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periodico telematico quotidiano a carattere informativo
registrato il 17/03/2003
presso il Tribunale Civile di Roma
Sezione Stampa n.106/2003 |
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n. 373 -
Roma, 24 settembre 2004 |
Sommario |
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La Conferenza delle Regioni
ha consegnato ieri al Governo in sede di Conferenza Unificata
un documento
sulle riforme costituzionali. Lo stesso hanno fatto Anci (comuni), Upi
(Province) e Uncem (comunità montane) consegnando i propri
documenti
ai
Ministri Calderoli e La Loggia.
Nel
documento delle Regioni i Presidenti
danno atto al Ministro Calderoli di avere
aperto un dialogo (dapprima con singoli gruppi, in occasione degli
incontri del 1° settembre a Potenza con le regioni meridionali, e del 7
settembre con i Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle
Province autonome, e, da ultimo, illustrando il 14 settembre, in
Conferenza dei Presidenti, le linee generali degli emendamenti che il
Governo stava elaborando) ma esprimono viva preoccupazione in merito al testo di riforma della Costituzione, in
quanto presenta rilevanti rischi di conflitti e confusione istituzionale,
così come avevano già manifestato, con il parere del 28 giugno 2004. Le
Regioni e le Province autonome quindi esprimono le seguenti valutazioni e
proposte, in una prospettiva di costruttiva e leale collaborazione, nel
perseguire modifiche del testo in direzione di un sistema istituzionale
più organico, coerente e funzionale.
1) Composizione del Senato “federale”. La migliore soluzione di
composizione per un Senato realmente Federale è espresso dal modello
tedesco. Nell'assenza di condizioni per la realizzazione di tale modello,
le Regioni ritengono tuttavia o comunque che debbano essere garantite,
anche in presenza di una elezione diretta dei Senatori, l'efficacia della
rappresentatività dei territori ed il legame con i territori stessi dei
Senatori di ogni regione. In questo senso va intesa la posizione espressa
nel parere del 28 giugno 2004, a favore dell'introduzione di un criterio
di contestualità tra elezioni dei Senatori ed elezioni regionali, quale
elemento per introdurre una nuova sinergia tra tempi, logiche e dinamiche
tra Senato e istanze regionali, da un lato e tempi, logiche e dinamiche
tra Camera e Governo dall'altro.
In sintesi, in relazione alla composizione del
Senato federale, le Regioni propongono:
contestualità piena tra elezioni dei senatori
ed elezioni regionali e non affievolita né appiattita sui tempi di
elezione della Camera, con coerenti ridefinizione
della disciplina transitoria, nel rispetto delle cadenze delle legislature
regionali;
eliminazione di ogni presenza di rappresentanti delle Regioni o delle
Autonomie, ora del resto inserita in posizione minoritaria, consultiva e
sostanzialmente simbolica;
eleggibilità a senatore degli amministratori regionali e locali, nello
spirito dell’articolo 4 del testo approvato dalla Commissione.
Conseguentemente andrà modificato anche l’attuale 122 , II comma, della
Costituzione nel senso di eliminare l’incompatibilità per i componenti dei
Consigli e delle Giunte regionali; soppressione dell'art. 39
ter degli emendamenti della maggioranza.
In subordine, se non si accogliessero queste proposte, meglio sarebbe
mantenere l'attuale sistema.
2) Formazione delle leggi. In sintesi, in relazione alla
formazione delle leggi, le Regioni propongono:
riformulare integralmente il testo dell' art. 13 (70) o ridimensionando a
due sole tipologie di leggi e di procedimenti (secondo la proposta
allegata) o comunque, anche in base ai suggerimenti contenuti in proposte
avanzate sia dalla maggioranza che dall'opposizione, evitando
sovrapposizioni, complicazioni, confusioni, conflittualità.
In subordine, se non dovesse essere
accolta questa proposta, meglio sarebbe mantenere l'attuale sistema.
3) Competenze legislative e devoluzione. In sintesi, in
relazione alle competenze legislative e alla devoluzione, le Regioni
propongono:
rivedere i riaccentramenti e comunque le
duplicazioni e le sovrapposizioni delle stesse materie tra competenza
esclusiva dello Stato, competenze concorrenti, competenza esclusiva delle
Regioni;
in particolare, evitare la sovrapposizione tra norme generali e principi
fondamentali;
evitare opinabili riparti basati sulle dimensioni" nazionali" o
"regionali" degli interessi nelle singole materie;
sopprimere l'art. 36 (120) degli emendamenti.
4) Interesse
nazionale.
