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Dopo l'Istat (Comunicato stampa in pdf;
Conto trimestrale Amm.ni Pubbliche - serie;
Note metodologiche in pdf) anche
l'Abi si sofferma
sui conti pubblici. Il rapporto deficit Pil dovrebbe attestarsi quest'anno
al 2,9% rimanendo quindi sotto la soglia fissata dal Patto di stabilita'.
Ma nel 2005 e nel 2006 potrebbe arrivare, in assenza delle correzioni
della legge finanziaria, al 3,2 e al 3,6%. Sono le previsioni contenute
nell'Afo-Financial Outlook dell'Abi sull'economia del 2004-2006.
''La preoccupazione maggiore - ha spiegato il direttore generale
dell'associazione bancaria,
Giuseppe Zadra -
deriva dalla finanza pubblica, non tanto per quest'anno visto che le
misure correttive straordinarie in via di approntamento eviteranno di
superare il 3%, ma per il 2005-2006. Senza la manovra correttiva della
finanziaria si potrebbe infatti andare oltre la soglia''.
L'istat ha invece reso noto che sale al 6,1% del Pil il deficit nel primo
trimestre. In valore assoluto la stima dell'indebitamento netto della
pubblica amministrazione è pari a 19.878 milioni di euro con una crescita
di 1.038 milioni rispetto al primo trimestre. Commenti allarmati
dell'opposizione e dei sindacati. Casero, responsabile economico di Forza
Italia, dice che i conti sono in regola e che con il decreto Ecofin
approvato l'altro giorno il rapporto deficit-pil e' sotto il 3%.
I problemi dell’economia europea si manifestano in modo particolare in Italia, dove la crescita
della produzione è stata negli ultimi anni inferiore alla media europea. La debolezza della domanda interna, soprattutto nella
componente degli investimenti, si è combinata con un contributo negativo
delle esportazioni, frenate anche dall’andamento dei tassi di cambio e da
una dinamica dei costi superiore a quella dei principali concorrenti
europei. E' quanto emerge dalla
sintesi del
Rapporto Ice dedicato alle performances delle imprese italiane nei
mercati internazionali
Il ristagno dell’economia italiana, quindi, non ha impedito un ulteriore
deterioramento del disavanzo corrente, che è passato da 10 a 18 miliardi
di euro (1,4 per cento del PIL) e un ampliamento del debito estero del
paese, che sfiora il 6 per cento del PIL, facendo intravedere per il
futuro il rischio di un irrigidimento del vincolo esterno alla ripresa. È
vero che il saldo commerciale con i paesi non appartenenti all’area
dell’euro è ancora largamente positivo e che l’adozione della moneta unica
ha posto il paese al riparo dal pericolo di crisi valutarie, ma il
crescente disavanzo complessivo segnala comunque una crescita della spesa
globale superiore al reddito prodotto, che potrebbe creare problemi di
sostenibilità in un futuro più o meno lontano.
Peraltro la quota di domanda interna soddisfatta dalle importazioni è
diminuita nell’ultimo triennio (dal 28,7 al 27,4 per cento a prezzi
costanti), interrompendo una tendenza crescente in corso da molti anni. Va
sottolineato che l’apprezzamento dell’euro non è stato sufficiente a
impedire tale flessione, anche perché i fornitori stranieri di manufatti
sembrano averne approfittato più per dilatare i profitti unitari che per
guadagnare competitività sul mercato italiano. Al calo del grado di
penetrazione delle importazioni potrebbero aver contribuito i mutamenti
nella struttura della domanda, e in particolare la debolezza di componenti
ad alta intensità di beni intermedi importati, come gli investimenti e le
esportazioni. Ma la tendenza di lungo periodo all’aumento
dell’integrazione internazionale, che pure – come già rilevato – ha perso
slancio anche a livello globale, appare destinata a ripartire nei prossimi
anni.
L’aspetto più critico della situazione economica italiana - come emerge
dalla lettura delle
varie tabelle del Rapporto dell'ICE - è comunque l’andamento negativo
delle esportazioni di beni e servizi, che si è accentuato nel 2003 (-3,9
per cento a prezzi costanti), malgrado la ripresa del commercio mondiale.
La perdita di quota in termini reali si è manifestata non soltanto nel
confronto con i paesi emergenti, ma anche rispetto all’area dell’euro, e
in particolare alla Germania e alla Spagna, prolungando una tendenza
declinante in corso dal 1996.
Eppure, in media, i
valori unitari delle esportazioni italiane sono cresciuti più di quelli
degli altri paesi dell’area dell’euro, riflettendo, tra l’altro, una
dinamica più sostenuta del costo del lavoro e una minore crescita della
produttività.
