|
La Conferenza delle
Regioni ha presentato ieri un documento sulle riforme costituzionali in
una Audizione di fronte alla I Commissione del Senato,(On
line nella sezione Miscellanea, Affari istituzionali di
www.regioni.it),
alla quale hanno partecipato i Presidenti Enzo Ghigo (Piemonte) e
Vito D'Ambrosio (Marche) e l'Assessore dell'Emilia-Romagna, Luciano
Vandelli (nella foto).
Nel documento si riportano le seguenti considerazioni:
I Presidenti delle Regioni e delle Province autonome hanno più volte
manifestato viva preoccupazione in ordine ad un testo di riforma della
Costituzione che presenta rilevanti rischi di conflitti e confusione
istituzionale.
Già nel corso del procedimento legislativo presso la Camera dei
Deputati, le Regioni e le Province autonome avevano riscontrato che,
nonostante l’apertura al dialogo dimostrata dal Ministro Calderoli, gli
emendamenti presentati dal Governo si muovevano in direzioni ben diverse
rispetto alle valutazioni da loro espresse, in vari punti adottando
soluzioni non adeguate e non coerenti rispetto al comune obbiettivo di
completare un'architettura costituzionale rispettosa dell'unitarietà
della Repubblica e, al tempo stesso, autonomista, cooperativa,
semplificata ed efficace, in grado di superare incertezze e
conflittualità.
In tale contesto fortemente critico, le Regioni, con proprio documento
in data 23 settembre 2004, hanno presentato, in uno spirito comunque
teso alla più ampia e leale collaborazione, le proprie osservazioni e
critiche in merito agli emendamenti governativi, anche suggerendo
soluzioni alternative contenute in nuove proposte emendative.
Ad esito dei lavori della Camera, le Regioni devono purtroppo denunciare
che tale sforzo di collaborazione non ha prodotto esiti positivi.
Rispetto alle osservazioni e alle proposte avanzate dalle Regioni e, più
in generale, rispetto alle esigenze sollevate di salvaguardia della
essenziale coerenza e funzionalità del sistema, il testo approvato dalla
Camera non solo non dà risposte adeguate, ma segna alcuni significativi
arretramenti che acuiscono gli elementi negativi della riforma.
a) composizione ed elezioni del Senato federale
1.
Il
governo aveva presentato un emendamento al testo approvato dalla
Commissione prima della Camera che prevedeva la possibilità, per i
Presidenti delle Regioni, e di un rappresentante per ogni Regione eletto
dal rispettivo Consiglio delle Autonomie locali, di partecipare,
peraltro senza diritto di voto, ai lavori del Senato federale. I
Presidenti delle Regioni avevano espresso una valutazione nettamente
negativa nei confronti di questa disposizione, volta a introdurre una
presenza minoritaria e priva di ogni reale partecipazione all'assunzione
delle scelte.
Le Regioni pertanto avevano proposto l’eliminazione di ogni
rappresentanza di questo tipo delle Regioni e delle autonomie locali.
Nel nuovo testo approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati,
che non ha accolto la proposta delle Regioni, risulta peraltro
ulteriormente depotenziata la partecipazione regionale in quanto, ferma
restando l'assenza del diritto di voto, non è più prevista l'automatica
partecipazione del presidente della Regione bensì quella di un
rappresentante del consiglio regionale (con esclusione del Presidente
della Regione).
Permane quindi la critica fondamentale circa il fatto che la
rappresentanza delle Regioni resta così, in termini quantitativi e
qualitativi, del tutto marginale.
2.
Quanto alla possibilità (che le regioni
avevano registrato con favore) per gli amministratori regionali e locali
di essere eletti a senatori (possibilità introdotta nel testo approvato
in Commissione all'art. 4), va rilevato che il testo finale della Camera
non ha accolto la proposta delle Regioni di modificare altresì l’art.
122 comma 2 della Costituzione che tuttora prevede una incompatibilità
tra l’incarico di componente di Consigli e di Giunte regionali e quella
di membro del Parlamento. In effetti, la questione non riguarda la
possibilità, per chi ricopra un incarico regionale, di candidarsi e
partecipare alle elezioni del Senato, ma quella di esercitare in
concreto le funzioni di senatore insieme a quelle di
amministratore nella propria Regione, stabilendo una nuova compatibilità
di incarichi che consenta di creare un efficace circuito – legittimato
elettoralmente – di rappresentanza in Senato di istanze ed esigenze
della Regione di appartenenza.
