Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Psichiatria: contenzione fisica, una strategia per la prevenzione
Conferenza Regioni
e Province Autonome
giovedì 29 luglio 2010
in allegato il documento in formato pdf
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
10/081/CR07/C7
CONTENZIONE FISICA IN PSICHIATRIA:
UNA STRATEGIA POSSIBILE DI PREVENZIONE
Premessa
L’esigenza di queste raccomandazioni nasce dalla convinzione che la prevenzione della contenzione fisica nei contesti di cura psichiatrica sia una questione generalmente sottovalutata: stiamo parlando di una pratica diffusa, non omogeneamente applicata nelle diverse regioni ma, soprattutto, con differenze notevoli tra un servizio e l’altro che non trovano giustificazioni di ordine epidemiologico. D’altra parte mancano ricerche sistematiche e la pratica stessa non viene sempre documentata. Essa si impone all’attenzione, per lo più in forma tale da suscitare un grande allarme, in occasione della pubblicizzazione di eventi tragici che riguardano persone "legate". Questi giudizi negativi però non devono portarci a sottovalutare le lodevoli iniziative di alcune amministrazioni regionali, o di singole unità operative, nonché le iniziative di alcune società scientifiche, per porre limitazioni alla contenzione o per introdurre criteri razionali nella sua gestione. Le Regioni sono state spinte a produrre queste raccomandazioni anche dalla preoccupazione che una pratica disinvolta della contenzione avvalori il mito della natura intrinsecamente violenta della cura psichiatrica, con ciò accrescendo il pregiudizio nei confronti della malattia mentale e aumentando la resistenza a utilizzare i servizi psichiatrici da parte di chi ne ha bisogno. Giacché è nel silenzio che si sta realizzando un uso poco critico di questa pratica, è utile parlarne in un documento condiviso dedicato non alle indicazioni tecniche per una contenzione ben fatta ma impegnato a creare una strategia della sua prevenzione. Questo documento contiene raccomandazioni che sono valide in tutto il contesto della Salute Mentale, sia in età adulta che evolutiva.
1. Contenzione fisica e violenza
Parlare della contenzione fisica in psichiatria significa porre l’accento soprattutto sul suo uso come rimedio alle situazioni in cui sia alto il rischio di azioni auto ed etero lesive: in tali casi l’intervento si caratterizza, per lo più, per la mancanza del consenso da parte del paziente e va preso in considerazione nella materia disciplinata dagli articoli 33 – 34 – 35 della Legge 23 Dicembre 1978, n. 833 che, per i trattamenti senza consenso, indicano luoghi, modi e tempi, nonché responsabilità professionali e garanzie amministrative e giurisdizionali da rispettare (stiamo parlando del trattamento sanitario obbligatorio in degenza 2
ospedaliera, in un servizio psichiatrico di diagnosi e cura). Al di fuori di queste condizioni per compiere un intervento, che altrimenti si configurerebbe come un reato, può essere invocata un’urgenza indifferibile, qualora si ravvisino condizioni eccezionali di necessità e ove ricorrano oggettive esigenze di salvaguardare la persona dal pericolo attuale di un danno grave non altrimenti evitabile.
Fatte queste precisazioni di ordine giuridico va subito detto che è possibile porsi realisticamente l’obiettivo di eliminare la contenzione fisica dalla pratica psichiatrica solo nell’orizzonte di una prevenzione dei comportamenti violenti nei luoghi di cura, grazie al potenziamento delle buone pratiche per evitarli o uscirne rapidamente. Questo cambiamento di prospettiva non sarebbe tuttavia sufficiente a illustrare il problema nella sua complessità se non facessimo attenzione a collocarlo nella questione più ampia degli interventi di urgenza. E’ nell’urgenza che si incontrano le situazioni più drammatiche ed è possibile agire precocemente sui fattori che sono antecedenti importanti di comportamenti violenti. Inoltre, se non accettassimo questo ampliamento, daremmo l’impressione di ritenere che la questione della violenza riguardi solo le situazioni di degenza ospedaliera e non le situazioni psichiatriche in contesti specifici di vita. La conoscenza delle modalità di risposta ambientale ai comportamenti dei pazienti, a causa delle difficoltà relazionali attribuibili alle loro patologie, ma anche dei conflitti in cui sono coinvolti, possono dare accesso ad una comprensione delle reazioni violente.
