[Comunicato stampa Giunta regionale Emilia - Romagna]
Salute. Nasce in Emilia-Romagna la Rete regionale dei Centri per le pazienti con endometriosi. Obiettivo: garantire standard uniformi e qualificati di assistenza lungo l'intero percorso diagnostico-terapeutico. Venturi: "Un ulteriore passo avanti per assicurare diagnosi certe in tempi rapidi, protocolli definiti, cure ancora più appropriate, interventi in strutture specializzate"
giovedì 5 dicembre 2019
Formalizzate dalla Giunta l'istituzione della Rete clinica regionale e l'approvazione del modello per i percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali standardizzati
Bologna - Garantire la presa in carico precoce, la prevenzione delle complicanze e la gestione multidisciplinare della patologia; assicurare alle pazienti il livello di assistenza più appropriato in relazione al quadro clinico; calibrare il tipo e la necessità di intervento chirurgico; centralizzare gli interventi più complessi nelle strutture regionali ad elevata casistica e specializzazione. E ancora, monitorare i livelli di qualità delle cure e collaborare attivamente con le associazioni, in modo da assicurare uno scambio di informazioni costante.
Con la nascita della Rete regionale dei Centri per le pazienti affette da endometriosi, le donne con questa patologia potranno contare, in Emilia-Romagna, su un’assistenza ancor più qualificata e uniforme su tutto il territorio regionale.
L’istituzione della Rete e l’approvazione del modello per i cosiddetti ‘Pdta’ (Percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali) standardizzati sono state formalizzate con una delibera approvata nei giorni scorsi dalla Giunta regionale, e l’Emilia-Romagna è dunque una delle prime Regioni a introdurre, mettendole nero su bianco, nuove strategie per l’endometriosi. Una malattia che in Italia interessa, secondo le stime, quasi 3 milioni di donne e che a livello regionale ha reso necessari - solo lo scorso anno - 798 ricoveri, di cui 734 per intervento chirurgico.
Tra le principali novità contenute nel provvedimento, la definizione di quattro livelli di presa in carico per le pazienti, l’individuazione dei centri ospedalieri di riferimento e dell’Azienda Ospedaliera di Bologna per i casi di maggiore complessità.
“Con l’istituzione della Rete facciamo fare un ulteriore passo avanti ai servizi e all’assistenza delle donne con endometriosi, una patologia invalidante e dolorosa che deve essere diagnosticata con tempestività- sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-. Abbiamo messo a frutto le migliori pratiche, organizzative e cliniche, maturate in Emilia-Romagna fino ad oggi per far sì che, oltre a diagnosi certe in tempi rapidi, su tutto il territorio ci siano percorsi terapeutici e assistenziali uniformi e definiti, e che gli interventi più complessi vengano effettuati nei centri a più alta specializzazione. Un piano costruito assieme alle Aziende sanitarie e alle Associazioni delle donne affette da endometriosi, che ben conoscono esigenze e bisogni delle pazienti”.
“L'implementazione di questi Pdta- afferma Sara Beltrami, referente Associazione progetto endometriosi (Ape) onlus per i rapporti istituzionali e la tutela delle donne- può rappresentare un rinnovamento e una rivoluzione nel futuro di tante donne, perchè contrasta la dispersione di tempo e risorse che le pazienti hanno vissuto sulla propria pelle a causa di ritardi diagnostici e percorsi terapeutici spesso variabili. Ci auguriamo che altre Regioni italiane prendano questo modello da esempio".
