Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Agricoltura: documento su OGM e coesistenza

giovedì 7 ottobre 2010


in allegato il documento in formato pdf

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

10/091/CR07/C10

La CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE

AUTONOME

Vista la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al

Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla

libertà per gli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di colture

geneticamente modificate (COM (2010) 380 def.);

vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che

modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati

membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio (COM (2010)

375 def.);

vista la Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per

l’elaborazione di misure nazionali in materia di coesistenza per evitare la presenza

involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche (n. 2010/C 200/01)

considerato che l’attuale quadro di riferimento europeo in materia di

coesistenza si fonda sul grado di commistione tra colture OGM, convenzionali e

biologiche che ciascun Paese membro intende consentire;

preso atto che l’Unione Europea intende ammettere la possibilità per i Paesi

membri di vietare la coltivazione di OGM e che una tale opzione sussiste per il nostro

Paese;

visto il regolamento europeo 2 luglio 2008, n. 628, della Commissione, che

modifica il regolamento (CE) n. 1898/2006 recante modalità di applicazione del

regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni

geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari;

visto il regolamento europeo 28 giugno 2007, n. 834/2007, del Consiglio,

relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che

abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91;

visto il regolamento europeo 29 settembre 2003 n. 1782/2003, del Consiglio,

che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della

politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli

agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE)

n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n.

1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001;

visto il decreto direttoriale 22 luglio 2004, recante quarta revisione dell'elenco

nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;

visto il decreto ministeriale 9 aprile 2008, recante individuazione dei prodotti

agroalimentari italiani come espressione del patrimonio culturale italiano;

considerato il principio di precauzione di cui all’articolo 15 della

Dichiarazione di Rio del 1992 e di cui all’articolo 191 del Trattato CE;

preso atto della possibilità di dichiarare l’intero territorio nazionale come

libero da OGM;

considerata l’ammissibilità dell’esercizio della clausola di salvaguardia ai sensi

dell’articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi

geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CE del Consiglio, recepita

dall’articolo 25 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;

preso atto del fatto che, secondo quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la

sentenza n. 183/2010, considerati i profili prettamente economici che devono essere

regolamentati dai piani di coesistenza e considerato che, a tali piani, sono estranei i

profili ambientali e sanitari, la loro approvazione non interferisce in alcun modo con

il principio comunitario della coltivabilità degli OGM se autorizzati;

considerato che, secondo quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la sentenza

n. 183/2010, il rilascio dell’autorizzazione alla messa in coltura, di cui all’articolo 1,

comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, non può essere condizionato

alla previa adozione dei piani di coesistenza;

ritenuto che non sussiste, in Italia, alcun vuoto normativo attinente alla materia

della coesistenza, la cui regolazione rappresenta una facoltà e non un obbligo e

chiunque è legittimato alla coltivazione di OGM, nel rispetto della disciplina vigente

in materia di sementi;

considerato che il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212 non interferisce in

alcun modo con l’operatività del principio europeo di coltivazione delle sementi se

autorizzate, attenendo, piuttosto, all’attuazione del principio di purezza delle sementi

e fondando, in esso, la propria autonoma legittimità;

chiede

al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali di procedere con

l’esercizio della clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 23 della direttiva

2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001,

sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che

abroga la direttiva 90/220/CE del Consiglio, così come recepita dall’articolo 25 del

decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, al fine di vietare la coltivazione del Mais

MON 810 e della patata Amflora.

e soprattutto

tenuto conto delle competenze in materia riconosciute dalla Costituzione, impegna il

Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali a rappresentare anche in

occasione delle riunioni in sede comunitaria la posizione unanime delle Regioni e

delle Province autonome di assoluta contrarietà rispetto alla autorizzazione della

coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale.

Roma, 7 ottobre 2010

4

LE NUOVE REGOLE EUROPEE IN MATERIA DI COLTIVAZIONE DI

OGM: COSTRUIRE UN SISTEMA AGRICOLO ITALIANO LIBERO DA

OGM

La coltivazione di OGM va valutata, oggi, alla luce di un nuovo quadro di

riferimento, costituito dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento

europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle

regioni sulla libertà per gli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di

colture geneticamente modificate; dalla proposta di regolamento del Parlamento

europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la

possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro

territorio; e dalla Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per

l’elaborazione di misure nazionali in materia di coesistenza per evitare la presenza

involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche.

Si precisa, infatti, che l’Unione Europea sembra aprire due percorsi distinti:

uno che si sostanzia nella scelta di un modello di agricoltura autonomo e libero da

OGM ed un altro in materia di coesistenza. Essi vengono trattati più

approfonditamente di seguito.

1) Per un’agricoltura italiana libera da OGM.

Per quanto riguarda la proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE, che

mira ad introdurre - con regolamento - un nuovo articolo 26 ter, essa rappresenta la

base giuridica per l’adozione di misure che limitino o vietino la coltivazione di

tutti o di determinati OGM in tutto il territorio o in parte di esso per ragioni

diverse da quelle di carattere ambientale, sanitario e di coesistenza. Una volta entrato

in vigore, tale regolamento – direttamente applicabile ed obbligatorio in tutti i suoi

elementi – consentirà agli Stati membri di provvedere, in maniera motivata,

all’adozione di misure idonee a difendere specifici interessi, tra cui spicca,

legittimamente, la difesa di un modello di agricoltura libero da OGM.

