Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Immigrazione: Regioni su documento programmatico 2007-2009
Conferenza Regioni
e Province Autonome
giovedì 6 dicembre 2007
(/in allegato la versione stampabile del documento e la posizione di Lombardia e Veneto)
DOCUMENTO PROGRAMMATICO RELATIVO ALLA POLITICA DI IMMIGRAZIONE E DEGLI STRANIERI NEL TERRITORIO DELLO STATO PER GLI ANNI 2007-2009, A NORMA DELL'ARTICOLO 3, COMMA 1, DEL DECRETO LEGISLATIVO 25 LUGLIO 1998, N. 286, COSI' COME MODIFICATO DALLA LEGGE 30 LUGLIO 2002, N. 189
Punto 2) elenco A o.d.g. Conferenza Unificata
Le Regioni e le Province autonome - ad eccezione di Lombardia, Veneto e Sicilia - condividono, come più diffusamente esposto ed argomentato nel presente documento, l’impianto del Documento programmatico relativo alla politica di immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per gli anni 2007-2009, ed auspicano che l’iter parlamentare di discussione ed approvazione della riforma del Testo Unico dell’immigrazione (Ddl Amato-Ferrero) possa subire una decisa accelerazione, al fine di fornire al Paese un quadro normativo più adeguato per governare al meglio un processo epocale quale quello dei flussi migratori che interessano l’Italia.
Il Documento programmatico appare, infatti, positivamente improntato ad un riequilibrio tra le tematiche inerenti la lotta alla immigrazione clandestina e illegale e le questioni legate alle politiche di integrazione.
Si colgono significativi sforzi nell’ottica della semplificazione delle procedure burocratiche e nella definizione di un potenziamento e diversificazione dei canali di ingresso regolare.
E’ altresì apprezzabile la redazione di un nuovo capitolo dedicato alle politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe.
A complessità del problema corrisponde necessità di governance con il coinvolgimento di diverse politiche settoriali (interni sicurezza; estero e rapporti internazionali; politiche sociali; politiche del lavoro; formazione professionale; istruzione, politiche dello sviluppo,…..)
Da un punto di vista istituzionale questo significa che sia a livello di governo, sia a livello territoriale (regioni, ee.ll.) occorre una governance che rispetti questa integrazione di politiche non solo a livello nazionale, così come indicato dalla bozza di documento triennale, ma anche il pieno coinvolgimento degli altri livelli istituzionali che hanno la responsabilità primaria per l’organizzazione delle politiche di inclusione socio-lavorativa in particolare, attraverso, le risorse che si sostanziano in azioni affidate ai diversi servizi territoriali di sostegno.
La governance va dunque organizzata sia negli aspetti di trasversalità delle diverse politiche settoriali, sia con riferimento al rapporto necessario tra i diversi livelli istituzionali.
Gli aspetti fondamentali per la sua organizzazione rimandano, pertanto, alla:
- integrazione delle politiche settoriali
- integrazione dei diversi livelli istituzionali e di governo
- capacità di adeguamento nel tempo
Oltre ad apprezzare il respiro programmatorio e pluriennale che manifesta l’esigenza di affrontare con la dovuta serietà il problema, occorre evidenziare l’esigenza che, la definizione di linee programmatorie quadro richiede in un arco temporale medio lungo di garantire il necessario adeguamento della programmazione esecutiva tenendo dietro al cambiamento e prevedendo una gestione dello stesso in termini di governance istituzionale (ci si riferisce sia al cambiamento della situazione del fenomeno migratorio in relazione a sviluppo, mercato del lavoro, sia al cambiamento della legislazione, nonché ai risultati del monitoraggio delle politiche, e alla variazione delle disponibilità di risorse).
In questo senso il documento deve essere centrato sulla legislazione esistente e sulle risorse date, ma prevedere i necessari meccanismi di adeguamento al cambiamento, in un’ottica di governance interistituzionale.
Per quanto riguarda le Regioni e gli enti locali la responsabilità delle politiche sociali, del lavoro e della formazione professionale fa capo per quanto riguarda la programmazione degli interventi alle Regioni, per quanto riguarda la gestione ed il coinvolgimento diretto delle azioni volte all’inclusione sociale e lavorativa agli Enti locali.
