Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - ACQUE MINERALI: DOCUMENTO DI INDIRIZZO

giovedì 16 novembre 2006


DOCUMENTO DI INDIRIZZO DELLE REGIONI ITALIANE IN MATERIA DI ACQUE MINERALI NATURALI E DI SORGENTE

Premessa

Le Regioni, in relazione alla materia delle acque minerali e termali, che forma oggetto di competenza legislativa esclusiva, hanno condiviso la necessità che nelle revisioni legislative in materia si tenesse conto, nella salvaguardia della relativa autonomia, di linee di orientamento che stabiliscano parametri di riferimento tesi a considerare la risorsa naturale come un bene "esauribile" e, come tale, da valorizzare nel momento del suo utilizzo.

Ciò, anche, nella convinzione che potrebbe essere utile considerare da parte di ogni singola Regione gli orientamenti adottati dalle altre nella realizzazione dei Piani regionali di ricerca e coltivazione, anche al fine di operare un coordinamento delle forme di promozione e di valorizzazione nell’uso della risorsa naturale soprattutto a vantaggio del cittadino consumatore e nella salvaguardia  del principio della concorrenza.

La Corte dei Conti - Sezione regionale di Controllo per il Piemonte, infatti, nella sua relazione annuale, ha fortemente sottolineato, come "la gestione del patrimonio, in riferimento a quello delle acque minerali si snodi, in generale, secondo una prassi meramente burocratica, fatta di adempimenti che possono essere agevolmente definiti come voluti, ma quasi sempre avulsa da un approccio moderno ed economicamente significativo" auspicando pertanto "una futura gestione improntata a criteri di concorrenzialità e, quindi, di maggior profitto per gli enti gestori". E, proprio per assicurare una gestione concorrenziale più organica di quella attuale, che le Regioni hanno inteso individuare dei parametri di riferimento.

Ci si trova, infatti, in presenza nelle diverse regioni italiane di una situazione talmente differenziata da essere essa stessa dannosa per la concorrenza. Dalla Rilevazione svolta sui canoni, ad esempio, si evidenziano differenze che sottolineano in modo inequivocabile come non sia né la quantità e né la qualità dell'acqua a "valere", bensì il territorio, con la conseguenza che l'acqua estratta in una regione, a parità di qualità, risulta essere molto più onerosa che in altre sia per l'impresa e sia per il consumatore.

La scelta di un documento che fissi linee di indirizzo costituisce un mero orientamento per l'azione di ciascuna Regione, ferma restando l'autonomia e la graduazione che i singoli territori riterranno opportuno attuare.

Le Regioni

preso atto che:

·                     La sentenza della Corte Costituzionale n° 65 del 2001 ha dichiarato infondata la questione di legittimità proposta dal TAR Lombardia in merito all’art. 22 della l.r. Lombardia 22 aprile 1980, n° 44, come modificato dall’art. 4, c. 21, lettera c) della l.r. 27 gennaio 1998, n. 1, che, per la prima volta, prevedeva un canone da applicarsi all’imbottigliato, in aggiunta a quello superficiario ex art. 25 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 e s.m.i.

·                     Il novellato art. 117 Cost. e le previsioni del d.lgs. 112/1998, in merito alle competenze attribuite in materia, consentono alle Regioni di prevedere canoni non solo commisurati alla superficie da sfruttare, ma all’effettivo beneficio ricavabile dal concessionario.

·                     Tale possibilità trova conferma nella pronuncia della Corte sopra richiamata, sulla base del fatto che il solo criterio superficiario può, in concreto, risultare sproporzionato per difetto, rispetto al beneficio economico che il concessionario trae dallo sfruttamento della risorsa pubblica: una non estesa superficie assentita in concessione può corrispondere ad un bacino idrogeologico di ampie dimensioni, mentre una grande estensione territoriale può offrire risorse sorgive modeste.

·                     La Corte Costituzionale, dunque, riconosce in capo alle Regioni la possibilità di intervenire normativamente a tutela della risorsa “acqua” che, in quanto “bene finito”, può promuovere la sua valorizzazione ed il suo uso razionale anche attraverso la previsione di un canone commisurato alla quantità  prelevata ed imbottigliata dal concessionario.

·                     L’ipotesi di violazione del principio comunitario della libera concorrenza è, dunque, risolto dalla sentenza della Corte in esame che precisa come il principio del libero scambio sia mal invocato di fronte a linee di indirizzo di cui anche le Regioni possono essere interpreti, nelle materie di loro competenza, intese a non deprimere il valore delle risorse naturali, che costituiscono patrimonio indisponibile.

Premesso altresì che

·                     L’esigenza di uniformare la materia a livello regionale poggia sui seguenti obiettivi:

1)                 promuovere azioni comuni tese a valorizzare la risorsa “acqua minerale naturale e di sorgente” ed a favorire il suo uso razionale;

2)                 individuare indirizzi comuni entro i quali procedere alla tutela del bene “acqua minerale naturale e di sorgente”, fornendo criteri di riferimento che ogni regione potrà autonomamente applicare sulla base delle proprie strategie;

3)                 definire in linea di principio la possibilità di sfruttare la risorsa e la finalizzazione degli introiti alla valorizzazione ed alla salvaguardia della risorsa medesima.

·                     Per il raggiungimento di tali fini, occorre altresì rimarcare che l’inquadramento della materia nell’ambito della disciplina delle miniere risulta certamente troppo angusto rispetto alle peculiarità che caratterizzano l’utilizzo delle “acque minerali naturali e di sorgente”.

·                     L’autonomo riconoscimento della risorsa quale bene del patrimonio indisponibile da non deprimere, ma anzi da valorizzare, consente di porre in essere specifici interventi di protezione con la previsione – confermata dalla pronunzia della Corte Costituzionale citata – oltre al canone superficiario, anche di un importo da calcolare sull’effettiva utilizzazione dell’acqua, attraverso l’individuazione di un canone dell’emunto o dell’imbottigliato.

Per tali considerazioni, le Regioni individuano i seguenti indirizzi generali:

Nell’adottare nuove discipline di razionalizzazione e valorizzazione delle “acque minerali naturali e di sorgente”, potranno essere presi a riferimento i seguenti minimi e massimi, entro cui definire il canone da applicare:

·                     da 1,00 a 2,50 € ogni mille litri o frazione di imbottigliato;

·                     da 0,50 a 2,00 € ogni mille litri o frazione di utilizzato o emunto.

Il canone superficiario non sarà inferiore a 30,00 € per ettaro o frazione di superficie concessa e le singole Regioni, discrezionalmente, determineranno importi maggiori sulla base della valutazione su cui insiste la concessione mineraria.

Detti importi sono da intendersi comprensivi di ogni altra tassa di concessione prevista e potranno essere rivisti con cadenza biennale, sulla base di una valutazione individuale delle singole regioni, in relazione all’andamento del mercato e alle singole realtà territoriali.

In merito alla materia trattata, le singole Regioni assumeranno le determinazioni più opportune relativamente agli argomenti connessi e non definiti nel presente atto di indirizzo, nonché in merito alla destinazione dei canoni.

Roma, 16 novembre 2006.