Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Lavoro: problematiche malattie professionali
Conferenza Regioni
e Province Autonome
giovedì 8 luglio 2010
Il documento integrale è in allegato (formato pdf)
Di seguito si riporta la premessa al documento
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
10/051/CR/C7
DOCUMENTO RELATIVO ALLE PROBLEMATICHE DELLE MALATTIE PROFESSIONALI ED AI SISTEMI DI ACQUISIZIONE E GESTIONE DELLE SEGNALAZIONI E DELLE INFORMAZIONI SULLE MALATTIE PROFESSIONALI AI FINI DELL’AUDIZIONE PRESSO LA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUGLI INFORTUNI SUL LAVORO
Nei documenti allegati si trattano gli aspetti sostanziali relativi all’insieme delle
domande poste dalla Commissione.
Preme, tuttavia, sottolineare 4 aspetti:
1. Primo aspetto relativo alle modalità di acquisizione dei casi di malattia
professionale da parte dei Servizi e, successivamente, quale seguito sia dato dai
servizi delle ASL.
Ai servizi delle ASL pervengono le denunce/referti di malattia professionale ai
sensi dell’art. 139 del DPR 1124/65 o dell’art. 365 C.P. a seguito dell’attività di
sorveglianza sanitaria effettuata dai medici competenti, o da Istituti Universitari e
per azioni di sorveglianza - ricerca poste in essere direttamente dalle Asl (ad es:
sorveglianza sanitaria degli ex esposti ad amianto o c.v.m. o ricerca di patologie
da sovraccarico biomeccanico).
Nel 2009, a livello nazionale, sono state indagate dai servizi delle ASL 10.417
denunce di MP per la ricerca di responsabilità penali ai sensi degli artt. 589 e 590
del CP. Nel 10,6 % dei casi indagati è stata segnalata alla magistratura un’ipotesi
di responsabilità penale per la M.P. Poche sono le esperienze di procedimenti
penali conclusi con la condanna dell’imputato.
In diverse regioni o province esistono protocolli operativi tra ASL e magistratura
finalizzati alla definizione delle procedure di indagine più efficienti.
In termini di efficacia dell’azione di indagine, è opportuno valutare due differenti
aspetti:
- l’aspetto penale, con finalità di giustizia e di risarcimento per il
lavoratore danneggiato o per i superstiti;
- l’aspetto di prevenzione condizionato dai lunghi tempi di latenza della
malattia cronica (ad es: oltre 30 anni per l’amianto) che ci portano al riscontro
odierno di danni derivanti da esposizioni avvenute da 30 o più anni.
Nel valutare le cause di una probabile sottostima delle malattie
professionali, occorre tenere conto del mancato interessamento/coinvolgimento
al problema degli operatori della sanità pubblica, con esclusione dei medici del
lavoro, come documentato nella relazione allegata. Ne deriva, anche, che
categorie di lavoratori non sottoposte all’obbligo della sorveglianza sanitaria da
parte del medico competente (coltivatori diretti, artigiani autonomi, “partite iva”,
dipendenti statali), sfuggano ai sistemi di registrazione-monitoraggio e
sorveglianza epidemiologica delle Asl o dell’Inail.
Occorre anche considerare il fatto che l’INAIL riconosce mediamente il
30 % dei casi di patologia professionale denunciati; ciò può portare ad una sorta
di autocensura da parte del medico del lavoro, finalizzata alla tutela del
lavoratore stesso, soprattutto per le forme di patologia correlata al lavoro non
facilmente riconosciute dall’Inail.
2. Secondo aspetto relativo ai sistemi in uso nelle ASL per il monitoraggio e la
sorveglianza delle malattie professionali o di ricerca delle malattie perdute.
Come avvenuto per gli infortuni mortali, le Regioni, con Ispesl, hanno
sperimentato il sistema MALPROF, a metà anni ’90, per definire obiettivi e
caratteristiche di un sistema di registrazione delle malattie professionali
svincolato da finalità assicurative. Inizialmente portato all’avvio volontario
dell’attività di sorveglianza in due regioni: Lombardia dal 1999 e Toscana dal
2000, successivamente, il sostegno del Ministero ed il Patto per la tutela della
Salute hanno favorito nel tempo l’adesione di altre Regioni. A testimonianza di
ciò, nel corso degli ultimi otto anni sono stati pubblicati quattro Rapporti
biennali. Il quarto Rapporto è stato pubblicato nel 2009, con informazioni
provenienti in complesso dai Servizi di Prevenzione di 13 Regioni. Al
momento, è in corso di preparazione il quinto Rapporto, che prevede un ulteriore
allargamento della partecipazione delle Regioni (14).
E’ operativo il Registro Nazionale dei Mesoteliomi (DPCM 308/2002) presso
Ispesl, articolato nei COR (centri operativi regionali) presenti in 19 regioni con
copertura del 98 % della popolazione italiana, ad oggi sono stati redatti 2
Rapporti nazionali, presenti su web. Tale linea d’intervento permette alle ASL il
monitoraggio dei casi in tempo reale e l’attivazione delle indagini giudiziarie
necessarie.
In alcune regioni, si affiancano, interventi di sorveglianza sanitaria dedicati agli
ex esposti ad amianto effettuati direttamente dalle ASL (LEA in Veneto).
La definizione dei contenuti e delle modalità di trasmissione dell’informazione
necessarie all’attivazione del registro dei tumori (art. 244) da parte dei Ministeri
interessati d’intesa con le regioni permetterà la completa definizione del sistema
di sorveglianza, anche attraverso le informazioni che già giungono alle ASL
(registri dei lavoratori esposti a cancerogeni).
