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Sommario |
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Promuovere l’inserimento occupazionale,
potenziare le competenze professionali dei lavoratori, realizzare
un’efficace integrazione tra percorsi universitari e post-universitari,
alta formazione e mondo della produzione. Sono questi gli obiettivi di
un bando della Regione Umbria, pubblicato nel Bollettino ufficiale del
10 novembre, che mette a disposizione 6 milioni 200 mila euro per la
realizzazione di un programma di corsi post-diploma e di alta
formazione. L’iniziativa è inserita nell’ambito della attività del
Programma operativo regionale Obiettivo 3 (Por-Ob.3) finanziato dal
Fondo sociale europeo. I progetti previsti nel bando, che potranno
essere presentati e attuati dalle Università umbre e dagli enti
accreditati per
la formazione superiore, sono rivolti a diplomati a studenti
universitari e laureati ed a inoccupati e disoccupati, in possesso di
diploma o di laurea. Nella valutazione dei progetti, saranno rispettate
le seguenti priorità: garanzia delle pari opportunità tra uomo e donna;
realizzazione di iniziative locali che assicurino
l’integrazione tra le politiche attive del lavoro e le varie forme di
partenariato che rafforzino i processi di sviluppo locale; l’utilizzo
delle opportunità offerte dalla tecnologie informatiche; la dimensione
interregionale dei progetti; il raccordo tra interventi formativi e le
esperienze di strutture di ricerca regionali, nazionali o
internazionali. “Investire nell’alta formazione - ha detto l’assessore
alle politiche formative, Gaia Grossi – rappresenta un fattore
imprescindibile per far crescere la competitività del sistema regionale
e per favorirne lo sviluppo economico e sociale, così come indicato dal
Patto per lo sviluppo”. |
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Il Presidente Enzo Ghigo
(nella foto, con il vicepresidente della Conferenza Vasco Errani) ha
convocato la
Conferenza dei Presidenti delle Regioni
e delle Province autonome per giovedì 25 novembre 2004 alle ore 10.00
presso la Segreteria della Conferenza dei Presidenti (Via Parigi, 11 a
Roma). |
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Polizia
locale, Storace scrive a Veltroni. Il presidente della
Regione Lazio, Francesco Storace (nella foto), ha inviato al sindaco di Roma, Walter Veltroni, una lettera in merito alla proposta di legge regionale sulla
polizia locale: |
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Una ''cittadinanza di
residenza'' per gli immigrati: e' l'idea lanciata il presidente della
Toscana
Claudio Martini
(nella foto) durante la Conferenza regionale
sull'immigrazione. Martini l'ha poi ulteriormente spiegata in
conferenza stampa ai giornalisti, illustrando i contenuti della nuova
legge regionale sull'immigrazione, una legge quadro trasversale, che
la giunta si è impegnata ad elaborare entro la fine di febbraio. ''Oggi diritti e doveri sono spesso riservati solo a chi è italiano per nascita o lo è diventato - ha dichiarato Martini - E' la cittadinanza per nazionalità. Ma ci sono tanti immigrati che, pur non essendo italiani, fanno parte a tutti gli effetti della nostra comunità: abitano qui, lavorano qui, pagano le tasse. Penso dunque che sia giusto prevedere anche per loro diritti e di doveri, una carta che li riconosca come soggetti e li incardini in un sistema. E' quello che intendo per cittadinanza di residenza ed è uno dei punti più innovativi che vorremmo inserire nella nuova legge regionale: una legislazione d'avanguardia, senza forzature demogogiche ma risultati concreti, che possa svolgere un ruolo di traino anche per altre regioni ed essere di riferimento per gli enti locali''. I cittadini stranieri non potranno votare, se norme statali non lo consentiranno. ''Ma potremmo promuovere la diffusione in tutti i comuni toscani della figura del consigliere straniero aggiunto, che non ha potere di voto ma ha pur sempre un ruolo di rappresentanza - ha spiegato