I Presidenti delle Regioni confermano il
parere del 28 giugno 2004, esprimendo condivisione per le preoccupazioni
sollevate nel dibattito politico-istituzionale in relazione al tema
dell'interesse nazionale, quale esigenza di fondo di un nucleo essenziale
di unitarietà del sistema. I Presidenti delle Regioni meridionali hanno
già opportunamente sottolineato l'esigenza di "riconoscere il valore
politico e costituzionale della salvaguardia dell'interesse nazionale,
osservando che esso richiede uno stretto collegamento ai principi della
solidarietà e della sussidiarietà".
Preoccupazioni di questo tipo, peraltro, non possono tradursi in una
impropria censura su singole leggi approvate dai Consigli regionali, sulla
base di valutazioni di merito, di natura squisitamente politica.
Gli emendamenti presentati dal della maggioranza al testo dell'articolo
127, che disciplinava questa eventualità prevedendo un improprio
coinvolgimento del Senato federale, appaiono sostanzialmente peggiorativi
in quanto attribuiscono ad una "Commissione mista paritetica di deputati e
di senatori" la potestà di proporre con deliberazione adottata a
maggioranza assoluta l'annullamento della legge regionale. Anche sotto
questo profilo si viene così a stemperare la funzione federale del
Senato, pienamente parificato alla Camera.
Né a superare le obiezioni può valere il fatto che la decisione finale di
annullamento della legge sia demandata al Presidente della Repubblica, sia
perché il testo dell'emendamento non pare lasciare a tale organo un reale
spazio di decisione , sia perché in ogni caso l'eventuale attribuzione al
Presidente della Repubblica di una scelta di opportunità e dunque
inevitabilmente politica si presenterebbe inopportuna e contrastante con
la natura di organo neutrale di garanzia che la riforma vuol attribuire al
Presidente stesso.
In base a queste considerazioni, occorre, dunque, sopprimere ogni
intervento di censura successiva su leggi regionali e limitarsi a
prevedere leggi (approvate da entrambe le Camere a maggioranza assoluta)
di coordinamento ed armonizzazione tra legislazione statale e regionale,
quali strumenti di unificazione del sistema.
Da tale
meccanismo devono comunque restare escluse le Regioni a Statuto speciale e
le Province autonome di Trento e Bolzano in quanto la tutela
dell’interesse nazionale avviene secondo quanto previsto dai rispettivi
Statuti e dalle relative norme di attuazione.
Le posizioni già espresse dalle Regioni al riguardo sono da confermare. In
questa direzione, una proposta di emendamento è stata formulata nel
documento della Conferenza dei Presidenti del 28 giugno.
5) Regioni a statuto speciale e
Province autonome. Si ribadisce la necessità di ripensare il testo,
recependo l'emendamento già proposto dalle Regioni a statuto speciale,
formalmente accettato dal Governo nel settembre 2003, in seguito
inspiegabilmente disatteso.
6) Attuazione dell'art. 119 Cost. sul federalismo fiscale. I
Presidenti delle Regioni considerano essenziale e pregiudiziale una rapida
attuazione dei meccanismi di federalismo fiscale e di perequazione
previsti dall'art.119 della Costituzione e non condividono la possibilità
di inserire regimi finanziari transitori, che sarebbero inevitabilmente
destinati a protrarre per un ulteriore, indefinito lasso di tempo la
necessaria effettiva attuazione dell'articolo stesso. Le Regioni e il
sistema delle autonomie locali hanno affermato concordemente l'assoluta
necessità dell'approvazione dell’Accordo sui meccanismi strutturali del
federalismo fiscale di cui all’art. 3, comma 1, lett. a) della legge 27
dicembre 2002, n. 289, già definito tra Regioni ed Enti locali e
consegnato nella seduta della Conferenza Unificata del 19 giugno 2003. Al
riguardo non condividono ipotesi di inserimento nella riforma
costituzionale di disposizioni volte a stabilire regimi finanziari
transitori, che sarebbero inevitabilmente destinati a protrarre per un
ulteriore ed indefinito lasso di tempo la necessaria ed effettiva
attuazione dell’art. 119 della Costituzione nella sua interezza. Del
resto, la stessa Corte costituzionale (particolarmente nella sent. n.36
del 2004), nel tracciare equilibri per il coordinamento della finanza
pubblica, ha sottolineato con nettezza il carattere strettamente
transitorio delle soluzioni adottate, e dunque la necessità di portare a
regime il funzionamento del sistema.
In sintesi, in relazione all'attuazione dell'art. 119 Cost. le regioni
propongono di sopprimere l'art. 42 comma 10 del testo C. 4862;
7) Accesso diretto alla Corte Costituzionale per gli enti locali.
In sintesi, in relazione all'accesso diretto alla Corte
Costituzionale per gli enti locali le Regioni propongono:
sopprimere l' art. 39 bis(128) degli emendamenti;
in via
alternativa, introdurre in Costituzione un sistema basato sulle
Conferenze e sui consigli delle autonomie, secondo una logica ispirata
alla legge 131 del 2003.
