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Regioni.it

n. 3896 - martedì 4 agosto 2020

Sommario
- Le Regioni al Quirinale per il 50° di quelle a Statuto ordinario
- 50° Regioni, incontro con il Capo dello Stato: l'intervento di Bonaccini
- Il Capo dello Stato incontra i Presidenti delle Regioni: il testo del discorso
- 50° istituzioni regionali: "Un patto rinnovato tra le Regioni. Le proposte per l’Italia"
- 50° Regioni; prime proposte delle Regioni per il rilancio del Paese: un’agenda 2020-2021
- Conferenza Unificata il 6 agosto

Documento della Conferenza delle Regioni del 4 agosto

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50° Regioni; prime proposte delle Regioni per il rilancio del Paese: un’agenda 2020-2021

(Regioni.it 3896 - 04/08/2020) la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nella seduta straordinaria del 4 agosto (che si è tenuta a Palazzo "Naiadi" a Roma) ha approvato - in vista del successivo incontro al Quirinale con il Presidente della Repubblica (che si è tenuto lo stesso 4 agosto) un documento intitolato: "Prime proposte delle Regioni per il rilancio del Paese: un’agenda 2020-2021" di cui si riporta di seguito il testo integrale.
Prime proposte delle Regioni per il rilancio del Paese: un’agenda 2020-2021
Il lungo periodo di relativa stabilità e crescita che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso ha consentito, sulla spinta del progresso tecnico e di una globalizzazione non governata, una straordinaria generazione di ricchezza e l'emersione dalla povertà estrema di ampie fasce sociali nel mondo. Il costo di tale transizione si è però dimostrato insostenibile dal punto di vista ambientale e sociale e ha imposto un ripensamento complessivo e globale. E l’attuale paradigma dello sviluppo ha contribuito, soprattutto negli ultimi decenni, ad amplificare il divario sociale.
Gli effetti di una globalizzazione non governata e del progresso tecnico indotto anche dall’automazione, hanno poi introdotto un'accelerazione della insostenibilità ambientale e sociale che ormai richiede azioni politiche correttive di crescente intensità e complessità essendo entrambi i fenomeni non più riconducibili ad una dimensione di intervento locale o nazionale, bensì globale.
La pandemia COVID-19 ha ulteriormente aggravato tale condizione di instabilità, accelerando l'emergere di alcune criticità già presenti nei sistemi socio-economici che richiedono interventi straordinari.
Le crescenti situazioni di crisi ambientale, economica e sociale, che stanno colpendo duramente anche il nostro Paese e le nostre Regioni - a partire da quelle del Nord che notoriamente rappresentano le aree più produttive - impongono una riflessione sulla necessità di un aggiustamento strutturale che interesserà tutte le istituzioni e il contesto produttivo, da realizzarsi anche attraverso una rigorosa strategia di semplificazione delle procedure e degli strumenti di programmazione e di spesa. Anche su questo tema le Regioni possono giocare un ruolo essenziale mediante la proposta di interventi legislativi condivisi a livello di sistema delle Regioni.
Occorrerà, pertanto, adottare un modello di sviluppo, che, opportunamente declinato nei territori, dovrà tener conto della necessità di colmare i gap socioeconomici e infrastrutturali tra le aree del Paese, e di conservare e proteggere le risorse ambientali, paesaggistiche e culturali. Uno sviluppo armonioso ed equilibrato deve costituire la priorità di questa nuova sfida. Il rilancio del Mezzogiorno, con l’attivazione di tutte le sue risorse sociali, culturali e produttive, sarà poi il moltiplicatore del rilancio del Paese.
Ma, ai divari socioeconomici ed alla condizione dell’insularità, occorre far fronte mediante misure concrete sul piano legislativo e puntuali interventi di riequilibrio.
Diventa perciò prioritario investire sui cittadini e sull’identità culturale del Paese per rafforzarne la coesione e ridurre i divari, in modo da rendere le nostre comunità più sostenibili e consapevoli.
