FASCICOLI
Conferenza dei Presidenti delle Regioni
e delle Province autonome
 

PROPOSTA PER LA DEFINIZIONE DEI RAPPORTI STATO-REGIONI IN MATERIA DI DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO, A SEGUITO DELLA MODIFICA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

COORDINAMENTO INTERREGIONALE DEGLI ASSESSORI

1.         La modifica del Titolo V della Costituzione ha introdotto rilevanti novità in materia di diritto allo studio universitario.

 

In particolare, oltre ad essere ridefinite le competenze di Stato e Regioni, il diritto allo studio universitario si configura non come un mero principio generale, ma come insieme di specifici e ben definiti diritti di singoli cittadini, che devono essere soddisfatti.

 

A seguito di tali modifiche, non è più sostenibile l’assegnazione della borsa di studio ad una sola parte degli studenti idonei (attualmente la media nazionale è di circa il 75%), con l’esclusione di un’altra cospicua parte (ammontante nel 2003 a circa 45.600 studenti) dal godimento di una prestazione che, sulla base del novellato Titolo V, è da ritenersi livello essenziale del diritto allo studio universitario.

 

Non è, inoltre, più sostenibile una situazione in cui continua ad essere utilizzato un apparato normativo e regolamentare incompatibile con le nuove competenze esclusive tanto dello Stato quanto delle Regioni.

 

Non essendo conseguentemente possibile usare il DPCM, emanato sulla base di leggi preesistenti la modifica del Titolo V, come strumento normativo per definire i livelli essenziali delle prestazioni, le Regioni ritengono necessario pervenire, in tempi ragionevolmente brevi, alla revisione della l. 390/91.

 

Per il raggiungimento di tale obiettivo, le Regioni confermano la loro piena disponibilità a riavviare un confronto aperto con il MIUR, finalizzato alla individuazione dei principi condivisi da porre alla base della nuova normativa, disponibilità già manifestata con la partecipazione dei rappresentanti regionali all’avvio delle attività del Gruppo di lavoro ministeriale per la riforma della legge 390. 

 

            Immaginando un percorso che permetta di passare con il dovuto realismo e con la necessaria gradualità dall’attuale sistema di regole, procedure e criteri minuziosi e dettagliati alla individuazione di precise garanzie per i cittadini, si ritiene che, in attesa della revisione della legge 390, e per assicurare l’indispensabile continuità nell’erogazione dei benefici, si possa procedere transitoriamente attraverso l’elaborazione di Accordi annuali, da assumere in sede di Conferenza Stato-Regioni.

 

 

 

 

In tali accordi si procederà alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, all’individuazione delle risorse necessarie a garantirli e dei corrispondenti criteri di riparto del finanziamento statale, superando la logica del mero parere espresso dalle Regioni su atti unilaterali del Governo, logica che ispira il regime giuridico attuale, progettato sulla base di norme costituzionali modificate dal novellato Titolo V.

 

2.         Le questioni più rilevanti da affrontare per la definizione del nuovo apparato normativo, in materia di diritto allo studio universitario, sono:

 

1) i rapporti tra Stato e Regioni per l’esercizio delle competenze rispettivamente attribuite dal nuovo assetto costituzionale;

2) i meccanismi di finanziamento dei L.E.;

3) l’individuazione dei L.E. delle prestazioni.

 

 

2.1       I rapporti tra Stato e Regioni per l’esercizio delle competenze rispettivamente attribuite dal nuovo assetto costituzionale

 

 

La definizione dei rapporti tra Stato e Regioni è resa problematica dalla competenza esclusiva dello Stato a determinare i L.E. delle prestazioni nell’ambito del diritto allo studio universitario, settore di competenza esclusiva delle Regioni.

 

Questo doppio intreccio di competenze esclusive pone delicati problemi interpretativi circa la determinazione del confine tra il potere dello Stato e quello delle Regioni.