Da questo punto di vista una politica volta a fronteggiare ed a governare le problematiche legate all’immigrazione devono avere al centro il ruolo delle politiche territoriali attraverso i servizi locali.
Una particolare attenzione richiedono quei servizi che collegano i fabbisogni delle persone a quelli delle imprese perché è ormai universalmente accettato che nessuna politica di gestione dei flussi migratori, di accoglienza e di inserimento sociale delle persone immigrate non può non passare attraverso il rapporto con l’occupazione sulla base delle esigenze effettive espresse dal nostro sistema delle imprese e dalle famiglie per quanto attiene il lavoro di cura (qualità e quantità).
In questo senso il rapporto che i servizi del lavoro garantiscono con gli specifici bisogni delle imprese appartenenti ai sistemi economici locali appare prezioso per una effettiva inclusione lavorativa e sociale, anche se è necessario garantire anche a livello micro il necessario apporto integrato dei diversi servizi (sociali, del lavoro, della formazione, sanitari, ecc), in stretto coordinamento con chi si occupa di sicurezza e con il coinvolgimento delle associazioni dei migranti.
Esiste un problema di governance anche a livello micro se vogliamo intervenire in modo sensato nell’aiutare le imprese a trovare manodopera immigrata funzionale ai propri progetti di sviluppo e se vogliamo garantire alle persone immigrate un percorso integrato coinvolgente diversi servizi che li aiuti e li accompagni seriamente nel loro percorso di inserimento nella società e nel lavoro.
In questa direzione non siamo all’anno zero: esistono investimenti massicci di risorse in ambiti regionali e locali, con avanzate sperimentazioni che possono metterci in grado di migliorare la qualità dei nostri interventi.
Nel merito dei capitoli settoriali citati nel Documento, si propongono i seguenti emendamenti:
PROPOSTA DI EMENDAMENTI
Introduzione
Paragrafo 1 “Il fenomeno migratorio e gli obiettivi da perseguire” Integrare alla fine del paragrafo:
…. finanza pubblici.”
In ogni caso almeno alla fine di ogni annualità del programma sarà la Conferenza unificata a discutere l’aggiornamento delle linee programmatiche in base alla valutazione dello stato di avanzamento del programma, nonchè del mutamento del quadro normativo, della mutata situazione economica e sociale.
A tal fine è necessario attivare un monitoraggio a scadenza annuale sull’andamento delle politiche ricomprese in questo documento di quadro che consenta una omogenea comparazione delle iniziative territoriali ai fini del perseguimento dell’inserimento lavorativo e sociale della popolazione immigrata.
Capitolo 1 “Le politiche di governo degli ingressi e del lavoro”
Paragrafo 1.3 “Modifiche organizzative e semplificazione amministrativa”. Modificare:
“La realizzazione di interventi di semplificazione rappresenta un obiettivo strategico nell’ottica del futuro trasferimento della competenza in materia ai comuni” Inserire:
In tal senso occorre rendere praticabile l’ipotesi di un trasferimento complessivo agli enti locali delle competenze legate al rinnovo del permesso di soggiorno anche sotto il profilo delle risorse umane ed economiche necessarie per l’espletamento delle nuove funzioni.
Capitolo 2 “Interventi per favorire l’inclusione e l’accoglienza”
Inserire come primo paragrafo:
“LA GOVERNANCE DELLE POLITICHE DI INTEGRAZIONE TRA LIVELLO NAZIONALE E LOCALE.
Le politiche migratorie presentano grande complessità per il fatto di abbracciare molteplici aspetti quali le scelte e le strategie relative al governo dei flussi migratori, al diritto di asilo e alla condizione giuridica degli extracomunitari, alla loro collocazione sul mercato del lavoro, ma anche la salute, l’assistenza e l’istruzione; aspetti - questi ultimi – legati più propriamente alla sfera dell’integrazione sociale, al rispetto dei diritti umani e alla garanzia delle pari opportunità.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la competenza sulla “materia dell’immigrazione” si è diversificata tra il livello statale e locale in quanto devono intendersi di competenza regionale concorrente o esclusiva materie di forte impatto sulla vita dei migranti quali i servizi sociali, la formazione professionale, l’accesso al lavoro, l’accesso alle professioni, l’attività sanitaria, le politiche abitative .