Il nuovo modello deve tenere in debita considerazione il sostegno alla maternità e alla famiglia, a tutela della tenuta sociale e per uno sviluppo sostenibile del Paese, anche favorendo una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La protezione dell’ambiente, che non può prescindere da un serio sviluppo della mobilità sostenibile, si tradurrà in un miglioramento delle qualità della vita e della salute e costituirà anche un valido strumento di difesa dai sempre più frequenti eventi calamitosi che colpiscono il nostro Paese.
A fronte di un evoluto sistema di protezione civile, nato dalla capacità di Stato e Regioni di agire sinergicamente, occorre lavorare alla costruzione di un altrettanto efficace modello di politiche di prevenzione, che attraverso le tanto auspicate semplificazioni normative, incrementi la capacità di spesa in tutto il settore delle infrastrutture.
Il primo banco di prova, per realizzare il modello sostenibile di sviluppo del territorio sopra menzionato, può essere rappresentato dalla ricostruzione delle aree colpite dai terremoti, quale opportunità per limitare il consumo del suolo e promuovere le energie rinnovabili.
Più in generale, si tratterà di intervenire con appropriati strumenti, adattati al contesto territoriale, ma interconnessi all’Europa e alle economie mondiali, per riconoscere e rafforzare i propri ecosistemi, ricucendo territori e specializzazioni, valorizzando i propri asset strategici, stimolando e facendo emergere soluzioni frutto di innovazione e scelte di sostenibilità ambientale e sociale, agganciando gli obiettivi del Green Deal europeo e di Agenda 2030.
E’ fondamentale, infatti, che il coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome nella programmazione delle risorse del Next Generation EU avvenga nella logica dell’Agenda 2030, che impone il superamento della programmazione settoriale e verticale in favore della programmazione integrata dove gli obiettivi delle policy sono coordinati e l’azione delle istituzioni è frutto di un forte Patto di collaborazione.
Nei programmi regionali questi si declinano nel sostegno alla transizione del sistema economico da lineare a circolare, alla decarbonizzazione del sistema produttivo, ma anche nell’adottare una maggiore attenzione verso il capitale naturale e la biodiversità (strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030).
La leva della sostenibilità deve essere quindi al centro delle strategie regionali di sviluppo potendo garantire nel tempo, tra l'altro, nuove imprese e nuovi posti di lavoro. Essa può anche contribuire a rafforzare la competitività delle imprese agricole e turistiche e, attraverso l'eco-innovazione e l'economia circolare, anche quella delle imprese di comparti meno sensibili alle tematiche ambientali.
Deve essere evidenziato il ruolo essenziale della dimensione regionale delle politiche di sviluppo, in particolare per accompagnare le imprese in fasi in cui è necessario un cambiamento di paradigma. Se da un lato c’è bisogno di grandi investimenti in infrastrutture e ricerca, dall’altro è necessario che i nuovi concetti vengano fatti propri e adottati dalle imprese e dagli altri soggetti operanti nei territori. Non sono possibili interventi gestiti solo su scala nazionale o europea, occorrono interventi territoriali in grado di agire capillarmente per costruire reti, opportunità, condizioni per il cambiamento, soprattutto per le piccole e microimprese. Per raggiungere nel tempo questi obiettivi è necessaria una azione continua e mirata che è possibile realizzare solo con le politiche su scala regionale.
Un ruolo che non deve essere esclusivo rispetto ai livelli nazionale ed europeo, ma complementare ad essi, essenziale per l’efficacia complessiva delle strategie. Si tratta di un passaggio che deve consentire il coinvolgimento dei giovani con competenze innovative e nuove visioni del mercato, da affiancare alle attività tradizionali o a nuove attività complementari; è una condizione indispensabile per mantenere e attrarre sul territorio giovani qualificati che possono essere protagonisti del futuro.
Innovazione e formazione diventano due aspetti strettamente connessi su cui investire a partire dagli interventi di formazione continua, realizzando una vera e propria alleanza per le competenze e una riqualificazione e verticalizzazione della filiera tecnico-professionale.
La crisi che ha interessato in modo particolare il Turismo in quanto settore che mobilita persone, deve ora rappresentare una grande opportunità di riflessione e rilancio della politica turistica del nostro Paese con interventi ed investimenti coordinati ed importanti non più procrastinabili.
