Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Liberalizzazioni: parere su decreto misure per il cittadino consumatore

giovedì 15 marzo 2007


PARERE SUL DECRETO LEGGE N. 7/2007 E SUL DISEGNO DI LEGGE RECANTE MISURE PER IL CITTADINO CONSUMATORE E PER AGEVOLARE LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE E COMMERCIALI, NONCHÉ INTERVENTI IN SETTORI DI RILEVANZA NAZIONALE

 

 

Punti 1) e 2) O.d.g. Conferenza Unificata

Elenco A

 

Premessa

 

La semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese e il rafforzamento dello Sportello unico per le Attività produttive sono temi largamente condivisi dalle Regioni sui quali le stesse hanno avuto in passato modo di esprimersi, sottolineando sempre la necessità che lo Stato e le Regioni procedano insieme nella definizione ed attuazione del processo di semplificazione amministrativa.

In particolare, in occasione dell’espressione del parere sul ddl di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005 (Conferenza Unificata del 23 settembre 2004) e, successivamente, in occasione della formulazione del parere sul “ddl in materia di efficienza delle amministrazioni pubbliche e di riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e le imprese” (Conferenza Unificata del 16 novembre 2006) le Regioni hanno ribadito come non sia possibile, in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, individuare aree organiche di esclusiva pertinenza statale, considerando l’indubbia sussistenza di numerose ed ampie competenze regionali (a titolo sia concorrente che esclusivo). Per tale ragione è assolutamente necessario che, in attuazione delle previsioni dell’articolo 5, comma 2 della legge 28 novembre 2005, n. 246, si faccia ricorso ad intese ed accordi in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, ogni qualvolta lo Stato intervenga individuando forme di semplificazione, omogenee su tutto il territorio nazionale, degli adempimenti connessi allo svolgimento dell’attività delle imprese.

Le Regioni non condividono pertanto la scelta dello strumento del decreto legge in una materia che richiede una piena condivisione con le Regioni perché in tal modo il confronto viene sostanzialmente rinviato dopo l’entrata in vigore della normativa, limitando conseguentemente la possibilità di incidere sostanzialmente sui contenuti della riforma e in palese contrasto con il principio della leale collaborazione.

Le Regioni osservano infatti che il Governo ha inserito la disciplina della comunicazione unica per la nascita dell’impresa e alcune misure di liberalizzazione delle attività economiche nel decreto legge n.7/07, accompagnando tali disposizioni con l’approvazione di un disegno di legge che contempla tutta la parte complementare della riforma.

Inoltre, la modifica della normativa dello sportello unico e della dichiarazione di inizio di attività sono oggetto del Pdl Capezzone AC 1428, mentre disposizioni in materia di modernizzazione, efficienza delle amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e le imprese sono contenute nel ddl Nicolais AC 2161.

E’ previsto poi che entro il 31 marzo 2007 venga approvato il Piano per la semplificazione amministrativa secondo quanto deciso dal Comitato interministeriale per l'indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e miglioramento della qualità della regolazione presieduto dal Ministro per le riforme e l'innovazione Luigi Nicolais.

 

Le Regioni, pur condividendo l’obiettivo di operare una radicale semplificazione dei procedimenti oggetto dell’azione della Pubblica Amministrazione e rendere più agevole per le imprese l’assolvimento degli oneri burocratici nonché quello di creare condizioni che garantiscano la libertà di concorrenza per l’esercizio di determinate attività economiche, lamentano una frammentarietà negli interventi normativi e di programmazione in materia di semplificazione amministrativa.

 

Le imprese invece hanno quanto mai bisogno di un quadro normativo chiaro, mentre ci si trova di fronte ad una proliferazione di provvedimenti normativi che disciplinano solo una parte della materia e comportano inevitabilmente difficoltà interpretative e di coordinamento con la normativa preesistente che apparentemente è in contrasto e che non viene abrogata espressamente.

L’incertezza aumenta poi durante il periodo transitorio, che spesso può durare anche molto tempo, quando l’entrata in vigore delle nuove disposizioni è in parte immediata, in parte rinviata all’adozione dei provvedimenti attuativi.

 

Si rileva, poi, che rimane ancora in vigore l’articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246 che, al comma 1, prevedeva il conferimento di una delega al Governo per l’adozione di decreti legislativi di riordino delle disposizioni di competenza esclusiva statale nella direzione della semplificazione, razionalizzazione e snellimento degli adempimenti amministrativi delle imprese, ivi inclusi gli aspetti inerenti l’iscrizione al registro delle imprese e il coordinamento con l’attività degli sportelli unici. La scadenza del termine per l’esercizio della delega è stato prorogato al 31 dicembre 2007, non risulta che il Governo abbia finora emanato tali decreti legislativi ma la delega viene espressamente richiamata nell’articolo 17 del disegno di legge in esame che, al comma 1, sembra conferire una delega non più limitata alle materie di competenza esclusiva statale.