Al fine di consolidare una “governance” efficace ed integrata del fenomeno migratorio, appare opportuno - da un lato – rafforzare il coordinamento tra i vari Ministeri che si occupano di immigrazione (Interni, Politiche Sociali, Pari opportunità, Giustizia, Istruzione, Famiglia, ecc…) e - dall’altro – sviluppare una politica concertativa fra i diversi livelli di governo e tutti gli attori realmente impegnati nella gestione del fenomeno migratorio, quale componente strutturale ed importante risorsa per l’economia del nostro Paese.
In questi anni le politiche di accoglienza e di integrazione sociale hanno visto un impegno straordinario di Regioni e AA.LL e particolarmente generoso della società civile organizzata.
Dal punto di vista normativo, si è assistito alla ridefinizione delle normative regionali sulla immigrazione in diverse Regioni ( Emilia-Romagna L.R. 5/2004, Abruzzo L.R. 46/2004, Friuli Venezia-Giulia L.R. 5/2005, Liguria L.R. 7/2007) mentre altre sono in corso di prossima approvazione ( Piemonte, Val D’Aosta, Veneto, Provincia Autonoma di Bolzano, Toscana, Lazio, Campania e Puglia).
E’ indispensabile, pertanto, al fine di costituire un sistema stabile di governance, che le politiche attive di ambito statale si raccordino alle esperienze in materia di integrazione sociale maturate dalle Regioni e dagli Enti Locali.
In tal senso, l’esperienza dei Piani Sociali di Zona programmati dalle Regioni e gestiti dagli Enti Locali rappresenta un importante strumento per le politiche di integrazione in Italia nonché un occasione di concertazione e partecipazione delle parti sociali e del terzo settore attraverso la definizione di appositi “Tavoli immigrazione” locali. Occorre comunque ribadire la necessità che tale programmazione in ambito sociale trovi il coinvolgimento strutturale delle altre politiche di settore (lavoro, formazione professionale, sviluppo,…) rilevanti ai fini di una effettiva inclusione sociale.
Si tratta di consolidare anche a livello micro una integrazione tra le diverse politiche settoriali.
Il punto di vista locale è importante per cogliere come negli ultimi anni il tema cruciale stia diventando quello del crescente accesso dei cittadini stranieri ai servizi di welfare e quindi della necessità di costruire politiche organiche le quali necessitano di un sistema di interventi omogeneo nel territorio nazionale in ragione di un fenomeno che è ormai del tutto strutturale e distribuito anche nei piccoli Comuni.
L’impatto dei cittadini stranieri sui servizi sarà il tema cruciale dei prossimi anni ed il modo in cui sarà affrontato ( risorse, personale, mediatori ecc.) condizionerà la possibilità di una effettiva coesione sociale.
Una particolare attenzione richiedono quei servizi che collegano i fabbisogni delle persone a quelli delle imprese perché è ormai universalmente accettato che nessuna politica di gestione dei flussi migratori, di accoglienza e di inserimento sociale delle persone immigrate non può non passare attraverso il rapporto con l’occupazione sulla base delle esigenze effettive espresse dal nostro sistema delle imprese e dalle famiglie per quanto attiene il lavoro di cura (qualità e quantità). In questo senso il rapporto che i servizi del lavoro garantiscono con gli specifici bisogni delle imprese appartenenti ai sistemi economici locali appare prezioso per una effettiva inclusione lavorativa e sociale, anche se è necessario garantire anche a livello micro il necessario apparto integrato dei diversi servizi (sociali, del lavoro, della formazione, sanitari, ecc), in stretto coordinamento con chi si occupa di sicurezza e con il coinvolgimento delle associazioni dei migranti.