Queste prospettive spingono a ulteriori approfondimenti, eventuale occasione di nuove raccomandazioni, che qui non è il caso di anticipare. Un elemento però va segnalato ed è costituito dalle difficoltà aggiuntive che derivano dalla inappropriatezza di molti ricoveri psichiatrici che rende difficile, a volte al limite dell’impossibilità, la gestione della presa in carico. Uno dei meccanismi più comuni di inappropriatezza è la traduzione di ogni situazione in cui vengono agiti comportamenti violenti in una manifestazione psichiatrica. In tal modo si fa della psichiatria, e dei suoi luoghi di cura, un contenitore aspecifico destinato a separare, accantonare, nascondere la violenza.
2. Riassunto delle comunicazioni del CPT
L’occasione prossima di queste raccomandazioni è un intervento del "The European Commitee for the prevention of torture and inhuman or degrading treatment or punishment" (CPT) sui reparti psichiatrici in Italia.
Nel documento del 16 ottobre 2006 "General Report on the CPT’s activities" una parte è dedicata alle "Misure di contenzione negli Istituti Psichiatrici per adulti". Essa è stata sottoposta al Gruppo Interregionale della Salute Mentale dal Ministero della Salute per un parere che è stato formulato nel 2009. Riportiamo qui alcune delle considerazioni generali che sono state prese in esame in tale occasione :
"Il potenziale di abuso e di maltrattamento che l’uso di mezzi di contenzione comporta resta fonte di particolare preoccupazione per il CPT. Purtroppo sembra che in molti degli istituti visitati vi sia un eccessivo ricorso ai mezzi di contenzione". "La creazione e il mantenimento di buone condizioni di 3
vita per i pazienti, così come un buon clima terapeutico, presuppongono l’assenza di aggressività e di violenza tra i pazienti e nei confronti del personale".
Il documento stila una graduatoria delle modalità da mettere in atto per far fronte alla violenza del paziente e in essa figurano i mezzi psicologici (interazione verbale e convinzione) e il trattenere il paziente con le mani per breve tempo. Tutto questo viene proposto in alternativa alla sedazione chimica e alla contenzione mediante cinghie. Per ultimo il documento cita modalità di contenzione considerate non solo inadeguate ma anche degradanti (manette, catene metalliche, letti gabbia). Il Documento stigmatizza l’uso della contenzione come punizione e come intervento pedagogico. All’obiezione che è la mancanza di personale che spinge a un aumento del ricorso ai mezzi di contenzione risponde che è proprio l’applicazione dei metodi meccanici, che voglia essere corretta e appropriata, a richiedere più personale medico e infermieristico di quanto abitualmente disponibile. La pratica di far durare la contenzione per un periodo superiore a quello strettamente necessario è considerata un maltrattamento. Viene sottolineato come l’esperienza di essere contenuto produca confusione nel paziente.
Quello del CPT è un documento pragmatico, tutt’altro che estremista, se giunge ad affermare che "come regola generale un paziente dovrebbe essere contenuto solo come misura di ultima istanza", ed è tuttavia una denuncia chiara e inequivocabile della contenzione fisica.
Il commento per il Ministero della Salute, approvato dal Gruppo Interregionale della Salute Mentale, si concludeva con l’affermazione che "il parere espresso in merito alle pratiche di contenzione è che tali misure non facciano parte dei dispositivi ordinari di cura dei pazienti psichiatrici e vadano considerati interventi che scaturiscono da uno stato di necessità che andrebbe prevenuto con il massimo impegno, anche con un adeguamento delle condizioni assistenziali in modo da far fronte a situazione di acuzie, o almeno superato il più rapidamente possibile. In ogni caso gli interventi vanno adeguatamente documentati, anche per dimostrare che non è stato applicato un livello di violenza superiore a quello della violenza cui si voleva porre rimedio".
