[Comunicato stampa Giunta regionale Piemonte]
REGIONE, ASILI E SCUOLE PER L’INFANZIA «BOCCIANO» IL GOVERNO: «SIAMO STATI LASCIATI SOLI, INACCETTABILE ABBANDONARE EDUCATORI, FAMIGLIE E SOPRATTUTTO BAMBINI».
giovedì 21 maggio 2020
Si è svolto oggi in Piazza Castello, a Torino, davanti alla sede della Regione Piemonte, un presidio per chiedere al governo attenzione sul tema del sistema educativo 0-6 anni. In piazza, in una manifestazione silenziosa e ordinata che ha coinvolto gli asili nido e le scuole dell'infanzia private e parificate aderenti al Comitato Educhiamo, oltre a genitori e all'Associazione AIEF-Infanzia e Famiglia e all'associazione di categoria Unitamente c’era anche l’assessore regionale all’Istruzione, Elena Chiorino.
L’emergenza Covid-19, infatti, ha letteralmente messo in ginocchio i servizi per l’infanzia, in particolare quelli 0-6, a cui è vietato, ad oggi, riaprire. Un disagio che in primo luogo si abbatte sui lavoratori, circa 15mila che operano nelle 700 strutture piemontesi, ma anche sulle famiglie che, con il ritorno al lavoro, si ritrovano a dover conciliare la propria attività con la gestione dei figli. Una situazione giudicata inaccettabile e non più sostenibile: «Siamo profondamente angosciati - spiegano le referenti regionali del Comitato, Sabrina Bonini, Erika Giromini e Valentina Beltrami - viviamo un incubo da 3 mesi, ogni giorno affondiamo nelle sabbie mobili create da chi dovrebbe tutelare le piccole imprese dell'educazione, le migliaia di lavoratori di tutta Italia, educatrici, insegnanti, cuoche, ausiliare che non hanno prospettive. Mesi di battaglie per arrivare allo stesso risultato dell'inizio del lockdown: siamo invisibili, addirittura al punto che ci viene vietato di riaprire ed insieme andranno a cessare gli aiuti degli ammortizzatori sociali. Oltre a non avere ricevuto alcun contributo per la sopravvivenza se non l'attenzione che ci ha riservato la Regione Piemonte con lo stanziamento dei 15 milioni per rimborsare le rette alle famiglie. Solo in Piemonte sono circa 700 le Strutture Educative private «0-6», con una ricettività di 15mila posti e altrettanti occupati. Capirete facilmente dai numeri la gravità della situazione».
«Tre miliardi per salvare Alitalia - aggiunge Tommaso Varaldo, Presidente dell'Associazione AIEF e poco più di 1 miliardo per tutte le scuole d'Italia. Zero per il comparto delle 12mila scuole paritarie: 68 milioni per le scuole dell'infanzia, cioè 150 euro a bambino. La verità è che per questo governo il mondo della scuola, i bambini e i ragazzi non sono una priorità. Noi siamo qui per ribadire per l'ennesima volta e con forza che non può esserci il rilancio della Nazione senza il rilancio del comparto scolastico educativo». «Le strutture sono al collasso - prosegue Varaldo e i genitori che rientrano al lavoro non sanno come gestire i bambini ma nelle linee guida ministeriali per la ripartenza del sistema educativo non è stata nemmeno citata la fascia 0-3 anni. Chiediamo al Governo di accogliere le nostre proposte per salvare questo comparto ricordandosi, ad esempio, che già prima del Covid19 il 7,65 per cento dei bambini non trovava posto negli asili nido per carenza di strutture».
Critica anche Clara Bramardi, dell'associazione di categoria «Unitamente»: «Tra le varie criticità già evidenziate dai colleghi - ha aggiunto - inserisco anche il fenomeno, in preoccupante e costante crescita, del ricorso, da parte delle famiglie, a baby sitter improvvisate, spesso non formate per l’incarico che devono svolgere e, magari, anche pagate in nero. Il tutto mentre noi saremmo in grado di accogliere i bambini nelle nostre strutture in tutta sicurezza, avendo già esperienza di gestione di emergenze sanitarie come malattie infantili o influenze ed essendo già abituati ad utilizzare i dispositivi di protezione personale, come mascherine e disinfettanti».
L’appello è stato accolto dall’assessore Chiorino che, per prima cosa, ha assicurato che chiederà al governo di estendere la Cassa integrazione in deroga «almeno fino al 31 dicembre 2020». «Il governo - tuona Chiorino - ha dimenticato i bambini e, in generale, il mondo dell’infanzia. Nono solo: è stato negato ai nostri figli il diritto alla socialità e agli educatori la possibilità di lavorare, che rappresenta la negazione di un diritto costituzionale che viene vergognosamente calpestato». Per Chiorino innanzi tutto il governo deve, con la massima urgenza, programmare le riaperture: non pretendiamo ancora date certe, ma almeno una fascia indicativa di due settimane, in modo da dare punti di riferimento precisi agli educatori e alle famiglie». Chiorino rincara la dose: «Il governo e il ministro Azzolina si rendano conto che stiamo parlando di bambini, che esistono e godono di precisi diritti e che non possono essere trattati come pacchi postali. Serve, al contrario, organizzazione, bisogna mettere in sicurezza mettere in sicurezza le strutture, stabilire protocolli certi e valorizzare gli educatori, che andranno incrementati e ulteriormente formati».
Per l’assessore regionale al Lavoro, «tutte le spese per gli interventi necessari devono essere garantite e coperte dall’esecutivo e non certamente scaricate sulle famiglie e sulle scuole. Servono regole certe e chiare».
In ultimo, l’esponente della giunta regionale annuncia che si farà portavoce delle istanze degli educatori della fascia 0-6 anni con i ministri dell’Istruzione, Lucia Azzolina e del Lavoro, Nunzia Catalfo: «Se il governo ignora il protocollo 0-3 anni, forse perché troppo delicato, noi siamo pronti a ricordarglielo ogni giorno. E a sottolineare come uno degli storici cavalli di battaglia della sinistra, ovvero la conciliazione, per le donne, tra lavoro e maternità, è stato completamente dimenticato. Al contrario il nostro obiettivo, chiaro, preciso e determinato è quello di offrire a tutti i genitori la possibilità di poter lavorare con la garanzia che i propri figli siano accuditi in piena sicurezza, dando quindi al mondo dell’istruzione tuitti gli strumenti necessari per poter svolgere il lavoro che , in decenni di esperienza. Questo è un governo che sta umiliando l’Italia. Gli italiani meritano ben altro».
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