Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - LINEE GUIDA PER IL CONFRONTO CON IL GOVERNO SUL
Conferenza Regioni
e Province Autonome
martedì 4 luglio 2006
LINEE GUIDA PER IL CONFRONTO CON IL GOVERNO SUL
DPEF 2007-2010
La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome sottolinea la necessità di improntare i rapporti tra Stato e Regioni sulla concertazione, il confronto e il dialogo al fine di pervenire a scelte condivise nella prospettiva di un rilancio dell’economia del Paese. Le Regioni, anche a seguito del referendum costituzionale, rappresentano gli interlocutori istituzionali in grado di esprimere la sintesi delle sensibilità e delle priorità territoriali e sono disponibili a definire con il Governo progetti per lo sviluppo economico, territoriale e del welfare condividendo il monitoraggio della spesa pubblica per meglio individuare i settori di intervento da finanziare con i risparmi possibili che il medesimo sistema potrà far emergere per aumentare il grado di trasparenza della spesa nella Pubblica Amministrazione.
Questa disponibilità dovrebbe sfociare in un Patto per lo sviluppo, tra Stato, Regioni ed Enti locali nel quale sia identificato il contributo dei singoli livelli istituzionali alla realizzazione degli obiettivi, imperniato sulle seguenti priorità: welfare, sviluppo e infrastrutture, federalismo fiscale. Inoltre, la Conferenza ribadisce la propria disponibilità a contribuire responsabilmente al controllo della spesa pubblica complessiva e a disciplinare coerentemente l’applicazione concertata del nuovo “Patto di stabilità interno”.
A tali scopi, le Regioni ritengono decisiva una loro attiva partecipazione alla definizione dei contenuti del DPEF 2007-2010 e della successiva proposta di legge finanziaria.
Un passo concreto verso una modalità di lavoro condivisa e proficua può derivare dalla istituzione di una Commissione mista Regioni-Governo-Sistema delle Autonomie per il monitoraggio della spesa pubblica in sede tecnica e in sede politica; la Commissione, riprendendo e rinnovando l’attività della preesistente Commissione per la Spesa Pubblica, sostituita dall’Alta Commissione, potrà svolgere sia le funzioni di monitoraggio dell’andamento della finanza pubblica e di formulazione di proposte razionali in tema di programmazione e controllo della spesa sia necessariamente, riprendere il tema del federalismo fiscale. In un’ottica integrata la Commissione mista esplicherà le proprie competenze anche formulando proposte in tema di armonizzazione dei bilanci regionali a supporto della lettura coordinata, trasparente e condivisa delle informazioni contabili.
Si dovrà altresì verificare congiuntamente il rapporto tra competenze (non solo “trasferite”) e relativo finanziamento per misurarne l’adeguatezza sia rispetto alla allocazione delle responsabilità nei diversi livelli istituzionali sia dal punto di vista della congruità complessiva delle risorse. Il fabbisogno deve essere valutato correttamente non solo in termini di competenza ma anche secondo il profilo della cassa in particolare con l’obiettivo di chiudere le partite pregresse (le Regioni vantano crediti per circa 12 miliardi) e regolare adeguatamente i rapporti correnti (si richiama la situazione di sottofinanziamento delle funzioni conferite ad esempio le risorse per la politica sulla casa).
I temi prioritari da affrontare nell’immediato si possono ricondurre principalmente a:
Riforma delle Conferenze Stato–Regioni e Unificata
Prima di affrontare il contenuto del Patto di cui sopra, nell’immediato occorre procedere anche ad una riforma delle Conferenze Stato - Regioni e Unificata. E’ necessario riformare il ruolo ed il funzionamento del sistema Conferenze anche in considerazione del testo costituzionale, e della conseguente giurisprudenza costituzionale che ha progressivamente ampliato gli ambiti di competenza legislativa regionale valorizzando i principi di sussidiarietà e leale collaborazione tra i livelli di Governo. Tutto ciò al fine di rendere le Conferenze sede istituzionale di reale confronto e corresponsabilità nella definizione delle scelte politiche strategiche del Paese. Si ritiene improcrastinabile la costituzione di un gruppo di lavoro rappresentativo dello Stato, delle Regioni e delle Autonomie Locali, cui affidare il compito di formulare una proposta organica di riforma.