3.
Infine, per quanto concerne i rapporti tra
Senato, Regioni ed Enti locali, va rilevato che nel testo approvato
dalla Camera il coordinamento tra Senato, Regioni ed Enti locali é
affidato ad una legge bicamerale che ne deve disciplinare forme e
modalità, mentre si rinvia al regolamento del Senato la disciplina dei
rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra senatori e
rappresentanti degli enti territoriali.
Su questo punto le Regioni avevano rilevato come risulti improprio che
la Costituzione disciplini puntualmente relazioni e circolazioni di
informazioni tra Senato o Senatori, da un lato, Regioni ed Enti locali
dall'altro, debordando su versanti che certamente sono più
opportunamente da lasciare ad altre fonti ed alla prassi della leale
collaborazione.
4.
Uno dei primi profili di contrarietà
avanzati dalle Regioni sin dalla posizione espressa nel documento del 28
giugno e, più marcatamente, in quello del 23 settembre 2004, riguardava
la disciplina transitoria relativa ai rispettivi tempi di svolgimento
delle elezioni regionali e di quelle di Camera e Senato.
Tale disciplina transitoria, non modificata dagli emendamenti del
Governo, prevedeva in sostanza un pieno appiattimento delle elezioni del
Senato rispetto a quelle della Camera, lasciando aperta - come
evidenziato nel richiamato documento del 23 settembre 2004 - "una
impropria sovrapposizione tra logiche del circuito
politico-istituzionale nazionale e quelle del circuito delle autonomie,
sovrapposizione idonea a determinare confusione tra gli elettori, un
naturale inevitabile effetto di trascinamento degli orientamenti
nazionali rispetto agli stessi interessi territoriali e, in definitiva,
a stemperare nella competizione nazionale l'autonomo rilievo della
consultazione elettorale regionale, finendo per negare la sostanziale
autonomia della rappresentanza degli organi regionali".
In merito a tale disciplina il Governo non presentò alcuna proposta
emendativa; la presentarono, invece, le Regioni, nel documento sopra
richiamato. L'obiettivo dell’emendamento delle Regioni, che chiedeva di
abbreviare la durata della prima legislatura del nuovo Senato federale a
quattro anni, era non solo quello di allineare le elezioni del Senato a
quelle regionali, ma anche di determinare due tornate elettorali ben
distinte tra le elezioni della Camera (e del Primo ministro), da un
lato, e quelle regionali e del Senato federale, dall’altro: e ciò,
proprio allo scopo di evitare gli effetti sopra indicati.
La formulazione finale della norma transitoria approvata dalla Camera
(art. 53, comma 4) ha in effetti evitato una delle conseguenze
indesiderate del testo precedente, per effetto del quale i consigli
regionali entrati in carica con le elezioni del 2010 sarebbero stati
sciolti nell’anno successivo, per garantire la contestualità con le
seconde elezioni del Senato. Ora, infatti, il testo prevede che la
legislatura dei consigli regionali in carica trascorsi trenta mesi dalla
data di indizione delle prime elezioni del Senato federale duri sino
allo svolgimento delle seconde elezioni del Senato (cioè fino al 2011):
per effetto di questa disposizione, i 14 consigli regionali che saranno
rinnovati nel 2005 avranno prorogata di un anno la propria legislatura.
Non è invece stata evitata la
contestualità delle elezioni regionali e di quelle politiche nazionali,
che era, certamente, una delle finalità principali sottese
all’emendamento regionale.
b)
formazione delle leggi
Le Regioni hanno più volte
espresso nei loro documenti una viva contrarietà ad un sistema di
formazione delle leggi che si basa su una complessa tripartizione di
fonti (leggi a prevalenza della Camera; leggi a prevalenza del Senato;
leggi bicamerali), collegata ad una complessa tripartizione di
competenze (esclusive dello Stato; concorrenti; aspetti fondamentali di
attuazione della Costituzione), destinata a complicarsi ulteriormente
per effetto dell'inserimento della "devoluzione".
