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Presentata indagine su infrastrutture e contratti pubblici: serve semplificazione
Webinar promosso da Conferenza delle Regioni, Confindustria , Ance e Luiss
(Regioni.it 3966 - 09/12/2020) 5104 stazioni appaltanti e 217 operatori economici - rispondendo ad un’indagine realizzata da Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Confindustria, Ance e Luiss - hanno fornito una vera e propria radiografia delle difficoltà del sistema dei contratti pubblici nel nostro Paese.
Emerge un giudizio critico sul Codice dei contratti pubblici del 2016 che risulta di difficile applicazione, che ha rallentato la realizzazione degli investimenti pubblici e che ha aggravato gli adempimenti burocratici. Anche il decreto sblocca cantieri non sembra aver risolto le principali criticità normative preesistenti (lo pensa l’81% dei Responsabili unici del procedimento, Rup, più giovani e le percentuali scendono al salire dell’età, fino a un comunque robusto 62% nella fascia dei più anziani). Perplessità anche sulla normativa anticorruzione: solo il 13 % dei Rup che hanno un ruolo di direttore/dirigente apicale la ritiene utile e rispondente ad esigenze di trasparenza Rispetto al grado di criticità delle varie fasi del ciclo dei contratti pubblici l’attenzione dei Rup si concentra su gara e aggiudicazione.
Tra le misure che potrebbero far funzionare meglio il sistema gli oltre 5000 Rup consultati indicano una razionalizzazione del numero delle stazioni appaltanti e secondo le 217 imprese è fondamentale un percorso di qualificazione e professionalizzazione delle stazioni appaltanti.
Sono questi solo alcuni dei dati della ricerca che è stata illustrata nel corso dell’evento on line “PERCHE’ IN ITALIA LE OPERE PUBBLICHE SONO FERME?” da Bernardo Giorgio Mattarella (Professore Ordinario di Diritto Amministrativo presso la LUISS “G. Carli”).
In apertura dei lavori il Vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Giovanni Toti, ha ricordato che “Oggi – attraverso i dati di questa ricerca - più di 5000 Responsabili Unici del Procedimento (RUP) ed oltre 200 imprese di diverse dimensioni inviano al mondo delle istituzioni un messaggio univoco: ‘semplificate davvero e fate presto!’ ”.
“Per costruire opere pubbliche - ha spiegato il presidente della Liguria in una nota diffusa ddal Regione - serve un sistema legislativo funzionale, lo dico parlando da Genova, da quella città che ha ricostruito un viadotto attraverso una convergenza di intenti e volontà e secondo un momento di felice collaborazione tra i vari livelli di governo. Costruire un ponte in due anni, non sarebbe una cosa miracolosa in altri Paesi del mondo. Qui da noi lo abbiamo fatto senza derogare a nessuno dei principi cardine della concorrenza, dell’affidamento dei controlli sulla criminalità organizzata, né di quelli dell’ANAC (Autorità Nazionale Anti-corruzione ndr), all’epoca infatti Cantone è venuto più volte a sovrintendere i lavori di sorveglianza che hanno funzionato, allontanando aziende che non avevano i requisiti. Un ponte che non si è fermato neanche con la prima ondata del Covid, segno che quando il nostro ordinamento è nelle condizioni, riesce a realizzare le opere. Questo significa che non è impossibile farlo, ma servono le semplificazioni di cui si parla tanto”.
“Spero che questa indagine – ha detto Toti – serva a chiarire una volta per tutte il motivo per cui si fatica in Italia a far camminare i cantieri pubblici e rappresenti uno stimolo bipartisan per modernizzare il Paese, costruire reti infrastrutturali nei tempi giusti e fare in modo che il denaro non resti appoggiato sul bilancio degli enti pubblici per tanto tempo. Se non si affrontano questi nodi la tagliola del 2026 del Recovery Fund scatterà e noi rischieremo di indebitare ulteriormente il nostro Paese”. Secondo Toti “né le gare europee che si trascinano per anni, né il sistema di controllo sugli appalti possono essere un freno alla realizzazione di infrastrutture che hanno un senso se realizzate nei tempi giusti e ragionevoli, altrimenti rischiamo di costruire un sistema poco utile alla modernizzazione paese di cui l’Italia avrà così bisogno al termine della pandemia”.