Sono necessari investimenti per un grande Piano di promozione integrata (prodotti made in Italy, cultura e agroalimentare) e di posizionamento strategico dell’immagine turistica dell’Italia nel mondo, puntando su un turismo di qualità, rilanciando i brand più prestigiosi, concretizzando l’Italia come il Paese più desiderato al mondo per la propria identità e stile di vita, per le eccellenze culturali ed artistiche uniche al mondo.
Tale Piano di investimenti deve contemplare forme di turismo sostenibile e mobilità lenta ed esperienziale; valorizzazione delle aree interne, dei Borghi e piccoli centri d’arte minori di cui l’Italia è ricca, per la scoperta del vero "life stile" italiano.
Parallelamente, diventa necessario sostenere la ripresa del settore culturale con investimenti e interventi di adeguamento dei luoghi della cultura per adattarli alle esigenze di sicurezza imposte dall’emergenza.
Occorre non solo sostenere la diffusione della cultura sui nostri territori, ma anche assicurare la giusta dignità del sistema dello spettacolo, gravemente colpito dalla crisi, a partire dalla riforma organica del settore, non più rinviabile, e dalla stabilità dei lavoratori.
Anche lo sport può fare la sua parte nella diffusione dei valori di comunità e di cultura della salute. Le risorse europee possono rappresentare una leva decisiva per la ripartenza del settore. 
L’esperienza vissuta con la gestione della pandemia ci ha inoltre obbligato a pensare ad un nuovo progetto di sviluppo complessivo del Paese e a ridisegnarne le coordinate, prevedendo l'alleanza tra digitale, economia, lavoro e ambiente, in una visione in cui quest'ultimo (l'ambiente) non sia considerato solo come ambiente naturale ma anche come ambiente sociale, comunitario.
Ma l'emergenza che abbiamo attraversato ci spinge inoltre ad immaginare di dover formalizzare il diritto alla cittadinanza digitale. Le risorse del Recovery Fund devono pertanto trovare una prima destinazione nel dotare tutti i territori di una connessione adeguata alla rete, in grado di assicurare a tutti il digitale quale diritto inalienabile di ogni cittadino. Colmare i ritardi delle Banda ultra-larga diventa, pertanto, una necessità imprescindibile.
 
Le Regioni si pongono come soggetto catalizzatore per realizzare sul territorio gli investimenti nell’ambito delle priorità condivise fra i livelli istituzionali e confermano la disponibilità a sostenere la crescita in tutte le materie di propria competenza: dalle attività
produttive alla tutela dell’ ambiente, dal trasporto pubblico locale alla tutela del territorio, dalla sanità alle politiche sociali, nonché attraverso il ruolo di hub programmatorio degli investimenti nell’ambito delle priorità definite a livello nazionale.
Vi è poi un'altra sfida di assoluta attualità che deve essere affrontata: quella della mobilità. La necessità di annullare i gap infrastrutturali tra le varie aree del Paese deve essere al centro delle priorità: sfruttando le nuove tecnologie sia nell’ambito del trasporto privato sia nell’ambito del trasporto pubblico (es. mobilità elettrica).
La politica dei trasporti delle persone e delle merci dovrà essere attenta alle sfide dei mercati e accompagnata da un adeguato potenziamento delle infrastrutture: porti, aeroporti, reti stradali e autostradali, ferrovie. Il trasporto pubblico locale necessiterà di risorse adeguate a garantirne l’efficienza, anche in un‘ottica di sostenibilità ambientale e abbattimento delle emissioni.
Ma tutto questo potrà realizzarsi solo in un contesto più ampio, di pianificazione strategica, recuperando il confronto con le Regioni per la definizione delle opere strategiche e la realizzazione dei necessari Piani di messa in sicurezza.
Connessa con la richiamata visione strategica e generale dell’infrastrutturazione del Paese, è certamente la tematica della retroportualità e della logistica.
Le Regioni ritengono importante la creazione di Distretti Logistici di area vasta, quali ambiti omogenei di sistemi interregionali, che dovranno governare i processi di sviluppo e migliorare le prestazioni delle filiere logistiche territoriali, anche attraverso l’integrazione con i Corridoi merci europei e le rotte del commercio internazionale.