Si tratta di un sistema macchinoso e intricato, destinato
inevitabilmente a sommare alla conflittualità esistente tra Stato e
Regioni, una inedita conflittualità tra gli stessi rami del Parlamento
per la cui soluzione la norma rinvia a due distinte commissioni (mista e
paritetica) con un ulteriore ed insostenibile complicazione.
Proprio per questo motivo le Regioni avevano conclusivamente richiesto
una integrale riformulazione del testo dell’art. 13 del d.d.l. di
riforma della Costituzione (riferito all’attuale art. 70 cost.) in modo
tale da ricondurre il sistema a due sole tipologie di leggi e di
procedimenti e, comunque, da evitare sovrapposizioni, complicazioni,
confusioni, conflittualità.
Gli emendamenti proposti dalle regioni tuttavia non risultano essere
stati accolti. Permane infatti nel nuovo testo sia la tripartizione
delle tipologie di leggi, sia la compresenza della commissione mista
(cui è affidato il compito di redigere un testo unificato nel caso in
cui le due Camere non riescano a pervenire ad un unico testo di legge
bicamerale) e della commissione paritetica (chiamata invece a dirimere i
conflitti di competenza tra i due rami del parlamento).
Le critiche al sistema di formazione delle leggi si accentuano poi in
relazione all’assoluta indifferenza del Governo alle osservazioni delle
Regioni in tema di assetto delle competenze legislative: il
riconoscimento in ordine ad una stessa materia di competenze legislative
ripartite in maniera confusa tra i diversi livelli di governo aggrava
infatti ancor di più le reali possibilità di funzionamento del nuovo
procedimento legislativo (v. il paragrafo seguente e la tabella allegata
in coda al presente documento).
c)
competenze legislative e
devoluzione
Uno dei punti cruciali infatti è sempre stato rappresentato dal tema
dell’assetto delle competenze, in relazione al quale le Regioni,
valutando i possibili effetti dell'emendamento governativo all'art. 117,
espressero numerose obiezioni e critiche ampiamente illustrate nel
documento del 23 settembre: il testo della Camera accogliendo
integralmente gli emendamenti del Governo non ha tenuto in alcun conto
le preoccupazioni espresse dalle Regioni, preoccupazioni che, per la
loro importanza, vengono nel seguito ancora richiamate.
In primo luogo si prevede la riserva di competenza esclusiva statale in
ordine alle "norme generali" in due importanti materie (istruzione e
tutela della salute), rendendo così arduo distinguere i contenuti
dell'intervento statale rispetto ai contenuti dei "principi
fondamentali" previsti nelle materie concorrenti. In altri casi, alla
potestà legislativa regionale concorrente, viene sovrapposta una potestà
legislativa statale esclusiva: così viene attribuita in via esclusiva
allo Stato la competenza a disciplinare la “promozione internazionale
del sistema economico e produttivo nazionale”, cui si affianca una
competenza legislativa concorrente Stato-Regioni in materia di commercio
con l’estero (in ordine al quale spetta ancora allo Stato porre i
principi fondamentali).
Dall'altro lato si fa ampio ricorso a criteri di dimensione per
delimitare le materie, criteri che, in molti ambiti, sono del tutto
opinabili e soggettivi: è certamente arduo delimitare i confini della
"produzione trasporto e distribuzione nazionali dell'energia"
(art. 117 co. 2° lett. z) o della "comunicazione di interesse regionale"
(art. 117 co. 3° lett. d), degli "istituti di credito a carattere
regionale" (art. 117 co. 3 lett. f), e dell’ordinamento sportivo ora
distinto tra “nazionale” e “regionale”. Definizioni di questo tipo sono
inevitabilmente destinate a produrre interminabili discussioni,
incertezza e nuove conflittualità.
Sulla devoluzione, le Regioni condividono tutte la preoccupazione di
evitare ogni confusione o ambiguità sul riparto di competenze. In questo
senso, non è condivisibile la riserva allo Stato in materia di "norme
generali sulla tutela della salute" (art.117, comma 2, lett. m bis) del
testo approvato in Commissione), affiancata dall'attribuzione in via
esclusiva alle Regioni della competenza in materia di "assistenza e
organizzazione sanitaria" (art.117, comma 4, lett. a). La prima materia,
in effetti, secondo le correnti definizioni, accettate comunemente anche
dalle organizzazioni internazionali, è comprensiva della seconda;
rendendo inestricabile la soluzione dei casi concreti e, dunque, non più
soltanto il riconoscimento della competenza, nel caso concreto, allo
Stato o alle Regioni, ma anche la ripartizione stessa tra Camera e
Senato "federale".
