La Asl piemonte ha anche proposto un "approfondimento" con una intervista al Presidente dell'Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Alberto Sinigaglia.
L'Osservatore Romano, in un articolo intitolato "Il sollievo è sempre possibile.In Italia una giornata per gli ammalati e gli operatori della salute" (pubblicato il 30 maggio 2020), ricorda che Papa Francesco, nel Messaggio per la XXVIII Giornata mondiale del malato 2020, ha esortato gli operatori sanitari affinché "ogni intervento diagnostico, preventivo, terapeutico, di ricerca, cura e riabilitazione sia rivolto alla persona malata, dove il sostantivo “persona”, viene sempre prima dell’aggettivo “malata” e l’agire costantemente proteso alla dignità e alla vita della persona, senza alcun cedimento ad atti di natura eutanasica, di suicidio assistito o soppressione della vita, nemmeno quando lo stato della malattia è irreversibile". Gli hospices, gli ambulatori di terapia del dolore, le unità domiciliari di cure palliative sono la conferma che esiste un inedito diritto di rendere un senso alla sofferenza e vivibile il tempo della malattia che in occasione della Giornata nazionale del sollievo, viene rimarcato e testimoniato attraverso idonea informazione e iniziative di sensibilizzazione e solidarietà rivolte non solo a chi già si prende cura delle persone sofferenti — operatori sanitari, volontari, psicologi, assistenti spirituali — ma a tutti coloro che potrebbero con un atto di dono prendersi cura della sofferenza più prossima. Non è sufficiente ritenere che il sollievo possa essere raggiunto solo con nuovi e sempre più efficaci farmaci e terapie, poiché anche il cor urat — ciò che scalda il cuore — fatto di tenerezza, prossimità e sostegno contribuisce nella terapia del sollievo di chi non potrà guarire. Se, dunque, è vero che non sempre si può guarire, sempre si può curare e accompagnare perché, come affermava Gigi Ghirotti, giornalista e scrittore italiano del quale ricordiamo il centenario della nascita, scomparso nel 1974 dopo un lungo viaggio nel tunnel della malattia, «nella vita, nella malattia, nel dolore l’importante è non sentirsi abbandonati e soli».
La Federazione nazionale degli ordini e delle professioni infermieristiche (Fnopi) con una nota ha ribadito che quella del "Covid-19 è un’emergenza non solo di salute, ma anche di relazione. Quella che manca ai pazienti in terapia intensiva e nelle corsie degli ospedali, ma anche a casa in isolamento, dove sono soli con la loro malattia e il loro dolore che troppo spesso ha avuto e ha esisti infausti. L’assistenza è la prima cosa: il paziente deve guarire. Ma non è l’unica azione in cima alla lista delle priorità nella pandemia: qui davvero, come è scritto nel Codice deontologico delle professioni infermieristiche, il tempo di relazione è tempo di cura. Anche se la carenza di organici e le necessarie protezioni individuali hanno messo a dura prova la vicinanza con gli assistiti. Gli infermieri non si sono arresi e lo hanno dimostrato con forza nelle evidenze del girone infernale coronavirus che non ha risparmiato le persone colpite, ma nemmeno chi di loro si è preso cura. Tra gli infermieri 40 decessi e circa 13mila contagi ne sono la prova. E lo hanno ribadito, nella XIXgiornata del Sollievo che quest’anno, il 31 maggio, segna il decimo anniversario della legge sulle cure palliative 38/2010 e che mai come quest’anno ha senso rilanciare.