il vice presidente della Toscana Angelo Passaleva, anche lui alla conferenza stampa - Potremmo anche percorrere la strada di un consiglio regionale degli stranieri: un organo consultivo permanente e con una sua sede, legittimato dalle istituzioni ma anche dalla comunità degli immigrati, da consultare ogni qual volta si affrontino i temi dell'immigrazione''. ''Spesso - aggiunge Passaleva - abbiamo infatti un problema di comunicazione quando ci rapportiamo al mondo degli immigrati, dove tante e diverse sono le associazioni che li rappresentano. Un consiglio unico, legittimato anche da quelle comunità, risolverebbe il problema''. ''Nella legge - charisce sempre l'assessore alle politiche sociali della Toscana Angelo Passaleva - riaffermeremo inoltre il diritto all'assistenza minima per tutte le persone presenti sul territorio regionale: anche per i migranti privi di permesso di soggiorno ed irregolari. Già lo facciamo oggi. Cercheremo di rilanciare la tutela del diritto di asilo per i rifugiati politici, costretti oggi per mesi in un limbo legislativo, affogati tra procedure burocratiche. Ci occuperemo inoltre di minori non accompagnati che fuggono dai loro paesi in cerca di fortuna e viaggiano per l'Europa, del problema della casa, della tratta e della prostituzione coatta che non coinvolge solo gli adulti. Tutti temi che abbiamo cercato di affrontare anche in queste tre giorni di riflessioni al Convitto della Calza di Firenze''. ''Non a caso - ha detto Martini - abbiamo cercato di dare una dimensione internazionale ed europeo a questa conferenza: per uscire dal dibattito di basso profilo e spesso solo strumentale con cui si affronta in Italia il tema dell'immigrazione, ma anche perché certi problemi si risolvono solo ragionando globalmente''. Alla conferenza stampa con i giornalisti ha partecipato anche il presidente della Regione francese di Provenza, Alpi e Costa Azzurra Michel Vauzelle. ''Aspettiamo dalla Consulta il giudizio sul nostro statuto - ha concluso Martini - Se fosse risconosciuto un giudizio di legittimità, come mi auspico, automaticamente non cambierebbe niente. Ma certo potrebbe aprire la strada ad alcune sperimentazioni, magari da esportare''. Al Convitto della Calza la seconda conferenza regionale sull’immigrazione Immigrati in Toscana, cresciuti di quattro volte in dieci anni Sono 206 mila: i più numerosi albanesi e cinesi. A Firenze un terzo degli immigrati Firenze Sono duecentoseimila, secondo l’ultimo rapporto Caritas, gli stranieri che soggiornavano in Toscana all’inizio del 2004: il 57% in più rispetto ad un anno fa, 175 mila quelli con regolare permesso di soggiorno. Ogni cento toscani ci sono dunque 4,9 immigrati: media un po’ più alta rispetto a quella italiana (che è 3,2) ma perfettamente in linea con l’Europa. Gli albanesi sono la nazionalità più rappresentata: 31 mila in tutta la regione, il 17,7% sul territorio ed il 29,9% nelle scuole. I cinesi arrivano subito dopo: 23 mila immigrati, il 13,3% ma il 52,5% a Prato. In grande ascesa anche i rumeni, che hanno scalzato i marocchini al terzo posto (e i polacchi al quarto), e gli ucraini. I numeri, rielaborati dall’Irpet, sono stati presentati ieri mattina, durante la prima giornata della seconda conferenza regionale sull’immigrazione, che proseguirà oggi e domani al convitto della Calza di Firenze. Gli stranieri in Toscana nel 2004 e nel 1994. La fotografia della Toscana è ben diversa rispetto a quella di dieci anni fa. Oggi albanesi, cinesi, rumeni, marocchini e polacchi costituiscono oltre la metà dei 206 mila immigrati, da 140 paesi diversi, presenti in Toscana. Nel 1994 il gruppo più numeroso (3.968 persone, l’8,2%) era quello dei marocchini, subito dopo arrivavano gli statunitensi (3.821 soggiornanti, il 7,9%) e i tedeschi (6,4%). I cinesi – almeno quelli regolari - erano solo quarti (2.816 immigrati, il 5,8%), gli albanesi ottavi con 1.916 persone. Arrivavano da più parti, a piccoli numeri. Erano quattro volte meno: 48.265. Ed erano anche meno numerosi i