 

Tutto ciò premesso, le Regioni  ritengono necessario:

 

Ø   che il confronto verta su entrambi i provvedimenti in esame e soprattutto sull’impianto complessivo della riforma, ritenendo essenziale l’istituzione di un tavolo permanente Stato-Regioni ed Enti locali, anche in attuazione dell’articolo 5, comma 2 della legge 28 novembre 2005, n. 246, sopra richiamato, e dell’articolo 42 del ddl in esame, che prevede intese ed accordi, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e il monitoraggio degli effetti derivanti dalle disposizioni del ddl stesso.

Ø   che siano previste norme espresse di coordinamento delle disposizioni contenute nei suddetti provvedimenti e nella disciplina preesistente.

Le Regioni osservano nel merito dei provvedimenti in oggetto quanto segue:

 

Decreto legge: artt. 9 e 10

 

 

Articolo 9

 

E’ necessario chiarire come si raccorda l’istituto della comunicazione unica, introdotta con l’articolo 9 del dl 7/07, con l’intera disciplina comunque connessa all’avvio dell’attività d’impresa (le dichiarazioni di inizio di attività previste per l’esercizio di particolari attività dall’articolo 10 del dl. 7/07 e la dichiarazione di inizio di attività di cui all’articolo 19 della L. 241/90, i regimi autorizzatori che permangono per l’esercizio di particolari attività, nonché tutta la disciplina delle procedure necessarie per localizzazione, alla realizzazione ed alla messa in esercizio degli impianti produttivi).

L’istituto della comunicazione sembra assegnare al Registro delle imprese il ruolo di primo ed unico interlocutore per la nascita dell’impresa quando invece l’impresa deve rivolgersi allo sportello unico per la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi e ad altre Amministrazioni per l’invio della dichiarazione di inizio attività o per l’ottenimento di eventuali autorizzazioni, non connesse agli impianti produttivi, ma  necessarie per l’esercizio di specifiche attività. Nel caso di imprese artigiane, l’impresa è altresì tenuta ad iscriversi all’Albo delle imprese artigiane.

Ove non siano ben chiariti i meccanismi di funzionamento della comunicazione unica e il raccordo con gli altri adempimenti dovuti dalle imprese, l’articolo 9 potrebbe paradossalmente rappresentare un onere aggiuntivo, in termini procedurali ed economici, sia per le imprese che per le amministrazioni pubbliche coinvolte e conseguentemente vanificare l’obiettivo della riduzione dei tempi per l’effettivo avvio dell’attività d’impresa.

 

In particolare si osserva che:

¨        Nel regime precedente l’imprenditore poteva ottenere la posizione IVA dall’Agenzia delle Entrate prima dell’effettivo avvio dell’attività al fine di porre in essere gli atti materiali volti alla costituzione dell’azienda e procedere all’acquisizione di eventuali autorizzazioni relative ai requisiti delle sedi destinate all’attività o richieste per l’esercizio dell’attività.

¨        L’imprenditore, completati tutti gli adempimenti prodromici all’avvio dell’attività, può iniziare la stessa chiedendo, ai  sensi dell’articolo 2196 del codice civile, l’iscrizione all’ufficio del Registro delle imprese entro 30 giorni dalla data di inizio.

¨        A decorrere dalla data di inizio dell’attività l’imprenditore è tenuto a regolarizzare le proprie posizioni assicurative e previdenziali.

¨        L’obbligo di presentazione delle domande in via telematica o su supporto informatico con firma digitale è entrato in vigore dal 01 novembre 2003 esclusivamente per le società, in attuazione di quanto disposto dall’art.31, comma 2, della legge 340 del 2000, mentre tale obbligo non sussiste per le imprese individuali.

 

-          Nel caso di impresa artigiana la procedura dell’articolo 5 della L. 443/85 prevede che questa sia tenuta ad iscriversi all’Albo delle imprese artigiane. L’iscrizione all’Albo comporta automaticamente l’annotazione nella sezione speciale del Registro delle imprese, in attesa dell’accertamento dei requisiti artigiani da parte delle Commissioni provinciali per l’artigianato, secondo quanto previsto dalle leggi regionali in materia.

 

L’introduzione della comunicazione unica presenta l’indubbio vantaggio di individuare un unico adempimento per l’impresa, sostitutivo di diverse domande o denunce, dando titolo all’impresa di avviare immediatamente l’attività, con il rilascio della ricevuta da parte dell’ufficio del Registro delle imprese e la immediata comunicazione del codice fiscale e della partita IVA, ed assolvendo tutti gli adempimenti amministrativi previsti ai fini assistenziali e previdenziali.

La stessa comporta però le seguenti conseguenze:

¨        Con l’unificazione delle procedure viene unificata anche la tempistica relativa all’acquisizione della partita IVA e all’avvio dell’attività d’impresa, facendo decorrere conseguentemente gli effetti previdenziali ed assistenziali, anche durante la fase preliminare all’effettivo avvio dell’attività d’impresa.

 

-          Nel caso di impresa artigiana, se la procedura per il riconoscimento dei requisiti artigiani si configura come indipendente rispetto alla comunicazione unica, secondo quanto precisato dall’ufficio legislativo del Ministero dello Sviluppo economico in occasione della riunione tecnica del 19 febbraio 2007, si verifica la duplicazione degli adempimenti e dunque un onere aggiuntivo per l’impresa rispetto alla situazione preesistente che prevede la presentazione di un’unica domanda.

