[Comunicato stampa Giunta regionale Sicilia]
Intervento sul Documento di economia e finanza 2021 nell'audizione delle Commissioni congiunte Bilancio della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
sabato 24 aprile 2021
Gaetano Armao
Vicepresidente e assessore per l’Economia della Regione Siciliana
Il Documento di economia e finanza 2021 appena approvato dal Consiglio dei Ministri italiano appare, come quello dello scorso anno, connotato da profili emergenziali. Sebbene si sia recuperata la proiezione triennale, appaiono assenti importanti documenti allegati come il Rapporto annuale sugli interventi nelle aree sottoutilizzate e sulle politiche di coesione. Si prevede la proroga del credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, mentre per il lavoro si dispongono forme di decontribuzione per favorire l'occupazione nelle aree svantaggiate, per nuove assunzioni di giovani e donne.
Va sottolineato che la strategia prescelta è opportunamente quella di collegare il documento programmatico con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che il Governo si accinge a presentare e che insieme ad una serie di interventi finanziari minori offre la dimensione di imponenti misure di sostegno all’economia mediante investimenti ed innovazione.
Una questione, tuttavia, va sottolineata. Il Documento all’esame delle Commissioni congiunte oblitera del tutto la condizione d’insularità che riguarda certamente le grandi Isole (Sicilia e Sardegna), ma anche il sistema delle isole minori diffuse lungo i due versanti nel Paese.
L’Italia è, ormai, il Paese europeo con il più alto numero di cittadini insulari, per i quali sussistono le condizioni declinate dall’Art. 174 TFUE, ma che non trovano alcun riconoscimento in termini perequativi rispetto ai costi patiti a causa della condizione insulare.
Va poi sottolineato che il Documento inserisce tra i disegni di legge collegati quello recante “Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata di cui all'articolo 116, 3 comma, Cost.” che riapre il tema del regionalismo differenziato, ovviamente partendo dal dibattito consolidato sul tema che coniughi inveramento delle previsioni costituzionali, sia per quanto concerne l’autonomia, che con riguardo ai livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio, secondo l’impostazione declinata dal ddl quadro elaborato dal Ministero delle Regioni nel 2019.
Per quanto riguarda l’implementazione delle misure di attuazione delle misure finanziarie di contrasto alla pandemia ed ai suoi effetti va ricordato che il Programma Europeo REACT-EU assegna all’Italia risorse supplementari alla politica di coesione per gli anni 2021-23, per 13,5 miliardi su 47,5, che si aggiungono che si affianca al Recovery and Resilience Facility (RRF), costituendo gli assi portanti delle misure del Next Generation EU (NGEU) dal quale discende la presentazione, a breve, del Piano nazionale di recupero e resilienza (PNRR) ed ai quali si aggiunge la prossima agenda di finanziamento dei fonti strutturali 2021-2027.
Si tratta per dimensione finanziaria, intensità di investimento, molteplicità degli strumenti ed ampiezza degli obiettivi, e lo ribadiamo da mesi senza enfasi, dell’ultima occasione per superare il divario Nord-Sud.
Il nostro Paese è non solo quello che riceve la parte più consistente della dotazione europea, ma è anche tra i primi ad aver comunicato alla Commissione europea la programmazione per utilizzare i finanziamenti, dopo un proficuo confronto con il Commissario europeo Ferreira.
Non appare superfluo precisare che l’essere il Paese europeo che ottiene la dotazione più rilevante delle misure straordinarie varate dall’Unione europea per affrontare la crisi economica determinata dalla pandemia da COVID-19, oltre che un’ incremento di quella relativa ai fondi strutturali 21-27 non è, come da qualcuno prospettato, frutto di destrezza o abilità negoziale dei passati Governi.
È, purtroppo, la diretta conseguenza del drammatico divario economico-sociale Nord-Sud che ancora attanaglia il nostro Paese, unico, secondo l’OCSE, tra quelli avanzati che ancora patisce ciò che è stato opportunamente definito, e va ribadito proprio ad un mese della celebrazione dei 160 anni dell’Unità d’Italia, “il più grande fallimento dello Stato unitario”.
Alla luce del diritto europeo giova ricordare che la metodologia per il calcolo del contributo finanziario massimo (ossia il sostegno finanziario non rimborsabile) per Stato membro nell'ambito del dispositivo deve tener conto dei seguenti elementi: popolazione; inverso del PIL pro capite; tasso medio di disoccupazione negli ultimi 5 anni rispetto alla media UE (2015-2019), ed al fine di evitare un'eccessiva concentrazione di risorse si effettua una ponderazione: l'inverso del PIL pro capite è limitato al 150% della media UE; B) la deviazione dalla media UE del tasso di disoccupazione del singolo paese è limitata al 150% della media UE. C) Per tenere conto della maggiore stabilità dei mercati del lavoro degli Stati membri più benestanti, la deviazione dalla media UE del loro tasso di disoccupazione è stata limitata al 75%.
È quindi ai parametri prescelti dall’UE che occorre ancorare la significativa allocazione delle risorse per l’Italia ed è conseguentemente ad essi che ci si dovrà conformare per la ripartizione interna degli investimenti nel PNRR, pur dovendo tenere conto: della circostanza che occorre distinguere tra fondi per sovvenzioni e quelli per finanziamenti; delle scelte fatte dal precedente governo che pesano oggi sui margini di manovra.