A tale proposito, si sottolinea l’importanza del flusso informativo ex art. 40, D.
Lgs. 81/08, secondo lo schema sperimentato nel 2009, in quanto permette
l’evidenza delle aziende ove è attiva la sorveglianza sanitaria per il rischio
cancerogeno e l’inidoneità lavorative espresse.
A titolo di esempio, nel documento allegato (n. 1 ) si riportano i dati di un
campione pari a circa il 30 % dei lavoratori del Veneto, significativi di una
diffusione del rischio da cancerogeni pari al 5 % del totale dei lavoratori.
L’attivazione definitiva di tale flusso permetterebbe il monitoraggio delle aziende
e delle attività dei medici competenti in maniera mirata ai rischi per la salute
(cancerogeni, movimentazione carichi, agenti chimici, ecc.), analogamente ai
flussi Inail - Regioni per la sicurezza del lavoro.
3. Terzo aspetto relativo all’integrazione dei flussi informativi esistenti del
sistema salute INPS, INAIL, Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO)
nell’ottica del SINP, quale strumento essenziale per le azioni di prevenzione nei
luoghi di lavoro, in un’ottica di efficienza ed efficacia della Pubblica
Amministrazione.
L’esperienza condotta con il progetto CCM: Realizzazione di modalità e
strumenti per integrare le informazioni correnti del “sistema salute” e del
“sistema lavoro” ai fini delle attività di prevenzione e vigilanza sul territorio
degli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ha evidenziato come sia
possibile, attraverso l’integrazione delle informazioni già esistenti, il
raggiungimento degli obiettivi dell’art. 8. (allegato n. 2: progetto assegnato alla
Regione Veneto/Ulss di Verona, con l’adesione di ISPESL, Regione Emilia
Romagna/ AUSL di Reggio Emilia, Regione Toscana/AUSL Poggibonsi,
Regione Lazio/Azienda Uls Roma C, Regione Marche Servizio Salute e Sanità
Pubblica, Regione Campania Area Generale Coordinamento Assistenza
Sanitaria, Regione Puglia/ AUSL di Bari, Regione Molise/ASREM Zona
territoriale di Agnone (IS), Regione Piemonte, Ulss di Torino e la partecipazione
“esterna” al gruppo di lavoro della Regione Liguria/ASL 3, della Regione
Piemonte/ASL Torino 4).
Peraltro, sono già operativi in alcune regioni sistemi gestionali unici o
centralizzati delle attività di vigilanza dell’ASL e sono state sperimentate, a
livello locale o provinciale forme di integrazione degli archivi ASL con Inail,
Inps, DPL, Prefetture o Enti Paritetici. Sono anche attivi sistemi informativi
condivisi, relativamente ai certificati di infortunio, tra Servizi di Pronto
Soccorso delle ASL, Inail e Servizi di vigilanza delle ASL.
Sperimentazioni sull’utilizzo delle SDO, come possibile strumento per la
ricerca delle malattie professionali perdute, si sono limitate a valutazioni di
ordine statistico generale, in quanto la possibilità di evidenziare singole persone e
singoli casi è impedita dalle limitazioni relative alla privacy dei dati. Tale aspetto
può condizionare lo sviluppo di un SINP efficace ai fini della vigilanza.
4. Ipotesi di miglioramento possibile nell’ambito del Piano Nazionale di
Preevnzione.
Posto che gli interventi attualmente in atto dei Servizi di prevenzione delle ASL
per migliorare il benessere di chi lavora e ridurre il numero delle malattie da
lavoro siano quantitativamente adeguati (LEA pari al numero corrispondente al
5 % delle unità locali con almeno un dipendente o socio lavoratore), ancorché
non omogenei tra regioni, si ritiene che esistano margini di un miglioramento
possibile sul piano della qualità degli interventi, in termini di efficacia e di scelta
delle priorità.
Il raffronto tra regioni delle attività svolte evidenzia differenze e disomogeneità,
probabilmente, non imputabili solamente alla diversa lettura dei processi di
lavoro.
Le cause sono, principalmente, da ricercarsi nelle diversità sociali, economiche e
produttive dei diversi ambiti territoriali, oltre che di organizzazione della
Pubblica Amministrazione.
Le ipotesi di miglioramento percorribili nell’ambito del Piano Nazionale di
Prevenzione e nella sua articolazione costituita dai Piani Regionali sono pertanto
relative allo sviluppo di obiettivi comuni, da ricercarsi attraverso il
coordinamento interregionale.
Sicuramente, gli obiettivi da condividere dovranno riguardare le priorità di
comparto in termini di sicurezza e di salute, come l’edilizia e l’agricoltura, o di
rischio, come il chimico e il cancerogeno, ma anche di danno, come gli infortuni
e le malattie professionali.
Nell’attesa, speriamo breve dell’implementazione del SINP, la progettualità
regionale, dovrà necessariamente prevedere strumenti informativi di sorveglianza
dei danni e dei rischi da lavoro, oltre che di monitoraggio delle attività di
prevenzione delle ASL. Strumenti di supporto ed integrazione al futuro sistema
nazionale della prevenzione.
In ambito formativo, le azioni condivise tra Regioni- Ispesl, nell’ambito dei Piani
Nazionali Edilizia e Agricoltura, e di sorveglianza sugli infortuni mortali e sulle
malattie professionali potranno essere rese permanenti e messe a sistema.
Appare, infine, non ulteriormente procrastinabile lo sviluppo di un progetto
formativo nazionale finalizzato allo sviluppo delle competenze proprie allo
svolgimento dell’ispezione del lavoro e all’espletamento dell’attività di polizia
giudiziaria collegata.
Allegati/c.s.
Roma, 8 luglio 2010