Stralcio resoconto stenografico Aula, del 25 giugno 2020 - Interrogazione: finanziamento delle infrastrutture tramite fondi europei
venerdì 26 giugno 2020
PRESIDENTE. La senatrice Giammanco ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01724 sul finanziamento delle infrastrutture tramite fondi europei, per tre minuti.
GIAMMANCO (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, è tristemente noto come il Mezzogiorno soffra di una grave carenza infrastrutturale e che tale disagio costituisca una delle principali cause del divario che lo separa dal resto del Paese. L'attuale quadro economico rende tale disparità ancora più preoccupante: è necessario un vero piano di rilancio affinché tutto il Paese riparta e l'infrastrutturazione del Meridione è condizione essenziale perché ciò avvenga. Non mi stancherò mai di ripetere che la nostra economia non potrà mai rialzarsi senza il Sud, signor Ministro, e senza la valorizzazione delle sue enormi potenzialità. Se il Governo non avvierà al Sud una crescita capace di autosostenersi, il Paese non uscirà dal guado.
In tale contesto, il ponte sullo Stretto di Messina, oggi come non mai, rappresenta un'opera strategica, che garantirebbe non solo la continuità territoriale tra la Sicilia e il resto d'Italia, ma anche quella tra il nostro Paese e il resto d'Europa, comportando grandi vantaggi in termini di sviluppo economico e sociale, oltre che di immagine. Esponenti della maggioranza e rappresentanti del Governo, come il ministro De Micheli, appena una settimana fa in quest'Aula hanno mostrato interesse nella realizzazione dell'opera. Finalmente si sta iniziando a comprendere che infrastrutture di tale portata consentirebbero non solo di creare nuovi posti di lavoro e di riattivare il tessuto economico, ma anche di attrarre investimenti, trasformando la crisi in un'opportunità di sviluppo.
Il ponte rappresenta anche una potente attrattiva turistica: pensiamo alla quantità di turisti richiamati dai ponti più spettacolari e suggestivi del mondo. Iconico è il ponte sullo stretto di Akashi, in Giappone: 22 milioni di turisti l'anno pagano un biglietto di 27 euro per ammirare il panorama mozzafiato che si gode dalle sue torri. Le assicuro, signor Ministro, che la vista dall'alto dello stretto di Messina sarebbe altrettanto spettacolare.
Per tutti questi motivi, Forza Italia da sempre sostiene l'importanza del ponte. L'ultimo Governo Berlusconi aveva avviato la realizzazione del progetto, bloccato poi dal Governo Monti, e tale decisione sta costando svariati milioni agli italiani, un dispendio inutile di danari pubblici, che avremmo potuto investire in modo proficuo e che invece stiamo gettando al vento. L'Unione europea, come ben sa, ha più volte sollecitato l'Italia a colmare il divario infrastrutturale tra Nord e Sud, fino ad arrivare a un severo monito per i mancati investimenti nel Meridione. Oggi, con il recovery fund, abbiamo l'opportunità di aiutare davvero questo Paese.
Le chiedo quindi, signor Ministro, se le risorse messe a disposizione dal recovery fund possano essere utilizzate anche per realizzare opere come il ponte sullo Stretto di Messina e se nel piano delle riforme propedeutico all'assegnazione delle risorse di tale fondo inserirà un capitolo dedicato alle opere necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno e delle isole.
PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Gualtieri, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
GUALTIERI, ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, la senatrice affronta un tema non nuovo nel dibattito italiano: ho qui un articolo del «Corriere della sera» del 1985, che titolava sul via libera al ponte sullo Stretto e annunciava il completamento dell'opera nel 1995; la storia poi la conosciamo.
Entrando nel merito, uno dei problemi fondamentali è derivato dal fatto che un'opera di questa portata e anche di queste potenzialità per lo sviluppo della Sicilia e del Mezzogiorno esige naturalmente una rigorosa valutazione di sostenibilità economico-finanziaria in relazione al costo aggiornato del progetto definitivo. Il costo originario del progetto a cui lei fa riferimento ammontava a quasi 6 miliardi di euro, a cui se ne aggiungevano oltre 4 di opere compensative richieste dai territori. Il costo complessivo dell'opera nel 2012 non ne consentiva quindi la sostenibilità finanziaria nella modalità allora contrattualmente prevista.
Per tali motivazioni, il progetto non ebbe corso e il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 dispose la liquidazione della società, ove fosse stata verificata, in sede di Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), l'impossibilità altresì di percorsi alternativi di realizzazione di parti del progetto complessivo.