Il nuovo modello clinico-organizzativo regionale
Sono previsti quattro livelli di presa in carico delle pazienti, che hanno l’obiettivo di garantire, da un lato, la possibilità di accedere facilmente al percorso diagnostico e terapeutico; dall’altro, accompagnare la donna al centro di riferimento più appropriato per il livello di gravità della patologia. I quattro livelli sono collegati tra loro attraverso momenti di “interfaccia” e confronto continuo; in particolare, la valutazione multidisciplinare dei casi è lo strumento privilegiato per definire la migliore strategia terapeutica e il più appropriato livello di assistenza sulla base della gravità clinica e dei bisogni assistenziali della paziente. Il punto di accesso alla rete è rappresentato dai Consultori e dalle Unità Operative di Ginecologia ospedaliere, che pongono il sospetto diagnostico sulla base dell’anamnesi (la storia clinica, familiare e personale), dell’esame obiettivo e degli esiti delle ecografie. La paziente dev’essere successivamente indirizzata al centro ospedaliero di I livello di riferimento territoriale, per il completamento della diagnosi e il trattamento terapeutico. Questo livello garantisce inoltre il “follow-up” (monitoraggio) della paziente, dopo che è stato effettuato l’iter diagnostico-terapeutico nei centri di livello superiore. Il trattamento chirurgico potrà essere effettuato nei centri ospedalieri di riferimento, identificati in tutti i territori; verranno differenziati, in base alla complessità dei casi che potranno trattare, in centri di riferimento di I, II, e III livello. È previsto un unico centro di riferimento regionale di III livello presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Bologna, che attualmente opera oltre il 32% dei casi dell’Emilia-Romagna e avrà il compito di trattare tutti quelli di maggiore complessità non gestibili nei diversi territori, ma anche di coordinare il funzionamento della rete. I centri di II livello gestiranno invece, per l’area vasta cui appartengono, i casi di complessità intermedia, mentre le situazioni meno complicate potranno essere trattate in tutti i centri ospedalieri (nell’Unità Operativa di Ginecologia).
Ricerca e formazione La rete assistenziale regionale deve offrire alle pazienti la migliore qualità delle cure. Per questo, il centro di riferimento regionale dovrà anche assicurare il coordinamento delle attività di ricerca e l’introduzione delle innovazioni terapeutiche. Al centro spetterà, inoltre, un ruolo determinante anche in ambito formativo, in modo da contrastare il ritardo diagnostico, che ha conseguenze importanti sulla progressione della malattia, sulla sfiducia della paziente e sulla sua esposizione a trattamenti inappropriati. Dovranno, quindi, essere sviluppate attività formative specifiche per medici e personale sanitario, per specialisti (chirurghi, ginecologi medici), oltre alla gestione dei meeting multidisciplinari per i casi complessi.
Quali sono i Centri ospedalieri di I e II livello Sono identificati 10 centri di primo livello distribuiti sul territorio regionale: Ospedale di Piacenza, AOU Parma, Ospedale di Fidenza, Arcispedale S. Maria Nuova - Reggio Emilia, Ospedale di Carpi, Ospedale Sassuolo Spa, Ospedale Maggiore Bologna, AOU Ferrara, Ospedali di Forlì e Cesena (collaborazione stretta tra centri/gruppi clinici), Ospedali Ravenna - Faenza - Lugo (equipe integrata). La rete assistenziale regionale prevede la presenza di 2 centri di secondo livello: l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena per l’Area Vasta Emilia Nord e l’Ospedale di Rimini per l’Area Ausl Romagna. Tale assetto sarà sottoposto a verifica in relazione ai dati di attività del primo semestre 2020.
Cos’è l’endometriosi L’endometriosi è una patologia ad andamento cronico, progressivo e recidivante, che coinvolge globalmente la salute della donna in età fertile. Si caratterizza per la presenza di endometrio, il tessuto che normalmente riveste la superficie interna dell’utero, in zona “anomala”, e può interessare la donna già alla prima mestruazione. Oltre alla sintomatologia dolorosa e all’infertilità, la malattia determina spesso effetti psicofisici che possono essere invalidanti. Per l’endometriosi la Comunità europea ha stimato una “spesa sociale” di 30 miliardi di euro l’anno in Europa, di cui il 75% è attribuibile ai congedi per malattia. In Italia questa spesa ammonta complessivamente a 6 miliardi, di cui 33 milioni per giornate lavorative perse, 126 milioni per le cure farmacologiche e 54 milioni per il trattamento chirurgico. Da gennaio 2017 l’endometriosi “severa” è stata inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, e quindi tra le malattie croniche per le quali vengono garantite prestazioni in esenzione. /EC