8) Istituzione di nuove Regioni.
I Presidenti delle Regioni ribadiscono una netta contrarietà ad un
meccanismo che, derogando, alle procedure di garanzia stabilite dal primo
comma dell'art. 132 della Costituzione, apra la prospettiva di una
frantumazione delle Regioni esistenti, tra l'altro escludendo da ogni
consultazione le popolazioni dei territori non soggetti a distacco,
considerate non interessate persino nei casi in cui il distacco stesso
riguardasse parti assai rilevanti nella essenziale configurazione
territoriale della Regione.
In sintesi, in relazione all'istituzione di nuove Regioni le regioni
propongono di sopprimere l'art. 43 del testo C. 4862;
9) Il
riconoscimento in Costituzione della Conferenza Stato-Regioni.
L'emendamento apportato all'art. 118 comma tre ha introdotto seppure in
forma assai tenue il riconoscimento costituzionale del sistema delle
Conferenza interistituzionali, da tempo auspicato dalle regioni. Tale
previsione andrebbe tuttavia decisamente rafforzata, individuandone con
maggior precisione la composizione e le competenze e poteri che dovrebbero
essere fortemente rafforzati (assai blando appare infatti il riferimento a
"sedi di confronto"). Utile potrebbe essere anche prevedere che la
disciplina di tali organi venisse demandata ad apposita legge
costituzionale.
In sintesi, in relazione al riconoscimento in Costituzione della
Conferenza, le Regioni propongono la previsione di una Conferenza per i
rapporti tra Stato, Regioni e Autonomie locali, composta da rappresentanti
del Governo, dai Presidenti delle Regioni e, per le questioni che
coinvolgono le competenze amministrative locali, da Sindaci e Presidenti
di Provincia.
(gs) |
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Il ministro per le
Riforme istituzionali,
Roberto Calderoli (nella foto), e' stato ricevuto
oggi da Silvio Berlusconi a palazzo
Chigi. Al centro del colloquio l'iterdella riforma costituzionale, dopo
che il voto finale sull'articolo 34 della legge sulle riforme
istituzionali che prevede l'introduzione della 'devolution'
è slittato a martedì prossimo.
Oggi infatti l'Aula della Camera ha respinto un'altra decina di
emendamenti. Ma la maggioranza ha dovuto rallentare la sua tabella di
marcia che prevedeva il voto finale sull'articolo già per ieri per
l'ostruzionismo dell'opposizione.
Ieri sera le Regioni e le altre
autonomie locali nella Conferenza straordinaria unificata
"non hanno presentato un unico documento, ma hanno raggiunto una
convergenza sulla composizione del Senato federale", ha detto il
presidente della Conferenza delle Regioni al termine dell'Unificata.
Ghigo, che si è dichiarato
"soddisfatto", ha inoltre aggiunto: "abbiamo discusso della
rappresentatività all'interno del Senato federale, dei meccanismi di
incompatibilità e di ineleggibilità. Ogni autonomia ha presentato i
documenti con le proprie proposte.
Tuttavia - ha aggiunto - non c'è una posizione univoca tra le autonomie
locali, ci sono dei punti di contatto, delle aperture per trovare
soluzioni sui punti in cui eravamo molto distanti. Un passaggio, questo,
che considero positivo. Ora - ha concluso Ghigo - il ministro Calderoli ha
preso nota e si e' impegnato a rappresentarle in Consiglio dei ministri e
in Parlamento come nostra posizione".
Per Bassolino ''nel testo della riforma sono stati indicati profili
delicatissimi di illegittimità costituzionale, sia sul piano
generale, sia su quello dei singoli istituti. Tali rilievi dovrebbero far
riflettere e indurre grande cautela e prudenza''. Secondo il presidente
della Regione Campania Antonio Bassolino ''E' possibile riformare la
costituzione in senso federalista senza, e persino contro le regioni e i
comuni d' Italia che sono e dovrebbero essere i soggetti del federalismo
italiano?''.
''La legge costituzionale che il Parlamento sta esaminando, prevede un
Senato che di federale ha poco più che l' etichetta: nel nuovo Statuto
del Friuli-Venezia Giulia dovremo approvare norme che lo rendano
effettivamente federale, senza i difetti che intravediamo a livello
nazionale'', ha affermato il Presidente della Regione, Riccardo Illy.