“Mi auguro – ha proseguito Toti – che, come dopo la peste del 1300, Genova e il suo porto seppero risollevarsi con una grande stagione di opere pubbliche nell’Umanesimo e poi nel Rinascimento e dopo il rimbalzo che seguì la tragedia delle due Guerre mondiali , così dopo il Covid dobbiamo essere pronti alla ripresa, abbiamo poco tempo e nel mentre bisogna dotarsi di un quadro normativo utile, come si è fatto con il ponte San Giorgio”. “Con il Recovery Fund la politica si è occupata di più di come recuperare debito pubblico, piuttosto di come utilizzare quei fondi, ma questo è il dibattito fondamentale. In questo modo il rischio fondato è quello di costruire un gigantesco debito, il 160% del nostro PIL, e utilizzare il Recovery con tempi talmente lunghi da renderlo inefficace, perché una volta progettate, se realizzate in tempi infiniti le opere saranno superate dagli eventi”. Lo ha ribadito il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti intervenendo al webinar organizzato sul ritardo delle opere pubbliche in Italia. “Tutto questo avviene – ha continuato Toti - proprio alla vigilia di una serie di opere che dovrebbero essere di grande sviluppo. Noi pensiamo alla grande diga del porto di Genova e a due quadranti ferroviari Genova – Rotterdam e Lisbona -Kiev. Noi dobbiamo anche riflettere su come questo Paese sia piano piano scivolato dal miracolo dell’autostrada del Sole, 1000 km che attraversano l’Italia, realizzati in soli tre anni, a una media di 6 anni per la realizzazione di un’opera pubblica di medie dimensioni. Per questo serve un sistema legislativo funzionale che non rinunci ai sistemi di controllo e alla necessità della concorrenza. Ma non possono essere né le gare europee che si trascinano per anni, né il sistema di controllo sugli appalti un freno alla realizzazione delle infrastrutture”.
“Come Conferenza delle Regioni – ha concluso Toti – vogliamo che la battaglia che stiamo facendo per fare in modo che il Recovery Plan che il Governo presenterà all’Unione Europea risponda davvero alle priorità dei territori e dei cittadini e non sia il frutto si idee calate dall’alto di qualche pur rispettabilissimo supermanager. Come Regioni abbiamo già censito i progetti di cui – a nostro avviso - il Paese avrebbe bisogno per il Piano nazionale di Recupero e Resilienza. Noi siamo pronti e se Il Governo vuole ascoltarci credo che possa essere davvero possibile creare una grande opportunità di rilancio in grado di rimettere in moto velocemente le economie dei diversi territori”.
I lavori sono poi proseguiti con una tavola rotonda, moderata da Giorgio Santilli (Il Sole 24 ore), a cui hanno partecipato Giuseppe Busia (Presidente ANAC), Fulvio Bonavitacola (Coordinatore della Commissione Infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome), Giulio Veltri (Consigliere di Stato), Stefan Pan (Delegato del Presidente di Confindustria) e Edoardo Bianchi (Vicepresidente ANCE). L’intervento di Paola De Micheli (Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti) ha concluso i lavori.
Prendendo spunto proprio dai dati presentati oggi, Fulvio Bonavitacola (Commissione infrastrutture Conferenza delle Regioni) si è soffermato su “alcuni tabù che insieme Stato e Regioni hanno il dovere di sfatare. Il primo è che appesantimenti burocratici e complessità delle procedure possano rappresentare un antidoto alla corruzione. Il secondo è che il processo di responsabilizzazione del dirigente pubblico coincida con un aggravio normativo che invece, al contrario, ha generato il fenomeno diffuso della “paura della firma” ed una fuga dalla responsabilità. Infine il tema delle “procedure di gara e delle aggiudicazioni” che ha bisogno di un serio tagliando. Temi su cui come Conferenza delle Regioni abbiamo fatto diverse proposte concrete per semplificare i procedimenti e rendere più celere il processo che porta alla realizzazione delle opere pubbliche. Siamo stati finora inascoltati, ora ci auguriamo che l’atteggiamento dell’esecutivo cambi”.
