Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Emergenza casa
Conferenza Regioni
e Province Autonome
giovedì 29 marzo 2007
Premesse
Il problema della “casa” è tornato ad essere in questi ultimi anni un’emergenza nazionale che non può essere risolta soltanto con risposte parziali e insufficienti, senza prospettive future di lungo respiro.
Sono infatti sempre più numerose le famiglie al di sotto della soglia di povertà che non trovano soluzioni alloggiative adeguate alle proprie condizioni economiche. L’emarginazione non è solo rappresentata dalle categorie tradizionalmente svantaggiate, quali disoccupati, lavoratori precari, immigrati, ma anche da famiglie monoreddito, che si trovano nell’impossibilità di accedere al mercato privato della locazione sia per la scarsità delle abitazioni in affitto che per la mancanza di una offerta economicamente sostenibile.
Queste famiglie in condizioni di elevato disagio sociale, concentrate in particolar modo nelle città più grandi, possono essere aiutate soltanto dall’Ente pubblico che, tuttavia, non è in grado di fornire risposte adeguate alle loro esigenze, a causa essenzialmente della drastica riduzione di risorse finanziarie, che ha avuto quale necessaria conseguenza una forte diminuzione dell’offerta di alloggi sociali (dal 1998 anno in cui è cessato il prelievo GESCAL non si programmano più interventi organici per costruire alloggi sociali).
La legge 9/07, malgrado non individui nuovi canali di finanziamento, dà un segnale di discontinuità rispetto al recente passato riaprendo il dibattito ed il confronto con le Regioni per perseguire obiettivi condivisi.
In quest’ottica, quindi, il “Tavolo di Concertazione” con il Governo previsto dall’articolo 4 dalla legge n. 9/07 si configura come un’opportunità, peraltro più volte auspicata dalle Regioni che hanno da sempre richiesto una forte azione politica per l’analisi dei temi ritenuti più urgenti.
Si rende quindi indispensabile, preliminarmente all’avvio dei lavori definire le modalità di partecipazione delle Regioni al “Tavolo di Concertazione”, proprio in virtù delle competenze che queste dovranno esercitare.
Ruolo delle Regioni
Le modifiche normative intervenute negli ultimi anni a partire dal decentramento amministrativo disposto dalla legge 59/97 e dal successivo D.Lgsl. 112/98 fino alla modifica del titolo V della Costituzione (legge costituzionale 3/01) hanno profondamente ridisegnato l’assetto istituzionale precedente, attribuendo alle Regioni l’esercizio di una più ampia potestà legislativa in materia di politiche abitative.
In questo contesto merita citare la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 94/2007, che, a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, rileva il perdurare di un carattere di “trasversalità” della materia dell’edilizia residenziale pubblica con una articolazione su tre livelli normativi di cui si dovrà tener conto. In particolare nella sentenza si precisa che
“… La materia dell’edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi. Il primo riguarda la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione – che, qualora esercitata rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost. – si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l’uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, … Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia “Governo del Territorio”, ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 Cost., (competenza concorrente)…Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell’articolo 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti Autonomi per le Case Popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale”.(competenza esclusiva)
Le Regioni, quindi, possono emanare (o hanno già emanato) leggi che disciplinino, in modo nuovo rispetto al passato, più aderente alle specifiche realtà territoriali e sociali, l’intervento pubblico nel settore dell’edilizia residenziale.
In tale contesto va ripensato anche il ruolo dello Stato, che continua comunque ad essere decisivo, visto che allo stesso fanno capo la leva fiscale e le risorse finanziarie, nonché il compito di garantire, su tutto il territorio nazionale “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” con la determinazione della relativa offerta minima. Lo Stato, inoltre, deve essere sempre più ispiratore di politiche generali e sempre meno gestore ed attuatore di programmi mentre le Regioni devono essere in grado di programmare in piena autonomia, coerentemente con gli indirizzi generali concordati in Conferenza Stato – Regioni, e stabilire priorità e forme di intervento più rispondenti ai bisogni specifici.