''Dal Ministro Roberto Calderoli -
ha esordito Illy -
abbiamo ricevuto la conferma dell' ampia disponibilita' ad accogliere gli
emendamenti sulla clausola di garanzia della condizione di maggior favore
relativa alle attribuzioni alle Regioni speciali,mentre permangono le
difficolta' sulle elezioni del Senato federale. La potesta', a regime,
rimarra' in capo alle Regioni,mentre nella fase transitoria viene ora
indicato che tale potesta', anche nei riguardi delle Regioni speciali e
delle Province autonome, spetti al Presidente della Repubblica.
Noi,invece, abbiamo chiesto, e proposto con un emendamento, che la
questione sia risolta con le norme di attuazione degli Statuti''.
Illy ha inoltre auspicato un fronte comune sulle
questioni di grande rilevanza contenute negli emendamenti proposti
dalle specialita', che, se sostenuti a dovere, avrebbero - a suo giudizio
- possibilita' di successo:
''Dal
ministro Calderoli abbiamo ricevuto la conferma dell'ampia
disponibilita'". Sulla potesta' di indire le elezioni Illy ha
spiegato come, a regime, rimarra' in capo alle Regioni mentre nella
fase transitoria viene ora indicato che tale potesta', anche nei
riguardi delle Regioni speciali e delle Province autonome, spetti al
presidente della Repubblica. ''Noi, invece - ha detto - abbiamo
chiesto, e proposto con un emendamento, che la questione sia risolta con
le norme di attuazione degli Statuti'.
Per il presidente della Regione Marche, Vito D'Ambrosio, ''Bisogna
riaprire i cassetti, ritirare fuori il meccano e tentare di riuscire
a capire come costruire una cosa che stia in piedi e non sia una
mostruosita'''. Lo ha detto al termine della Conferenza unificata
straordinaria sulle riforme.
Secondo D'Ambrosio,
il quadro complessivo e' molto preoccupante: ''Stiamo costruendo qualcosa
che non funziona, lo abbiamo detto tutti, tutte le regioni, e questa
preoccupazione e' largamente condivisa anche dagli enti locali. Oggi
bisognerebbe avere un tavolo su cui mettere tutti i pezzi, avendo in testa
il disegno complessivo che oggi non c' e'. Si va avanti del tutto
occasionalmente scardinando lo Stato. Se si va avanti così si costruirà
qualcosa - ha ribadito - che poi nessuno saprà far funzionare''. Il
presidente delle Marche ha quindi sostenuto che attualmente ci sono solo
''tentativi raffazzonati, per esigenze interne ad una logica politica di
maggioranza e che fa bricolage sui diversi tavoli, per cercare di capire
dove c'e' la minor resistenza e portare a casa, di volta in volta, un si'''.
Il presidente della Regione Lazio,
Francesco Storace,
non riesce a ''comprendere la ratio dei ricorsi alla Consulta''. Lo ha
detto al termine della Conferenza unificata straordinaria sulle riforme,
aggiungendo: ''Se si dice che c' era troppo contenzioso quando c' era il
Titolo V, ora per ridurre il contenzioso si amplia la possibilita' di
ricorrere. E' una cosa un po' strana, che non capisco''.
Storace ha poi detto di aver sollevato nel corso della riunione la
''questione della presenza dei Presidenti di Regioni nel Senato federale.
Se e' federale - ha detto - deve prevederlo di diritto. Mi ha fatto
piacere - ha concluso - che Veltroni abbia sostenuto la stessa tesi; ora
vediamo che succede''.
"Le
valutazioni delle Regioni e delle Autonomie sono parallele e hanno
evidenziato una serie di contraddizioni che non tornano in questa
riforma costituzionale: siamo ancora in alto mare", ha affermato l'assessore
agli Affari istituzionali della Regione Emilia-Romagna, Luciano Vandelli.
Secondo Vandelli
(che oltre ad essere Assessore è docente di diritto amministrativo all'Univesità
di Bologna) "si rischia davvero una grande
confusione. C'e' il rischio - ha aggiunto - di conflittualità e di avere
delle istituzioni che non funzionano. Noi abbiamo messo in evidenza tanti
aspetti che dimostrano che questo meccanismo non puo' funzionare. Speriamo
si prendano sul serio le obiezioni che tutti noi, sotto diversi profili,
abbiamo fatto e speriamo che ci sia davvero una riflessione dalle basi:
dal funzionamento essenziale delle Istituzioni".
I Presidenti delle Regioni ribadiscono ancora una volta il loro totale
disaccordo con il Senato federale, cosi' come e' stato previsto e chiedono
che sia eletto ''integralmente'' e ''con contestualita' in entrata e
uscita - ha spiegato D'Ambrosio - e non abbia al suo interno componenti di
serie B''.