Dal testo approvato dalla Camera emergono inoltre accentuate le
difficoltà derivanti dalla frantumazione artificiosa delle materie che
rende assolutamente ardua la definizione dei confini delle competenze.
Così, ad esempio, non solo "l'ordinamento delle professioni
intellettuali" è stato incluso tra le materie di esclusiva competenza
statale, ma permane, sempre in materia di "professioni" la competenza
concorrente delle Regioni (non essendo stato modificato su questo punto
il terzo comma dell'art. 117).
In materia di tutela della salute, alle critiche già evidenziate si
aggiunge ora l'inclusione, nella lettera m bis) della materia "sicurezza
e qualità alimentari" che, inoltre, coesiste con la competenza
concorrente regionale in materia di "alimentazione".
Ancor più eclatante è il caso della "istruzione": tale materia si trova
ora infatti ad essere addirittura tripartita in quanto:
-
permane la competenza esclusiva statale in
materia "norme generali sull'istruzione" (lett. n);
-
permane altresì la competenza concorrente
regionale in materia di "istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche";
-
l'articolo 117 co. 4 lettere b) e c)
introduce due nuovi casi di competenza esclusiva regionale:
"organizzazione scolastica ……" e "definizione dei programmi scolastici
di interesse della regione”.
E' fin troppo evidente che un sistema così intricato di riparto delle
competenze non può che essere foriero di ulteriori, difficilmente
risolubili, conflitti.
Le sovrapposizioni tra materie (esclusive statali, concorrenti,
esclusive regionali) e le incerte delimitazioni legate alla dimensione
(nazionale o regionale) degli interessi sono evidenziate nella
tabella allegata al presente documento.
Tra le materie oggetto di ricentralizzazione, poi, desta particolare
preoccupazione la materia dell’ordinamento generale degli enti di
autonomia funzionale (il nuovo art.118, comma 6, apre infatti, come già
lamentato dalle Regioni nel documento del 23 settembre, ampi spazi ad
una disciplina destinata ad incidere in una indefinita serie di materie
regionali).
d) poteri sostitutivi dello Stato
Il testo approvato dalla Camera in relazione all'art. 120 Cost., ha
accolto l’emendamento governativo (che le Regioni proponevano di
sopprimere) ed ha confermato la previsione circa la possibilità, per lo
Stato, di adottare provvedimenti di natura sostitutiva in qualunque
materia di competenza regionale ogni volta in cui ritenga che esistano
esigenza di tutela dell'unità giuridica od economica.
La norma apre un indefinito spazio di compressione della potestà
legislativa regionale anche al di là di quanto previsto dalla
Costituzione del 1948 e dà luogo ad un ulteriore piano di incertezze.
e)
interesse nazionale
Le Regioni confermano le preoccupazioni espresse nei precedenti pareri,
in relazione al tema dell'interesse nazionale, che avrebbe richiesto uno
stretto collegamento ai principi della solidarietà e della sussidiarietà:
le Regioni avevano richiesto di sopprimere ogni intervento di censura
successiva su leggi regionali e limitarsi a prevedere leggi (approvate
da entrambe le Camere a maggioranza assoluta) di coordinamento ed
armonizzazione tra legislazione statale e regionale, quali strumenti di
unificazione del sistema.
Il mancato accoglimento delle richieste regionali[1]
comporta la conferma anche delle obiezioni relative al fatto che la
decisione finale di annullamento della legge sia demandata al Presidente
della Repubblica, sia perché il testo non lascia a tale organo un reale
spazio di decisione, sia perché in ogni caso l’attribuzione al
Presidente della Repubblica di una scelta di opportunità e dunque
politica si presenta inopportuna e contrasta con la natura di organo
neutrale di garanzia del Presidente stesso; dal meccanismo di
annullamento avrebbero inoltre dovuto essere espressamente escluse le
Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano in
quanto la tutela dell’interesse nazionale avviene secondo quanto
previsto dai rispettivi Statuti e dalle relative norme di attuazione.
f)
Regioni a statuto speciale e Province
autonome
Nel documento del 23 settembre le Regioni
ad autonomia speciale e le Province autonome avevano chiesto una
sostanziale modifica del testo di riforma costituzionale, con
particolare riferimento alle procedure d'approvazione degli statuti
delle Regioni speciali e delle Province autonome ed alla clausola con
cui si prevedeva la diretta applicazione di parti della riforma
costituzionale nei confronti delle medesime Autonomie speciali incidendo
direttamente su istituti significativi degli statuti speciali in vigore.