E' intervenuta anche
l'Associazione
delle camere di commercio e dell'industria europee (Eurochambres) che chiede
alla Commissione Ue di ''semplificare le regole sull'adeguatezza
patrimoniale per le piccole e medie imprese''.
(red)
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Presentato il report 2003 dei Centri di
servizio per il Volontariato della Lombardia.
Sul sito (http://www.ciessevi.org/pages/areaistz/eventi.asp)
c'è il rapporto completo sulle attività svolte nel 2003 dai centri di
servizio Lombardia, la sintesi dei dati e l’intervento di Marco Granelli,
presidente del Coordinamento regionale dei Centri di servizio della
Lombardia (Il
Rapporto 2003 sull'attività dei centri -
rapporto regionale 2003
-
intervento Granelli
sintesi dati regionali 2003).
Il rapporto scatta una fotografia del volontariato
lombardo e fa il punto della situazione sui servizi resi dai centri
di servizio alle organizzazioni di volontariato.
I Centri di
servizio per il volontariato (Csv) sono organizzazioni volute dalla Legge
quadro per il Volontariato, gestiti dalle organizzazioni di volontariato,
con il compito di sostenere, promuovere
e qualificare il volontariato. Operativi dal 1998, oggi in Lombardia vi sono 11 CSV che
offrono al Volontariato informazione, consulenza, orientamento,
formazione, sostegno alla progettazione, sostegno alla comunicazione,
documentazione. I Csv sono finanziati dalle fondazioni di
origine bancaria attraverso un accantonamento dei loro fondi previsto per
legge nella misura di 1/15 (circa il 6,6%). In Lombardia le risorse
economiche sono state erogate principalmente dalla Fondazione Cariplo e in
misura minore dalle fondazioni Banca del Monte di Lombardia e Monte dei
Paschi di Siena.
Dalle recenti indagini ISTAT e Fivol emerge
un quadro complessivo del volontariato lombardo con cui lavorano i centri
di servizio: 3.150 organizzazioni
iscritte ai registri che giunge a 5.362 con quelle non iscritte; con
115.000 volontari che raggiunge i 200.000 con quelli delle non iscritte. La Fivol afferma che dei volontari lombardi il 65% ha un
impegno continuativo, riuscendo a garantire un’attività media di 5,5 ore
alla settimana, con un aumento delle ore tra le organizzazioni più
giovani. I volontari più numerosi in Lombardia (43%) sono in una età
compresa tra i 46 e 65 anni, mentre i giovani (meno di 29 anni)
rappresentano solo il 6% dei volontari, dato simile a quello degli anziani
(5,5%)
La Lombardia figura come la
regione con il maggior utilizzo di volontari, con il 20% di tutti i
volontari impegnati pari a più di 600.000 persone. In media ciascuna
organizzazione conta su circa 25 volontari. Ogni 10.000 abitanti ci sono
700 volontari. Utilizzano prevalentemente volontari le organizzazioni
impegnate nella sanità, nel sociale, nello sport, nella ricreazione,
nell’ambiente, nella cooperazione internazionale.
(sm)
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La Giunta dell'Emilia-Romagna definisce la programmazione e
il finanziamento del Servizio sanitario regionale per il 2004,
lo rende noto
Saluter, la
newsletter dell'Emilia-Romagna.
Aumento degli assegni di cura, avvio dello screening per la diagnosi
precoce del tumore del colon retto, miglioramento di assetti organizzativi
e dell’appropriatezza delle prestazioni e dei servizi: queste alcune delle
scelte della delibera di programmazione e finanziamento del Servizio
sanitario regionale per il 2004, approvata dalla Giunta
dell´Emilia-Romagna. Cinque miliardi e seicento milioni di euro le risorse
a disposizione per il 2004. L'assessore Bissoni: "Al Governo chiediamo un
nuovo accordo triennale per garantire una reale salvaguardia e il rilancio
del Servizio sanitario nazionale"
La Regione
Emilia-Romagna continua quindi ad investire nel proprio Servizio sanitario
pubblico, pur in una situazione di profonda incertezza derivata dalle
mancate risposte del Governo rispetto alla congruità tra risorse assegnate
e Livelli essenziali di assistenza da erogare, così come previsto
dall’accordo dell’otto agosto 2001 (in vigore ancora per quest’anno) che
conferma l’ormai cronico sottofinanziamento del Servizio sanitario
nazionale.