1 Federalismo fiscale
Le Regioni e le Autonomie locali nel giugno 2003 avevano elaborato un documento sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale che non è mai approdato alla Conferenza Unificata. Partendo da queste basi occorre avviare un confronto tra Governo, Regioni ed Enti locali riaffermando la necessità di applicare l’art.119 Cost. nell’ambito di una complessiva valutazione della finanza pubblica territoriale al fine di consentire alle Regioni di svolgere pienamente quel ruolo di “ armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” previsto nella legislazione concorrente dell’art.117 Cost..
Si chiede quindi che siano individuate quanto prima le linee di un sistema di federalismo fiscale ed un percorso condiviso che assicurino ai Governi locali autonomia di entrata e di spesa all’interno di un sistema tributario centrale e locale in grado di garantire una equa e sufficiente ripartizione delle risorse, a partire già dal 2007, secondo i principi indicati nell’Accordo con le Regioni di Santa Trada del 21 luglio 2005.
Nella determinazione dei principi fondamentali della finanza locale lo Stato deve rendere possibile tra l’altro, alle Regioni la facoltà di istituire tributi di scopo regionali e locali il cui gettito sia destinato a finanziare gli investimenti infrastrutturali nel territorio sul quale il tributo viene prelevato ovvero prevedere la possibilità di tariffazione.
2 Revisione del patto di stabilità interno
Le Regioni, oltre ad un Patto di Stabilità nel quale sono computate le spese di investimento, si trovano di fronte all’impossibilità di finanziare con debito i trasferimenti ai privati (art. 3 comma 18 legge 350/2003). L’effetto di rallentamento della crescita derivante dal permanere di tali disposizioni è evidente.
L’impatto degli investimenti in conto capitale delle Amministrazioni Territoriali sulla crescita dell’economia del Territorio riveste un’importanza strategica.
Il fenomeno è facilmente rinvenibile dall’indice di correlazione tra l’andamento degli investimenti delle Amministrazioni “periferiche” (Regioni, Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere, Province, Comuni, Comunità Montane, ecc.) e andamento del PIL nelle Regioni Italiane.
A differenza della correlazione tra investimenti delle Amministrazioni Centrali e PIL (elevata solo per alcune aree geografiche), in ben 18 Regioni (ovviamente distribuite su tutto il territorio nazionale) emerge infatti una elevata correlazione il cui indice è compreso tra 0,76 e 0,98. (Le analisi hanno come riferimenti i conti Pubblici Territoriali 1996-2002).
Purtroppo la tendenza in corso segnala una regressione degli investimenti pubblici realizzati dagli Enti Territoriali, che rappresentano l’80% dell’ammontare complessivo degli investimenti pubblici stessi.
Da quanto sopra evidenziato una diminuzione di questi investimenti non rimarrebbe senza effetti (negativi) sull’andamento del PIL.
Si propone quindi di:
- rivedere il patto di stabilità interno che deve essere basato sui saldi finanziari senza entrare nel dettaglio operativo invadendo l’autonomia di bilancio delle regioni; non devono naturalmente rilevare le partite connesse ai trasferimenti secondo la logica del consolidamento dei conti della P.A.
- la spesa sanitaria resta disciplinata secondo l’Accordo specifico.