3. Resoconto delle norme che le Regioni hanno emesso in materia di contenzione
Alcune Regioni hanno già affrontato la questione negli ultimi anni:
- Toscana: il PSR 2008-2010 proibisce l’uso della contenzione fisica e ordina il monitoraggio delle prescrizioni psicofarmacologiche che potrebbero assumere il significato di contenzione chimica.
- Piemonte: il PSSR vigente sottolinea la necessità di non praticare la contenzione fisica.
- Puglia: è operante un Progetto finalizzato della Regione per il miglioramento della qualità dell’assistenza nei SPDC. Sul tema della contenzione meccanica l’obiettivo è di produrre raccomandazioni su come evitare le contenzioni.
- Emilia-Romagna: una circolare del 22,10,2009 della Direzione generale sanità e politiche sociali detta la "Disciplina delle contenzioni
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fisiche presso i SPDC del DSM-DP, con l’obiettivo di ridurre il più possibile la contenzione e, a tal fine, prescrive un monitoraggio puntuale del fenomeno.
- Sardegna: il DGR 51/41 del 20,12, 2007 contiene direttive ai DSM. Anche sulla contenzione la Regione Sardegna ha dato direttive ai DSM (vedi piano sanitario, DGR organizzazione DSMD). Tale DGR 51/41 del 20/12/07 è finalizzata ad abbattere i fattori di rischio per l'aggravamento dei disturbi mentali e il ricorso al TSO. Poiché sono evidenziate carenze per l'emergenza urgenza nell'allegato alla DGR, sono delineate le Direttive sull'organizzazione degli interventi in tale ambito, ma anche nella proposta di nuovo Piano sulla salute mentale, si evidenzia che "nelle emergenze il ricovero nel SPDC è talora improprio e determinato da carenze di altre strutture o enti".
- Lombardia: ha stabilito l’obbligo per tutti i DSM di redigere un protocollo scritto per regolare la procedura della contenzione meccanica.
- Lazio: Il Dipartimento Sociale della Regione ha attivato il programma "Strategie
per la prevenzione delle contenzioni fisiche in situazioni di emergenza psichiatrica" che si conclude quest’anno.
Da questo elenco si deduce che non sono numerosi gli atti ufficiali delle Regioni che hanno come oggetto la contenzione fisica dei pazienti psichiatrici. Si osserva una confluenza di quelli disponibili su una politica di prevenzione della contenzione fisica. Tale constatazione suggerisce di sollecitare ulteriormente l’interesse delle Regioni mediante un documento di Raccomandazioni.
4. Contenzione nei minorenni
Anche in questa sede è opportuno accennare alla precarietà e alla disomogeneità della rete assistenziale per gli interventi di urgenza in età evolutiva: questi interventi, attuati sia in ambito ospedaliero che extra ospedaliero, spesso avvengono in ambienti non standard e non appropriati. In una situazione così frammentata non è finora stato possibile effettuare un monitoraggio sistematico dell’incidenza del ricorso alla contenzione fisica nei confronti dei minori con disturbo acuto del comportamento.
Ugualmente sfugge alla conoscenza e al controllo il fenomeno del ricorso alla contenzione, che comunque sembra avere una incidenza non irrilevante, nei confronti dei minori disabili e/o con disturbi psichiatrici, ricoverati in strutture residenziali autorizzate e/o accreditate.
Sul piano culturale e formativo, l’approccio dei servizi di NPIA al paziente agitato, o comunque con problemi comportamentali, è tradizionalmente orientato al contenimento più che alla contenzione e privilegia la pacificazione attraverso la relazione piuttosto che la controazione, anche in considerazione del significato altamente traumatico che l’esperienza di essere immobilizzato e reso impotente può assumere, in particolare in età evolutiva. 5
5. Finalità delle raccomandazioni
L’obiettivo fondamentale è di costruire una strategia di prevenzione della contenzione fisica che si ponga all’interno della prevenzione dei comportamenti violenti nei luoghi di cura. Le idee forti su cui fondarla si possono esprimere come:
- consapevolezza che la prevenzione dei comportamenti violenti è una condizione per rendere efficace la cura;
- consapevolezza che la contenzione è un atto anti terapeutico, rende cioè più difficile la cura piuttosto che facilitarla;
- consapevolezza che rispondere alla violenza con la violenza non paga.