Tenuto conto delle precedenti considerazioni il ruolo che le Regioni avranno al “Tavolo di Concertazione” dovrà essere finalizzato ad affermare la necessità di una svolta nella politica per la casa che tenga in debito conto quanto dalle Regioni stesse è stato fatto per risolvere i problemi abitativi, sostenendo con adeguate risorse finanziarie la programmazione regionale ed inoltre a:
– concertare le linee generali per la predisposizione del programma nazionale;
– concordare la ripresa di un flusso costante di finanziamenti statali che possa assicurare la necessaria continuità alle nuove politiche della “casa”;
– superare gli interventi isolati e disomogenei, spesso invasivi delle competenze attribuite alle Regioni in materia.
Programma nazionale
L’articolo 4 della citata legge 9/07 prevede che sulla base delle indicazioni emerse dal “Tavolo di Concertazione”, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti predisponga un “Programma nazionale” contenente:
a) gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale in materia di edilizia residenziale pubblica. Tale programmazione è finalizzata all’incremento del patrimonio da concedere in locazione sia a canone sociale che a canone concordato nonché alla riqualificazione di quartieri degradati;
b) le proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, con particolare riferimento alla riforma della disciplina della locazione;
c) l’individuazione delle possibili misure dirette a favorire la continuità della cooperazione tra Stato, Regioni ed enti locali per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali;
d) la stima delle risorse finanziarie necessarie per l’attuazione del programma che dovranno essere assicurate nei prossimi anni.
Il fulcro, quindi, del “programma nazionale” dovrebbe riguardare l’entità e le modalità di reperimento delle risorse finanziarie necessarie all’attuazione delle politiche regionali in modo realmente efficace, visto che dal 1998, anno in cui è cessato il prelievo GESCAL, non è stato più individuato un flusso certo e costante di risorse finanziarie da destinare al settore.
Qualora, infatti, non venissero reperite risorse da parte dello Stato (che, è bene ribadire, è inadempiente in merito, in quanto avrebbe dovuto emanare un apposito DPCM, ai sensi degli artt. 7 e 61, c.7, del D. Lgsl. 112/98) parlare di una nuova programmazione non avrebbe senso.
A tale proposito, giova ricordare le reiterate richieste delle Regioni che riguardano:
– la creazione di un “Fondo per l’edilizia sociale” da destinare alle Regioni per soddisfare i fabbisogni differenziati espressi dalle famiglie, a cominciare da quelle più disagiate che devono beneficiare del sostegno pubblico. Tale fondo, di 1,1 milardi di Euro l’anno, sostitutivi dei prelievi ex Gescal, dovrebbe essere alimentato con continuità e secondo modalità da definire, per attuare nuovi investimenti attraverso programmi regionali. ;
– l’incremento della dotazione finanziaria del fondo nazionale di sostegno per le abitazioni in locazione (Legge 431/98, Art. 11) che dovrebbe essere di almeno 500 milioni di euro l’anno, a cui si aggiungono i contributi di Regioni ed enti locali, per assicurare un sostegno consistente alle famiglie che inoltrano domanda ai bandi comunali ed in particolar modo a quelle che hanno un reddito inferiore alla somma di due pensioni INPS ed una incidenza del canone sul reddito superiore al 14% (il fabbisogno stimato nell’anno 2004 per tale categoria ammontava a circa 538 Milioni di euro, che diventano 710 Milioni di euro se si considera la totalità dei richiedenti, e di anno in anno si registra un incremento costante della domanda);
–
– In merito alle risorse finanziarie potrà essere consideata anche la possibilità di utilizzare, per interventi di edilizia residenziale sociale all’interno dei programmi di riqualificazione urbana, finanziamenti di natura straordinaria quali quelli attribuiti alle Regioni dal CIPE con la programmazione del Fondo FAS.
