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Sommario |
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Governo impugna legge denuclearizzazione Basilicata | ||||||||||||||||||||||||||
Il cosidetto pacchetto energia
nucleare è fra i punti caldi
in discussione al Parlamento Europeo che si riunira'
a Strasburgo. Gli eurodeputati
discuteranno due proposte di direttiva strettamente collegate tra
loro, relative alla sicurezza delle centrali nucleari e alla gestione dei
rifiuti radioattivi. Un dibattito particolarmente importante per l'Italia
dove, dopo il depennamento di Scanzano Jonico dal decreto che individuava
li' un sito unico nazionale, il governo ha deciso di prendere tempo,
posticipando di fatto la complessa soluzione del problema delle scorie e
della loro messa in sicurezza. In materia energetica, tuttavia,
l'Europarlamento ha solo poteri consultivi. Saranno quindi gli Stati
membri a dare il via libera definitivo alle direttive proposte dalla
Commissione europea, tenendo però conto del risultato della consultazione
legislativa di Strasburgo e dell'orientamento complessivo del dibattito. In Italia il Consiglio dei Ministri ha deliberato, ''per palesi motivi di illegittimità costituzionale'', l'impugnativa della legge della regione Basilicata, numero 31 del 2003, che dichiara il proprio territorio denuclearizzato''. E' quanto scritto nel comunicato finale della riunione nel quale si precisa che ''tale decisione non comporta, come e' ovvio, la destinazione di rifiuti radioattivi in Basilicata''. Il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare, per motivi di illegittimita' costituzionale, la legge della Regione Basilicata, analogamente a quanto già deliberato per la legge n. 8/2003 della Regione Sardegna -si legge ancora nella nota- questa decisione non comporta, come e' ovvio, la destinazione di rifiuti radioattivi in Basilicata''. La Regione Basilicata avanza dubbi circa la decisione del Consiglio dei Ministri di questa mattina. ''Il fatto che il Governo abbia deciso di pronunciarsi sulla legge regionale conferma le nostre preoccupazioni -ha detto l'Assessore all'Ambiente e vicepresidente della Regione, Erminio Restaino- L'esecutivo continua, in maniera pervicace ed in contraddizione con il mondo scientifico, ad attuare provvedimenti che mettono a rischio il suolo lucano. La questione di Scanzano Jonico,evidentemente, rimane ancora aperta, e per questo motivo la Regione deve continuare a tenere altissimo il livello d'attenzione''. ''Se la Regione Basilicata riesce ad uscire dalla campagna elettorale che sta facendo con il caso delle scorie e invece adempie ai suoi impegni per i progetti per Scanzano, il problema lo abbiamo risolto''. Lo dice all'Adn kronos il sindaco di Scanzano Jonico, Mario Altieri (An), commentando gli ultimi sviluppi della vicenda-nucleare. 'Nella vicenda Scanzano, come vedremo nelle prossime settimane, sia il Presidente della Regione Basilicata Filippo Bubbico che la giunta regionale, insieme all' Arbea, erano da tempo informati su tutto quello che sarebbe accaduto''. A dirlo in una nota e' il deputato di Forza Italia Gianfranco Blasi. ''La denuclearizzazione della Basilicata e di tutte le altre regioni italiane - ha aggiunto il deputato - porrebbe il paese in uno stato di caos sul futuro della gestione del materiale radioattivo e comprometterebbe in maniera definitiva l'Enea e il suo personale''. ''Colpito nell' orgoglio dalla decisione del Governo Berlusconi di impugnare la legge regionale, votata anche da Forza Italia, con cui si impedisce la circolazione di rifiuti radioattivi e nucleari nel nostro territorio, Blasi si spinge su un terreno sicuramente scivoloso facendo affermazioni gratuite e gravissime''. Lo ha detto Salvatore Adduce (Ds), commentando una dichiarazione del deputato di Forza Italia. ''La verità - ha aggiunto - la conoscono tutti: non siamo noi a fare dell' allarmismo, e' stato invece il Governo di centrodestra a mettere a repentaglio le sorti del metapontino, della Basilicata e di un vasto territorio meridionale. Non a caso nei giorni di Scanzano si sono schierati contro il famigerato decreto tutte le Regioni, a cominciare dalla Puglia, la comunità scientifica, le forze politiche e sociali, l' intero mondo delle autonomie locali".(sm) |
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Codice beni culturali: migliorato testo, ma eccessiva regolamentazione | ||||||||||||||||||||||||||
La
Conferenza delle Regioni aveva dato un giudizio critico su un primo schema
di codice dei beni culturali, ma successivamente su iniziativa Presidente
della Conferenza delle Regioni, Enzo Ghigo , con il consenso di ANCI ed
UPI, e grazie alla concertazione con il Ministro Urbani e con il Ministro
La Loggia è stato possibile avviare un confronto costruttivo che ha
portato all’intesa in sede di Conferenza Unificata. “Ci sono nel Codice –
ha detto
Gian
Piero Leo (assessore della Regione Piemonte e coordinatore degli
assessori ai beni culturali per la Conferenza delle Regioni) intervenendo
all’audizione che si è tenuta oggi di fronte alla Commissione cultura
della Camera, presieduta da Ferdinando Adornato - diversi elementi
positivi: come la definizione precisa e condivisa dei concetti di “tutela”
e di “valorizzazione”, ed è certamente importante aver previsto anche la
promozione e il sostegno agli atti di conservazione tra le funzioni
connesse alla “valorizzazione”, consentendo così alle Regioni di
legiferare in tale campo.