I Presidenti delle Regioni chiedono poi una significativa semplificazione
dell' iter legislativo: spiega il presidente della Conferenza, Enzo Ghigo,
va abolita la tripartizione sostituendola con una bipartizione. I
presidenti hanno poi affermato di essere contrari al ricorso diretto alla
Corte costituzionale riconosciuto a Comuni e Province e sull'interesse
nazionale ritengono, ha aggiunto D'Ambrosio, ''molto pericolose le formule previste''; chiedono
perciò un ritorno al voto con maggioranza
qualificata delle due Camere, per indicare, qualora si ritenesse in
pericolo l'interesse nazionale, i principi generali.
E' stata proposta anche una Conferenza Stato-Regioni ''integrata''
(eventualmente ribattezzata Conferenza federale), allargata ai Comuni e
alle Province in quelle occasioni in cui venissero in discussione materie
di loro competenza. In questo modo, anche Comuni e Province troverebbero
una loro rappresentanza di alto profilo.
I Presidenti delle Regioni quindi si sono ritrovati attorno all'idea di una Conferenza
Stato-Regioni ad ''assetto variabile''.
La proposta di una Conferenza Stato-Regioni inserita nella costituzione
non e' stata scartata dal Ministro La Loggia: ''Dobbiamo però ancora
vedere - ha detto, prudente, riferendosi alle richieste dei Comuni -
su quale saremo in grado di raggiungere l'intesa migliore. Quella
fatta oggi dalle Regioni potrebbe essere una soluzione''.
Per
Donato
Robilotta, assessore alle Riforme istituzionale del Lazio visto che
è impossibile, per questo
Parlamento, votare un vero Senato per le Regioni occorre almeno che
i presidenti delle Regioni facciano parte, a pieno titolo, del Senato
Federale ''e, soprattutto, deve essere cancellata la previsione del
senatore part-time''. Ma ci sono altri due punti indigesti alle Regioni e
sui quali sono irremovibili: sulla questione dell'unita' nazionale,
occorre dare - secondo Robilotta - al Presidente della Repubblica un potere vero e non quello di
notaio; va ritirato, da parte della maggioranza, l'emendamento che da' la possibilita' a tutti i Comuni di
ricorrere alla Corte Costituzionale contro le leggi dello Stato e delle
Regioni".
Infine, oggi, la presa di posizione del Vicepresidente della Conferenza
Vasco Errani:
“Alla Camera si vota la devolution
ma a vincere è la confusione. Insisto: non si riforma la Costituzione con
un atteggiamento di parte e con emendamenti ambigui e di bandiera. In
conseguenza di questo fai-da-te si prefigura nuova conflittualità e blocco
della funzionalità delle istituzioni: in particolare sul riparto delle
competenze, nella formazione delle leggi, nelle stesse relazioni fra
Camera e Senato. Il Paese non può pagare un prezzo così alto: la cosa più
saggia da fare è fermarsi e costruire le condizioni per un confronto vero
tra le istituzioni, che di fatto non c’è mai stato. Si cominci ascoltando
Regioni, Comuni e Province che sono le istituzioni di base del federalismo
possibile in Italia. I
Presidenti delle Regioni anche nella giornata di ieri hanno fatto
osservazioni e proposte precise, presentando un
documento unitario
che tocca tanti punti critici: non tenerne conto – conclude Errani -
rappresenta un grave errore”.
(sm)
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Maggioranza al lavoro per la
scelta delle candidature alle regionali. Durante un vertice a Palazzo
Chigi, Silvio Berlusconi avrebbe iniziato a disegnare con i suoi alleati
la nuova strategia per rilanciare la coalizione in vista delle prossime
sfide politiche. Con particolare attenzione alla campagna elettorale per
le suppletive di fine ottobre.
Il premier, secondo quanto riferito da alcuni partecipanti al summit,
avrebbe
poi espresso perplessita' sulla nascita delle cosiddette 'liste dei
governatori' per il voto amministrativo.
I presidenti di Regioni che vorranno ricandidarsi, avrebbe spiegato il
Cavaliere, dovranno correre sotto le insegne della Cdl, altrimenti si
creerebbe confusione tra la gente. Vanno bene, quindi, liste guidate da
esponenti della società civile, alla Illy e alla Guazzaloca, purche' siano
strettamente legate ai partiti del centrodestra.
La presentazione di liste a proprio nome quando si e' iscritti a una forza
politica, sarebbe stato il ragionamento di Berlusconi, disorienterebbe
l'elettorato.
Le regionali costituiscono una sorta di referendum per la coalizione e la
Cdl, sarebbe emerso nel dibattito tra i presenti, non intende arrivare
alle politiche dell'anno successivo con partiti svuotati. Al termine dello
scambio di vedute sarebbe prevalsa l'orientamento di presentare liste
civiche collegate al candidato presidente di Regione, ma senza
l'indicazione del suo nome. Ogni decisione e' stata rinviata ai prossimi
incontri.