- escludere dal patto di stabilità gli investimenti, o in via subordinata, alcune componenti di esse privilegiando quelli più coerenti con le finalità proposte dall’agenda di Lisbona;
- responsabilizzare il sistema territoriale con forme di co-definizione degli strumenti di correzione del tendenziale diversificate tra i livelli istituzionali di governo;
- escludere dal patto di stabilità la contabilizzazione dei fondi connessi ai programmi UE;
- introdurre criteri di flessibilità che tengano conto delle spese sostenute per far fronte ad eventi straordinari e non ricorrenti;
- rivedere il sistema sanzionatorio, introducendo sistemi premianti a favore degli enti più virtuosi;
Anche i meccanismi di contenimento delle spese di personale devono essere rivisti prevedendo una valutazione qualitativa del personale e un diverso meccanismo di contenimento della spesa che non uniformi ed appiattisca tutti gli Enti sul dato economico complessivo ma tenga conto delle peculiarità di ciascun Ente e di parametri di efficienza ed efficacia riferiti a ciascun comparto (a questi fini si potranno considerare alcuni indicatori di efficienza quali – a mero titolo di esempio - l’incidenza del costo del lavoro sulle spese correnti, il numero di dipendenti in rapporto alla popolazione, il livello di rigidità del bilancio derivante dal costo del personale).
3a Welfare
Politiche sociali
Le Regioni accolgono positivamente la disponibilità che il Governo ha assicurato, con la recente manovra finanziaria,in materia di Welfare, incrementando il Fondo per le Politiche sociali anche in risposta ad una delle esigenze prioritarie manifestate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Si tratta a questo punto di operare per:
Politiche per la casa
Si ritiene indispensabile riavviare un dibattito a livello nazionale relativo all'emergenza abitativa in quanto le attuali politiche della casa non sono assolutamente sufficienti ad offrire risposte adeguate e a garantire stabilità e certezza alle famiglie.
· che venga rispettata la competenza regionale in materia di E.R.P. nei futuri provvedimenti legislativi e revisionati in questo senso quelli già avviati;
3b Un nuovo Accordo triennale in materia sanitaria
E’ indispensabile raggiungere un nuovo Accordo, sostitutivo di quello dell’8 agosto 2001, fra Governo Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano per consentire stabilità, adeguatezza e programmabilità delle risorse anche in materia sanitaria in un quadro di reciproche responsabilità.
In particolare:
4a Infrastrutture
- Infrastrutture
Le Regioni ritengono che il documento base di riferimento non possa essere che il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica approvato nel marzo 2001 e opportunamente aggiornato.
Si propone l’attivazione di un tavolo permanente Governo – Regioni per mettere in atto scelte strategiche condivise, con forme di reale coinvolgimento delle Regioni nella programmazione delle opere di interesse nazionale per assicurarne la coerenza con quelle di livello regionale. Tale coinvolgimento dovrà riguardare, tra l’altro, lo sviluppo dei progetti appartenenti alle reti europee TEN, i contratti di programma Stato/FS, i programmi triennali e decennali dell’ANAS, oltre che i piani finanziari delle società concessionarie della stessa ANAS, nonché le determinazioni relative ai servizi, alla sicurezza e ai pedaggi autostradali.
In considerazione della denunciata carenza di risorse ed al numero eccessivo di progetti previsti dai diversi documenti di pianificazione, il tavolo permanente potrà contribuire ad individuare le strategie da seguire e le priorità da adottare nella realizzazione delle opere infrastrutturali e, più in particolare, delle opere ferroviarie, metropolitane e stradali, valutando, peraltro, fonti alternative per reperire le risorse necessarie a garantire la prosecuzione delle attività dei cantieri già aperti e di quelli in via di apertura, oltre che per assicurare i finanziamenti per il piano straordinario di intervento e la messa in sicurezza delle strade.
Un’attenzione particolare il tavolo dovrà, inoltre, riservarla alla legge di riforma e alla classificazione dei porti nonché a quei provvedimenti che possano rendere integralmente disponibili le risorse destinate agli investimenti per l’infrastrutturazione anche delle piattaforme logistiche con funzioni di retroportualità.