Il codice nella nuova
versione – ha sottolineato Leo - non solo conferma le funzioni di tutela
esercitate dalle Regioni, ma le estende. completando le attribuzioni agli
altri beni librari-e ai beni audiovisivi. E per la prima volta poi si
introduce, grazie a1la forte iniziativa di Regioni, Province e Comuni, il
concetto di Istituto culturale come “luogo della cultura”, definendo
musei, biblioteche, archivi, complessi monumentali, parchi ed aree
archeologiche, e qualificandoli come servizi pubblici, in tal modo, si
supera una concezione puramente patrimonialistica dei beni culturali.
Resta però un rilievo critico centrale– conclude il coordinatore degli
assessori regionali ai beni culturali – la permanenza di una eccessiva
regolamentazione dell’attività di tutela negli oltre 90 articoli, riflesso
di una concezione paternalistica della tutela stessa, fondata su una
mancanza di fiducia nelle istituzioni pubbliche, regionali e locali, per
la salvaguardia del loro patrimonio. Una concezione che risulta ormai
superata dai fatti e dall’impegno delle istituzioni governo del territorio
per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali.
Un giudizio
positivo quindi, anche se condizionato alla effettiva attuazione dei
molteplici accordi ed intese previsti tra Stato, Regioni ed Autonomie
Locali, e ad un rinnovamento della legislazione regionale”. |
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Bobbio: "maestro di libertà" | ||||||||||||||||||||||||||
Scompare un accademico della
filosofia politica e del diritto. Un uomo che si e' posto come riferimento
per la comunità piemontese e nazionale a salvaguardia dei principi di
uguaglianza e di libertà. Un maestro di libertà del nostro tempo''. Con
queste parole il presidente del Piemonte e della Conferenza delle Regioni,
Enzo Ghigo, ha commentato la notizia della morte di Norberto Bobbio (nella
foto). Un ''maestro di libertà del nostro tempo''. Cosi' il
Presidente della Regione Piemonte Enzo Ghigo
ha ricordato il senatore a vita Norberto Bobbio scomparso all'età di 94
anni. A ricordare il filosofo piemontese sono stati anche altri Presidenti di Regione. Per il presidente della Toscana, Claudio martini . "Muore l'uomo, ma non il suo esempio e il suo insegnamento, che continueranno a rappresentare un patrimonio insostituibile per la nostra democrazia. ' ''Esprimo cordoglio e profondo dolore - ha scritto Giovanni Pace, Presidente della Regione Abruzzo - in una breve nota di cordoglio - per la scomparsa di Norberto Bobbio, una figura primaria e un padre della Costituzione della nostra Repubblica''. ''La sua rigorosa e mai accomodante riflessione ha rappresentato negli anni un punto di riferimento fondamentale per tutti coloro che hanno creduto innanzi tutto nella salvaguardia della libertà e della dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali'', queste le parole del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, ''Con lui - scrive Errani nel telegramma - se ne va uno dei massimi protagonisti del pensiero democratico e del dibattito intellettuale e politico di tutto il secondo dopoguerra''. Per il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, Norberto Bobbio ''e' stato un grande intellettuale, un vero e proprio maestro, che ha saputo rivolgere uno sguardo acutissimo e realistico ai temi della liberta', dell'eguaglianza, e della costruzione di una società più giusta''. A Bobbio- afferma ancora Bassolino - il nostro Paese e ciascuno di noi deve molto. Gli siamo debitori in tanti: soprattutto chi, come me, ha amministrato per tanti e tanti anni e quanti l'hanno avuto sempre come maestro e punto di riferimento per la grande lezione di etica pubblica e spirito civico''. ''Con la scomparsa di Norberto Bobbio l'Italia perde il più illuminato pontefice della 'religione civile'''. Cosi', il Presidente della regione Veneto, Giancarlo Galan ricorda il filosofo e senatore a vita . ''Ricordo di aver chiesto ai miei genitori che mi fosse regalato da loro il 'Dizionario di politica', un libro su cui mi formai, quando i libri venivano letti e studiati dai giovani. Ero un giovane liberale allora e Norberto Bobbio divenne la guida morale per me e per molti altri giovani con cui facevo politica''. ''C'è un pensiero di Bobbio che dovrebbe illuminare il