stato, progressivo peggioramento, dal 2018, della qualità dei ricorsi del Governo
(Regioni.it 4021 - 09/03/2021) Un "ingorgo spaventoso": così alcuni editorialisti (fra cui di Sergio Rizzo cfr. "Le Regioni, Una guerra sulle leggi che stritola cittadini e imprese") hanno sintetizzato la conflittualità tra Stato e Regioni dinanzi alla Corte costituzionale. Facendo riferimento ad un “rapporto" consegnato dall'ex ministro per gli affari regionali, Francesco Boccia alla Conferenza delle Regioni, si è sottolineato, fra l'altro, che nell’ultimo decennio quasi una legge regionale su 13 è stata impugnata dal Governo, e che tale percentuale negli ultimi tre anni è aumentata, impegnando la Corte per quasi un terzo della sua attività nell’esame di tali impugnative. E alla fine "La conclusione che se ne trae – già annunciata in premessa –è impietosa per tutto il sistema regionale: il rapporto Stato-Regioni è ormai una guerra senza soluzione di continuità, di cui vittime sono soprattutto le attività economiche e le imprese”.
Ma stanno davvero così le cose? "Il dovere di verità - sottolinea Claudia Tubertini (Università di Bologna), in un articolo pubblicato da "Orizzonti del Diritto Pubblico" -imporrebbe di estrapolare da essi non solo i dati necessari a confermare le proprie teorie, ma di riportare anche a quelli che tali teorie potrebbero mettere in discussione".
In realtà il "rapporto" non è altro che la "Relazione sul contenzioso costituzionale in via principale relativo alle leggi delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano nel periodo dal 2015 al 2020" - elaborata dal gruppo di lavoro, istituito dal Ministro Boccia – ed il documento si concentra non solo sulle ipotesi in cui l’iniziativa governativa si è conclusa con l’accoglimento del ricorso, ma anche su quelle in cui l’esito è stato a favore delle Regioni". "Esaminando, infatti, gli esiti per capi di sentenza, dalla Relazione emerge la sostanziale soccombenza del Governo nel 39% dei casi (27% per infondatezza e 12% per inammissibilità); dato che porta il gruppo di lavoro a concludere che “la prospettazione delle questioni da parte dello Stato talvolta non è “centrata” o appare carente sul piano dei requisiti processuali” e che “le impugnazioni sono troppe e dovrebbero essere più chirurgiche”. Il “progressivo peggioramento, a partire soprattutto dal 2018, della qualità dei ricorsi del Governo” porta gli autori dell’analisi a suggerire di tentare sempre una interpretazione secundum constitutionem della disposizione che si intende impugnare, onde evitare la pronuncia di infondatezza; e, per evitare le pronunce di inammissibilità, a proporre l’adozione da parte del Ministro, o del Presidente del Consiglio, di indicazioni vincolanti sulle modalità di redazione delle richieste di impugnativa da parte degli Uffici legislativi dei Ministeri, in particolare specificando, per ciascuna questione sollevata, la necessità di precisare il parametro costituzionale violato e la norma interposta, in modo da creare, in sostanza un meccanismo di filtro e selezione più stringente delle questioni che realmente meritano l’avvio di un contenzioso costituzionale".
Basterebbe questa sottolineatura di Claudia Tubertini a fornire "una rappresentazione più completa e meno sbilanciata" delle cause dell’esplosione del contenzioso costituzionale Stato-Regioni, e verrebbe polemicamente da chiedersi di chi sia la colpa, se “lo scorso anno un provvedimento regionale ogni 88 ore e 32 minuti è stato spedito alla Corte costituzionale”.
Basterebbe questa sottolineatura di Claudia Tubertini a fornire "una rappresentazione più completa e meno sbilanciata" delle cause dell’esplosione del contenzioso costituzionale Stato-Regioni, e verrebbe polemicamente da chiedersi di chi sia la colpa, se “lo scorso anno un provvedimento regionale ogni 88 ore e 32 minuti è stato spedito alla Corte costituzionale”.
A ben vedere, non sono solo gli abusi legislativi e le illegittimità normative delle Regioni ad alimentare il contenzioso costituzionale, ma (anche) l’eccessivo ricorso dello Stato alla tecnica dell’impugnazione per contrastare tutti gli interventi del legislatore regionale, anche quelli legittimi. A tacer del fatto -prosegue Tubertini - che l’aumento progressivo della produzione legislativa regionale – particolarmente evidente, e segnalato nella relazione, specie in alcune Regioni, molto meno in altre – è dato che non può trascurarsi in una analisi di questo tipo, che sui numeri complessivi dei ricorsi fonda l’intero ragionamento".
Nella Relazione ci sono molti altri dati interessanti: il peso specifico, nel contenzioso costituzionale, della legislazione delle Regioni a Statuto speciale; le materie su cui il contenzioso è più ricorrente; gli ambiti incui il Governo risluta più spesso soccombente: coordinamento della finanza pubblica, tutela della concorrenza, ordinamento civile).
Per quanto riguarda poi la "prassi dell’impegno formale assunto dal Presidente della Giunta regionale a modificare, sostituire o abrogare la norma oggetto di censura da parte delle Amministrazioni centrali", Claudia Tubertini ricorda che è lo stesso gruppo di studio a suggerire tutto sia reso più trasparente e regolamentato, a partire dalla definzione di una "data certa di sottoposizione delle modifiche al Consiglio regionale, in modo che all’impegno assunto si ottemperi nell’arco della legislatura regionale, promuovendo in tal modo il funzionamento di un istituto che si inquadra nella tanto auspicata “leale collaborazione”. Csì come appare "condivisibile la proposta di promuovere, se del caso in sede di Conferenza Stato-Regioni, un nuovo accordo sulla qualità della legislazione regionale" per "migliorare la tecnica di redazione degli atti legislativi regionali e ridurre, conseguentemente, le occasioni di impugnativa".
Quindi - conclude Tubertini -è vero "che il nostro sistema istituzionale abbisogna, mai come ora, dell’azione coordinata di tutti i livelli di governo" ed è vero che "i rapporti Stato-Regioni (ma anche quelli Stato, Regioni ed autonomie locali) sono un punto dolente del sistema" e che "il miglioramento di questo rapporto è indispensabile per cittadini e imprese”. Ma la questione va affrontata con spirito critico, sì, ma anche costruttivo". Diversamente si finisce solo per alimentare la "sfiducia, o peggio, di spingere cittadini e imprese a invocare soluzioni centripete, davvero poco praticabili, e soprattutto dagli esiti incerti".
[Orizzonti del Diritto Pubblico] Il contenzioso costituzionale Stato-Regioni: di chi è la “colpa”?
( red / 09.03.21 )
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