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Regioni.it

n. 3943 - mercoledì 4 novembre 2020

Sommario
- Bonaccini convoca la Conferenza delle Regioni per il 5 novembre
- Pandemia: il parere delle Regioni sul Dpcm
- Pandemia: il testo del Dpcm in vigore dal 5 novembre
- Pandemia: fasce contagio Dpcm siano prima confrontate e condivise
- Istituto Superiore di Sanità: pandemia accelera
- Interporti: osservazioni sulla proposta di Legge Quadro in discussione alla Camera

Documento della Conferenza delle Regioni del 22 ottobre

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Interporti: osservazioni sulla proposta di Legge Quadro in discussione alla Camera

(Regioni.it 3943 - 04/11/2020) Il 22 ottobre la Conferenza delle Regioni ha approvato un documento sulla proposta di Legge Quadro in materia di interporti (centri attrezzati per la raccolta e lo smistamento di merci trasportate su strada e su rotaia).
Il testo (che si riporta di seguito integralmente) è stato poi illustrato nel corso dell'audizione che si è tenuta lo scorso 28 ottobre (vedi "Regioni.it" del 29 ottobre).
Osservazioni sulla proposta di legge “Legge Quadro in materia di interporti” (AC 1259) –documento per l’audizione del 28 ottobre
- Premessa
La proposta di legge AC 1259 introduce una nuova disciplina quadro in materia di interporti, in sostituzione di quella attualmente contenuta nella legge 4 agosto 1990, n. 240 "Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci ed in favore dell'intermodalità", di cui viene prevista la quasi totale abrogazione.
Appare molto positivo e condivisibile l’aggiornamento di una normativa che risale a 30 anni fa, soprattutto alla luce di una serie di novità che hanno inciso fortemente sul sistema dei trasporti negli ultimi decenni, tra le quali l’evoluzione tecnologica, la sempre maggiore attenzione alle questioni relative alla sostenibilità ambientale e, soprattutto, la definizione ed implementazione delle reti TEN-T, la cui revisione è prevista per il 2021 e il cui sostegno, correttamente, è uno degli obiettivi della presente pdl (art. 1, comma 2, lett. c).
Come evidenziato nel Piano strategico della portualità e della logistica, gli interporti sono strutture complesse, che si collocano al centro della supply-chain e che sono in grado di accogliere non solo imprese di trasporto e logistica, ma anche aziende specializzate in lavorazioni differenti (imballaggi, assemblaggi, etichettature ecc.).
All’art. 1, co. 4, lett. a) l’interporto è definito come “il complesso organico di infrastrutture e servizi integrati di rilevanza nazionale gestito in forma imprenditoriale al fine di favorire la mobilità delle merci tra diverse modalità di trasporto, con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e l’efficienza dei flussi logistici, in ogni caso comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione”.
Tale definizione di interporto si avvicina maggiormente alla disciplina europea, in particolare alla definizione del Rail Road Terminal – RRT, termine impiegato attualmente nel lessico della rete TEN-T e nel Reg. (UE) 1315/2013.
Compare il criterio dell’unicità gestionale, che è requisito essenziale di un RRT, da non intendersi come unicità soggettiva: gestione da parte di un soggetto privato, un’impresa, eventualmente anche partecipata dal pubblico (parte della dottrina propende per il profilo pubblicistico e per la configurazione degli interporti come organismi di diritto pubblico), ma non necessariamente unitaria nella dimensione soggettiva, quanto piuttosto in quella funzionale, per cui sembra naturale la forma consortile.
Inoltre, è attribuita rilevanza nazionale al complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e l’efficienza dei flussi logistici.
- Osservazioni generali
Rinviando alle richieste puntuali di modifica dei singoli articoli della proposta di legge, ivi allegate, si riportano in questa sezione alcune osservazioni di carattere generale sull’impianto della proposta, focalizzando l’attenzione sulle principali criticità.
Riguardo gli interporti attualmente esistenti, appare opportuno perseguire fin dalle definizioni una logica di differenziazione e rilevanza nella tipologia di interporti, anche al fine di indirizzare meglio eventuali fondi e politiche di sviluppo, specificando maggiormente cosa si intende per ‘rilevanza nazionale’ (art. 1, comma 2) e ‘infrastrutture di preminente interesse nazionale’ (art. 1, comma 5). Infatti, alcuni di essi sono caratterizzati da un alto grado di intermodalità, altri sono dedicati al trasporto su gomma; solo in alcuni casi i flussi di merci si possono considerare soddisfacenti e coerenti con le finalità definite dalla L. 240/90, mentre in altri la collocazione sul territorio non è connessa con l’attuale struttura del tessuto produttivo di cui i singoli interporti sono al servizio, con conseguenti diseconomie.