-          L’obbligatorietà di richiedere l’iscrizione all’Albo per l’impresa che possiede i requisiti artigiani e la natura costitutiva dell’accertamento della qualifica rendono evidente come la disciplina della comunicazione unica incida fortemente sulle competenze legislative regionali e come sia assolutamente necessario il ricorso alle diverse forme di coordinamento tra Stato e Regioni.

-          Se la procedura per il riconoscimento dei requisiti artigiani si configura come indipendente rispetto alla comunicazione unica, secondo quanto precisato dall’ufficio legislativo del Ministero dello Sviluppo economico in occasione della riunione tecnica del 19 febbraio 2007, si verifica anche una duplicazione dei costi relativi all’imposta di bollo per l’impresa artigiana rispetto alla situazione preesistente che prevedeva la presentazione di un’unica domanda.

 

Le Regioni propongono di stralciare l’articolo 9 dal dl 7/07 per reintrodurlo nel disegno di legge di semplificazione e consentire il necessario raccordo tra le diverse disposizioni di semplificazione degli adempimenti per le imprese, nonché con l’obiettivo di assicurare che in sede attuativa il processo di semplificazione sia effettivo e rapido.

 

In alternativa, in sede di conversione del dl 7/07 le Regioni

 

chiedono che:

1.      Per recuperare il coordinamento con le competenze regionali è necessario che i decreti attuativi, previsti al comma 7, vengano adottati previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano.

2.      Andrebbe inoltre chiarito che l’applicazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 9 decorra dall’adozione dei decreti attuativi previsti dal comma 7 e non dall’entrata in vigore del decreto legge come invece prevede il comma 8;

3.      Per coniugare le esigenze di semplificazione perseguite con la comunicazione unica e la decorrenza degli effetti previdenziali ed assistenziali conseguenti alla comunicazione stessa è opportuno prevedere la possibilità che l’impresa venga iscritta con l’indicazione del momentaneo stato di “inattività”,  consentendo quindi all’impresa di indicare, con la comunicazione unica, il differimento del termine di effettivo inizio dell’attività d’impresa.

 

e propongono di inserire i seguenti emendamenti:

¨    Al comma 2 dopo la parola “fiscali” sono inserite le parole “salva la facoltà dell’impresa di rinviare a successiva comunicazione l’indicazione del termine di effettivo inizio dell’attività”;

¨    Al comma 3 dopo la parola imprenditoriale sono aggiunte le seguenti “fatte salve le procedure previste dalle normative di settore”;

¨    Al comma 4 dopo la parola “registrate” sono inserite le parole “fatto salvo, per la  decorrenza degli effetti, quanto disposto dal comma 2 in tema di indicazione del termine di avvio dell’attività.”;

¨    Al comma 7 dopo le parole “e del lavoro e della previdenza sociale” del primo e del secondo periodo sono inserite le parole “previa Intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano”.

¨    Al comma 8 le parole “dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto” sono sostituite dalle parole “dall’adozione dei decreti di cui al comma 7”

 

Articolo 10

 

Le disposizioni contenute nell’articolo 10 sono in linea di massima condivisibili perché intendono fare chiarezza sul tema della liberalizzazione di alcune attività economiche. Tali disposizioni però contengono implicitamente alcune previsioni relative alla disciplina relativa all’avvio dell’attività, in relazione alle quali si richiamano le considerazioni già esposte in tema di individuazione della data di inizio dell’attività d’impresa.

In altri termini il riferimento alla dichiarazione di inizio di attività deve essere coordinato con la previsione della comunicazione unica di cui all’articolo 9 e con la disciplina dello sportello unico attività produttive al fine di rendere più chiaro all’impresa quali sono gli adempimenti dovuti per poter avviare l’attività, quale è la Pubblica Amministrazione di riferimento e quale è la corretta successione di tali adempimenti.

¨        In merito al riferimento alla dichiarazione di inizio di attività si pone la questione della necessità di rivedere l’attuale formulazione dell’articolo 19 della L. 241/90 nell’intento di introdurre una procedura che consenta all’impresa l’avvio dell’attività contestualmente alla presentazione della dichiarazione di inizio di attività.

¨        In particolare poi per le imprese di pulizia e facchinaggio la presentazione della dichiarazione di inizio di attività,  ai sensi dell’articolo 7 del DPR 558/99, deve essere effettuata alla CPA o all’ufficio del registro delle imprese a seconda della natura artigiana o meno dell’impresa. Occorre pertanto formulare più chiaramente il comma 3, eliminando il riferimento alla Camera di Commercio, Industria, artigianato e agricoltura competente che introduce un elemento di incertezza interpretativa in ordine al coordinamento con il citato articolo 7 del DPR 558/99 essendo sufficiente il richiamo alla normativa vigente.

¨        Le Regioni osservano poi che, in riferimento al comma 2, ultimo periodo, è utile eliminare le parole “ove prescritti” in quanto la normativa richiamata relativa alle figure professionali di acconciatore ed estetista prevede espressamente tali requisiti di qualificazione professionale

¨        Le Regioni evidenziano poi che il legislatore non affronta la questione della liberalizzazione dell’attività di tintolavanderia, attività che peraltro non ha avuto una disciplina di regolamentazione fino alla recente introduzione della legge n. 84/06;

¨        Le Regioni ritengono poi che i commi 6 e 7 possano introdurre elementi di incertezza in merito alle disposizioni normative o regolamentari applicabili durante il periodo transitorio e che il termine di tre mesi non sia congruo per l’adeguamento.