 

È evidente, a tale proposito, che il Titolo V, pur attribuendo alle Regioni una competenza legislativa esclusiva in materia di diritto allo studio, ha delimitato tale competenza attraverso la fissazione, ad opera del legislatore statale, delle “norme generali sull’istruzione” e, soprattutto, dei “livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

 

Le limitazioni alle competenze esclusive regionali hanno una precisa giustificazione: evitare eccessive differenziazioni che possano mettere a rischio l’uguaglianza sostanziale nel godimento dei diritti sociali, contemperando l’affermazione dell’autonomia politica delle Regioni con l’esigenza di uguaglianza sostanziale nella fruizione dei diritti civili e sociali.

 

Ne consegue che la garanzia di tali diritti passa attraverso l’individuazione dei L.E. ad opera dello Stato e l’attuazione degli stessi ad opera delle Regioni.

 

La logica dei L.E. mira, quindi, al coordinamento della politica statale con le politiche regionali, poiché la garanzia della cittadinanza sociale e dei diritti sociali nel nuovo contesto costituzionale non è solo compito dello Stato o solo compito delle Regioni, bensì di entrambi, seppure in maniera diversa.

 

Di qui alcune conseguenze:

 

·        l’individuazione dei L.E. va concertata e procedimentalizzata, poiché se è vero che la Costituzione ne assegna la competenza allo Stato è altrettanto vero che sono poi le Regioni, nei loro territori, a doverne garantire la effettività;

·        l’individuazione dei L.E. deve andare di pari passo con l’individuazione (e il trasferimento) delle risorse finanziarie necessarie a garantire l’effettività dei diritti.

 

 

2.2       I meccanismi di finanziamento dei L.E.

 

La definizione dei meccanismi di finanziamento dei L.E. deve avere a riferimento la competenza esclusiva dello Stato, cui tocca l’onere prevalente nell’erogazione delle risorse finanziarie.

 

Le Regioni, nell’ambito di un quadro normativo che preveda il coordinamento della politica statale con quella regionale, sono disponibili a cofinanziare i L.E. o con risorse finanziarie proprie o con l’erogazione equivalente di servizi o con entrambe.

 

Si dovrà quindi superare la logica del Fondo integrativo statale per il sostegno degli interventi regionali e costituire un Fondo statale per il diritto allo studio universitario, a carico della fiscalità generale, per alimentare il meccanismo di  cofinaziamento dei L.E.

 

In assenza di un sistema di autonomia fiscale delle Regioni, l’apporto di cofinanziamento delle stesse potrà essere maggiormente incisivo se cambierà di segno la politica di contenimento della spesa pubblica, basata sul taglio sistematico ed indiscriminato delle risorse trasferite dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali.

 

Il meccanismo di finanziamento dei L.E. dovrà, comunque, necessariamente prevedere la persistenza di un apporto diretto di tutti gli utenti del servizio universitario, attraverso la tassa regionale per il diritto allo studio universitario, il cui importo minimo, destinato a coprire un’aliquota del finanziamento dei L.E., deve essere uniforme in tutto il territorio nazionale. 

 

Il livello minimo della tassa dovrà essere definito a livello nazionale e dovrà essere destinato esclusivamente al finanziamento dei L.E, mentre eventuali incrementi locali della tassa regionale rispetto al minimo, potranno coprire prestazioni aggiuntive o finanziare servizi regionali destinati alla generalità degli studenti.

 

In tutti i casi, ulteriori finanziamenti statali potranno poi essere erogati a norma dell’art. 119, comma 5, della Costituzione, a singole regioni che presentino particolari squilibri (o particolari bisogni) anche eventualmente sulla base di specifici accordi di programma.

 

 

2.3       L’individuazione dei L.E. delle prestazioni

 

Nell’ambito del diritto allo studio universitario, sono da considerarsi L.E. delle prestazioni gli importi minimi delle borse. 

 

In prima applicazione dovranno essere garantiti almeno gli importi minimi delle borse previste dal DPCM in vigore.

 

L’individuazione degli importi minimi, per avere senso e corrispondere ai suoi fini in termini di praticabilità, deve essere accompagnata da quella dei criteri relativi all’individuazione degli aventi diritto: tali criteri devono essere basati su parametri certi e trasparenti cui le Regioni possano far riferimento.