A partire da questi assunti può disegnarsi un percorso per giungere alla meta costituita dal superamento della contenzione fisica, facendo di tale superamento un elemento di qualità del miglioramento continuo della pratica psichiatrica.
Dalla condivisione di tale impostazione scaturisce una strategia di prevenzione che affida la sua efficacia alla gradualità dell’approccio piuttosto che ad affermazioni astratte intorno alla legittimità della pratica di contenzione fisica o allo spostamento dell’attenzione su riflessioni teoriche intorno a un legame intrinseco, affermato da alcuni e negato da altri, tra malattia mentale e comportamento violento.
Il percorso parte dall’esigenza, con un adatta sorveglianza, di ridurre il rischio di abuso sempre in agguato quando si ha a che fare con prestazioni sanitarie senza il consenso del paziente. Si qualifica includendo la convinzione che, in ogni caso, la valutazione non possa essere solo sanitaria trattandosi di una pratica, come ci ricorda il documento del CPT, con un alto potenziale di degradazione ed umiliazione per il paziente, in contrasto quindi con il principio del rispetto della dignità umana che dovrebbe vincolare l’esercizio della medicina. L’argomentazione centrale porta a considerare la contenzione fisica come un intervento antiterapeutico, che danneggia il paziente anche quando non ne mette a rischio la integrità fisica, e danneggia la credibilità della psichiatria come scienza terapeutica. In questa chiave, dando per scontato che con un di più di formazione, di organizzazione e di sorveglianza si riesca a evitare la violenza superflua, quella che viene praticata per dare un esempio, realizzare una punizione, o "prevenire" una violenza attesa, la tesi di questo documento è che si debba evitare la contenzione fisica in ogni situazione, attraverso una strategia che prevenga i comportamenti violenti in ambienti di cura.
6. Condizioni e precauzioni per prevenire e risolvere i comportamenti violenti nei luoghi di cura psichiatrica
Una particolare attenzione va posta, innanzitutto, al rispetto degli standard di personale nei luoghi di cura, standard che derivano dalla valutazione dei risultati che ci si aspetta dalla cura. Le buone pratiche, che sono state sperimentate anche in Italia, puntano, in una logica di prevenzione dei comportamenti violenti, sulla necessità di personalizzare il rapporto terapeutico, 6
di evitare l’isolamento del paziente, di favorire adeguati livelli di comunicazione nell’équipe curante e un buon clima in cui venga a svolgersi il lavoro. La precarietà della presa in carico e la grave carenza di strutture e percorsi adeguati e dedicati favoriscono l’insorgere delle urgenze comportamentali e aumentano il rischio di interventi di emergenza non appropriati ed evitabili.
Viceversa una rete assistenziale territoriale e ospedaliera che garantisca interventi precoci e integrati di presa in carico dei disturbi acuti riduce il numero dei ricoveri e quindi anche la eventualità del ricorso alla contenzione.
Come provvedimento immediato la costruzione di un sistema informativo e di un flusso di dati in grado di misurare la contenzione come evento sentinella è di per sé efficace nel ridurne l’impiego non appropriato. Nei casi in cui si configuri un intervento in stato di necessità e la contenzione fisica non sia evitabile, il personale coinvolto deve essere specificamente formato alla gestione del paziente in quella specifica situazione, e devono essere attivate di routine procedure interne e istituzionali di monitoraggio e tutela.