Quella che si presenta è una straordinaria occasione anche per digitalizzare il Paese e per rafforzare la dimensione pubblica dell'infrastruttura digitale. Le Regioni durante questi mesi hanno messo in campo consistenti iniziative sul versante dello sviluppo del digitale.
Ma non basta. Le Regioni, al pari di tutti gli altri livelli istituzionali del nostro Paese, devono riprogettare il proprio modo di lavorare (e qui entrano in gioco nuovi modelli di lavoro pubblico regionale, nuove professionalità e nuove capacità, nuova formazione, sempre più permanente, nuove modalità di espletamento del lavoro pubblico ecc.), il modo di erogare i servizi ai cittadini e alle imprese, di prendere le decisioni, di raccordarsi con le altre istituzioni del Paese, di interagire con i cittadini e con il sistema sanitario, sociale e produttivo, di comunicare e di lavorare per una ripresa sostenibile ed equa.
In primo luogo, in questa fase di ripresa post Covid-19 tutti gli sforzi andranno concentrati per migliorare il nostro Servizio Sanitario Nazionale, che ha comunque dimostrato di funzionare e di saper reagire ad una pandemia tanto importante quanto imprevista.
In particolare, occorrerà rafforzare il nostro sistema sanitario, facendo leva anche sull’innovazione per migliorare la salute della popolazione e per far fronte alle minacce sanitarie nuove e future.
In tale quadro, appare necessario, in una logica di forte collaborazione istituzionale fra Stato e Regioni, non solo procedere con sollecitudine nel percorso attuativo dell’attuale Patto per la Salute, ma addirittura riflettere sulla opportunità di pervenire in tempi rapidi alla scrittura di un Nuovo Patto che tenga insieme tutte le necessità e tutte le esigenze che stanno emergendo.
L’esperienza maturata in questi mesi ci impone una riflessione sulla esigenza di rafforzare la rete territoriale e l’integrazione con la rete ospedaliera e sulla necessità di valorizzare la sanità digitale quale nuovo strumento, da prediligere rispetto alla visita tradizionale. La presa in carico del paziente deve avvenire attraverso la medicina d’iniziativa e non più come avviene oggi in base alla tradizionale medicina d’attesa.
E’ altresì necessario rivedere gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, puntando all’appropriatezza delle prestazioni, anche in relazione ai
nuovi bisogni legati all’invecchiamento della popolazione, all’aumento dei cronici e alla preoccupante riduzione delle nascite.
Per una Sanità più presente e più equa, bisognerà senz’altro puntare sulla prevenzione e sulle campagne di comunicazione, sull’importanza delle vaccinazioni ed i corretti stili di vita. La prevenzione, con un focus sul paziente, deve essere data-driven e legata a un modello assistenziale diffuso e pluri-attore adatto a gestire in modo integrato tutti gli interventi necessari.
Altro elemento che riveste una valenza strategica in questa fase, non solo per il settore sanitario ma per la crescita del Paese nel suo complesso, è il potenziamento del Piano di investimenti in edilizia sanitaria. Le Regioni già oggi sono impegnate per mettere in sicurezza e modernizzare le strutture sanitarie attraverso interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico per fronteggiare il futuro e sostenere la "tutela della Salute". In questo ambito, per dare risposte concrete e in tempi ragionevoli, è avvertita con forza l’esigenza di semplificare e accelerare le procedure per effettuare gli investimenti.
Una sanità di qualità impone però, su tutto, un forte investimento sul capitale umano. Dopo un decennio di blocco contrattuale e del turn-over si è finalmente aperta una nuova fase che deve proseguire con forza, a partire dalla formazione e dal reclutamento di giovani professionisti cui deve essere data la possibilità di entrare in gioco da protagonisti.