Per Stefan Pan (Confindustria) “l’uscita dalla crisi economica provocata dalla pandemia non può prescindere da un effettivo rilancio della politica infrastrutturale e dal miglioramento dell’efficienza programmatica e realizzativa degli investimenti in opere pubbliche. Giocano un ruolo determinante l’efficienza dei processi decisionali, l’adeguamento professionale e tecnologico della pubblica amministrazione, una migliore qualità progettuale e un’efficace regolazione del mercato dei contratti pubblici. Per il buon funzionamento complessivo della politica infrastrutturale non si può ricorrere continuamente a correttivi o a deroghe, ma serve un sistema normativo e regolatorio il più possibile semplice, chiaro, flessibile e ragionevolmente stabile nel tempo”.
Infine Edoardo Bianchi (Vicepresidente Ance) ha rimarcato “Da oltre venti anni il mercato dei lavori pubblici è afflitto da una schizoide ipertrofia normativa e da una progressiva carenza di risorse perché destinate prioritariamente a favore della spesa corrente. In tutto il settore vige una presunzione di colpevolezza che ha definitivamente bloccato ogni cosa. Serve chiarezza sulla centralità, per ora solo a parole, delle infrastrutture per rilanciare il Paese.”
"Alla domanda di questo convegno, che è "perché in Italia non si fanno le opere?", io rispondo ribadendo che 17 miliardi di cantieri che abbiamo sbloccati nei 14 mesi li abbiamo sbloccati per volontà politica. Non c'era nessun atto amministrativo che fosse insormontabile. Nessun atto amministrativo è insormontabile nell'ambito della legittimità di un progetto che è legittimità del finanziamento di un progetto". Lo ha detto la ministra delle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli intervenendo all'evento. "Io credo che la prima vera grande questione per fare le opere è che si decidano di fare. Mi dispiace se non aderisco alla tesi molto diffusa che è tutta colpa della burocrazia, delle procedure. C'è il problema delle firme, delle autorizzazioni e della burocrazia, altrimenti non saremmo arrivati a fare il decreto semplificazioni, ma per me, per i miei primi 17 miliardi di Cantieri e Rfi e per i prossimi 20 mld che abbiamo in cantiere per il 2021 la vera questione è decidere di fare le opere ed essere conseguenti quando si aprono i cantieri".
"La discussione nazionale e territoriale su moltissime opere è ancora una discussione sul se farle, come farle, addirittura sul tornare indietro di cantieri già aperti", ha spiegato la ministra, precisando che "il meccanismo della discussione pubblica sulle ragioni e modalità dell'apertura dei cantieri registra ancora una grandissima difficoltà".
"Per la terza volta chiederò al governo di modificare la modalità con cui si compongono e definiscono i contratti di programma delle due grandi stazioni appaltanti nazionali. Non perché mi voglia sottrarre a nessun tipo di controllo, ma perché penso che la costruzione di un contratto di programma possa essere fatta in maniera collegiale rispetto ai passaggi burocratici e poi lasciare fuori soltanto il tempo della firma per la definizione degli aspetti amministrativi".
Infine "C'è un altro problema problema non banale, soprattutto per le opere di Anas e Rfi, che è la modalità con cui confezioniamo i contratti di programma. Penso che un contratto di programma non possa girare per avere pareri per 3 anni, quando sono chiare le opere che si finanziano e le fonti di finanziamento", ha spiegato la ministra.
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME, CONFINDUSTRIA, ANCE
INDAGINE SU INFRASTRUTTURE E CONTRATTI PUBBLICI: CODICE APPALTI RALLENTA INVESTIMENTI. SERVE SEMPLIFICAZIONE
Galleria Fotografica
Seminario: Perché opere pubbliche sono ferme? - 9.12.2020
Link al Seminario dal canale YouTube di Regioni.it
De Micheli, problema contratti programma, chiederò modifica
De Micheli, per opere vera questione è decidere di farle
++ De Micheli, sbloccati 17 mld cantieri,con volontà politica ++
( red / 09.12.20 )
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