Per il
Presidente della Regione Lazio Storace (nella foto) siamo
di fronte ad "una cosa senza senso e poi se Berlusconi ha qualche problema
sulla mia lista alza il telefono, mi chiama e me ne parla''. "Che fa
Berlusconi? -ha ironizzato il Presidente della Regione Lazio - mi caccia
da Forza Italia? Non sono iscritto. Non credo che si possa parlare di una
cosa che sto facendo io in un tavolo dove io non ci sono per il semplice
motivo che non c'e' il numero legale".
(red) |
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Sarà di circa 90
miliardi di euro la dotazione del fondo sanitario nazionale per il 2005.
E' intorno a questa cifra -
secondo quanto riportato dall'Agenzia Ansa
- che Governo (nella foto il Ministro per l'economia Domenico Siniscalco)
e Regioni hanno trovato una intesa al tavolo tecnico presso la sede del
Ministero degli Affari Regionali.
Governo e Regioni hanno inoltre concordato sulla necessità di un controllo
e di un monitoraggio nel corso dell'anno per prevenire i disavanzi del
sistema sanitario.
E la Sardegna nel frattempo cerca di rimettere ordine nei suoi conti.
Ammonta infatti a 149 milioni di euro il disavanzo della sanità regionale.
E si prevede un aumento nel 2004. Il dato e' emerso nel corso
dell'audizione, alla Settima Commissione del Consiglio regionale, dell'assessore
della Sanita', Nerina Dirindin. Il
disavanzo si riferisce al 2003, che non e' stato un anno di grazia ma
neppure di gravi difficolta' (come previsto nel 2004, per una serie di
rinnovi contrattuali e l'aumento della spesa farmaceutica con soppressione
dei ticket). La Regione - ha spiegato l'assessore Dirindin - e' costretta
a raschiare il fondo del barile per trovare le risorse sufficienti e lo fa
in fase di assestamento del bilancio. Ci rimettono tutti gli assessorati,
che devono rinunciare a qualcosa, sanita' compresa, ma in minima parte
(5,8 milioni il suo contributo in tagli e rinunce), per dare, tuttavia,
''un segnale politico sul fatto che tutti devono fare la propria
parte''. Cosi' l'assessore Dirindin, indicando la strada seguita dalla
Giunta: recupero dei residui, eliminazione di sprechi e inefficienze,
salvaguardia delle politiche sociali e degli interventi a favore delle
fasce deboli, individuazione dei settori con scarsa capacità di spesa,
spese poco produttive. Un'economia tutto sommato modesta per un settore
che ''macina'' gran parte del bilancio regionale.I risparmi maggiori
provengono dai programmi speciali di ricerca, sperimentazione, prevenzione
e educazione sanitaria, decurtati di 500 mila euro (ma lo stanziamento del
2004 era tre volte superiore a quello dell'anno precedente); dalle spese
per il funzionamento dell'Arpa (meno 400 mila euro su un budget di 500
mila), la cui attivita' non e' stata ancora avviata; 500 mila da sistema
informativo regionale (soldi che non potranno
comunque essere spesi), 100 dall'espletamento dei concorsi per le sedi
vacanti delle farmacie, il cui bando non e' stato ancora predisposto; 310
mila (su un'assegnazione globale di 26 milioni di euro, ''poco piu' di una
limatura'') dai servizi socio assistenziali; dalla sanita' animale: 300
mila euro recuperati dall'indennizzo per l'abbattimento di animali affetti
da malattie parassitarie; 250 dalle spese per il mantenimento di animale
da sottoporre al controllo sanitario; 125 dall'osservatorio epidemiologico
veterinario. Di 2,5 milioni il contributo chiesto alle Asl, come segnale
di una partecipazione al contenimento delle spese.
(red) |
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Nel
documento
messo a
punto da Comuni, Province e Comunita' montane, si chiede che
all'interno del Senato federale sia previsto un organo di rappresentanza
- una commissione federale per le autonomie - con funzioni consultive di
iniziativa e di codecisione su provvedimenti che toccano gli interessi
territoriali. Insomma, i Comuni vogliono una voce nel Senato.
I Comuni, le Province e le Comunita'
montane ribadiscono la valutazione negativa sul modello di Senato
federale, delineato dal ddl di riforma costituzionale. Le autonomie
motivano la loro bocciatura partendo dall'assunto che ''un vero Senato
federale va inteso come sede di rappresentanza degli interessi
territoriali e presuppone che i diversi livelli territoriali,
costitutivi della Repubblica, siano immediatamente in esso
rappresentanti''. In alternativa le associaizoni delle autonomie
propongono di prevedere ''all'interno del Senato un organo di
rappresentanza, di mediazione politica e di partecipazione al
procedimento deliberativo, ossia una Commissione federale per le
autonomie con funzioni consultive di iniziativa e di co-decisione sui
provvedimenti che toccano gli interessi territoriali''.
