Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - PARERE SU SCHEMA D. LGS. "TESTO UNICO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO"
Conferenza Regioni
e Province Autonome
giovedì 3 marzo 2005
PARERE SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE "TESTO UNICO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO, IN ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 3 DELLA LEGGE 29 LUGLIO 2003, N. 229"
Punto 2) Conferenza Unificata
Le Regioni rilevano che lo schema di decreto legislativo presenta significativi problemi di legittimità costituzionale in relazione al rispetto delle competenze normative riconosciute alle Regioni dall'art. 117, comma terzo, della Costituzione. Il principale profilo d'incostituzionalità va ravvisato nella tecnica legislativa adottata dal legislatore statale delegato nella redazione del testo unico: come sostenuto anche dal Consiglio di Stato in sede consultiva proprio in merito allo schema di TU in esame (n. 11996/04, adunanza del 31/1/05), "il testo del decreto è stato predisposto in assenza di una tecnica legislativa che proceda per principî fondamentali, come imporrebbe l’oggetto della disciplina inerente ad una materia di legislazione concorrente" (punto 2.5 del parere). Entrambe le materie interessate dall'intervento normativo del Governo infatti rientrano nell'ambito della potestà normativa regionale concorrente: tanto la "tutela e sicurezza del lavoro", quanto la "tutela della salute" rientrano nel gruppo di materie contemplato dal comma terzo dell'art. 117 della Costituzione. In questo caso il riparto di competenze tra Stato e regioni attribuisce al primo solamente la legislazione di principio, lasciando alle seconde la titolarità circa la restante disciplina (compresa quella regolamentare, ex comma sesto dello stesso articolo).
Ciò precisato, va rilevato che nello schema di TU proposto dal Governo sono accorpate norme di principio, norme di dettaglio e norme attuative di direttive comunitarie. L'articolato avrebbe dovuto, per chiarezza, essere ripartito in modo da far precedere le disposizioni di dettaglio dall'elenco dei relativi principi.
Nel merito, lo schema di decreto è nel complesso inadeguato a realizzare gli obiettivi di razionalizzazione, semplificazione e unitarietà contenuti nella legge di delega e che non recepisce, se non marginalmente, le indicazioni fornite nel documento unitariamente consegnato dalle Regioni in data 20 Gennaio 2005, si evidenziano di seguito alcuni tra gli elementi di particolare criticità contenuti nel testo presentato.
- L’art.1 al comma 4 stabilisce che il rispetto delle prescrizioni del TU e delle norme di buona tecnica e delle buone prassi costituisce attuazione dell’art. 2087 c.c., questa previsione determinerebbe una grave limitazione alla portata di una norma che la migliore dottrina e la giurisprudenza ritengono fondamentale nel nostro ordinamento, perché capace di sollecitare da parte del datore di lavoro l’individuazione delle misure necessarie alla sicurezza del lavoro in base alla particolarità del lavoro, all’esperienza e alla tecnica.
Alla luce della modifica proposta, il contenuto dell’art.2087 c.c., verrebbe ridotto al mero rispetto delle norme del TU e dei principi di buona tecnica, in contrasto, anche, con quanto ribadito dallo stesso Legislatore Europeo (direttiva quadro 89/391, 14° “considerando”, all’art. 6 comma 1).
- Non meno grave è lo stravolgimento che subisce il sistema sanzionatorio nel suo complesso attraverso due interventi entrambi censurabili: a) depenalizzazione di tutte le norme contenute nei DPR di riferimento (n° 547,303, 164 ecc.) e relativa traformazione delle norme di contenuto tecnico, ivi comprese, in “norme di buona tecnica” (art.186 TU); b) attribuzione agli ispettori che effettuano vigilanza il potere di disposizione ai fini dell’applicazione delle norme di buona tecnica e delle buone prassi (art.32 TU). In questo modo non solo verrebbero eliminati alcuni obblighi fondamentali a carico del datore di lavoro presenti nella normativa di riferimento in vigore, che non trovano spazio tra le norme obbligatorie del TU, ma se ne lascerebbe la loro applicazione all’eventualità di un intervento ispettivo e alla discrezionalità tecnica degli organi di vigilanza chiamati ad impartire le relative disposizioni. Il risultato è, da un lato, l’impunità per molte gravi violazioni delle norme di sicurezza (che è cosa molto diversa dalla depenalizzazione di alcune inutili previsioni di comportamenti illeciti, che pure sarebbe possibile ed anche auspicabile) e, dall’altro, una diffusa incertezza del diritto.
Si aggiunga che nella previsione del TU le buone prassi possono essere validate dagli organismi bilaterali, facendo così mancare quei caratteri di generalità, di terzietà e di certezza del diritto necessari alle norme obbligatorie e previste dalla stessa legge delega all'art.3 della legge 29 luglio 2003, n° 229.
- Il T.U. non attua quanto previsto dalla lettera i) dell’art.3 della legge delega n.229/03, che prevedeva un riordino e razionalizzazione delle competenze istituzionali al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi e competenze. Infatti , non solo mantiene, ma anzi accentua, una commistione di ruoli tra ASL e Direzioni provinciali del lavoro, condizione che non semplifica i rapporti tra gli Enti competenti e gli utenti. E’ infatti previsto, ignorando le indicazioni già ufficialmente fornite dalle Regioni, che la vigilanza in materia di sicurezza e igiene del lavoro sia esercitata, oltre che dalle ASL, anche dalle Direzioni provinciali del lavoro, senza neppure specificare i reciproci ambiti di competenza.
- Ulteriore elemento di incertezza è determinato dalla previsione dell'art. 27 comma 4 del T.U., che subordina impropriamente la programmazione della vigilanza degli organi a ciò deputati alla attività di certificazione degli Enti bilaterali.
- Ulteriore elemento di difficoltà è costituito dall'eliminazione del coordinamento (già previsto dall' art.27 del D.L.vo 626/94) degli Enti titolari di competenza in materia, condizione che, oltre a non semplificare i rapporti tra gli Enti, sottrae competenze alle regioni.
- Si ravvisa, inoltre, la palese incostituzionalità ed il contrasto con alcune norme che regolano il processo penale, della disposizione contenuta all'art. 46 del TU. Tale disposizione prevederebbe, in presenza di reati accertati dagli Organi di Vigilanza su attrezzature di lavoro marcate CE, la mera disposizione all'utilizzo delle stesse "in sicurezza". Va da sé che ciò andrebbe in aperto contrasto con quanto previsto dal Dlgs 758/94 in caso di accertamento di reato (comunicazione del reato al magistrato, denunzia del reato e impartizione delle necessarie prescrizioni). Ciò introdurrebbe nell'ordinamento una pericolosa eccezione al principio costituzionale dell'obbligatorietà delle norma penale.
Nella proposta di TU sono inoltre presenti, accanto alle fondamentali questioni di principio sopra riportate, numerosi aspetti tecnici non condivisibili e nei confronti dei quali sono stati elaborati opportuni emendamenti, finalizzati a riordinare, coordinare, armonizzare e a semplificare le disposizioni di legge vigenti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Le Regioni esprimono pertanto parere negativo sullo schema di decreto, salvo l’accoglimento degli emendamenti sopra riportati e presentati nella riunione tecnica del 24 febbraio 2005 (Allegati).
Roma, 3 marzo 2005