- Trasporti
Il trasporto pubblico delle persone, settore di primaria rilevanza economica e componente essenziale per le attività produttive, rappresenta l’unica soluzione reale ai problemi della congestione del traffico, dell’inquinamento ambientale, dell’incidentalità e dello sviluppo urbano e rappresenta l’unica risposta per lo sviluppo di una mobilità sostenibile.
Il settore del trasporto pubblico di interesse regionale e locale manifesta uno stato di grave difficoltà correlato a diversi fattori, quali il crescente costo del servizio, la inadeguatezza delle risorse da destinare agli investimenti ed al servizio stesso, il mancato completamento del processo di apertura alla concorrenza con conseguente assenza di quelle significative economie realizzabili grazie alle procedure di gara.
Le Regioni ritengono che tale tema abbia una valenza nazionale per cui chiedono al Governo di riassegnare al Trasporto pubblico locale la dignità di questione di rilevanza nazionale.
Si propone, anzitutto, l’attivazione di un tavolo permanente Governo – Regioni, che diventi il luogo di confronto per lo sviluppo di un piano dei servizi che vada a valorizzare e ad integrare il piano di potenziamento delle infrastrutture. Il Tavolo dovrebbe riprendere, inoltre, un percorso condiviso per la definizione del processo di apertura al mercato e di riforma del TPL.
Vanno messi a punto efficaci strumenti che consentano, in tempi brevi, il recupero della sostenibilità finanziaria dei servizi di trasporto pubblico e la realizzazione di investimenti volti al miglioramento della qualità del servizio stesso ed all’incremento della sua offerta. In questa prospettiva si pone quindi la necessità di istituire un fondo pluriennale destinato al trasporto pubblico.
Gli obiettivi da perseguire e le relative iniziative da adottare si possono così sintetizzare:
1. garantire un pacchetto di provvedimenti che consenta di avere risorse e strumenti adeguati per il rilancio del TPL:
2. procedere al riequilibrio fra i compiti trasferiti alle Regioni in materia di trasporto ferroviario e le relative risorse finanziarie:
3. modificare quei provvedimenti che hanno comportato limitazioni agli investimenti per l’acquisto di beni e servizi finalizzati all’esercizio del trasporto pubblico:
4. lanciare un piano nazionale pluriennale per l’acquisto di materiale rotabile ferroviario, metropolitano, metrotranviario e automobilistico con il ricorso a moderne operazioni finanziarie e con il contributo delle Regioni:
4b Sviluppo
Le Regioni considerano centrale la priorità del rilancio della crescita e della competitività del sistema-Paese. Molteplici indicatori, relativi al Pil, alla produttività, alle quote di mercato internazionale, evidenziano la perdita di slancio dell’economia nazionale, in un contesto di crescente concorrenza su scala globale.
E’ necessario invertire tali tendenze. L’Italia ha un patrimonio di imprenditorialità che va difeso e valorizzato, attraverso una moderna azione di politica industriale, per agganciare l’espansione del commercio internazionale e favorire la produzione del reddito e l’occupazione, la fiducia e coesione della comunità nazionale.
Sostegno alla ricerca e all’innovazione dei settori tipici del made in Italy; nascita di nuovi poli di eccellenza tecnologica; rinnovato impulso all’economia della conoscenza attraverso l’attuazione della strategia di Lisbona; riduzione dei divari territoriali con il rilancio del Mezzogiorno; rafforzamento di una strategia di sistema per la promozione e l’internazionalizzazione del made in Italy; aggregazioni di imprese e politiche distrettuali; sviluppo compatibile di fonti e infrastrutture energetiche; supporto finanziario per la crescita delle piccole imprese; apertura alla concorrenza di settori e servizi per ridurre i costi di contesto a favore di consumatori e imprese; rilancio di un progetto unitario per il turismo ed i turismi nazionali; attrattività dei sistemi territoriali: queste sono solo alcune delle aree prioritarie in cui le Regioni sono pronte ad avviare un nuova stagione di collaborazione attiva e progettuale con il Governo nazionale. Il DPEF, e poi la Finanziaria, rappresentano pertanto gli strumenti privilegiati per sperimentare un nuovo patto per lo sviluppo del Paese, attraverso una autentica condivisione di obiettivi e priorità.