L'Osservatore Romano, in un articolo intitolato "Il sollievo è sempre possibile.In Italia una giornata per gli ammalati e gli operatori della salute" (pubblicato il 30 maggio 2020), ricorda che Papa Francesco, nel Messaggio per la XXVIII Giornata mondiale del malato 2020, ha esortato gli operatori sanitari affinché "ogni intervento diagnostico, preventivo, terapeutico, di ricerca, cura e riabilitazione sia rivolto alla persona malata, dove il sostantivo “persona”, viene sempre prima dell’aggettivo “malata” e l’agire costantemente proteso alla dignità e alla vita della persona, senza alcun cedimento ad atti di natura eutanasica, di suicidio assistito o soppressione della vita, nemmeno quando lo stato della malattia è irreversibile". Gli hospices, gli ambulatori di terapia del dolore, le unità domiciliari di cure palliative sono la conferma che esiste un inedito diritto di rendere un senso alla sofferenza e vivibile il tempo della malattia che in occasione della Giornata nazionale del sollievo, viene rimarcato e testimoniato attraverso idonea informazione e iniziative di sensibilizzazione e solidarietà rivolte non solo a chi già si prende cura delle persone sofferenti — operatori sanitari, volontari, psicologi, assistenti spirituali — ma a tutti coloro che potrebbero con un atto di dono prendersi cura della sofferenza più prossima. Non è sufficiente ritenere che il sollievo possa essere raggiunto solo con nuovi e sempre più efficaci farmaci e terapie, poiché anche il cor urat — ciò che scalda il cuore — fatto di tenerezza, prossimità e sostegno contribuisce nella terapia del sollievo di chi non potrà guarire. Se, dunque, è vero che non sempre si può guarire, sempre si può curare e accompagnare perché, come affermava Gigi Ghirotti, giornalista e scrittore italiano del quale ricordiamo il centenario della nascita, scomparso nel 1974 dopo un lungo viaggio nel tunnel della malattia, «nella vita, nella malattia, nel dolore l’importante è non sentirsi abbandonati e soli».
La Federazione nazionale degli ordini e delle professioni infermieristiche (Fnopi) con una nota ha ribadito che quella del "Covid-19 è un’emergenza non solo di salute, ma anche di relazione. Quella che manca ai pazienti in terapia intensiva e nelle corsie degli ospedali, ma anche a casa in isolamento, dove sono soli con la loro malattia e il loro dolore che troppo spesso ha avuto e ha esisti infausti. L’assistenza è la prima cosa: il paziente deve guarire. Ma non è l’unica azione in cima alla lista delle priorità nella pandemia: qui davvero, come è scritto nel Codice deontologico delle professioni infermieristiche, il tempo di relazione è tempo di cura. Anche se la carenza di organici e le necessarie protezioni individuali hanno messo a dura prova la vicinanza con gli assistiti. Gli infermieri non si sono arresi e lo hanno dimostrato con forza nelle evidenze del girone infernale coronavirus che non ha risparmiato le persone colpite, ma nemmeno chi di loro si è preso cura. Tra gli infermieri 40 decessi e circa 13mila contagi ne sono la prova. E lo hanno ribadito, nella XIXgiornata del Sollievo che quest’anno, il 31 maggio, segna il decimo anniversario della legge sulle cure palliative 38/2010 e che mai come quest’anno ha senso rilanciare.
Ma - ha affermato la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli - “Bisogna investire per far diventare permanente la percezione sociale del ruolo dell’infermiere, fatta anche del contenuto etico della professione”.