7. La questione della contenzione fisica va al di là degli ambiti in cui si esercita la psichiatria
Sarebbe del tutto irrealistico ritenere che la contenzione fisica sia esercitata solo dagli psichiatri. Troviamo questa pratica anche altrove, soprattutto lì dove l’assistenza ha a che fare con stati di agitazione psico-motoria che sono espressione di modificazioni patologiche del SNC, stabili o transitorie, in casi di demenza, o in situazioni di patologia geriatrica, oppure negli stati di intossicazione esogena, o in soggetti con disabilità intellettiva, adulti o in età evolutiva. Gli ambiti di esercizio in cui andrebbe discusso il problema della legittimità, utilità e opportunità della contenzione fisica, non sono costituiti solo dagli ospedali, ma anche dalle case di riposo per anziani, dalle comunità terapeutiche per tossicodipendenti, dagli istituti di ricovero per soggetti con handicap connessi a patologie congenite o precocemente acquisite, del SNC. Una ulteriore discussione su questa ampia area dell’assistenza sanitaria esula tuttavia dalle competenze e dai compiti del Gruppo Interregionale della Salute Mentale, anche se l’avervi accennato è legittimato dal fatto che molto spesso comportamenti che sollecitano pratiche di contenzione fisica vengono tradotti in richieste psichiatriche quando addirittura non comportino un ricovero inappropriato in SPDC. Si ritiene inoltre che un miglioramento della pratica assistenziale psichiatrica, caratterizzato da una rinunzia alla contenzione fisica, sarebbe un forte segnale per porre attenzione al problema anche negli altri ambiti operativi, sollecitando coloro che vi operano ad analoghe pratiche di trattamento non restrittivo.
8. Raccomandazioni
Con questo documento le Regioni non intendono assumersi compiti che sono propri delle società scientifiche (svolgere ricerche e stabilire metodi di valutazione) o delle associazioni di utenti e di familiari (verificare e sollecitare 7
interventi modificativi) ma affrontano un compito che è di loro competenza e che riguarda il miglioramento della qualità delle cure nell’ambito sanitario psichiatrico. Obiettivo finale delle Raccomandazioni è che tutte le Regioni si attivino per introdurre nell’assistenza psichiatrica le modificazioni (di conoscenze, di atteggiamenti, di risorse, di gestione, di organizzazione) in grado di portare al valore zero, in modo stabile e sicuro, il numero delle contenzioni praticate nei Servizi di Salute Mentale.
Ciascuna delle raccomandazioni implica un intervento promozionale, potenzialmente atto a prevenire comportamenti violenti e contenzione fisica. Si intende che ad esso segua una valutazione e che siano attivati interventi correttivi nel caso che le modificazioni suggerite non siano state attuate o non abbiano ottenuto i risultati attesi.
Raccomandazione 1:
Monitorare a livello regionale il fenomeno delle contenzioni attraverso la raccolta sistematica di informazioni di qualità tale da consentire di predisporre azioni migliorative.
Raccomandazione 2:
Monitorare a livello regionale i comportamenti violenti nei luoghi di cura per acuti (concordando gli strumenti di valutazione da adottare e le modalità di elaborazione dei dati a livello dei servizi di salute mentale coinvolti).
Raccomandazione 3:
Promuovere la formazione di tutti i soggetti coinvolti, sanitari e non, per favorire pratiche appropriate di gestione delle situazioni a rischio che siano in grado di arrestare i fenomeni di escalation.
Raccomandazione 4:
Definire e garantire standard di struttura e di processo per la salute mentale che siano in grado di contrastare la comparsa di comportamenti violenti o permettano di affrontarli e superarli nel modo più efficace possibile.
Raccomandazione 5:
Valutare l’impatto delle iniziative di informazione, di formazione e di appropriatezza organizzativa sul miglioramento della qualità dell’assistenza e della cura psichiatrica; in particolare in termini di riduzione dei comportamenti violenti e degli episodi di contenzione fisica. 8
Raccomandazione 6:
Promuovere nei Servizi pratiche sistematiche di verifica e miglioramento della qualità relativamente alla gestione delle situazioni di crisi e, in particolare, al ricorso alla contenzione fisica che, in una assistenza psichiatrica orientata alla buone pratiche, assume il significato di evento sentinella.
Raccomandazione 7:
Favorire la trasparenza delle strutture di cura, in cui si trattano i casi acuti, con il coinvolgimento di associazioni di utenti, di familiari, e degli uffici deputati alla difesa dei diritti dei cittadini, al fine di migliorare l’accessibilità, la vivibilità e l’accoglienza, dare informazioni sulle procedure in atto e sulle garanzie per gli utenti, facilitare la comunicazione con l’esterno.
Roma, 29 luglio 2010