Politiche del Mezzogiorno
Le Regioni attribuiscono funzione strategica ai Fondi per le Aree sottoutilizzate come strumento per garantire la perequazione tra tutti i territori e per favorire lo sviluppo tecnologico di infrastrutture nel Mezzogiorno i cui esiti abbiano ricaduta sulle Regioni del Sud anche in tema di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico e qualificazione del capitale umano con particolare riferimento alle nuove generazioni. Le Regioni ritengono altresì necessarie politiche e misure a favore delle Regioni in ritardo di sviluppo per colmare i gap strutturali e infrastrutturali esistenti tra i territori anche attraverso l’introduzione del principio e di alcuni strumenti di fiscalità di vantaggio. Ovviamente in una situazione di risorse scarse, il problema da porsi, oltre alla solidarietà tra aree a diverso sviluppo, è la valutazione della produttività del capitale pubblico investito.
Servizi pubblici locali
Un sistema di public utilities efficiente è elemento stesso della competitività di un sistema territoriale. Riteniamo quindi che debba essere attivato un processo di liberalizzazione "uniforme", sostenuto da una regolazione omogenea e coerente, che dia certezze a tutti gli operatori, pubblici e privati. Il legislatore nazionale deve consentire ai governi locali di assumere un ruolo strategico nelle politiche industriali dei territori, favorendo le aggregazioni strutturali e le innovazioni tecnologiche che preparino il sistema Paese all'impatto con i mercati europei garantendo una reale competizione tra gli operatori. Questo processo può essere avviato con il prossimo DPEF che deve contenere le linee guida per il rilancio del sistema public utilities.
Ricerca e innovazione
Le Regioni rivendicano il grado di autonomia e un ruolo centrale sull’università e un ruolo sostanziale sulla ricerca, così come previsto dal muovo Titolo V della Costituzione favorendo gli ambiti tecnologici o macro aree tematiche promettenti che trovano più consenso e sono più vicine ai cittadini.
Energia
Impegno a favore del risparmio energetico in tutti i settori, favorendo la ricerca e l’innovazione a tutti i livelli, con i necessari sgravi fiscali per chi consuma meno e un deciso impegno a favore delle fonti energetiche rinnovabili.
Questi obiettivi richiedono una coesa spinta anche dei soggetti protagonisti della crescita delle comunità locali, anche in relazione alle funzioni attribuite alle Regioni dal Titolo V della Costituzione, a partire dall’immediato smobilizzo delle risorse per l’incentivazione alle imprese.
Queste ultime, nelle more della definizione del nuovo sistema di autonomia finanziaria regionale, devono essere erogate direttamente alle Regioni, già nel 2006, per la loro finalizzazione al sostegno dello sviluppo.
Si evidenziano di seguito le partite aperte sul tavolo Stato-Regioni.
Roma, 4 luglio 2006
ALLEGATO A
QUESTIONI FINANZIARIE APERTE SUL TAVOLO STATO-REGIONI
Tra le specifiche questioni finanziarie irrisolte si segnalano le principali.