Come ha ricordato, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sta ora valutando la percorribilità della realizzazione del ponte nell'ambito di una stringente project review che riduca drasticamente il costo del progetto definitivo, anche al fine di garantire la sostenibilità economico-finanziaria. Si terrà conto degli esiti di una puntuale analisi costi-benefici e del dibattito pubblico cui verrà sottoposto il progetto, valutando altresì le ricadute in termini occupazionali, ambientali e trasportistici alla luce degli investimenti infrastrutturali già programmati nel territorio siciliano e di tutti i profili giuridici connessi al contenzioso in corso con il soggetto attuatore e il general contractor.
Tali valutazioni sono ovviamente propedeutiche alla ricognizione delle possibili fonti di finanziamento, rispetto alle quali, naturalmente, le nuove risorse europee costituiscono una fonte su cui è opportuno fare una valutazione. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica la senatrice Giammanco, per due minuti.
GIAMMANCO (FIBP-UDC). Signor Ministro, la ringrazio per la sua risposta, che tuttavia riteniamo troppo generica. Ce ne saremmo aspettati una più puntuale, perché - a nostro parere - il progetto rientrerebbe a pieno titolo in quegli investimenti necessari a rilanciare, oggi più che mai, la nostra economia.
Potremo superare le resistenze dei Paesi frugali solo presentando alla Commissione europea progetti credibili e dettagliati per ammodernare il Paese, nell'ambito del piano per la ripresa e la resilienza, come sa bene. Non perdiamo tempo: facciamolo subito ed evitiamo gli errori del passato.
Ai detrattori dell'opera, che a giustificazione dei loro no portano la necessità di dotare prima il Sud di una rete ferroviaria adeguata e di strade, autostrade e porti moderni, dico che si nascondono dietro un alibi che ha paralizzato per anni ogni iniziativa a favore dei meridionali. La costruzione del ponte attiverebbe finalmente un circolo virtuoso di investimenti per lo sviluppo del Mezzogiorno, che andrebbe a connotarsi come polo logistico dell'Italia e dell'Europa.
Sebbene l'Unione europea continui a chiederci politiche economiche basate su investimenti strategici, negli ultimi anni il Meridione è stato totalmente abbandonato. Dei circa 63 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, solo una minima parte è stata utilizzata (parliamo del 3-4 per cento). Questo Governo ha destinato fin troppe risorse alla ricerca del consenso elettorale, dimostrando di non saper investire nel futuro del Paese. Non si può continuare a governare distribuendo prebende e bonus, pensando solo a salvaguardare le proprie poltrone e ignorando il costo che le generazioni future pagheranno per tali politiche. Il tempo è scaduto. Il recovery fund potrà essere un'occasione per invertire la rotta, ma non dobbiamo lasciare nulla al caso e soprattutto dobbiamo partire dall'assunto per cui il Sud non può più essere trattato come una zavorra, ma rappresenta il motore da accendere per far ripartire l'Italia intera.
Mi creda, signor Ministro, il nostro Sud - per fare una metafora - è un territorio impervio, ma ancora vergine e dunque estremamente fertile. Per questo motivo, le chiedo di metterlo alla prova. (Applausi).
PRESIDENTE. Il senatore Bagnai ha facoltà di illustrare l'interrogazione 3-01725 sul finanziamento della spesa pubblica tramite ricorso al mercato, per tre minuti.
BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Ministro, nella nostra interrogazione ci siamo permessi indegnamente di storicizzare, per lei che è uno storico, le vicende degli ultimi centododici giorni, partendo da quando, il 5 marzo, presentaste una relazione che chiedeva - con nostro sbigottimento - uno scostamento di appena 6,35 miliardi e arrivando agli attuali dati, che ci raccontano come, a fronte di 62,9 miliardi di acquisti di titoli italiani da parte della BCE, le emissioni nette del Tesoro siano state di appena 57,9 miliardi. Non so se, leggendo queste premesse, si è reso conto del disastro che avete combinato.