 

Per la determinazione delle condizioni economiche, si propone di assumere come parametri di riferimento gli Indicatori della Situazione Economica Equivalente (ISEE) e gli  Indicatori della Situazione Patrimoniale Equivalente (ISPE), di cui al DPCM in vigore.

 

La definizione del valore di soglia  dell’ ISEE che consente l’accesso ai benefici deve  fondarsi su meccanismi automatici, che tengano conto delle condizioni economiche generali delle singole Regioni.

 

 Nella scheda tecnica allegata viene illustrato un possibile meccanismo, che prevede la dipendenza del valore di soglia dell’ISEE dal PIL per abitante di ciascuna Regione.

 

 Per  l’ ISPE si propone di adeguare la fascia di variazione fissata dal DPCM in vigore, prevedendo un intervallo di variazione dei valori, entro cui le Regioni possono stabilire il proprio limite, tra i 23.000 e i 35.000 Euro.

 

Per la determinazione dei  criteri di merito, in coerenza con la disciplina dei livelli essenziali, dovranno essere applicati su tutto il territorio nazionale, si propongono quelli già approvati dal Coordinamento tecnico interregionale del 28 aprile 2004, condivisi dal Coordinamento interregionale degli Assessori del 13 maggio 2004  e già oggetto di confronto con il MIUR nella sede tecnica della Conferenza  Stato-Regioni  (*).

 

Le Regioni sono autonome nell’attuazione dei L.E e hanno la facoltà di valutare, sulla base delle proprie peculiarità organizzative, l’opportunità di corrispondere moneta, di erogare in alternativa servizi equivalenti oppure di fornire un mix dell’uno e dell’altro.

 

I livelli delle prestazioni possono essere superiori a quelli minimi e può essere ampliato il numero dei beneficiari degli interventi , se gli incrementi finanziari che ne derivano sono sostenuti interamente con risorse regionali.

 

 

3.         Dovendo essere garantita l’erogazione dei L.E. a tutti gli aventi diritto, la spesa subirà naturalmente un sensibile incremento, rispetto alla situazione attuale.

Nella transizione dall’attuale situazione al nuovo regime,  dovrà, inoltre, essere assicurato alle Regioni un finanziamento non inferiore a quello ottenuto nell’anno precedente l’entrata in funzione del nuovo sistema.

 

La fattibilità della proposta è pertanto strettamente legata all’incremento dei finanziamenti statali destinati al diritto allo studio universitario.

 

(*)

1. Per gli studenti iscritti al primo anno dei corsi di laurea e di laurea specialistica la seconda rata della borsa è corrisposta al conseguimento di un livello minimo di merito, stabilito dalle regioni e dalla province autonome, sentite le università, sino ad un massimo di 30 crediti per i corsi organizzati in più periodi didattici, quadrimestri, semestri o moduli, e di 25 crediti per gli altri purché conseguiti entro il 10 agosto.

2. Il requisito di merito di cui al comma 1 è definito autonomamente, anche in forme differenziate per atenei e corsi, dalle regioni, dalle province autonome, sentite le università, e comunque in misura non inferiore alla media dei crediti conseguiti dagli studenti negli specifici corsi, nel caso di corsi ad accesso programmato ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264, articoli 1 e 2, o dei regolamenti didattici e di deliberazioni degli organi accademici delle università non statali legalmente riconosciute. Il requisito di merito necessario per il conseguimento del beneficio nel secondo anno di corso non può essere inferiore a quello determinato ai sensi del presente comma.

3. La borsa è revocata agli studenti iscritti al primo anno dei corsi di laurea e di laurea specialistica i quali, entro il 30 novembre dell’anno solare successivo all’iscrizione, non abbiano conseguito almeno trenta crediti, riconosciuti per il corso di studio cui gli studenti sono iscritti nell'anno di conseguimento della borsa o per quello cui si iscrivono nell'anno successivo, anche se diverso da quello precedente. Le regioni, le province autonome e gli organismi regionali di gestione, in casi eccezionali, possono differire di non oltre tre mesi il termine previsto per il conseguimento dei livelli minimi di merito richiesti per evitare la revoca.