- prorogare per il 2006 (e fino all’attuazione dell’articolo 119) i trasferimenti relativi alle funzioni del decentramento amministrativo ex leggi “Bassanini” modificando il comma 323 dell’articolo 1 della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) che li ha fatti confluire nel decreto legislativo 56/2000;
- sopprimere il comma 322 dell’articolo 1 della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) che introduce un principio di gradualità in quanto le Regioni hanno titolo a ricevere tali risorse senza ulteriori condizioni limitative e dilatorie;
- erogare alle Regioni la somma di 161 milioni in quanto l’importo della compensazione statale per le minori entrate tassa automobilistica – accisa è rimasto fisso dal 1998 al 2002, determinato sulla base delle perdite registrate nel primo anno di entrata in vigore della legge 449/97. Si è quindi creato uno squilibrio fra compensazione e effettivo ammontare delle perdite delle regioni, quantificato in 161 milioni di euro, che le Regioni chiedono allo Stato di colmare con apposito finanziamento;
- rendere permanente il trasferimento alle Regioni di 282 milioni per i maggiori oneri sostenuti per l’applicazione dell’IVA sui contratti di servizio in materia di trasporto pubblico. Infatti il decreto del Ministero dell’Interno 22 dicembre 2000 inerente le “Procedure e modalità per l’attribuzione di contributi erariali a favore delle Regioni ed enti locali titolari di contratti di servizio in materia di trasporto pubblico, in attuazione dell’art.9, comma 4, della legge 7 dicembre 1999, n.472” prevede un rimborso alle Regioni da parte dello Stato per i maggiori oneri sostenuti per l’applicazione dell’IVA sui contratti di servizio. Il comma 25 dell’articolo 3 della Legge 350/2003 prevede il rimborso alle Regioni, a carico dei bilanci dello Stato 2004-2005-2006, dell’IVA al lordo delle quote IVA spettanti alle Regioni in base al DLGS 56/200 e relative, rispettivamente, agli anni 2001-2002-2003. Le Regioni da tempo hanno chiesto di rendere permanente tale riconoscimento al lordo. Infatti non è corretto negare tale riconoscimento dal momento che la compartecipazione IVA ex DLGS 56/2000 è stata rideterminata ogni anno in modo da sostituire esattamente i trasferimenti soppressi. Altrimenti la detrazione operata sui contributi per i trasporti determina per le Regioni una perdita netta di risorse. L’emendamento mira a ripristinare la misura dei contributi nell’importo complessivo spettante.
5. adeguare all'inflazione delle risorse statali trasferite
· Il D.Lgs n. 422/97 prevedeva, contestualmente al trasferimento delle risorse, l’adeguamento al tasso di inflazione delle stesse (art. 19 comma 4), ribadito anche nel successivo Accordo di Programma ex Art. 8 sottoscritto il 2/3/2000.
L'adeguamento finora non è mai stato applicato.
Il tasso di inflazione cumulato tra il 2002 ed il 2006 può essere stimato circa pari al 7,1% (sulla base del tasso di inflazione annuo di settore effettivo e programmato).
· Occorre prevedere anche l’integrazione normativa e finanziaria finalizzata alla copertura economica del fondo per la mobilità del personale delle aziende e delle integrazioni degli ammortizzatori sociali nei CCNL;
6. Agevolazioni fiscali attinenti la materia E.R.P
- riduzioni fiscali per proprietari e conduttori di alloggi in affitto;
- abbattimento dell’IVA sia sulle costruzioni che sulla gestione;
- riduzione dell’IRPEG e dell’ICI per le case a canone sociale;
- attuazione del provvedimento “risparmio casa” con particolare riferimento alla riduzione fiscale sul risparmio;
- conferma della detrazione del 36% sull’IRPEF per le ristrutturazioni;
· avviare un’iniziativa politica nei confronti dell’UE affinché la materia E.R.P. possa essere finanziata dalla Comunità;
· revisione dell’iniziativa contenuta nella finanziaria 2005 in materia di vendita del patrimonio delle ALER e riformulato il provvedimento a favore di interventi regionali con finalità la valorizzazione del patrimonio;
· individuare incentivi per l'edilizia; permettere ai Comuni che ne hanno la possibilità di accedere alla vendita del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali;.
· aumentare la dotazione finanziaria della legge 338/2000, allo scopo di incrementare la disponibilità di alloggi a disposizione degli studenti universitari, e permettere anche ai Comuni di accedere ai suddetti finanziamenti.