Dalle colonne del Corriere della Sera nel 1972 Pasquale Saraceno ipotizzava che “Il divario fra Nord e Sud verrà colmato solo nel 2020”. Purtroppo il grande meridionalista non immaginava certo che quell’anno sarebbe stato l’annus horribilis dell’esplosione di una pandemia in esito a dieci anni nei quali l’antica frattura territoriale del divario economico-sociale e del mercato del lavoro italiano si è ancor più accentuata - come ha dimostrato dalla Banca d’Italia - ben oltre il livello dell’occupazione nel quale l’Italia ha accentuato il tradizionale primato europeo di differenze territoriali nell’occupazione che non è solo sempre più scarsa nel Sud, ma anche sempre meno intensa in termini di ore lavorate, sempre meno stabile e sempre meno qualificata.
È stato precisato che l’obiettivo del recupero dei divari sociali e territoriali del Mezzogiorno è perseguito destinando all’area circa i due terzi dei finanziamenti complessivi REACT EU, dando priorità agli interventi effettivamente realizzabili e scongiurando una trasformazione di questa misura di incentivazione “in un libro dei sogni, magari affascinante ma impossibile da portare a termine”.
Per obiettivi che dovranno essere portati a termine entro il 2023 il REACT-EU ha già individuato infatti la riduzione del 30% dei contributi previdenziali a carico delle imprese che operano nel Mezzogiorno per tutto il 2021, ma come opportunamente prospettato la decontribuzione dovrà spingersi fino al 2029 per dispiegare appieno i propri effetti incentivanti sull’occupazione nel Mezzogiorno, bonus alle imprese per l’assunzione di giovani, bonus per l’assunzione di donne e fondo nuove competenze, piani di recupero delle risorse idriche del Sud attraverso interventi mirati sulle reti, l’incremento del fondo di garanzia per le Pmi del Sud, l’attenzione di investimenti per scuola e formazione, il finanziamento del Fondo Nazionale Innovazione per le nuove imprese nel settore ambientale e Smart Grid e l’efficientamento energetico degli edifici pubblici.
Quello di assegnare 8,5 al Sud sui 13,5 del REACT EU è un primo importante risultato, che deve divenire paradigma per la configurazione del PNRR, dove la soglia indicata del 40% del “Capitolo SUD”, si spinge ben oltre la soglia del 34% delineata dal legislatore per gli investimenti ordinari e che era incompatibile con le basi delineate a livello europeo per il Next Generation EU (NGEU), è un’altra importante meta.
Da qui lo sforzo che si sta conducendo per spingere anche oltre il 40% l’incidenza delle risorse destinate al Mezzogiorno del totale delle risorse di cui si compone il programma Next Generation UE (fondo perduto, prestito sostitutivo d'interventi già finanziati con fondi nazionali, prestito per finanziamento di nuovi interventi, React UE, Just Transition Fund), al netto dei finanziamenti nazionali aggiuntivi a valere sui fondi del Fondo Sviluppo e Coesione, così come annunciato alla Conferenza Stato-Regioni ed apprezzato dalle Regioni, ed in particolare dalla mia Sicilia.
È un primo importante risultato, ma come precisato, si può e si deve puntare a rafforzare lo stock di risorse destinate ad invertire una tendenza, drammaticamente consolidatasi negli ultimi dieci anni, di aggravamento del divario che rischia di diventare un abisso di diseguaglianze e sperequazioni incompatibili con l’assetto costituzionale italiano ed europeo.
In questa prospettiva occorre ribadire l’assoluta necessità, più volte ribadita dalla Conferenza delle Regioni, che il Ponte di Messina sia inserito nel PNRR. Si tratta infatti di un’opera che non solo consente il completamento del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, ma che consente di proiettare l’Europa verso il Mediterraneo e consente alla Sicilia di abbattere i costi dell’insularità della Sicilia che oggi ammontano a 6,5 miliardi di euro, l’anno, sostanzialmente il costo di realizzazione dell’infrastruttura.
Nei documenti finora redatti dal governo italiano, è sinora ignorato in attesa dell’esito dei lavori di una Commissione ministeriale, ma il Ponte sullo Stretto di Messina, un progetto fortemente voluto dalla Sicilia e dalla Calabria è richiesto da tutte le Regioni italiane. Essendo una delle più importanti infrastrutture europee, in linea con le esigenze del green new deal per le influenze positive sull'ambiente, il ponte non costituirebbe soltanto un progetto pronto per la costruzione ma soprattutto un passo essenziale per completare il corridoio europeo scandinavo-mediterraneo[1], come si può vedere qui di seguito dal sito considerato dalla Commissione Europea tra le nuove infrastrutture da costruire.
[1] Il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo rappresenta un asse nord-sud cruciale per l'economia europea. Il corridoio si estende dalla Finlandia e dalla Svezia a nord, all'isola di Malta a sud, e comprende la Danimarca, la Germania settentrionale, centrale e meridionale, il cuore industriale dell'Italia settentrionale e i porti dell'Italia meridionale. Cfr.