Le regole vogliono che l'interrogazione sia contenuta in una pagina, ma la nostra si sarebbe potuta riassumere in una parola: perché? Perché non ci avete ascoltato, quando vi abbiamo detto che lo scostamento da votare doveva essere all'altezza della tragicità della situazione e che avremmo dovuto fare come la Francia, che in occasione dell'ultima, meno grave, crisi globale aveva risolutamente scelto di espandere il deficit fino al 7 per cento del PIL (138 miliardi di euro), non solo per contenere i danni immediati, ma soprattutto per gestire meglio il rapporto con i fratelli europei, che possono scusare un deficit alto in circostanze eccezionali, purché poi lo si diminuisca? Vi abbiamo spiegato anche che il finanziamento di questo deficit non era un problema, perché era chiaro che la BCE non aveva alternative: o espandere il suo ombrello o far saltare le banche francesi e tedesche e quindi l'euro. Bisognava quindi procedere emettendo titoli di Stato, che avrebbero incontrato il favore dei risparmiatori italiani, e bisognava farlo subito; lo avete fatto dopo, il 16 maggio. Perché? Perché voi, che siete così ben visti e ben introdotti nei salotti europei, dove i TG vi ritraggono scodinzolanti, ci avete messo venti giorni ad approfittare delle nuove norme sugli aiuti di Stato (la Francia solo quattro) e quaranta giorni ad approfittare della sospensione del Patto di stabilità con un nuovo scostamento (la Germania solo tre)? Perché?
Queste reazioni ovvie vi hanno colto di sorpresa? I vostri amici europei non ve ne avevano parlato? Oppure sapevate, ma avete voluto cogliere l'occasione per eliminare i vostri nemici di classe? Un secolo dopo, eliminare i kulaki è ancora una priorità, a quanto pare, che oggi sono i professionisti lasciati senza indennità, i piccoli e medi imprenditori senza credito, ma anche gli operai senza cassa integrazione. O forse volevate solo consolidare il vostro potere, costringendo il Paese a entrare in patti leonini, come il MES, con istituzioni governate da nostri avversari economici che sono vostri alleati politici? Perché, ma anche quanto? Quanto sarà il prossimo scostamento? Quanto ci costeranno i vostri ritardi?
La risposta, signor Ministro, ci interessa non solo dal punto di vista politico, ma anche umano e storico. La più grande catastrofe della storia economica italiana ha un nome, il suo, e ci interessa sapere come, da storico, ne racconterà la storia. (Applausi).
PRESIDENTE. Il ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Gualtieri, ha facoltà di rispondere all'interrogazione testé illustrata, per tre minuti.
GUALTIERI, ministro dell'economia e delle finanze. L'interrogazione dimostra con ogni evidenza una non piena conoscenza - o forse una scarsa conoscenza - dei meccanismi e delle tecniche di emissione del debito pubblico. (Applausi).
Vorrei concentrarmi su questi aspetti, non sul resto, che è abbastanza evidente ed oggettivo: l'Italia ha realizzato lo sforzo di politica di bilancio maggiore in Europa, secondo solo a quello della Germania, per far fronte al coronavirus.
Limitandosi però alla questione più specifica, in cui appare evidente una confusione tra il concetto di emissioni lorde e nette, che costituiscono un parametro non corretto (le prime sono superiori agli acquisti della Banca centrale europea), cerco di andare con ordine.
È noto ed evidente che lo sforzo è stato senza precedenti, ampliando la portata dei meccanismi di collocamento esistenti, creandone di ulteriori e mettendo in campo anche nuovi strumenti. In pochissimi giorni, il Dipartimento del tesoro ha saputo porre in campo una strategia che ha consentito all'emittente di aumentare da subito e in modo molto significativo la provvista finanziaria con modalità compatibili con le condizioni di mercato e con la gestione dei rischi di tasso e di rifinanziamento.
Come dicevo, l'interrogazione parte da presupposti non corretti. In primo luogo, non appare corretto prendere come riferimento l'ammontare di acquisto di titoli italiani da parte della BCE, in quanto si tratta di riferimento indiretto, relativo al mercato secondario, non potendo tale istituzione fare acquisti direttamente su quello primario; un confronto diretto appare fuorviante e, in ogni caso, non possono che essere cifre parziali rispetto a quelle programmate dai Paesi come collocamenti di titoli.
Ancora più fuorviante è fare riferimento al periodo che va dall'inizio di marzo, quando - come gli interroganti ricordano - l'annuncio del Programma di acquisti per l'emergenza pandemia (PEPP) da parte della BCE è del 18 marzo. È forse opportuno ricordare che, nella prima metà del mese di marzo, per effetto dell'esplodere delle conseguenze della pandemia, prima in Italia e poi nel resto d'Europa, le condizioni di mercato dei titoli di Stato erano divenute più difficili. Un aumento importante delle emissioni già da inizio marzo, oltre al fatto di non avere alcun fondamento in base alle previsioni di raccolta di allora, non avrebbe fatto altro che aggravare ulteriormente condizioni di mercato già particolarmente difficili.