La istituzione di un Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati previsto con la Legge “Finanziaria 2007” rappresenta una scelta positiva nell’ottica dell’implementazione delle azioni di integrazione sociale dei cittadini stranieri, e dovrà prevalentemente innestarsi nell’ambito delle programmazioni in essere a livello regionale e locale.”
Occorrerà altresì procedere ad una ricomposizione delle fonti di finanziamento in materia di integrazione sociale, nonché ad una loro implementazione, prevedendo l’istituzione di un unico Fondo per il finanziamento, previa intesa presso la Conferenza Unificata, delle iniziative di accoglienza, integrazione e protezione sociale, a partire da quelle previste dal D.Lgs 286/98, dalla L.39/90 e dalla L.228/2003.
In generale si richiama l’esigenza di rispettare per quanto riguarda l’utilizzo delle diverse risorse volte alla integrazione sociale e lavorativa delle persone immigrate le competenze istituzionali delle regioni e degli enti locali. Si tratta di superare, nell’ottica della semplificazione e del decentramento, le residuali modalità di finanziamento basate su bandi nazionali.
Parallelamente, si tratterà di definire di un sistema di monitoraggio e valutazione congiunto, coordinato dal Ministero della Solidarietà sociale, che ricomponga in un quadro di sintesi l’insieme degli interventi nazionali, regionali e locali, al quale partecipino organismi statali, Regioni, Enti Locali, associazioni di datori di lavoro, di lavoratori, associazioni di promozione sociale, del volontariato e della cooperazione.
Nell’ambito di tale processo, occorre ricondurre a sistema i diversi servizi di osservazione, monitoraggio e elaborazione statistica nazionali sull’immigrazione e sostenere l’impegno delle Regioni a dotarsi di osservatori articolati localmente, assicurando una concertazione interistituzionale per garantire la costruzione di un sistema integrato di osservatori nazionale/locale.
Paragrafo 2.4 Consigli Territoriali per l’immigrazione . Inserire:
La normativa ( comma 6 art. 3 del D.Lgs 286/98) stabilisce che con Decreto del PdCM, da adottare di concerto con il Ministero dell’Interno, si provvede alla istituzione dei Consigli territoriali per l’immigrazione “con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale”.
Dal 1998 ad oggi, da un lato il lavoro delle Regioni e degli Enti Locali in materia di immigrazione si è intensificato notevolmente, dall’altro lato l’operatività dei Consigli territoriali si è espressa in diverse situazioni locali con modalità non continuative e convocazioni saltuarie, spesso sollecitati da emergenze (decreti flussi, intasamento pratiche…).
La prassi di questi anni evidenzia che questi organismi hanno la capacità di esercitare un efficace ruolo solo se strettamente connessi alle realtà istituzionali nazionali e locali, ed in particolare se rispettosi delle competenze in capo agli Enti Locali in materia di integrazione sociale dei cittadini stranieri. Al fine di evitare un potenziale rischio di dualismo e sovrapposizione di competenze ed interventi sul territorio in materia di integrazione sociale occorre ribadire il ruolo dei consigli territoriali quali organismi di consultazione e coordinamento degli enti titolari di competenze in materia di immigrazione e dei soggetti a vario titolo interessati alle problematiche dell’immigrazione. In tal senso è opportuno istituire una modalità operativa dei consigli territoriali nella quale gli enti locali siano chiamati a coordinare le tematiche inerenti le politiche di inclusione socio-lavorativa ed il prefetto a coordinare le politiche di sicurezza e più in generale di competenza nazionale.
La convocazione dei consigli territoriali sarà pertanto effettuata d’intesa tra prefetto ed enti locali competenti, fatte le specificità delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.
“….con particolare riferimento alle consulte regionali, “ (aggiungere) di concerto con le Regioni.
Capitolo 3 “Politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe”
Alla fine del paragrafo 3.3 “Mediazione interculturale” aggiungere:
“ Sulla base della rilevante e positiva esperienza negli Enti Locali, nella scuola, nella sanità, nelle politiche del lavoro e della formazione, nei servizi giudiziari, si ritiene necessario che le Regioni prevedano il ruolo del mediatore culturale in termini di competenze professionali e specifici percorsi formativi, promuovendone l’inserimento nei diversi servizi affidati alla responsabilità delle diverse amministrazioni.”