La delibera di
programmazione e finanziamento del Servizio sanitario regionale che, per
il 2004, può contare su un ammontare complessivo di 5,666 miliardi di euro
(dal riparto tra le Regioni degli 81 miliardi del Fondo sanitario
nazionale), prevede infatti azioni di sviluppo e rafforzamento: aumento
della quota destinata agli assegni di cura per coloro che assistono a casa
persone anziane non autosufficienti (che passa da 17,5 milioni del 2003 a
21,5 milioni nel 2004); assunzione nel bilancio regionale dell’aumento
delle rette nelle strutture residenziali a carico di anziani; avvio dello
screening per la diagnosi precoce del tumore del colon retto (che
interessa circa 1 milione di persone tra i 50 e i 69 anni); interventi per
l’area delle cure odontoiatriche in particolare per le persone più fragili
dal punto di vista sociale ed economico; interventi in tutte le Aziende
sanitarie per migliorare assetti organizzativi ed appropriatezza delle
prestazioni e dei servizi.
«Dal
punto di vista finanziario, il 2003 per l’Emilia-Romagna si chiude
positivamente con un disavanzo contenuto e compatibile con il piano di
rientro dal deficit che la Regione aveva già previsto», ha detto l’assessore alla sanità Giovanni Bissoni.
«I
risultati raggiunti dall’Emilia-Romagna nel 2003
– ha aggiunto -
non possono però essere confermati per il
2004. Non si è ancora concluso il tavolo di confronto Governo-Regioni
sulla congruità tra risorse e Livelli essenziali di assistenza. Ci sono i
costi per i rinnovi contrattuali della dirigenza e del comparto coperti in
maniera irrisoria dal Governo: solo in Emilia-Romagna ammontano a 420
milioni di euro e lo Stato ne ha assegnati 70. Non ci sono ancora risposte
sulle risorse per l’assistenza agli immigrati "regolarizzati". In questo
panorama, secondo le stime delle Regioni, nel 2004 il Servizio sanitario
nazionale avrà un disavanzo "record": 7-8 miliardi di euro».
«La
delibera che presentiamo
– ha poi detto Bissoni (nella foto) –
non può dunque assumere come obiettivo per le Aziende
sanitarie il pareggio di bilancio come chiede il Governo. Questo
significherebbe non poter garantire i servizi ai cittadini. Gli obiettivi
finanziari assegnati alle Aziende sanitarie sono quindi obiettivi rigorosi
(in particolare nelle aree della farmaceutica e dei beni e servizi), ma
prevedono necessariamente anche disavanzi finanziari poiché prioritario
resta garantire i Livelli essenziali di assistenza ai cittadini».
«Al
Governo – ha
aggiunto l’assessore alla sanità –
chiediamo
di chiudere i confronti ancora aperti con le Regioni e di concludere un
nuovo accordo triennale (2005 – 2007) per garantire una reale salvaguardia
e rilancio del Servizio sanitario nazionale».
Dei 5 miliardi e
666 milioni di euro assegnati all’Emilia-Romagna 5,540 sono destinati al
finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza, 40 milioni andranno
alle Aziende ospedaliero-universitarie a titolo di integrazione tariffaria
per l’impatto che la ricerca e la didattica hanno sui costi di produzione
e per progetti di eccellenza, 21,257 milioni serviranno al finanziamento
di progetti di innovazione, 65 milioni saranno accantonati quale fondo di
riserva a finanziamento di specificità aziendali e a sostegno dei piani di
rientro delle Aziende sanitarie in situazioni di squilibrio economico
finanziario.
Ecco la
Delibera di Giunta regionale n. 1280 del 28
giugno 2004: "Linee di programmazione e finanziamento del Servizio
sanitario regionale per l´anno 2004"
(sm) |
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Aumenta del 10% la spesa farmaceutica.
Rallenta di poco. Più di quanto preventivato. Nel contempo passa il decreto di ripiano per il 2004.
Sono stati resi noti anche i dati su questo decreto legge (dal deputato
Gaspare Giudice di Fi) dopo il parere favorevole espresso dalla
Commissione Bilancio della Camera per il ripiano della spesa farmaceutica
2004.
Con una
spesa farmaceutica di 440,57
milioni di euro in piu' rispetto al tetto massimo stabilito dall'accordo
del 2001 tra Stato-Regioni e Province autonome, il Lazio risulta primo tra
le regioni che hanno sforato il 13% della spesa sanitaria complessiva, con
una percentuale del 18,9%. Subito dopo c' e' la Sicilia, anch' essa a
quota 18,9%, e un surplus di spesa pari a 408,74 milioni di euro.