 

Le Regioni propongono i seguenti emendamenti:

 

Ø      Al comma 2, ultimo periodo, sono soppresse le parole “ove prescritti”;

Ø      Al comma 3, primo periodo sono soppresse le parole “alla Camera di Commercio, Industria, artigianato e agricoltura competente”;

Ø      Al comma 7 le parole “entro tre mesi” sono sostituite dalle parole “Entro 180 giorni”.

 

Disegno di legge recante misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale.

 

Articolo 1

 

Le Regioni, pur condividendo l’obiettivo di consentire un incremento della redditività delle attività svolte dagli operatori del commercio e dei servizi, chiedono di chiarire  cosa si  intenda per servizi complementari e accessori.

Si ritiene infatti che non possano essere considerate tali attività che necessitano di ulteriori autorizzazioni (es. pubblici esercizi o rivendite giornali e riviste).

Tale disposizione peraltro contrasta con quanto stabilito dalla recente legge n. 248 del 2006 che consente, per determinate attività economiche, la programmazione da parte dei Comuni dello sviluppo delle medesime, proprio in considerazione del rilevanza che tale programmazione ha per lo sviluppo delle singole aree territoriali.

Ancora si osserva che la previsione della disposizione  contenuta all’art. 1 comma 1 debba essere applicabile solo alle attività svolte in sede fissa e non a quelle su aree pubbliche.

La disposizione infatti, se mantenuta nella versione attuale, non consentirebbe ai Comuni di mantenere mercati a merceologia esclusiva che sono invece molto qualificanti per l’offerta complessiva di alcune aree.

 

Le Regioni propongono i seguenti emendamenti:

 

·        art. 1 comma 1 sono soppresse le parole “o nella stessa area”, dopo la parola “il rispetto”  aggiungere “delle normative di settore,”, dopo le parole “nei luoghi di lavoro ” aggiungere “di sicurezza stradale,ambientale e di prevenzione incendi”

·        art. 1 comma 4 sostituire “sei mesi”  con “dodici mesi”

 

Articolo 4

 

L’articolo nella formulazione proposta, risulta in contrasto con il principio di libera concorrenza invocato, in quanto non consente alle parti la libertà contrattuale di concordare le modalità do utilizzo del serbatoio e di approvvigionamento del gas.

La norma inoltre non si occupa degli obblighi relativi alle verifiche periodiche ed alla manutenzione, particolarmente importanti per il settore in questione, e dunque paradossalmente lascia pericolosamente scoperto proprio il consumatore che vuole tutelare.

Le Regioni ritengono che sia invece necessario stralciare l’articolo 4 e procedere ad una riformulazione dell’articolo 10 del Decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, nella direzione di una più completa liberalizzazione.

In particolare è utile contemplare le diverse ipotesi contrattuali generalmente riscontrabili nella prassi commerciale, al fine di disciplinare, con riferimento alle stesse, quale sia il regime di responsabilità per gli adempimenti di gestione e manutenzione al fine di assicurare il rispetto delle necessarie norme di sicurezza.

La formulazione proposta dalle Regioni, in sostituzione dell’articolo 4, contempla dunque le diverse ipotesi di vendita del serbatoio, di locazione e di comodato d’uso. In particolare, nel caso di comodato d’uso, in cui è generalmente presente un contratto di fornitura, si ritiene opportuno che le verifiche periodiche e la manutenzione ordinaria spettino al proprietario del serbatoio che è altresì il fornitore del gas.

Nel caso di locazione o di serbatoio di proprietà dell’utilizzatore finale, si ritiene opportuno che le verifiche periodiche e la manutenzione facciano capo all’utilizzatore stesso, che le può affidare alla ditta fornitrice in presenza di contratto di fornitura del prodotto, o a una ditta abilitata ai sensi della legge 46/90.

L’articolo poi evidentemente deve prevedere l’abrogazione espressa dell’articolo 10 del D. Lgs 32/98.

 

Le Regioni propongono dunque la seguente riformulazione dell’articolo 4:

 

“ 1. Dopo l’art. 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n° 128, è aggiunto il seguente:

Art. 16-bis

Misure per la distribuzione di GPL

  1. I contratti per la fornitura di GPL attraverso serbatoi per uso civile, industriale o agricolo devono prevedere modalità alternative di offerta del serbatoio al fine di consentire all’utente finale di acquistare il GPL in regime di libera concorrenza, senza vincolare gli utenti all'acquisto di quantità di prodotto contrattualmente predeterminate.
  2. Nel caso comodato d’uso il contratto di fornitura del prodotto non può avere una durata superiore a due anni e deve prevedere che le verifiche periodiche e la manutenzione ordinaria del serbatoio, secondo la normativa tecnica di riferimento, rimangano in capo alla ditta fornitrice per tutta la durata del contratto.
  3. Nel caso di locazione del serbatoio le verifiche periodiche e la manutenzione fanno capo al locatario che le può affidare alla ditta fornitrice, in presenza di contratto di fornitura del prodotto, o a una ditta abilitata ai sensi della legge 46/90. Nel caso in cui la locazione non preveda un contratto di fornitura, l’autorizzazione di cui all’articolo 18, comma 7 si intende tacitamente acquisita.
  4. Nel caso in cui il serbatoio sia di proprietà dell’utilizzatore finale, le verifiche periodiche e la manutenzione fanno capo al proprietario che le può affidare alla ditta fornitrice del prodotto o a una ditta abilitata ai sensi della legge 46/90.
  5. I contratti di cui ai commi 2 e 3 sono tacitamente rinnovati per la stessa durata, salvo disdetta da comunicare almeno 30 giorni prima della scadenza. Alla scadenza del contratto a seguito di disdetta la ditta proprietaria ha diritto di rimuovere, a proprie spese, il serbatoio locato o concesso in comodato d’uso.
  6. Nel caso di locazione o comodato d’uso l’impresa proprietaria del serbatoio assicura la corretta installazione rilasciando apposita certificazione, ai sensi della legge 5 marzo 1990 n. 46, nonché ogni altra documentazione relativa al serbatoio necessaria all’utente finale per l’acquisizione del certificato prevenzione incendi.
  7. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in essere entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge”.

 

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l’art. 10 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n° 32, fatti salvi gli effetti prodotti dalla citata disposizione.”.

 

Articolo 6

 

L’articolo 6 reca misure in materia di trasporto ferroviario ed il comma 1, in particolare, richiama principi già presenti nell’ordinamento.

 

Desta tuttavia qualche perplessità l’ultima disposizione del citato comma 1, laddove è prevista la “destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all’utilizzo della rete ferroviaria alla manutenzione del materiale rotabile”.

 

Giova a tale riguardo ricordare sinteticamente che il sistema delineato in materia di trasporto ferroviario contempla la presenza di un soggetto gestore della rete infrastrutturale che, dietro corrispettivo e sulla base di appositi contratti di servizio, consente l’utilizzo della stessa da parte di uno o più soggetti che esercitano l’attività di trasporto.

 

Orbene, in siffatto quadro di riferimento, appare caratterizzata quantomeno da  contraddittorietà la disposizione in questione che contempla la destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all’utilizzo della rete ferroviaria, che sono incamerati dal gestore della rete ferroviaria, alla manutenzione del materiale rotabile che ordinariamente non appartiene al predetto gestore bensì all’impresa che esercita l’attività di trasporto e che paga le somme che per il gestore della rete costituiscono i proventi di cui sopra.

 

La disposizione in parola sembra quindi frutto di un mero errore, salvo che la si collochi in un contesto in cui possa individuarsi un collegamento strutturale tra il materiale rotabile ed il gestore dell’infrastruttura.

 

Ciò sembra configurabile, ad esempio, nel caso in cui la regione, proprietaria dell’impresa che gestisce la rete ferroviaria, acquisti materiale rotabile da mettere a disposizione dell’impresa che eserciterà il servizio di trasporto.

 

In questo quadro, sembra potersi riconoscere alla disposizione in esame una funzione precisa, vale a dire vincolare una parte delle somme versate dall’impresa che esercita il servizio di trasporto – che comprendono il corrispettivo per l’utilizzo della rete ed il corrispettivo per l’utilizzo del materiale rotabile – alla manutenzione del materiale rotabile la cui proprietà è riconducibile alla regione.

 

Analoghe considerazioni possono formularsi per il caso in cui il gestore della rete ferroviaria metta a disposizione dell’impresa che esercita i servizio di trasporto la cd. “trazione”.

 

Resta comunque il fatto che, se questa è la finalità che ci si propone con la disposizione di cui si tratta, appare ragionevole ritenere che essa vada diversamente formulata.

 

Articolo 7

 

L’articolo 7 reca misure in materia di trasporto innovativo ed, in particolare, al comma 1, sancisce il principio, oggettivamente ascrivibile alla tutela della concorrenza, secondo cui il rilascio di licenze ed autorizzazioni per la prestazione dei servizi di trasporto in parola non è soggetto a limitazione numerica.

 

I successivi commi del citato articolo 7 appaiono invece lesivi delle prerogative regionali.

 

Tali disposizioni, infatti, mirano a disciplinare aspetti dell’attività di trasporto di cui si tratta che travalicano la cura del pur trasversale interesse alla tutela della concorrenza e che per altre tipologie di trasporto - quali quello ferroviario, automobilistico, con impianti fissi, aereo, marittimo o per vie d’acqua,  nella misura in cui siano di interresse regionale e locale – rientrano pacificamente nella competenza regionale.

 

Posto quindi che non vi è ragione alcuna per ritenere rientranti nella competenza statale aspetti del cd. “trasporto innovativo” che, per i tradizionali modi in cui si esercita l’attività di trasporto, rientrano pacificamente nella competenza regionale, non può che rilevarsi un fumus di illegittimità costituzionale dell’articolo 7, eccezion fatta per il comma 1.