Il testo approvato in sede di prima deliberazione dalla Camera dei
Deputati il 15 ottobre 2004, recepisce parte delle richieste avanzate
dalle Autonomie speciali; tuttavia l'articolo 53 limita la salvaguardia
delle competenze regionali alle condizioni di autonomia già attribuite
alle autonomie differenziate solo con riferimento alle modifiche al
Titolo V della Costituzione, mantenendo invece l’espressa applicazione
ad esse di tutte le altre disposizioni. Ciò comporta, in particolare,
una determinante incidenza delle disposizioni attuative del principio di
contestualità di cui all'articolo 3 del disegno di legge (articolo 57
Costituzione) sulle disposizioni statutarie in materia di durata degli
organi elettivi.
L'applicazione del disposto di cui all'articolo 53, comma 4, del disegno
di legge, ed in particolare delle lettere c) e d), determina, o può
determinare, lo scioglimento anticipato dei Consigli la cui durata della
legislatura non rientri nella disciplina di proroga prevista dalla
lettera c) che dipende dalla data di indizione delle prime elezioni del
Senato federale della Repubblica di cui alla lettera a).
Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e di
Bolzano chiedono quindi che la clausola di salvaguardia di cui sopra sia
estesa a tutto il disegno di legge costituzionale, ribadendo le
richieste già formulate in sede di dibattito parlamentare con
riferimento alla necessità di prevedere specifiche forme, modalità o
procedure di coordinamento tra il sistema di elezione del Senato
Federale della Repubblica e quelle dei Consigli regionali o delle
Province autonome nel rispetto degli Statuti speciali.
g)
istituzione di nuove Regioni
Le Regioni ribadiscono la netta contrarietà - già espressa nei
precedenti pareri - al meccanismo (ora disciplinato dall’art. 53 comma
13) che, derogando alle procedure di garanzia stabilite dal primo comma
dell'art. 132 della Costituzione, apre la prospettiva di una
frantumazione delle Regioni esistenti, escludendo da ogni consultazione
le popolazioni dei territori non soggetti a distacco, considerate non
interessate persino nei casi in cui il distacco stesso riguardi parti
assai rilevanti nella essenziale configurazione territoriale della
Regione.
h)
attuazione dell'art. 119 Cost.
I Presidenti delle Regioni ribadiscono la necessità di una rapida
attuazione dei meccanismi di federalismo fiscale e di perequazione
previsti dall'art.119 della Costituzione e non condividono la
possibilità di inserire regimi finanziari transitori. In tal senso le
Regioni si erano già espresse contrariamente alla possibilità di
prevedere disposizione transitorie che (come suggerito nell’emendamento
governativo ora recepito nel testo definitivo dell’art. 57)
sostanzialmente rinviavano l’attuazione dell’art. 119; la Camera non ha
tenuto conto di tale richiesta ed ha accolto l'emendamento governativo
limitandosi a ridurre da cinque a tre anni il periodo transitorio. Tale
ultima modifica tuttavia appare di portata assai modesta, considerato
anche lo slittamento dei tempi di approvazione della riforma, che
comunque non potrà entrare in vigore prima della fine del 2006.
La nuova formulazione dell’art. 57 Cost., inoltre, accogliendo
l’emendamento governativo, introduce un anomalo precetto in base al
quale "in nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle
regioni alle province, alle città metropolitane e ai comuni può
determinare un incremento della pressione fiscale complessiva",
affermazione o del tutto inapplicabile o destinata a centralizzare su
scelte unilaterali dello Stato gli spazi di manovra fiscale di tutti i
soggetti dell'ordinamento in una sorta di sistema a pressione fiscale
calante all'infinito.
i) accesso diretto alla Corte Costituzionale per gli enti locali
Le Regioni avevano già espresso perplessità
circa il rischio di un aumento eccessivo della conflittualità,
determinato dalla indiscriminata estensione a tutti gli enti locali
della facoltà di proporre direttamente ricorso alla Corte
Costituzionale.