Quanto alla
riformulazione dell'articolo 118 della Costituzione,contenuta negli
emendamenti della maggioranza di governo, sottolineano apprezzamento per
la previsione del ''riconoscimento costituzionale delle
Conferenze, con la richiesta di una correzione che porti al
riconsocimento della sola Conferenza unificata, quale sede di
rappresentanza e di concertazione fra Stato, Regioni, Province, Citta'
metropolitane, Comuni e Comunita' montane''.
L'Anci, l'Upi e l'Uncem accanto alla proposta della Commissione
permanente per le autonomie ritengono che debba accompagnarsi
l'abrogazione dell'istituto della decadenza di diritto per i sindaci dei
Comuni superiori ai 20 mila abitanti che si candidano al Senato
federale. ''Il venir meno di tale incompatibilita'/ineleggibilita'
discende quale conseguenza naturale del carattere federale del Senato e,
secondo le associazioni, va ricordato che la giurisprudenza parlamentare
ha gia' sancito la piena compatibilita' con la carica di parlamentare e
la carica di sindaco.
Inoltre, nel documento le autonomie esprimono ''forte disappuntoe
preoccupazione'' in merito al testo della devolution approvato
dallaCamera dei deputati, in modo particolare sulla formulazione della
materia ''polizia amministrativa regionale e locale'' che puo'
determinare gravi incertezze in merito alla ripartizione delle
competenze amministrative tra Comuni e Regioni. Forte contrarieta'
poiviene espressa rispetto alla disposizione approvata sullo status di
Roma capitale che attribuisce allo statuto della Regione Lazio il
compito di definire i poteri piu' ampi della Capitale. Le associazioni
rilevano infatti che in un ordinamento di tipo federale ''e' importante
che l'assetto della 'Capitale della Repubblica' sia deciso dalla legge
dello Stato, con ilcoinvolgimento della Regione, e salvaguardando
comunque l'autonomia delle istituzioni locali.
Positivo invece e' il riconoscimento al legislatore statale di ''un
ruolo primario nella promozione dell'associazionismo fra i piccoli
Comuni'', ma viene ritenuto improprio e quindi da eliminare il
riferimento alla fonte statutaria regionale. Quanto alla nuova
disciplina del Consiglio delle autonomie locali l'Anci, l'Upi e l'Uncem
ritengono sia necessario riconoscere la funzione di partecipazione al
procedimento legislativo regionale. Infine, le associazioni esprimono
forte dissenso sulle disposizioni transitorie
contenute negli articolo 43 bis e 43 ter che sanciscono ''un rinvio
ulteriore e inaccettabile del completamento del processo di
decentramento amministrativo e dell'attuazione degli indirizzi in
materia di federalismo fiscale, introducendo un principio dell'invarianza
fiscale complessiva da tutti condiviso, ma che lede e vulnera il
riconoscimento dell'autonomia impositiva dei Comuni gia' contenuto
nell'articolo 119 della Costituzione''.
La previsione contenuta negli
emendamenti presentati al testo della maggioranza di governo di
un'integrazione del Senato federale con i rappresentanti delle autonomie
territoriali non soddisfa gli enti locali perche' ''si risolve in una
sola presenza di bandiera, senza il riconoscimento di poteri reali tali
da incidere sul circuito decisionale''. Per questo le associazioni
chiedono che all'interno del Senato federale sia previsto un organo di
rappresentanza, di mediazione politica e di partecipazione al
procedimento deliberativo, ossia una commissione permanente
composta da rappresentanti delle autonomie territoriali, Anci,
Upi e Uncem ritengono poi che a questo debba accompagnarsi
l'abrogazione dell'istituto della decadenza di diritto per i
sindaci dei comuni superiore ai ventimila abitanti che si
candidano al senato federale. Gli enti locali esprimono poi ''preoccupazione e disappunto
sul testo della devolution approvato dalla Camera ed in
particolare sulla materia polizia amministrativa regionale
locale'', secondo le associazioni puo' determinare ''gravi
incertezze per la ripartizione delle competenze amministrative
tra Comuni e Regioni. Non condividono poi, a proposito dello
status Roma capitale, che sia attribuito allo statuto regionale
il compito di definire i poteri piu' ampi della capitale. Tale
prerogativa, in un ordinamento federale, deve essere decisa con
legge dello Stato, con il coinvolgimento della Regione e in modo
- sostengono - da salvaguardare comunque l'autonomia delle
istituzioni locali''. In merito alla formulazione dell'art.118
della Costituzione, se da un lato apprezzano ''il riconoscimento
costituzionale delle Conferenze, chiedono pero' che riguardi la
sola Conferenza unificata, quale unica sede di concertazione tra
Stato, Regione, Province e Citta' metropolitane, Comuni e
Comunita' montane''. Apprezzano il riconoscimento di un ruolo
primario nella promozione dell'associazionismo fra piccoli
comuni, chiedendo pero' sia eliminato il riferimento alla fonte
statutaria regionale ''fermo restando - sostengono Anci e Uncem
- la facolta' per la legge regionale di incentivare la gestione
associata delle funzioni comunali nell'ambito delle materie di
propria competenza''. Infine esprimono forte dissenso sulle
disposizioni transitorie contenuti negli articoli 43/bis e
43/ter che ''sanciscono un rinvio ulteriore e inaccettabile del
completamento del processo di decentramento amministrativo e
dell'attuazione degli indirizzi in materia di federalismo
fiscale, introducendo il principio dell'invarianza fiscale
complessiva, che, seppur condiviso da tutti, lede il
riconoscimento dell'autonomia impositiva gia' contenuto
nell'art. 119 della Costituzione.