migranti rispetto agli stranieri provenienti dai paesi ricchi o comunitari: quasi 18 mila nel 1991, pochi di più oggi. A Firenze un terzo degli immigrati. Firenze continua a rappresentare il polo di principale attrazione per gli immigrati. Qui si concentra il 33,6% degli stranieri. Di seguito vengono Prato (12,8%), Arezzo (9,9%) e Pisa (9,2%). In un anno le province dove gli immigrati sono percentualmente cresciuti di più sono Firenze (72%), Prato (69%), Lucca (68%) e Grosseto (60). Rispetto a dieci anni fa il rapporto tra maschi e femmine (49,7%) è più equilibrato: c’è stato un radicamento sul territorio. Sono cresciuti i ricongiungimenti familiari ed è aumentato del 20,5%, tra il 2001 ed il 2002, anche l’inserimento degli immigrati sul mercato del lavoro. Le principali nazionalità in Toscana nel 2004 Albania 31.037 immigrati Cina 23.422 “ Romania 19.126 “ Marocco 13.216 “ Polonia 5.538 “ Filippine 5.496 “ Stati Uniti 5.430 “ Ucraina 4.986 “ Senegal 4.826 “ Germania 3.916 “ I cinesi sono il primo gruppo a Firenze (16,5%) e a Prato (52,5%). I marocchini primeggiano a Lucca, i rumeni ad Arezzo e Grosseto. Altrove dominano gli albanesi. Le principali cinque nazionalità in Italia nel 2004 Romania 12% Marocco 11,5% Albania 11,3% Ucraina 6% Cina 5% Facendo una stima anche sui minori, gli albanesi diventano il gruppo più numeroso, seguiti da Marocco e Romania. Cittadini immigrati con regolare permesso di soggiorno al 31 dicembre 2003 (Fonte Caritas) Provincia Valori assoluti e % Arezzo 17.348 9,9 Firenze 58.7793 3,6 Grosseto 8.316 4,8 Livorno 9.906 5,7 Lucca 11.805 6,7 Massa Carrara5.2273 Pisa16.1089,2 Pistoia 11.536 6,6 Prato 22.379 12,8 Siena 13.622 7,8 Toscana 175.026 100 Centro 614.555 Italia 2.193.999. I primati di Prato: oltre ad essere la prima comunità cinese in Toscana, Prato è anche la provincia dove più numerosi sono i ragazzi immigrati a scuola: otto bambini su cento, contro i meno di cinque della media regionale. Prato è inoltre la capitale regionale dei lavoratori subordinati immigrati: sono il 62,5%, contro il 60,7% di Arezzo ed il 60,3% di Pistoia. Per quanto riguarda il lavoro autonomo il primo posto spetta a Massa Carrara, dove più dieci immigrati su cento hanno un’attività in proprio. (red) |
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Sulla vicende degli appalti in Basilicata
- secondo quanto reso noto da Agr, l'agenzia di stampa della
Giunta Regionale - il
Presidente della Regione Basilicata, Filippo Bubbico, ha pronunciato
in Consiglio regionale il seguente discorso: "Signor Presidente,
signori Consiglieri, come è noto mi è stato notificato un avviso di
garanzia concernente un mio presunto coinvolgimento nella vicenda di un
appalto di servizi presso l’ASL di Matera e ne ho immediatamente
informato il Presidente del Consiglio, chiarendo che avevo già reso
ampia testimonianza alla magistratura inquirente e dichiarato la mia
assoluta ignoranza dei fatti ed estraneità ad essi. Ritengo opportuno
precisare, difatti, che il mio nome è entrato nell’inchiesta solo in
quanto evocato in una conversazione tra terze persone. Non aggiungo
altro circa la natura dell’ipotesi di reato rubricata a mio carico,
perché trovo improprio trasferire in quest’aula l’esame di circostanze,
che sono oggetto di indagine da parte della Procura e per il cui
approfondimento sono già stato convocato presso gli uffici giudiziari
per il 30 novembre p.v.. Per il resto, potrei ripetere alla lettera
quanto già affermato in quest’aula in occasione di un’altra clamorosa
inchiesta giudiziaria della Procura di Potenza, anch’essa centrata sul
rapporto tra politica, imprenditoria e appalti deviati. Sono
sinceramente amareggiato che, ancora una volta, si accendano sulla
nostra regione i riflettori dell’attenzione nazionale per fatti e
vicende che finiscono per rappresentarla come terreno di pascolo della
malavita organizzata. E dunque mi limito a ribadire con nettezza che
l’idea che l’economia criminale si sia impadronita di questa regione e