4. Al fine di determinare il diritto al mantenimento dei benefici per gli anni successivi al primo per i corsi di laurea, lo studente deve possedere i seguenti requisiti:

a.        per il secondo anno, 30 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda, nonché il soddisfacimento di eventuali obblighi formativi ove previsti all’atto dell’ammissione ai corsi;

b.        per il terzo anno, 90 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda.

5. Al fine di determinare il diritto al mantenimento dei benefici per gli anni successivi al primo dei corsi di laurea specialistica a ciclo unico, lo studente deve possedere i seguenti requisiti:

a.        per il secondo anno, 30 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda, nonché il soddisfacimento di eventuali obblighi formativi ove previsti all’atto dell’ammissione ai corsi;

b.        per il terzo anno, 90 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda;

c.        per il quarto anno, 145 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda;

d.        per il quinto anno, 200 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda;

e.        per il sesto anno, ove previsto, 260 crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione della domanda.

6. Per il conseguimento dei requisiti di merito di cui ai commi 4 e 5, lo studente può utilizzare, in aggiunta ai crediti effettivamente conseguiti, un "bonus", maturato sulla base dell’anno di corso frequentato con le seguenti modalità:

a.        5 crediti, se utilizzato per la prima volta per il conseguimento dei benefici per il secondo anno accademico;

b.        10 crediti, se utilizzato per la prima volta per il conseguimento dei benefici per il terzo anno accademico;

c.        15 crediti, se utilizzato per la prima volta per il conseguimento dei benefici per gli anni accademici successivi.

La quota del "bonus" non utilizzata nell’anno accademico di riferimento può essere utilizzata in quelli successivi.

7. Al fine di determinare il diritto al mantenimento dei benefici per gli anni successivi al primo degli altri corsi di laurea specialistica, lo studente deve aver acquisito 35 crediti in più rispetto a quelli riconosciuti al momento dell’iscrizione.

Per il conseguimento dei requisiti di merito di cui al presente comma, lo studente può utilizzare il bonus maturato e non fruito nel corso di laurea. Tale disposizione non si applica agli iscritti ai corsi di laurea specialistica provenienti dai vecchi ordinamenti.

8. I crediti, di cui ai commi precedenti, sono validi solo se riconosciuti per il corso di studio per il quale gli studenti chiedono il beneficio, anche se diverso da quello dell'anno precedente.

9. I limiti previsti dai commi 4, 5 e 7, possono essere innalzati dalle regioni, dalle province autonome e dalle università, per gli interventi di rispettiva competenza, in misura non superiore al venticinque per cento per i corsi ad accesso programmato, ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264, articoli 1 e 2, o dei regolamenti didattici e di deliberazioni degli organi accademici delle università non statali legalmente riconosciute.

10. Al fine di determinare il diritto al mantenimento dei benefici per gli anni successivi al primo, ove previsto, dei corsi di specializzazione e di dottorato di ricerca, lo studente deve possedere i requisiti necessari per l'ammissione previsti dai rispettivi ordinamenti delle specifiche università.

11. Al fine di determinare il diritto al mantenimento dei benefici per gli anni successivi al primo per i corsi attivati prima dell’attuazione del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, lo studente deve possedere i requisiti di merito previsti dall’articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri "Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari" del 30 aprile 1997 e agli studenti immatricolati prima dell’anno accademico 2004/2005 ai corsi di studio di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, le disposizioni  del D.P.C.M. “Disposizioni per l’uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari” del 9 aprile 2001.

12. In sede di attivazione dei corsi di laurea e di laurea specialistica previsti dal decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, ed indipendentemente dall’eventuale ritardo nell’attuazione delle disposizioni dell’articolo 13, comma 2, dello stesso decreto, secondo le quali le università riformulano in termini di crediti gli ordinamenti didattici vigenti e le carriere degli studenti già iscritti, i requisiti di merito per l’accesso ai benefici in materia di diritto allo studio da parte degli studenti che chiedono il passaggio a corsi di studio del nuovo ordinamento sono quelli risultanti dalla carriera scolastica del corso di provenienza, ai sensi del comma 11, limitatamente all’anno accademico nel quale viene effettuato il passaggio ed a quello successivo.