L'altro presupposto non corretto, anche volendo fare un confronto diretto tra emissioni e programma di acquisti della BCE, è che questo venga fatto in termini di emissioni nette, dal momento che sono quelle lorde a rappresentare le reali esigenze di copertura del fabbisogno statale, comprensive, cioè, delle scadenze di titoli, che evidentemente l'interrogante si è dimenticato di conteggiare. Le emissioni nette risentono del profilo dei rimborsi e ciò rende il paragone poco significativo.
Venendo alle cifre, nel periodo da marzo a maggio 2020, si sono avute emissioni lorde di titoli a medio-lungo termine pari a 117,26 miliardi di euro, esclusi i BOT, pari a 56,7 miliardi in termini di valore nominale. Nello stesso periodo del 2019, le emissioni lorde a medio-lungo termine furono pari a 65 miliardi circa, cui vanno aggiunti 39,1 miliardi di BOT. Le maggiori emissioni a medio-lungo termine in questo trimestre sono state quindi di 52,26 miliardi e i BOT sono aumentati di 17,6 miliardi rispetto all'anno precedente. Facendo un confronto da inizio anno e fino al 15 giugno 2020, si sono avuti 92,7 miliardi di maggiori emissioni rispetto al 2019, con un incremento del segmento a medio-lungo termine di 76,9 miliardi e di 15,8 miliardi con riferimento ai BOT.
Si fa altresì presente che nella nota di aggiornamento al DEF dello scorso anno si prevedeva un fabbisogno di circa 45 miliardi di euro. Pertanto, in termini di emissioni lorde, era previsto un totale di circa 247 miliardi di euro, pari ai citati 45 miliardi di fabbisogno, più 202 miliardi di scadenze a medio-lungo termine. A maggio sono stati emessi ben 171 miliardi di euro di titoli a medio-lungo termine, che rappresentano circa il 70 per cento di quanto era stato previsto di emettere per il 2020 a fine 2019. A queste cifre, va aggiunto l'ammontare di titoli a breve termine BOT, che sono stati emessi a oggi per un ammontare superiore a quelli in scadenza di oltre 20 miliardi e che hanno costituito ulteriore fonte di finanziamento netto, a fronte di una stima a fine 2019 di emissioni nette di BOT nulle. Risulta pertanto chiaro lo sforzo senza precedenti condotto per far fronte alle aumentate esigenze di raccolta emerse nel corso degli ultimi mesi e risulta altrettanto evidente lo scarso fondamento empirico delle affermazioni contenute nell'interrogazione del senatore Bagnai.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire in replica il senatore Bagnai, per due minuti.
BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Ministro, secondo la liturgia parlamentare ora dovrei dirle di non essere soddisfatto della sua replica, ma mentirei: sono soddisfattissimo.
Il question time è come la lanterna di Diogene e non cercavamo la spiegazione di una dinamica economica che abbiamo capito prima e meglio di lei, tant'è che alla fine i fatti ci hanno dato ragione. Sta facendo tardi e male ciò che avevamo chiesto di fare presto e bene, cioè 100 miliardi di scostamento per interventi immediati, finanziati con titoli rivolti prevalentemente ai risparmiatori italiani. (Applausi).
Quanto sia lo scostamento prossimo - cioè, il costo dei suoi ritardi - non ce lo ha detto, ma va bene così, perché cercavamo l'uomo e l'abbiamo trovato: una mistura di rifiuto della realtà, supponenza verso il Parlamento e tanto amore per il burocratese. Non è corretto dire che lo sforzo italiano è il più ampio o, come ama dire, il più ambizioso, perché lo è solo se si vi includono i 400 miliardi della famosa potenza di fuoco, che non ci ha messo lo Stato, ma che ci dovrebbero mettere le banche.
Svelato comunque il dato umano, che nella storia - soprattutto dei fallimenti - conta, resta quello politico, che è il seguente: questo Governo, nato per far eleggere al Parlamento un Presidente della Repubblica a immagine e somiglianza della sinistra, non solo non ha in Parlamento una maggioranza solida per condurre a termine questo scippo istituzionale, ma nella Camera alta le comunico che non ha nemmeno la maggioranza assoluta per farsi votare il prossimo necessario scostamento, su cui lei non ci ha informati. (Applausi).
Mi permetta allora di darle un consiglio costruttivo: deponga la sua arroganza, si adoperi per una vera condivisione e ascolti chi ne sa più di lei, come i tanti parlamentari della Lega che in questi tre mesi, con dedizione e patriottismo, hanno cercato di farle intendere ragione. Deleghe in bianco non ne daremo più: buon lavoro. (Applausi).