 

Più precisamente, il comma 2 vulnera le prerogative regionali in quanto fissa direttamente il livello di governo al quale vanno attribuite, secondo il principio di sussidiarietà, le funzioni amministrative in materia. Si osserva infatti che, seppur quello individuato potrebbe essere quello corretto, non va sottaciuto che tale individuazione non può che essere fatta dall’autorità che ha potestà legislativa in materia, vale a dire la regione, e che sola ha gli elementi per valutarne in concreto l’adeguatezza.

 

Il comma 3 prevede l’emanazione di un decreto ministeriale, di cui non è precisata la natura giuridica, con cui sono fissati i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui debbono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo.

 

Il decreto in parola sembra destinato ad assumere nella sostanza, e quindi indipendentemente dal nomen, la struttura di un regolamento, con conseguente limitazione della sua legittimità entro gli invalicabili limiti costituzionali della sua ascrivibilità ad un materia di esclusiva competenza statale.

 

Dal suo oggetto – che per certi versi ricorda il decreto legislativo n. 395 del 2000 in materia di requisiti per l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori – sembra potersi ritenere che esso acceda alla materia della tutela della concorrenza, atteso che l’individuazione dei requisiti di ordine generale e di idoneità professionale, cui debbono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, consente di mettere gli imprenditori interessati su un piano di parità a livello nazionale.

 

Va tuttavia osservato che l’interevento statale in materia di tutela della concorrenza - in quanto idoneo, in forza della ormai pacificamente riconosciuta “trasversalità” della materia, ad incidere su materie di competenza regionale – non può prescindere dalle esigenze di leale collaborazione che possono trovare adeguata tutela solo in un congruo meccanismo di partecipazione che, nella specie, va individuato nella previsione dell’intesa della Conferenza unificata sul regolamento ministeriale in argomento.

 

I commi 4 e 5 regolano, sotto aspetti diversi, la cd. Carta dei servizi la cui disciplina rientra nella potestà regionale.

 

Il comma 6 prevede una posizione di favore per quei comuni che incentivano i servizi di trasporto innovativo e adottano la prevista Carta dei servizi nell’attribuzione delle risorse previste dalla legge finanziaria per il 2007 per investimenti in materiale rotabile ferroviario e stradale.

 

La disposizione vulnera le prerogative regionali in quanto, prevedendo le predette posizioni di favore, tende ad incidere sulle competenze esclusive delle regioni in materia di pianificazione e regolazione dei servizi di trasporto di interesse regionale e locale. Essa inoltre lede le posizioni delle regioni in quanto è idonea ad incidere, inaudita altera parte, sui meccanismi di riparto dei fondi stanziati la cui attuazione è presieduta, come previsto dalla legge finanziaria per il 2007, dalla previsione dell’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

 

Va da ultimo dato atto dell’apporto collaborativo della Provincia autonoma di Trento che, in materia di tutela della concorrenza, osserva che la liberalizzazione dei servizi di trasporto innovativo poteva essere accompagnata dalla liberalizzazione dei servizi di noleggio di autovetture con conducente previsti dalla legge n. 21 del 1992.

 

Articoli 9-14

 

Gli articoli in oggetto modificano la disciplina dello sportello unico e degli adempimenti amministrativi necessari per la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, sostanzialmente sostituendo all’attuale disciplina procedimentale, che prevede il silenzio assenso, quella della presentazione di una dichiarazione unica, attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell’intervento, corredata dagli elaborati progettuali e dalla dichiarazione di conformità del progetto alla normativa applicabile, resa dal progettista munito di assicurazione per responsabilità professionale, e del rilascio della ricevuta, consentendo l’immediato avvio dell’intervento.

La procedura precede poi il ricorso alle modalità telematiche, meccanismi di accordo procedimentale con il privato, semplificazione delle procedure di collaudo ed una riduzione dei tempi del procedimento nel caso in cui è necessaria una conferenza di servizi.

Le Regioni condividono sostanzialmente l’impianto complessivo della riforma delineato dagli articoli in questione che intende dare una risposta concreta alla necessità di accelerare le procedure necessarie per l’avvio degli interventi di realizzazione degli impianti produttivi.

La procedura intende stimolare l’attivazione degli sportelli unici prevedendo che tutte le dichiarazioni e domande devono essere presentate esclusivamente allo sportello unico e ribadendo più volte l’obbligo per i comuni di rendere operativo lo sportello prevedendo addirittura che le regioni intervengano in via sostitutiva.

Occorre però una riflessione attenta sulle ragioni che hanno impedito finora l’effettivo decollo degli sportelli al fine di prevedere che impatto possano avere le nuove disposizioni e se le stesse possano essere sufficienti ed adeguate a rendere effettivi gli obiettivi che si intendono perseguire.

 

In particolare nel merito degli articoli si osserva quanto segue:

 

Articolo 9

 

Le disposizioni contenute nel comma 8 risultano incomprensibili (non è chiaro chi convoca la Conferenza dei Servizi; non è chiaro nell’ultimo periodo a quale ulteriore delibera del Consiglio  comunale si faccia riferimento). Si rileva peraltro l’impatto immediato sulla normazione regionale nel settore urbanistico-territoriale.

Si propone pertanto la riformulazione del comma in maniera più chiara.