La crisi economica determinata della pandemia ha contribuito ad accentuare la criticità della questione lavoro causata dalla digitalizzazione e dall'automazione. La ricerca di più elevata produttività del lavoro, problema italiano da oltre 20 anni, sta accrescendo la disoccupazione tecnologica che potrà essere contrastata solo creando nuove imprese in nuovi settori. I comparti del digitale e dell'automazione non compensano, con la loro crescita di occupazione, la perdita di posti di lavoro che si genera soprattutto nei comparti industriali più maturi. Occorre quindi intervenire per
accompagnare, laddove possibile, tale forza lavoro verso nuove riallocazioni e nuove competenze. Occorre però essere anche pronti a intercettare le tensioni e i potenziali conflitti sociali che si stanno generando attraverso forme innovative di intervento che garantiscano coesione sociale. Tali tensioni, acuite dalle diverse forme di disparità sociale, saranno comunque la radice del cambiamento e guideranno la metamorfosi sociale nelle nostre Regioni e nel Paese nel prossimo futuro.
L’impegno delle Regioni degli ultimi mesi è stato diretto a garantire la continuità del sostegno al reddito ai lavoratori coinvolti dagli effetti dell’emergenza sanitaria e a contenere le conseguenze della crisi in atto sui territori. A valle di questa intensa attività, occorre oggi programmare in modo strutturale gli interventi per garantire la ripresa del sistema delle politiche attive del lavoro e della formazione, che dovranno svolgere un ruolo chiave sia in un’ottica di mantenimento dell’occupazione e di rafforzamento delle competenze, sia per far fronte alla possibile ondata di nuova disoccupazione.
La ripartenza passa attraverso un rilancio deciso della governance delle politiche volte alla coesione sociale e alle risorse umane. La stagione che si apre, infatti, deve prevedere una ripresa proattiva del ruolo delle Regioni nella definizione e nella attuazione di linee di intervento concrete ed efficaci per l’inserimento e il reinserimento lavorativo delle persone e per lo sviluppo, su rinnovate basi, del sistema socio - territoriale.
In questa prospettiva occorrerà riflettere sul tema della qualificazione dei servizi per il lavoro, in una chiave di riconoscibilità e uniformità delle prestazioni erogate e di omogeneità degli standard di erogazione, nonché cogliere l’occasione per un ripensamento organico del sistema degli strumenti di protezione del reddito che superi la frammentazione degli interventi e renda più fluido l’intero processo di erogazione delle tutele.
Occorre altresì sottolineare, al riguardo, come i nuovi paradigmi di produzione (per esempio Industria 4.0) rendano sempre più veloce l’obsolescenza delle competenze della forza lavoro. La riduzione dello skill mismatch tra le competenze possedute e quelle che sono e saranno richieste dal mercato del lavoro è un fattore strategico per il raggiungimento degli obiettivi occupazionali di medio e lungo periodo. L’istruzione e la formazione professionale devono, pertanto, essere considerate anch’esse leve strategiche per la crescita, con particolare riferimento alla necessità di creare e sviluppare nuove competenze, creare managerialità diffusa, favorire la formazione continua, attraverso incentivi economici e soluzioni contrattuali per consentirne l’accesso durante tutto l’arco della carriera lavorativa. Occorre, altresì, investire sempre più nell’edilizia scolastica per una scuola finalmente sicura, competente e digitale.
Un Paese cresce davvero se sa investire nel sistema scolastico ed educativo. Nella fase dell’emergenza abbiamo tutti compreso quanto sia urgente il bisogno di una scuola che sappia cogliere davvero le trasformazioni che sono in atto a partire dalla grande sfida della digitalizzazione.
Anche per questo, superata l’emergenza, le Regioni, il Governo e gli Enti locali hanno posto al centro della propria agenda politica l’obiettivo di riaprire le scuole a settembre, in condizioni di sicurezza con riferimento al personale scolastico e agli studenti, introducendo soluzioni innovative sia sul piano della programmazione, che della gestione operativa delle attività per supportare le singole realtà, incidendo sui programmi ordinari, sull'edilizia scolastica, sulle infrastrutture digitali, sul sistema dei trasporti e della mobilità, al fine di garantire ad ogni studente una pari qualità dell'offerta didattica e stesse opportunità.
Ciò è avvenuto con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali e associativi competenti, nella convinzione che la condivisione delle strategie possa portare a risultati più incisivi. In quest’ottica, il costante confronto interistituzionale ha consentito alle Regioni e agli
Enti locali di incidere profondamente sui provvedimenti governativi rendendoli più aderenti alle necessità territoriali. E non è un caso che le Regioni abbiano rivestito da ultimo un ruolo molto importante nell’adozione del Piano scuola per la riapertura, facendosi parte attiva sia nella stesura diretta delle linee guida che nel coordinare le varie istanze degli altri soggetti istituzionalmente coinvolti.