Va sottolineato che il “programma nazionale” dovrebbe limitarsi a dare indicazioni di carattere generale per la programmazione di settore da realizzarsi poi a livello regionale.
Tali indicazioni, quindi, dovrebbero soltanto garantire un livello minimo di omogeneità sul territorio nazionale e parallelamente consentire di realizzare effettivamente quanto previsto dalle norme (decentramento delle competenze) permettendo alle Regioni di calibrare soluzioni rispetto alle reali esigenze che si manifestano a livello locale e che sono profondamente diversificate da territorio a territorio.
I punti qualificanti del “programma nazionale”, condivisibili anche dalle Regioni, potranno riguardare:
1. il rilancio del mercato delle locazioni apportando le necessarie modifiche alla Legge n. 431/98 e prevedendo, tra l’altro, nuove agevolazioni che rendano più appetibile la stipula dei contratti a canone concordato;
2. la ripresa degli interventi pubblici di edilizia sociale ampliando il patrimonio di alloggi da destinare alle famiglie più bisognose:
Dovranno essere approfondite le stime sul numero di abitazioni che sono effettivamente necessarie, ma va comunque data una urgente risposta alla domanda pressante, anche con la costruzione di nuovi alloggi pubblici.
A questo tipo di intervento “tradizionale” potrebbe essere affiancata una azione che possa mettere in relazione la “domanda” e l’“offerta” di abitazioni con locazione di proprietà privata, attraverso la creazione di organismi appositamente dedicati, ad esempio agenzie, che dovranno farsi garanti degli interessi del conduttore e del locatore;
3. la revisione delle tematiche fiscali strettamente connesse con la “casa” quali la modifica del livello di tassazione delle rendite da locazione per i proprietari che praticano il canone concordato e l’abbattimento delle imposte locali e nazionali che gravano sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica,
4. l’incremento delle risorse per l’applicazione dell’articolo 11 della Legge n. 431/98;
5. il raccordo tra politiche abitative e delle città per superare le situazioni di degrado di quartieri, garantendo anche maggiori livelli di sicurezza dei residenti.
6. l’approfondimento delle conoscenze del fabbisogno abitativo, dei fenomeni in atto e degli effetti prodotti da norme e programmi di intervento, rilanciando il progetto di “Osservatorio nazionale sulla condizione abitativa” quale sintesi degli “osservatori regionali”.
La costituzione dell’“Osservatorio nazionale” in rete con gli “Osservatori regionali” e con le diramazioni comunali possibili, è un progetto utile su cui le Regioni sono disposte ad impegnarsi immediatamente e di concerto con i Ministeri competenti purché esistano le volontà ed i presupposti economici e tecnici per la buona riuscita dell’operazione.
Inoltre si renderà necessario che la futura programmazione introduca il nuovo concetto di Edilizia Residenziale Sociale, in sostituzione di quello fino ad oggi utilizzato di Edilizia Residenziale Pubblica, che ricomprendeva l’articolazione, ormai superata, in edilizia sovvenzionata ed agevolata.
Infatti, la nuova prospettiva dovrebbe portare a ricomprendere il fabbisogno abitativo nell’insieme delle istanze delle categorie sociali svantaggiate che devono necessariamente trovare una risposta e che spaziano dal diritto alla salute, all’assistenza, alla fruizione dei servizi di base per la famiglia, ecc..
In questa ottica la materia dell’edilizia residenziale sociale dovrebbe essere definita come “Servizio di interesse generale” che soddisfi il diritto all’abitazione con nuovi modelli di finanziamento e con attori che gestiscano le politiche abitative secondo criteri e modalità diversi da quelli tradizionalmente utilizzati.