L'Unione delle Province italiane, in un proprio documento,
ritiene, infine, ''inaccettabile'' la disposizione integrativa
dell'art. 133 della Costituzione sul procedimento di istituzione
delle citta' metropolitane che ''appare - sostiene - in
contrasto con le attribuzioni costituzionali di Comuni e
Province''.
''Se e' opportuna una disposizione costituzionale - ha detto
Forte Clo, vice presidente dell'Upi - che chiarisca quali sono,
cosa sono e come si istituiscono le citta' metropolitane,
l'emendamento presentato non risolve i problemi aperti e le
attuali lacune costituzionali, consentendo un'inutile
proliferazione delle città metropolitane. Invece di cercare il
consenso dei Comuni e delle Province interessate nella delicata
sfida relativa all'istituzione dei nuovi enti, si pongono le
premesse per una continua conflittualita', per la duplicazione
di competenze e di costi, si mina alla radice la certezza degli
assetti istituzionali locali''.
Il
presidente dell'Uncem,
l'Unione
Nazionale delle Comunità Montane,
ha chiesto che il Governo,
impegnato sulle riforme, costituzionalizzi le comunita' montane. ''Abbiamo ribadito la richiesta - ha detto Enrico Borghi
(nella foto), Presidente dell'Uncem - di un pieno riconoscimento istituzionale
della specificita' montana, attraverso l'inserimento delle
comunita' montane nel nuovo testo costituzionale".
Per
Osvaldo Napoli,
vicepresidente dell' Anci, l'associazione dei comuni italiani e
responsabile enti locali di Forza Italia: ''L'intesa che si è profilata
fra Regioni ed enti locali per inserire la Conferenza Stato-Regioni
nella Costituzione va nella direzione giusta''.
(red)
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Con un voto all'unanimità i
rappresentanti delle 150 regioni che compongono Conferenza delle
regioni periferiche marittime europee (Crpm) hanno confermato
per altri due anni
Claudio
Martini alla presidenza. Il voto è arrivato al termine di una giornata di lavori, che
lo stesso Martini aveva aperto sottolineando il significato
della scelta di svolgere l'assemblea annuale della Conferenza in
Norvegia: ''L'Europa - ha detto - supera ancora di molto le frontiere
dell'Unione". Tra i punti qualificanti dell'attività della Crpm Martini ha
messo in primo piano il progetto del Trattato costituzionale, "del quale - ha affermato - noi sosteniamo con forza
l'adozione, dopo esserci impegnati molto per il riconoscimento
delle autorità regionali e locali nel quadro istituzionale e
per l'adozione del principio della coesione territoriale. E
poi la discussione sulle prospettive finanziarie dell'Unione per
il periodo 2007-2013, che "non puo' essere ridotta alla
negoziazione di un minore costo della costruzione europea".
Tra le politiche alle quali l'assemblea della Crpm ha dedicato
le sue sessioni tematiche, Martini ha sottolineato quelle
dell'energia e del mare. Nel campo delle politiche energetiche
le regioni, ha detto, "intendono divenire partner della
Commissione europea come istanze mondiali competenti attraverso
la rete delle regioni per lo sviluppo sostenibile che noi
abbiamo aiutato a creare a Johannesburg e di cui assicuriamo
oggi la gestione".
Per quanto riguarda invece la politica del mare, Martini ha
sottolineato la novita' che per la prima volta un commissario,
Joe Borg, sara' incaricato non solo della pesca ma dell'insieme
degli affari marittimi, con la missione prioritaria della
preparazione di un Libro verde sulla dimensione marittima
dell'Europa.
(red) |
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editore: Cinsedo - Centro Interregionale Studi e Documentazione
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