Il problema che oggi si pone, dunque, non è più quello di definire regole per

assicurare la coesistenza, bensì quello di scegliere se praticare o meno le

coltivazioni transgeniche. Alla luce del nuovo quadro europeo, infatti, la coesistenza

non è più un passaggio obbligato, ma una delle opzioni che, in materia di OGM, gli

Stati membri hanno facoltà di adottare.

5

2) Misure di coesistenza.

In materia di coesistenza, il nuovo quadro europeo assicura un grado di

flessibilità sufficiente a garantire una presenza il più ridotta possibile di OGM nelle

colture biologiche e di altro tipo, alla luce delle rispettive esigenze regionali e locali

specifiche. Diviene centrale, da questo punto di vista, il grado di commistione

perseguito da ciascun Paese membro, in ordine al quale si ammette la possibilità di

escludere la coltivazione di OGM da vaste zone del territorio, quando si possa

dimostrare che non è possibile raggiungere un livello sufficiente di purezza con altri

mezzi.

Peraltro, approvare, adesso, le linee guida sulla coesistenza significherebbe

adottare una delle opzioni attualmente previste, escludendo, a priori, una scelta

alternativa che in passato non era stato possibile considerare.

L’opportunità di regolare in modo rigoroso la coesistenza potrebbe anche far

valere la volontà di ammettere, nel nostro Paese, la coltivazione di OGM con una

serie di limiti e divieti, con l’obiettivo tutelare l’agricoltura tradizionale e biologica,

ma, di fronte alla possibilità di escludere la coltivazione di tali organismi tout court e

su tutto il territorio nazionale, non appare, più, né urgente, né utile.

3) Clausole di salvaguardia.

In proposito, giova ricordare come rimanga aperta la possibilità di attivare,

nelle more del completamento del nuovo quadro comunitario, il ricorso alla clausola

di salvaguardia, ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento

europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente

di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CE del

Consiglio.

Il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, che recepisce, all’articolo 25, la

clausola di salvaguardia, consente, infatti, disgiuntamente, al Ministro delle Politiche

Agricole e Forestali, al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del

Mare ed al Ministro della Salute, per quanto di rispettiva competenza, di limitare o

vietare temporaneamente l’impiego sul territorio nazionale di un OGM autorizzato a

livello comunitario, con un provvedimento d’urgenza. Tale provvedimento deve

essere motivato dalla acquisizione di nuove e ulteriori informazioni riguardanti la

valutazione di rischi ambientali ovvero dalla nuova valutazione di informazioni

6

esistenti per tener conto di sopravvenute conoscenze scientifiche e deve altresì

fondarsi sulle ragioni di rischio per la salute umana, animale e per l’ambiente.

Si tratta di una misura efficace, capace di garantire l’agricoltura ed il territorio

italiano dall’inquinamento genetico, in attesa che venga portato a completa

definizione il nuovo sistema europeo in materia di coltivazione di OGM.

Si rammenta come, proprio mediante la clausola di salvaguardia, Austria,

Ungheria, Lussemburgo, Grecia, Francia e Germania abbiano vietato il mais MON

810. Inoltre, con il medesimo mezzo giuridico l’Austria ha vietato il mais T 25 e la

patata Amflora. La clausola di salvaguardia è stata utilizzata anche dall’Ungheria e

dal Lussemburgo, sempre in relazione alla patata Amflora.

4) Compatibilità della disciplina nazionale con i principi UE.

D’altra parte non sussiste alcun obbligo di procedere, oggi, con l’adozione

delle linee guida sulla coesistenza, in quanto tali misure costituiscono una facoltà - e

non un obbligo - per gli Stati membri e, di conseguenza, non è ravvisabile alcuna

lacuna nel sistema regolativo nazionale in materia e nessun rischio di infrazione del

diritto comunitario.

E’ importante rammentare come, con la sentenza della Corte Costituzionale 17

marzo 2006, n. 116, sia stata dichiarata l’illegittimità di alcune previsioni contenute

nel decreto legge 22 novembre 2004, n. 279, disposizioni urgenti per assicurare la

coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica,

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n.5, che

disciplina il quadro normativo minimo per assicurare la coesistenza.

Ciò perché è stata riconosciuta la competenza regionale a disciplinare con

legge i piani di coesistenza. La Corte, infatti, ha stabilito che spetta alle Regioni

definire le modalità di applicazione del principio di coesistenza nei diversi territori

regionali, che sono notoriamente diversi tra loro da un punto di vista morfologico e

produttivo.

Tale intervento, comunque, non ha riguardato la legittimità dei principi di

fondo del decreto legge. Infatti, da un lato, il Legislatore statale ha esercitato la

competenza legislativa esclusiva in tema di tutela dell’ambiente e quella concorrente

7

in tema di tutela della salute, mentre dall’altro lato, spetta alle Regioni disciplinare la

produzione agricola in presenza di colture transgeniche.

Ebbene, come evidenziato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 183/2010,

considerati i profili prettamente economici che devono essere regolamentati dai piani

di coesistenza e considerato che, a tali piani, sono estranei i profili ambientali e

sanitari, pur in loro assenza, rimane pienamente operativo il principio comunitario

della coltivabilità degli OGM se autorizzati.

Per questo, il rilascio dell’autorizzazione alla messa in coltura, la cui

obbligatorietà è sancita, nel nostro Paese, dall’articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 24 aprile 2001, n. 212, non può essere condizionato alla previa adozione

dei piani di coesistenza.

Nessuna sanzione potrebbe essere imputata allo Stato per la mancata

applicazione delle linee guida.

071010_ogm.pdf