Ma, la sfida per un Paese più sostenibile non può non tener conto delle fasce più deboli della popolazione nonché di un serio investimento nella lotta alla povertà.
In tale ambito, il consistente incremento del tasso di invecchiamento della popolazione, con il connaturato aumento della perdita di autonomia e delle situazioni di non autosufficienza, impone una scelta economica forte che metta le Regioni e gli Enti locali nelle condizioni di fronteggiare le necessità delle persone in situazione di disagio.
In questo contesto. occorre porre l’attenzione sulla necessità di rafforzare l’integrazione socio-sanitaria, fondamentale per dare risposte alla fasce più deboli del nostro Paese, in termini di miglioramento della qualità della vita.
La fase emergenziale ha evidenziato, altresì, l’esigenza prioritaria di procedere alla determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) che deve essere frutto di un approfondito processo di confronto e di intesa istituzionale che coinvolga le Regioni e le Autonomie locali, alle quali compete – insieme allo Stato – garantire le prestazioni ed i servizi ricompresi nei livelli. Il coinvolgimento del sistema Regioni-Autonomie Locali si impone, sia in considerazione della competenza esclusiva delle Regioni sulla materia assistenziale, che per permettere la costruzione di un sistema di welfare in cui i diversi attori istituzionali coinvolti possano delineare il loro apporto in un quadro di sostenibilità e compatibilità economica.
Un primo passo è stato compiuto con la definizione prima del Piano nazionale per le politiche sociali, poi del Piano nazionale per la non
autosufficienza e del Piano nazionale per il contrasto alla povertà, con cui sono stati individuati gli interventi e i servizi necessari per la progressiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali da garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.
E’ pertanto ora necessario potenziare tali Piani pluriennali, dedicando una particolare attenzione ad anziani, disabili e soggetti fragili.
Anche in tema di disabilità, con priorità per quelle gravissime, si rende necessario sviluppare azioni di sostegno al ruolo di assistenza e cura dei caregiver familiari, al fine di sostenere le famiglie che si prendono cura dei propri congiunti disabili.
Dobbiamo considerare la ripartenza come una sfida ambiziosa che richiede la mobilitazione di tutte le energie possibili, la collaborazione delle strutture di eccellenza e dei talenti esistenti sul territorio. Ma, soprattutto, occorre un diverso approccio culturale, a partire dalle relazioni istituzionali. Il "metodo del confronto" solo apparentemente può sembrare un percorso più lungo, in realtà risolve prima problemi che, se affrontati, tardivamente potrebbero rivelarsi ostacoli difficilmente sormontabili. La "collaborazione istituzionale" è alla base del cambiamento che l’emergenza ci ha imposto e che l’esperienza ora ci suggerisce con forza di perseguire.
I temi che abbiamo proposto per un’agenda dei prossimi 18 mesi sono l’indice di un percorso che deve trovare in accordi nazionali e in patti territoriali il proprio sbocco naturale.
Non dobbiamo avere paura della dialettica istituzionale e del confronto con la società civile. Anzi, sul territorio ciascuna regione si farà interprete di questa logica pattizia, ricercando con gli enti locali, con il sistema delle imprese, con le organizzazioni dei lavoratori una declinazione che consenta con specifici patti territoriali di velocizzare gli investimenti necessari per ridare slancio al Paese.
A livello nazionale il lavoro di sintesi sarà assicurato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome che si farà parte diligente nel coordinare le istanze del sistema delle Regioni e dei
territori, al fine di tradurre queste prime riflessioni in progetti concreti, avviando un percorso di consultazione con le rappresentanze degli enti locali e i principali stakeholders per definire gli interventi da inserire nel Piano di rilancio del Paese.

Link al documento approvato della Conferenza delle Regioni del 4 agosto: Prime proposte delle regioni per il rilancio del paese: un’agenda 2020-2021


( red / 04.08.20 )
Regioni.it

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