Capitolo 3 “Politiche di contrasto alle discriminazioni razziste e xenofobe”
Paragrafo 3.4 “Monitoraggio dei fenomeni di esclusione sociale: promozione delle azioni positive”.
Nel primo capoverso dopo le parole “razzismo, xenofobia e discriminazione nonché in collaborazione con” aggiungere “le Regioni, gli Enti Locali”.
Alla fine del paragrafo 3.7 “Strumenti di azione e mezzi di intervento” aggiungere:
“In questo senso, si ritiene necessario che le Regioni predispongano, ai sensi dell’art.44 comma 12 del T.U. sull’immigrazione, Centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri vittime delle discriminazioni al fine di collaborare al monitoraggio nazionale sulle situazioni di discriminazioni e quali soggetti propulsivi, in collaborazione con gli Enti Locali, scuole, parti sociali, consulte ed associazionismo di azioni positive, di sensibilizzazione e di prevenzione dei comportamenti discriminatori nei vari ambiti in cui si manifestano.”
Capitolo 4 “Politiche di contrasto al traffico di persone e all’irregolarità”
Al paragrafo 4.4.1 La tratta di esseri umani”
Dopo le parole “Un approccio integrato al problema dovrà affrontare questioni fondamentali, quali” aggiungere:
- “la armonizzazione delle diverse disposizioni in materia di lotta alla tratta, alla riduzione in schiavitù e alle forme di sfruttamento (art.18 TU sull’immigrazione, art.13 L228/03, eventuale DDL AC 2784) nell’ottica della definizione di un unico sistema di interventi che comprenda l’insieme delle azioni di contrasto alla tratta e riduzione in schiavitù ( numero verde e programmi di assistenza e di protezione sociale);
- la necessità di superare, nell’ottica della semplificazione e del decentramento, l’attuale sistema di finanziamento basato sui bandi nazionali;
- il consolidamento della Commissione Interministeriale Tratta accentuandone il ruolo di luogo stabile di confronto interistituzionale tra i Ministeri competenti, la Direzione Nazionale Antimafia, le Regioni e gli enti coinvolti nella lotta alla tratta e potenziandone il lavoro di monitoraggio;
Al paragrafo 4.4.1 La tratta di esseri umani”
Sostituire le parole “sostenere l’aggiornamento professionale delle forze dell’ordine” con “ prevedere la istituzione di percorsi di formazione congiunta tra magistratura, forze dell’ordine, operatori dei servizi socio-lavorativi.“
Al paragrafo 4.4.1 La tratta di esseri umani”
Alla fine del paragrafo dopo le parole “a favore delle vittime” aggiungere ” basato su una cooperazione transnazionale di polizia, giudiziaria e sociale dei singoli Paesi “
Al capitolo 6 “Accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati, e dei destinatari di protezione umanitaria”. Alla fine del paragrafo 6.1 Il Riconoscimento del diritto di asilo nel quadro europeo
Nell’ultima frase sostituire le parole “verso la predisposizione di un testo unico in materia di diritto di asilo, mediante il definitivo assetto ordinamentale” con le parole “ verso la predisposizione di una legge organica sull’asilo anche quale occasione di riordino della intera normativa”.
Alla fine del paragrafo 6.2.1 Centri di identificazione
Aggiungere “Occorre infine ricordare quanto già indicato dal rapporto conclusivo della “Commissione De Mistura”al fine di ribadire la netta distinzione di funzioni e dislocazione tra i Centri di Identificazione e i CPTA”.
Alla fine del paragrafo 6.2.2 SPRAR (Sistema Protezione dei Richiedenti Asilo e dei Rifugiati)
Aggiungere “Il potenziamento del Sistema di protezione deve configurarsi anche nell’ingresso delle Regioni nello SPRAR, nella necessità di procedere ad un graduale superamento in senso pluriennale delle forme di programmazione e finanziamento con la conseguente eliminazione dei bandi annuali”.