Ai fini dell’individuazione dei nodi strategici dovrebbero essere considerati: la posizione geografica, includendo anche l’eventuale appartenenza ad una ZES (Zona Economica Speciale), la presenza di un forte sistema produttivo agricolo e industriale orientato all’esportazione, capace quindi di generare una domanda di trasporto significativa per le quantità movimentate, nonché di una dotazione infrastrutturale ottimale e di un alto grado di integrazione funzionale e gestionale con i sistemi portuali.
Sicuramente dovrebbero essere considerati di rilevanza maggiore gli interporti rientranti tra quelli evidenziati nel Regolamento (UE) N. 1315/2013 come nodi europei.
Altrettanto significativo ai fini della valutazione di strategicità appare l’inserimento degli interporti in una ZLS (Zone Logistiche Semplificate), che comportino una maggiore attrattività per aziende che vogliano fare anche del trasporto multimodale una propria priorità, prevedendo una semplificazione normativa e procedurale ad hoc.
Riguardo l’individuazione di nuovi interporti, si ritiene che il principio guida debba essere, oltre che la rilevanza nazionale e la compatibilità delle proposte di nuovo insediamento con le pianificazioni e programmazioni regionali, la coerenza con l’effettiva domanda di trasporto e l’integrazione con la rete esistente, adeguatamente potenziata dove necessario, evitando l'over-supply laddove la logistica non necessiti di nuovi poli
Su questo punto si rinvia alle richieste puntuali di cui all’allegato, relative all’art. 1, co. 2 (richiesta di considerare anche la domanda di trasporto, essenziale per il perseguimento delle finalità ambientali e trasportistiche) e all’art. 3 co. 2 (nuova lett. g-ter).
Elemento cardine per la definizione e l’attuazione delle strategie di sviluppo dell’interporto, per la sua gestione ambientale e della sicurezza è il soggetto gestore, del quale, tuttavia, manca del tutto una definizione. Eppure la natura giuridica del soggetto gestore e le modalità di gestione degli interporti sono argomenti decisamente delicati, trattandosi di bilanciare la necessità di gestire in maniera economicamente efficiente un’infrastruttura e di garantire, al contempo, una funzione intermodale fondamentale a supporto della sostenibilità del settore dei trasporti. Occorre, quindi, che sia assicurato, da parte del soggetto gestore, il perseguimento dell’interesse pubblico, garantendo il rispetto dell’effettuazione dell’intermodalità attraverso, ad esempio, un monitoraggio a posteriori.
Inoltre, la natura giuridica dei soggetti gestori di interporti deve essere raccordata con la realtà esistente (società private, società a partecipazione pubblica, consorzi, ecc): non si tiene adeguatamente conto, infatti, della complessità “soggettiva” dei singoli interporti, la maggior parte dei quali sono a partecipazione pubblica, introducendo incertezza circa il regime normativo da applicare (es. d. lgs. n. 175/2016 in tema di società pubbliche) o anche la necessità di dismissioni di capitale.
Non è chiaro neanche chi siano gli enti pubblici concedenti che costituiscono il diritto di superficie e chi siano i i soggetti gestori “già convenzionati con il MIT”.
Riguardo la visione generale e la programmazione degli interporti di cui alla presente proposta di legge, si segnala preliminarmente che, se la presenza di efficienti nodi intermodali, cioè infrastrutture dedicate allo scambio modale e all’interconnessione tra le reti, è un’esigenza fondamentale per sostenere la crescita e la competitività di un Paese, appare limitativo, anche ai fini di un finanziamento pubblico della loro realizzazione o potenziamento, prendere in considerazione solo i porti e interporti, rigidamente definiti come complesso non scindibile di strutture e servizi comprendente sia uno scalo ferroviario idoneo a formare treni completi, sia aree con immobili dedicati a funzioni logistiche. Accanto agli interporti, infatti, esistono altre tipologie di infrastrutture logistiche, in gran parte gestite da operatori privati che fanno riferimento a scali ferroviari esistenti o che si collocano su aree interamente private (entri intermodali, centri merci, autoporti o piattaforme logistiche in senso lato). Se si guarda al complesso dei traffici intermodali (quelli da favorire perché implicano il ricorso al treno sulle lunghe distanze, con benefici di riduzione