Articolo 10:

 

Non si comprende l’ambito di applicabilità del comma 6 dell’articolo 10 e come si colleghi con il comma 3;

 

Le Regioni propongono la soppressione del comma 6 e l’inserimento del seguente comma:

“8. Le disposizioni del presente capo riguardano la realizzazione degli impianti produttivi. Sono comunque fatti salvi i titoli abilitativi previsti dalle norme di settore.”

 

Articolo 11

 

L’articolo 11 elenca alcune categorie di casi in cui è escluso il ricorso alla procedura di immediato avvio dell’attività.

  1. Considerando che la tutela del patrimonio archeologico, storico, artistico, culturale e paesaggistico e, soprattutto, la tutela dell’ambiente, della salute e della pubblica incolumità rappresentano la quasi totalità degli interessi sottesi alle previsioni di regimi autorizzatori, la reale portata dell’intervento  riformatore dipende dal contenuto che viene dato alle previsioni dell’articolo 11.
  2. L’articolo 11, comma 2, lettera b) contempla poi l’esclusione dei casi per i quali il rilascio del titolo edilizio è prescritto dalle norme regionali di adeguamento alle disposizioni del ddl.
  3. L’articolo 11, comma 2, lettera a) contempla poi l’esclusione dei casi per i quali la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, senza specificare se l’attuazione di tale normativa competa allo Stato o alle Regioni

 

Per quanto considerato sarebbe opportuno inserire nell’articolo una disposizione di attuazione, che rinvii a successivo atto da adottarsi d’intesa con le Regioni con il quale individuare, in maniera più analitica, i casi di esclusione previsti dall’articolo 11. Tale individuazione potrebbe essere meglio contenuta nelle intese ed accordi previsti dall’articolo 18, comma 5.

 

L’attuale formulazione della lettera b del comma 2 dell’articolo 11 non sembra costituzionalmente corretta in quanto prevede l’esclusione dei casi per i quali il rilascio del titolo edilizio è prescritto dalle norme regionali di adeguamento alle disposizioni del ddl (e non dalle leggi vigenti). Non è chiaro in quale materia il legislatore interviene ma, in ogni caso, se la materia è esclusiva non c’è margine per la legislazione regionale, neanche in sede di adeguamento alla nuova legge, se è concorrente (come sembrerebbe trattandosi di Governo del territorio) la normativa sopravvenuta non può abrogare immediatamente la normativa regionale ma deve prevedere soltanto un periodo per l’adeguamento (90 giorni), per cui occorrerebbe limitare il riferimento contenuto nella norma alle leggi regionali senza specificare di adeguamento alle disposizioni del ddl.

Con riferimento all’articolo 11 comma 1 lettera c) si osserva che allo stato attuale per le attività produttive impattanti si richiede il parere preventivo ASL e ARPA. La norma parrebbe escludere che tale ipotesi rientri nella fattispecie di esclusione. Inoltre, in considerazioni delle disposizioni emanate con la legge 248 del 2006 e dei pareri emessi dal Ministero relativamente alla materia del commercio e dei pubblici esercizi si ritiene opportuno titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività disciplinate dalla legge 248/2006.

 

Le Regioni propongono i seguenti emendamenti:

 

·        Alla lettera c) del comma 1 aggiungere la seguente locuzione “o un parere espresso”

·        Alla lettera b) del comma 2 sono soppresse le parole “di adeguamento delle disposizioni della presente legge”

·        Alla lettera c) del comma 2 sono aggiunte infine: “alle attività disciplinate dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 per i profili attinenti al titolo abilitativo”

 

Articolo 12

 

Le Regioni ritengono che le modifiche introdotte nella disciplina generale della Conferenza di servizi richiedono approfondimenti in ordine all’impatto della norma e rendono necessario ricordare le perplessità già avanzate dalle Regioni in ordine all’applicazione dell’articolo 14 quater della legge 241/90 e successive modificazioni.

 

Articolo 15

 

Le Regioni esprimono una piena condivisione delle disposizioni dell’articolo 15 e ne auspicano una piena e pronta attuazione. Sembra eccessivo però che il diritto dell’imprenditore all’indennizzo forfetario prescinda dall’esito del controllo. E, pertanto, propongono il seguente emendamento:

Al comma 4 dell’articolo 15 sono soppresse le parole “la cui corresponsione prescinde dall’esito del controllo”.

 

Articolo 16

 

Le Regioni ritengono necessario prevedere che l’attuazione dell’art. 16 avvenga mediante il pieno coinvolgimento nell’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 2 e pertanto propongono il seguente emendamento:

All’art. 16 comma 2 le parole: “e della Conferenza Stato-Regioni” sono sostituite dalle parole: “e previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni”.

 

Articolo 17

 

Le Regioni sottolineano che l’articolo 17 del disegno di legge conferisce una delega molto ampia al Governo per l’adozione di decreti legislativi, eventualmente integrativi di quelli adottati in attuazione della delega di cui all’articolo 5, comma 2 della legge 28 novembre 2005, n. 246, per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, nonché, per le materie di competenza esclusiva statale, il riassetto e la raccolta delle norme regolamentari.