L’esame del testo finale del nuovo art. 127 bis della Costituzione
dimostra come la Camera non abbia tenuto conto delle perplessità
espresse dalle Regioni, limitandosi a rinviare la soluzione dei problemi
all’approvazione di una futura legge costituzionale.
Infatti, l’articolo rimette ora ad una legge costituzionale la
definizione esatta di condizioni, forme e limiti di proponibilità della
questione di costituzionalità.
l)
Il riconoscimento in Costituzione della
Conferenza
Le Regioni avevano già da tempo contestato il sistema di separazione
delle conferenze che prefigura canali separati di confronto e raccordo
tra Stato e Regioni da un lato e Stato ed Enti Locali dall’altro.
L’esperienza applicativa ha dimostrato come l’esistenza di sedi diverse
di raccordo interistituzionale abbia indebolito lo stesso ruolo
regionale di impulso e coordinamento del sistema locale. Il testo
approvato dalla Camera, pur divergendo da quello contenuto
nell’emendamento governativo, non solo non corrisponde alle richieste
avanzate, ma appare per molti versi peggiorativo rispetto al testo
originario.
Le Regioni avevano manifestato la necessità di pervenire ad un
superamento dell’attuale sistema tripartito delle conferenze,
proponendo, in un loro emendamento[3],
il riconoscimento di un’unica conferenza federale integrata anche da
rappresentanti degli enti locali, per le questioni di loro interesse.
La versione finale del nuovo art. 118, mentre costituzionalizza la
conferenza Stato-Regioni, al contempo dilata a dismisura la possibilità
di istituire altre e separate sedi di concertazione prevedendo che la
legge bicamerale possa istituire ulteriori conferenze tra lo Stato e gli
altri enti di cui all’art. 114 della Costituzione. Tale norma sembra
preludere ad un successivo riconoscimento della conferenza Stato-Città
così legittimando il perpetuarsi di un modello di frantumazione delle
relazioni tra i diversi livelli istituzionali in contrasto con la
richiesta delle Regioni di evitare la proliferazione di canali politici
separati.
m)
Città metropolitane
In relazione al procedimento istitutivo delle Città metropolitane,
disciplinato dal nuovo art. 133 Cost., le Regioni trovano criticabile la
previsione che riconosce loro un ruolo meramente consultivo e del tutto
marginale (non essendo riconosciuto alcun valore sostanziale e
decisionale al parere delle Regioni, così come quello delle Province).
Infatti, la Regione costituisce il naturale punto di riferimento nel
processo di aggregazione a livello metropolitano con il compito di
dialogare con gli attori interessati. Anche l’ampia potestà legislativa
che le Regioni saranno chiamate ad esercitare per regolare le funzioni
che verranno attribuite a tali nuovi enti suggerisce l’esigenza di
riconoscere loro un ruolo ben più incisivo nella loro delimitazione
territoriale.
ALLEGATO
Art. 117
SOVRAPPOSIZIONE DI MATERIE
Materie di
competenza esclusiva statale |
Materie di
legislazione concorrente |
Materie di
competenza esclusiva regionale |
a)… promozione
internazionale del sistema economico e produttivo;
|
2) commercio con
l’estero; |
|
h) ordine pubblico
e sicurezza…
|
|
d) polizia
amministrativa regionale e locale; |
m- bis) norme
generali sulla tutela della salute…
|
|
a) assistenza e
organizzazione sanitaria; |
m- bis)…sicurezza
e qualità alimentari;
|
7) alimentazione |
|
n) norme generali
sull’istruzione; |
4) istruzione,
salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione
della istruzione e della formazione professionale; |
b) organizzazione
scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione,
salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche;
c) definizione
della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse
specifico della regione;
|
v) ordinamento
delle professioni intellettuali; |
5) professioni;
|
|
INCERTA
DIMENSIONE DELL’INTERESSE
Materie di
competenza esclusiva statale |
Materie di
legislazione concorrente |
|