Anche la federazione nazionale degli ordini dei medici ha rivordato che siamo di fronte ad "una Giornata del Sollievo particolare, quella che stiamo per celebrare. Particolare perché cade nella fase 2 dell’epidemia di Covid-19, epidemia che ci ha insegnato un modo diverso di prossimità ai malati. Una prossimità che, da vicinanza fisica, è diventata prossimità d’affetto, di cuore, di pensiero. La Giornata del Sollievo ha come obiettivo quello di promuovere e testimoniare la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e morale. Ebbene, voglio ringraziare tutti quei colleghi, medici, infermieri, operatori sanitari che, in questi mesi, si sono fatti tramite tra i pazienti Covid, isolati nelle terapie intensive, e i loro familiari, diventando per questi ultimi i loro occhi, la loro voce, le loro mani che davano un’ultima carezza. Questi colleghi sono l’incarnazione vivente dei principi del nostro Codice deontologico, che impone al medico come il più leggero – e insieme denso di significato – dei doveri la prossimità al paziente e il sollievo dalla sofferenza”. Così si è espresso il presidente della Fnomceo,, Filippo Anelli. “Il medico è, sempre e comunque, prossimo al paziente e alla sua famiglia, ancor più nelle situazioni ‘di frontiera’, come il nascere, il morire, e tanto più profondamente nella sofferenza, e nella cura di ciò che non si può guarire – ha argomentato Anelli -. Ce lo chiede il nostro Codice Deontologico, che, già all’articolo 3, impone al medico “la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana”. Per poi specificare, all’articolo 16, come “Il controllo efficace del dolore si configuri, in ogni condizione clinica, come trattamento appropriato e proporzionato”. E ribadire, all’articolo 39, e che: “Il medico non abbandona il malato con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di coscienza ma continua ad assisterlo e se in condizioni terminali impronta la propria opera alla sedazione del dolore e al sollievo dalle sofferenze tutelando la volontà, la dignità e la qualità della vita”. Ce lo chiede, ancor prima e ancor più forte, la nostra coscienza, il nostro stesso essere medico, la nostra missione di curare anche quando non si può guarire (cfr. Comunicato stampa).
Assessore Viale: “Cure palliative hanno sempre garantito i servizi durante l’emergenza, al fianco di chi soffre: da 1° marzo a 30 aprile 1199 prese in carico domiciliari e oltre 76 mila accessi a domicilio” Genova. “
Anche la federazione nazionale degli ordini dei medici ha rivordato che siamo di fronte ad "una Giornata del Sollievo particolare, quella che stiamo per celebrare. Particolare perché cade nella fase 2 dell’epidemia di Covid-19, epidemia che ci ha insegnato un modo diverso di prossimità ai malati. Una prossimità che, da vicinanza fisica, è diventata prossimità d’affetto, di cuore, di pensiero. La Giornata del Sollievo ha come obiettivo quello di promuovere e testimoniare la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e morale. Ebbene, voglio ringraziare tutti quei colleghi, medici, infermieri, operatori sanitari che, in questi mesi, si sono fatti tramite tra i pazienti Covid, isolati nelle terapie intensive, e i loro familiari, diventando per questi ultimi i loro occhi, la loro voce, le loro mani che davano un’ultima carezza. Questi colleghi sono l’incarnazione vivente dei principi del nostro Codice deontologico, che impone al medico come il più leggero – e insieme denso di significato – dei doveri la prossimità al paziente e il sollievo dalla sofferenza”. Così si è espresso il presidente della Fnomceo,, Filippo Anelli. “Il medico è, sempre e comunque, prossimo al paziente e alla sua famiglia, ancor più nelle situazioni ‘di frontiera’, come il nascere, il morire, e tanto più profondamente nella sofferenza, e nella cura di ciò che non si può guarire – ha argomentato Anelli -. Ce lo chiede il nostro Codice Deontologico, che, già all’articolo 3, impone al medico “la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana”. Per poi specificare, all’articolo 16, come “Il controllo efficace del dolore si configuri, in ogni condizione clinica, come trattamento appropriato e proporzionato”. E ribadire, all’articolo 39, e che: “Il medico non abbandona il malato con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di coscienza ma continua ad assisterlo e se in condizioni terminali impronta la propria opera alla sedazione del dolore e al sollievo dalle sofferenze tutelando la volontà, la dignità e la qualità della vita”. Ce lo chiede, ancor prima e ancor più forte, la nostra coscienza, il nostro stesso essere medico, la nostra missione di curare anche quando non si può guarire (cfr. Comunicato stampa).
Assessore Viale: “Cure palliative hanno sempre garantito i servizi durante l’emergenza, al fianco di chi soffre: da 1° marzo a 30 aprile 1199 prese in carico domiciliari e oltre 76 mila accessi a domicilio” Genova. “