L’articolo, oltre a richiedere una riflessione in merito all’ambito di riferimento della delega e ad eventuali profili di lesione delle competenze legislative regionali,  non menziona più le intese e gli accordi tra i diversi livelli istituzionali, prevedendo soltanto che Regioni ed enti locali si adeguino, nel termine di 180 giorni, ai princìpi dettati nell’articolo stesso.

Occorre chiarire che tale delega debba limitarsi alle materie di competenza statale e che, in ogni caso, per recuperare il principio di leale collaborazione che sembra dimenticato, i decreti attuativi debbano essere adottati previa intesa con le Regioni.

Non si comprende, inoltre, esattamente il contenuto delle previsioni dei commi 4 e 5 dell’articolo 17 in quanto non vi sono sostanzialmente nel comma 1 dei princìpi dettati dalla legge nazionale ed ai quali il legislatore regionale deve adeguarsi, prevedendo semplicemente una delega al riassetto delle disposizioni. Per tale ragione il senso del comma 4 è soltanto quello di fissare un termine per le Regioni per procedere al riassetto delle proprie legislazioni, in tal modo ledendo l’autonomia delle stesse. Per tale ragione sarebbe opportuno abrogare i suddetti commi.

 

Le Regioni propongono i seguenti emendamenti:

Ø      Al comma 1 dell’articolo 17 dopo le parole “prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali” sono aggiunte le parole “di competenza statale”

Ø      Al comma 3 dell’articolo 17 dopo le parole “i beni e le attività cultuali” sono aggiunte le parole “previa intesa in sede di Conferenza tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano”

Ø      Sono soppressi i comma 4 e 5 dell’articolo 17;

 

Articolo 18

 

Molte perplessità desta invece l’articolo 18 recante abrogazioni e misure  transitorie e di attuazione.

a.  Le Regioni condividono la necessità di adottare disposizioni volte a dare una concreta attuazione all’istituto dello sportello unico assicurando altresì la massima diffusione sul territorio nazionale. Occorre però una riflessione più attenta sulle ragioni e le difficoltà che si sono registrate nell’attuazione del D.P.R. 447/98 che già disciplinava in maniera puntuale l’istituto. La soluzione di ribadire l’obbligo dei comuni di rendere operativo lo sportello e delle regioni di intervenire in via sostitutiva in caso di inadempienza non sembra una soluzione né corretta né efficace. Non si comprende poi bene il contenuto della disposizione del comma 5 che prevede il ricorso ad intese ed accordi al fine di disciplinare l’istituzione degli sportelli unici ed i poteri di controllo sostitutivo regionali e statali.

b.   La tempistica di attuazione prevista dai commi 2, 3 e 4 risulta ingiustificatamente molto complessa, nonché sostanzialmente inattuabile fintanto che non vengano stipulate le intese e gli accordi di cui al comma 5 e venga adeguata la legislazione regionale. Per tale ragione sarebbe opportuno stabilire che l’abrogazione del DPR 447/98 e l’entrata in vigore delle nuove disposizioni è rinviata all’entrata in vigore delle leggi regionali di adeguamento.

 

Le Regioni propongono il seguente emendamento:

 

L’articolo 18 è sostituito dal seguente:

“1. Le disposizioni del presente Capo entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. 2. Il Governo e le Regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell’articolo 8. comma 6 della legge 5 giungo 2003, n. 131, e dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato , le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e di Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, al fine di disciplinare l’istituzione degli sportelli unici e l’attuazione della presente legge, nonché i poteri di controllo sostitutivo regionali e statali. 3. Le Regioni e i Comuni adeguano le disposizioni normative e regolamentari ai princìpi della presente legge entro 90 giorni dalla stipulazione delle intese ed accordi di cui al comma 2. A decorrere dall’entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione sono abrogati il decreto del Presidente della repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, e successive modificazioni, e ogni altra disposizione di legge o di regolamento statali incompatibili. 4. Le disposizioni del presente Capo non trovano applicazione per i procedimenti avviati prima dall’entrata in vigore delle leggi regionali di cui al comma 3.”

 

Articolo 25

 

Non si comprende esattamente in che rapporto si ponga la norma con l’istituto delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni previste dal DPR 445/00. Infatti, al di là delle enunciazioni contenute nella rubrica dell’articolo, la disposizione nella realtà non provvede all’abolizione di alcuna certificazione ma sembra limitarsi a riprodurre sostanzialmente l’istituto dell’autocertificazione delegificando l’eventuale integrazione della casistica contenuta nel DPR 445/00.

 

Le Regioni propongono lo stralcio dell’articolo o la riformulazione della norma con il rinvio al DPR 445/2000 e l’individuazione nell’articolo stesso delle certificazioni sostituibili con l’autocertificazione.

E’ altresì necessario modificare la rubrica dell’articolo poiché sostanzialmente non si tratta di abolizione di certificazioni.

 

 

Infine si propone l’inserimento di un articolo finale, analogamente a quanto operato in sede parlamentare in occasione dei lavori per la conversione in legge del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, a specifica tutela delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

            “Art. xxx Clausola di salvaguardia

1.      Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alle disposizioni del Titolo V della parte seconda della Costituzione per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.”

 

 

Roma, 15 marzo 2007