Per quanto riguarda il decreto il
ministro Sirchia ha
chiarito che si tratta ''di un atto dovuto'', che in pratica da'
attuazione ''a una legge che dobbiamo applicare - ha sottolineato il
ministro - e se non lo avessimo fatto saremmo stati noi in errore''.
Ma anche altri dati sono stati resi noti. La spesa farmaceutica pubblica
in maggio e' cresciuta del 10,3 % rispetto al maggio 2003 (Il Sole 24 Ore:
In maggio rallenta la spesa farmaceutica). La media degli
incrementi nel periodo gennaio-maggio e' del 10,2%. Lo afferma in una nota
la
Federfarma:
SPESA FARMACEUTICA MAGGIO +10,3%.
Le
farmacie pagano più delle industrie.
L'associazione che raccoglie i titolari di farmacia sostiene che ''I dati
smentiscono il limitato aumento di spesa di circa il 2,5%,
dichiarato da Farmindustria, presumibilmente per rinviare
l'introduzione di misure di governo della spesa per i medicinali quali
quelle previste dal decreto legge n.156 in discussione alla Camera''.
A differenza dell'industria, le farmacie non determinano aumenti di spesa
pubblica: non hanno gli strumenti per farlo e sono le prime a pagarne le
conseguenze. Non fanno promozione per orientare le prescrizioni (convegni,
mini-meeting ecc.). Il superamento del tetto di spesa aggrava il fenomeno
del ritardo nei pagamenti, già oggi drammatico in alcune Regioni
meridionali. E' gravissima - sempre secondo Farmindustria - la decisione
dell'Assessore alla Sanità della Sicilia che impone ai direttori generali
delle asl di far pagare i farmaci ai cittadini dal primo di agosto, in
caso di superamento del tetto di spesa.
Ma anche altri tagli sono previsti. "Oggi o domani incontrero' il
presidente Cuffaro e gli chiedero' di sostenere il progetto per l'accorpamento di alcune divisioni pediatriche della citta' di Palermo,
altrimenti andranno persi circa 15 milioni di euro'', aveva dichiarato l'
assessore regionale della Sicilia alla Sanita', Ettore Cittadini. Il
relativo disegno di legge gia' approvato in commissione sanita', aspetta
da mesi il via libera dell' Ars.
Dietro a Lazio e Sicilia, si piazzano altre due regioni meridionali
entrambe a quota 16,5% sul totale della spesa sanitaria: la Campania con
una spesa aggiuntiva di 263,15 mln e la Calabria con 98,29 mln. Quindi la
Puglia (15,4%, 130,17 mln in piu'), la Liguria (15,3%, 59,05 mln), la
Sardegna (15,1%, 47,33 mln), il Molise (15%, 9,34 mln), l' Abruzzo (14,3%,
24,94 mln), la Basilicata (13,9%, 7,69 mln), le Marche (13,6%, 13,98 mln),
il Friuli Venezia Giulia (13,4%, 7,62 mln), la Valle D' Aosta (13,4%, 66
mila euro), l' Emilia Romagna (13,3%, 20,11 mln) e la Lombardia (13,1%,
con 17,26 mln in piu').
La regione piu' virtuosa è il Piemonte con una spesa farmaceutica
inferiore al 13% della spesa sanitaria totale, con l' 11,7%, 82,63 milioni
di euro in meno. Hanno rispettato il tetto anche il Veneto (12,1%, -59,59 mln), il trentino Alto Adige (12,3%, -9,12 mln) e l' Umbria (-12,6%, -4,51
mln).
''La conversione in legge del decreto e' un atto dovuto in quanto attiva
una delle misure previste dalla legislazione vigente per il ripiano del
surplus della spesa farmaceutica, ma non risolve il problema alla radice'',
ha sostenuto il deputato Gaspare Giudice (FI) dopo il parere favorevole
espresso dalla Commissione Bilancio della Camera.
''Il problema dell' esplosione della spesa farmaceutica - dice Giudice -
può essere risolto solo attraverso interventi strutturali che prevedono
tre punti fondamentali: la revisione dell' autocertificazione che e'
risultato uno strumento inadeguato che consente notevoli abusi, una
maggiore controllo sulla ricetta 'facile' che ha creato un ingiustificato
accorpamento di medicinali e l' intervento sui prodotti con un un
confronto all' interno dell' Agenzia italiana del farmaco''.Per Giudice, inoltre, ''il provvedimento attivato dalla Regione siciliana
che autorizza le aziende sanitarie a un maggiore indebitamento con il
sistema bancario non risolve il problema''.
(gs)
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