dell’inquinamento, della congestione e dell’incidentalità), è di tutta evidenza che una quota molto rilevante di tali traffici in Italia è resa possibile da una ricca offerta di infrastrutture diverse dagli interporti, dove effettuare le operazioni di interscambio tra camion e treno: i terminal intermodali, costituiti da binari e piazzali attrezzati per le operazioni di trasbordo delle unità di carico intermodali – casse mobili, semirimorchi, container. Pertanto anche i semplici terminal intermodali, in quanto infrastrutture che sviluppano l’intermodalità, rispondono alle finalità della legge e dovrebbero perciò essere presi in considerazione come beneficiari di aiuti statali alla loro realizzazione e al loro potenziamento, alla stessa stregua degli interporti.
Appare opportuno, inoltre, che lo sviluppo della logistica integrata e dell’intermodalità in Italia debba passare anche attraverso lo sviluppo di infrastrutture sempre più integrate, dotate di idonee strutture per immagazzinare, lavorare e ridistribuire le diverse merci, in grado di sviluppare traffici intermodali e fungendo da anello di congiunzione fra industria e servizi, riconoscendone altresì la valenza di infrastrutture di pubblico interesse.
Più in generale, è auspicabile un intervento organico inteso a razionalizzare tutti gli aspetti legati all’intermodalità e alla logistica, definendo il disegno della rete infrastrutturale integrata portante del sistema intermodale e logistico (linee, nodi di tutte le modalità e connessioni) di rilevanza internazionale e nazionale, in coerenza con il Piano Strategico nazionale della portualità e della Logistica, integrata da una rete di impianti minori o ad elevata specializzazione, senza escludere la necessità di contrastare la proliferazione degli impianti “inutili”, come già accennato sopra, e di recuperare invece i fabbisogni arretrati di alcune principali aree del Paese.
A questo fine dovrebbe essere dedicato il nuovo strumento di pianificazione nazionale, introdotto all’art. 2, il “Piano generale per l’intermodalità”.
Tuttavia, non sono definiti né contenuti, né finalità e strumenti attuativi di tale piano in una visione complessiva dei problemi di intermodalità: il Piano finisce così con l’apparire non tanto uno strumento di pianificazione territoriale, ma un programma contenente un elenco di opere strategiche di prevalente rilevanza nazionale, al pari di quanto previsto dalla c.d. “legge obiettivo”.
Si segnala che, in entrambi i casi, non è comprensibile il mancato coinvolgimento delle Regioni, trattandosi di materia di competenza concorrente: si chiede che l’approvazione del Piano sia sottoposta all’intesa della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, così come appare doveroso acquisire l’intesa in caso di individuazione dei nuovi interporti e almeno il parere della stessa in relazione alla ricognizione degli interporti già esistenti e in corso di realizzazione.
Un Piano dell’intermodalità che riordini gli interporti e le piattaforme logistiche dovrebbe riordinare le competenze in materia di pianificazione, assegnando allo Stato il compito di definire i “terminali strategici” funzionali ai corridoi europei e i requisiti delle piattaforme logistiche su base sovraregionale, a garanzia di un approccio nazionale omogeneo e di un’azione geopolitica integrata per il settore della logistica e della portualità, dando valore al sistema complessivo della rete nazionale delle infrastrutture logistiche rispetto a possibili istanze localistiche, prive di un reale interesse nazionale.
Si suggerisce, infine, la valutazione di un altro aspetto qui non citato: la funzione di supporto alla distribuzione urbana di ultimo miglio.
In conclusione, si segnala che non esiste alcuna forma di controllo da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che si presenta solo come finanziatore delle opere interportuali senza alcun controllo sulla gestione dei servizi e della concessione rispetto all’interesse nazionale perseguito, proponendo almeno di prevedere un’attività di monitoraggio a garanzia del rispetto delle finalità della legge.
Roma, 22 ottobre 2020


Link al documento approvato della Conferenza delle Regioni del 22 ottobre: Osservazioni sulla Proposta di legge “legge quadro in materia di interporti” (ac 1259) –documento per l’audizione del 28 ottobre

( red / 04.11.20 )
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Il periodico telematico a carattere informativo plurisettimanale “Regioni.it” è curato dall’Ufficio Stampa del CINSEDO nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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