ne condizioni il sistema politico ed imprenditoriale è assolutamente
distorcente della realtà che ciascuno di noi vive ogni giorno, e ciò per
l’opera meritoria di prevenzione e di repressione assicurata dalle forze
della legge e dell’ordine, ma anche – mi sia consentito sottolinearlo
con forza, per la tradizione di serietà e di operosità di tanti
imprenditori onesti e capaci e di una cittadinanza temprata all’etica
del sacrificio e del dovere che hanno costituito sempre carattere
distintivo della nostra realtà regionale. Avverto l’obbligo morale di
riaffermare questa convinzione ed è questa la principale assicurazione
che mi sento di dare ad una comunità, che giustamente avverte gli
annunci amplificati dal sistema dei media come altrettante ferite al
proprio prestigio ed alla propria dignità collettiva. Ho sempre avuto
eguale considerazione e rispetto del lavoro della magistratura e
dell’impegno di quanti si spendono nella vita pubblica, e continuo a
pensare che la giustizia e la politica vivono in dimensioni di autonomia
che vanno salvaguardate con la massima cura, anche perché la lotta ai
fenomeni di degrado della vita sociale rientra nei compiti di entrambe
ed è vincente soltanto se entrambe convintamene gestiscono la propria
funzione. Perciò ho sempre respinto l’idea che politica e magistratura
possano, neanche in via indiretta, interferire nelle rispettive funzioni
costituzionalmente garantite. Allo stesso modo penso che debba essere
presidiato un consapevole equilibrio tra le esigenze di accertamento
della verità ai fini dell’amministrazione della giustizia e le garanzie
di tutela della dignità delle persone, coperte dalla presunzione di
innocenza ma in effetti sin dall’inizio esposte alla violenza della
spettacolarizzazione e della semplificazione mediatica, soprattutto
quando, come in questo caso, appare evidente la speciosità di taluni
accostamenti e di talune generalizzazioni. Mi auguro che l’accertamento
dei fatti, il chiarimento delle posizioni e responsabilità di ciascuno e
l’esatto dimensionamento del contesto investito dall’inchiesta possano
avvenire nel più breve tempo possibile. Sul piano personale, resto
assolutamente sereno e fiducioso circa l’esito dell’inchiesta in corso.
Così come resto sereno e fiducioso nel fatto che, nonostante gli effetti
di turbamento e di disorientamento di queste ore, la Basilicata andrà
avanti e continuerà a misurarsi con la tenacia e l’attivismo di sempre
con i problemi di ogni giorno, senza perdere di vista quegli obiettivi
di una superiore qualità dello sviluppo che persegue da decenni
nell’interesse dei cittadini lucani e del Paese".
(red) |
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Il Consiglio dei Ministri, secondo
quanto riportato dalla
newsletter di Palazzo Chigi, ha approvato in via preliminare
lo schema di decreto legislativo recante il Codice dell'amministrazione
digitale. Il provvedimento accorpa e riordina tutta la normativa in
materia di attività digitale delle Pubbliche amministrazioni
affrontando, per la prima volta in modo organico e completo, il tema
dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione
nelle Pubbliche amministrazioni, nonché la disciplina dei principi
giuridici fondamentali relativi al documento informatico ed alla firma
digitale. Con il Codice, le banche dati e le anagrafi elettroniche delle
Pubbliche amministrazioni saranno obbligate a "dialogare" per
accelerare le procedure e garantire legalità e trasparenza. I documenti
informatici avranno pieno valore probatorio. Documenti, libri,
repertori, scritture anche contabili potranno essere conservati su
supporti informatici, eliminando così una enorme quantità di carta e ottenendo rilevanti risparmi. Il "Codice dell'amministrazione digitale", che dovrebbe essere operativo nei primi mesi del 2005, chiarisce tra l'altro le regole che disciplinano l'uso delle Tecnologie per l'Informazione e la Comunicazione-ICT anche tra i privati.(cfr dossier on line) (red) |
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