Dalla nuova programmazione, quindi, ci si aspetta una svolta nella politica abitativa, che già alcune Regioni hanno delineato con propri provvedimenti legislativi e che, comunque, è opportuno trovi, a livello nazionale, un momento di coordinamento sui principi e gli indirizzi di carattere generale, nel rispetto dei ruoli attribuiti dalla Costituzione.
A cominciare dalla definizione di “Servizio abitativo” occorrerà in linea generale tenere conto di almeno due fattori:
– uno fisico, riferito alle caratteristiche dell’alloggio al fine di garantire condizioni di “adeguatezza”, collegate ai concetti di “vivibilità”, “salubrità” e “sicurezza” che potrebbero essere estesi anche al quartiere nel quale l’immobile è inserito (realizzando il legame intervento sulla case e sulla città).
– l’altro di carattere soggettivo, ciò riferito al potenziale beneficiario dell’alloggio, in questo caso la condizione di “disagio” dovrà riferirsi ad una situazione complessiva che tenga conto sia dei problemi economici che di quelli di debolezza sociale del nucleo familiare.
Il nuovo concetto di “Servizio abitativo” consentirà di soddisfare anche le condizioni imposte dall’Unione Europea al fine di escludere gli eventuali finanziamenti pubblici in materia da quelli definiti come “Aiuti di Stato” e conseguentemente non incorrere nei provvedimenti sanzionatori previsti dalle norme Europee per la non conformità a questi ultimi.
– Accanto al reperimento di nuove risorse è indispensabile l’intervento sulla fiscalità, di esclusiva competenza dello Stato, che dovrebbe innanzitutto riguardare:
– l’abbattimento dell’imposizione fiscale che grava oggi sul patrimonio pubblico a canone sociale. Si ritiene infatti che l’alleggerimento di tale carico consentirebbe di liberare risorse utili per raggiungere gli equilibri economici tra entrate, costi di gestione e manutenzione;
– il diverso livello di tassazione sulla rendita da locazione da riconoscere esclusivamente ai proprietari che cedono in locazione a canone concordato il proprio immobile, tassazione che dovrebbe essere svincolata dal meccanismo di calcolo dell’IRPEF
In merito, è opportuno ricordare che lo Stato si accinge a varare un pacchetto di riforme fiscali concernenti la detassazione degli affitti e la riduzione dell’ICI sulla prima casa.
L’iniziativa merita un giudizio positivo, ma va precisato che:
– la detassazione deve privilegiare la locazione ex legge n. 431/98 ed in particolare i contratti stipulati con le modalità previste dall’articolo 2 della stessa legge (canone concordato);
– la riduzione dell’ICI sulla prima casa deve essere accompagnata dall’eliminazione della stessa imposta sul patrimonio residenziale pubblico.
Inoltre sarà opportuno riflettere sul tema della gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, che rientra nella piena competenza delle Regioni, come precisato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 94/2007, sopra citata.
Si tratta di gestire una “risorsa” che non può costituire un “problema”.
Le Regioni dovranno, quindi, impegnarsi nell’invertire una tendenza, che vede oggi, in molte aree del Paese, una condizione del patrimonio pubblico improntata solo all’assistenzialismo ed introdurre, invece, modalità di gestione che abbiano carattere di economicità e di efficienza.
Le entrate per gli affitti devono raggiungere livelli sufficienti per compensare i costi di gestione e manutenzione, anche straordinaria, del patrimonio e di adeguamento alle norme di sicurezza, graduando l’incidenza dei canoni in proporzione alle condizione economiche e sociali dell’utenza, fino a raggiungere l’equilibrio economico richiesto.
Infine, altrettanto importante è la riflessione sulla legge che dovrà essere emanata sul “governo del territorio” e che dovrebbe introdurre principi innovativi nella pianificazione territoriale, affinché questa risponda all’ esigenza del reperimento di aree economicamente sostenibili da destinare all’edilizia sociale, considerandole alla stregua di uno standard urbanistico, da inserire nei processi ordinari di pianificazione territoriale.
Roma, 29 marzo 2007