percorso di ogni politico, ma che purtroppo vedo poco praticato soprattutto nel corso di questi ultimi tempi. Le virtù del laico, ha detto Bobbio, sono queste: il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto dell'idea altrui -conclude il Presidente della Regione Veneto- Virtù mondane e civili le chiamava Bobbio, virtù cui mi auguro di potermi almeno ispirare nel reverente ricordo di questo maestro di libertà''. Infine per il Presidente ella Regione Basilicata, Filippo Bubbico "la morte del filosofo e senatore a vita Norberto Bobbio, “priva la società e la cultura italiana di uno straordinario testimone del nostro tempo oltre che di un grande maestro del pensiero democratico”.(red) |
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Bossi: salta Governo senza federalismo | ||||||||||||||||||||||||||
"Da quest'estate sono cominciate le
comiche. A Berlusconi l'avevo detto, dammi subito la Devolution e poi
passiamo al resto". Bossi fiuta il tradimento sul federalismo all'interno
del Polo, che ha inficiato anche il lavoro dei saggi di Lorenzago.
Lo afferma in più interviste pubblicate oggi dai quotidiani "Il
Messaggero", "La Stampa",
"la Repubblica". Il
ministro per le riforme istituzionali se la prende soprattutto con una
supposta volontà di creare problemi - da parte di An e Udc - su questioni
come l'interesse nazionale o la devolution della polizia locale: «Ho
sempre temuto la messa n scena sulla devolution", "gli ex Dc e Fini
l'hanno messa nel pantano con l'interesse nazionale", l'hanno riportata a
zero. E' un imbroglio a cui hanno partecipato tutti. Tutti d'accordo". ''La prossima settimana per il
federalismo e' la settimana definitiva, perche' puo' anche
saltare tutto'', afferma sempre Bossi. Ma è ancora fiducioso sulla "la possibilita' di
fare il federalismo - ha aggiunto il ministro per le Riforme -
ma c'e' anche la possibilita' di non farlo". Sempre duro Bossi: ''E' chiara una cosa: questo governo ha fatto zero riforme, e a questo la Lega dovra' dare una risposta'', così a ''La Repubblica'' il ministro per le Riforme e leader del Carroccio, Umberto Bossi (nella foto con il vice-presidente del consiglio Gianfranco Fini). ''Il patto elettorale - ribadisce anche a la Repubblica - - e' stato tradito il giugno scorso, quando hanno infilato il trucco dell'interesse nazionale. Fini ha tradito il giugno scorso'', e ritorna anche a dire che ''Se siamo alla paralisi e' perche' e' stata una manovra concertata. Questo e' un imbroglio a cui hanno partecipato tutti gli alleati'', e punta il dito anche verso il Presidente del Consiglio: ''tutto questo non puo' essere avvenuto senza che Berlusconi lo avallasse''. ''Magari -prosegue- lui si illudeva. Ma le cose stanno proprio cosi' come stanno. E ora siamo al dunque finale''. ''Questa settimana -avverte- si chiudera' la partita''. ''Sulla devolution -continua- non si arrivera' in aula, loro hanno troppa paura di far vedere in televisione che hanno tradito, si chiudera' in commissione. La pantomima e' terminata''. A far scattare sull'attenti Bossi sono state in particolare le dichiarazioni del vice-premier Fini durante l'assemblea di An. Fini aveva detto "No" al federalismo a ''doppia velocita''', richiamando di nuovo il concetto di ''interesse nazionale'', esclusione della polizia locale dalle materie di competenza delle regioni e il chiaro riconoscimento del ruolo di Roma in quanto capitale d'Italia. Sono questi i principi ''su cui An non e' disposta a transigere'' nelle riforma federalista che l'aula del Senato si appresta a discutere. Dicendo queste cose il leader di An Gianfranco Fini all'assemblea nazionale del partito, ha fatto scattare in avanti Bossi. ''Il testo di riforma della Costituzione approvato dal Consiglio dei ministri - ha detto Fini - ha un suo equilibrio che An condivide perche' ha contribuito a realizzarlo. L'attribuzione di ulteriori competenze legislative esclusive alle regioni, la cosiddetta devoluzione, e' per noi possibile solo se avviene nel rispetto dell'equilibrio istituzionale che abbiamo raggiunto nel testo approvato al Consiglio dei ministri''. Fini ha quindi ricordato i punti su cui An ''non e' disposta a transigere qualora venissero modificati'': l'eliminazione del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione ''che da' corpo all'ipotesi del cosiddetto federalismo a doppia velocita', parente stretto anche se mascherato del secessionismo''; ''la conseguente reintroduzione del concetto di interesse nazionale, essenziale quando col federalismo si capovolge il rapporto tra lo Stato e le Regioni''; l'esplicitazione ''che tra le materie oggetto di devoluzione di poteri legislativi esclusivi alle regioni figura la polizia amministrativa locale e non la polizia locale''; ''il chiaro riconoscimento del ruolo e dei poteri costituzionalmente garantiti alla citta' di Roma, in quanto capitale d'Italia''. Intanto Storace richiama una serie di "paletti" politici e quindi la questione della verifica all'interno del Polo e annuncia - ripreso anche dalle pagine de "la Stampa" - niente scissione, ma An aspiri a diventare destra veramente di Governo. (gs) |
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Fini: l'identità nazionale è un valore, il nazionalismo un disvalore | ||||||||||||||||||||||||||
"L'Europa
che verrà. Il destino del continente e il ruolo dell'Italia"
è il titolo del libro intervista che Carlo Fusi (giornalista ed
editorialista de Il Messaggero) ha realizzato (per i tipi di
Fazi Editore) con il Vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini
(nella foto). In questo libro, raccontando la sua esperienza di convenzionale, fini esprime con chiarezza e decisione le sue opinioni su molti argomenti fra cui: i rapporti tra la nuova Europa e gli Stati Uniti; il significato e la portata del recente allargamento ai paesi dell’Est; le relazioni fra UE e NATO; la necessità che l’UE giunga presto a parlare con una voce unica in politica estera e di difesa; la dibattuta questione del riconoscimento costituzionale delle radici cristiane dell’Europa; la regolazione dell’immigrazione a livello nazionale e comunitario; il rapporto fra il nazionalismo tradizionalmente attribuito alla destra italiana e l’impegno comunitario del suo attuale leader: "Il nazionalismo - afferma Fini - è una politica che partendo da una più o meno reale identità nazionale presuppone, nelle sue varie fasi storiche, espansionismo e può determinare imperialismo,presunzione di superiorità. Quindi non c'è dubbio che il nazionalismo è, diciamo così la degenerazione di un valore. Quello dell'identità nazionale, in quanto senso di appartenenza a una comunità. L'identità nazionale - prosegue fini - è un valore, il nazionalismo è un disvalore. Se vogliamo trovare la proiezione positiva anche in termini politici, dell'identità nazionale intesa come valore, essa non sta nel nazionalismo, semmai nel patriottismo". Completa il libro una prefazione di Giuliano Amato che sottolinea le impreviste e significative sintonie fra i convenzionali italiani.(red) |
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Emilia-Romagna e riforma Costituzione. Patto regione-autonomie locali | ||||||||||||||||||||||||||
"Riforme per i diritti - Materiali
sulla attuazione del Titolo V della Costituzione" è il titolo di una
collana di volumi editi dalla Regione Emilia-Romagna. La riforma del
Titolo V della Costituzione - scrive, nella presentazione del volume "Indirizzi
della giunta regionale dell'Emilia-Romagna sulla attuazione della riforma
costituzionale. Patto tra regione ed autonomie locali",
il Presidente Vasco Errani (nella foto) - è "un cambiamento di fondo per
il quale le Regioni e le Autonomie locali hanno lavorato lungamente e con
una buona sintonia sino alla conferma con il referendum popolare
dell’ottobre 2001". Ma non nasconde le sue preoccupazioni: "Due anni di
impasse sulle riforme istituzionali hanno generato incertezza e
preoccupazione nei governi regionali e locali, che hanno dovuto subire, al
contrario, numerosi passi indietro sui temi dell’autonomia e
dell’autogoverno delle comunità. L’esplosione del contenzioso davanti alla
Corte costituzionale, non solo in materie di competenza concorrente, ma
sopratutto in materie di esclusiva competenza regionale, rende chiara la
scelta di chiusura del governo centrale; bloccato dalle dispute
inconcludenti fra devolution e interesse nazionale (la riforma che
non c’è), e incapace di occuparsi efficacemente del tema vero:
l’applicazione della riforma che c’è. |
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