13. Nella fase di transizione dai vecchi ai nuovi ordinamenti, nei casi in cui non siano immediatamente applicabili i criteri di cui al comma 12, le regioni, le province autonome e le università definiscono, di comune intesa, i criteri per la valutazione del merito per l'accesso ai benefici.

14. Al fine di ottenere il mantenimento dei benefici, oltre al possesso dei requisiti di merito previsti dal presente articolo, lo studente deve essere ammesso alla frequenza dell’anno di corso per il quale sono richiesti sulla base dei regolamenti didattici delle specifiche università.

15. I benefici sono concessi nei limiti della durata normale dei corsi, così come definita dal decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 e successive modificazioni.

SCHEDA TECNICA

Determinazione del valore di soglia dell’ ISEE che consente l’accesso ai benefici

Detto L il valore di soglia dell’ Indicatore  della situazione economica equivalente che consente l’accesso ai benefici, si assume che L possa variare all’interno di un intervallo predefinito i cui estremi sono Lmin (valore minimo di L) ed Lmax (valore massimo di L).

All’interno di tale intervallo il valore di L di ciascuna Regione non è più definito dalla stessa, ma è fissato in  funzione del PIL per abitante.

Per la  Regione, che presenta il PIL minimo, il valore di L è pari a Lmin.

Per la  Regione, che presenta il PIL massimo, il valore di L è pari a Lmax.

Per le altre Regioni, il valore limite è determinato con le seguenti relazioni di interpolazione lineare, in base a cui l’incremento del valore limite dell’indicatore rispetto al minimo  è proporzionale alla differenza tra il PIL della Regione e quello della Regione che presenta il PIL minimo:  

L = Lmin + (PILRegione – PILminimo)x(Lmin - Lmax)/( PILmassimo – PILminimo)  

 

Il valore minimo del PIL per abitante è quello della Regione Calabria, che nel 2003 è risultato pari a 13.277,6 Euro, mentre il   valore massimo del PIL per abitante è quello della Regione Trentino Alto Adige , che nel 2003 è risultato pari a 28.045,0 Euro.

 

            A titolo meramente orientativo, ipotizzando ad esempio che i valori limite di L siano assunti pari rispettivamente:

 

   Lmin=13.500 Euro;                      Lmax =19.000 Euro

 

si ottengono i valori indicativi di L riportati nella seguente Tabella. 

Regioni - Province autonome

PIL per abitante nel 2003

Valore di soglia dell’ISEE

 

Euro

Euro

ABRUZZO

17.615,40

15.115,58

BASILICATA

14.912,80

14.109,02

CALABRIA

13.277,60

13.500,00

CAMPANIA

13.926,70

13.741,75

EMILIA ROMAGNA

26.288,10

18.345,66

FRIULI VENEZIA GIULIA

24.040,00

17.508,37

LAZIO

24.719,60

17.761,48

LIGURIA

23.306,90

17.235,33

LOMBARDIA

27.371,70

18.749,23

MARCHE

20.981,00

16.369,07

MOLISE

16.856,80

14.833,04

PIEMONTE

24.334,70

17.618,13

PUGLIA

13.973,60

13.759,22

SARDEGNA

16.145,50

14.568,13

SICILIA

14.125,60

13.815,83

TOSCANA

23.533,60

17.319,77

UMBRIA

20.709,60

16.267,99

VALLE d'AOSTA

25.773,30

18.153,92

VENETO

23.919,50

17.463,49

PROVINCIA BOLZANO

28.045,00

19.000,00

PROVINCIA TRENTO

28.045,00

19.000,00

 

ALLEGATO

 

 

 

1.      Alcune ipotesi di cofinanziamento Stato-Regioni

 

 

Al fine di fornire prime indicazioni sui possibili scenari derivanti dalla proposta per

la definizione dei rapporti Stato-Regioni in materia di diritto allo studio universitario, a seguito della modifica del Titolo V della costituzione, si prospettano, a titolo meramente esemplificativo, alcune ipotesi di finanziamento:

 

 

a)      cofinanziamento dello Stato pari al 70% per tutte le Regioni ;

 

b)      in alternativa all’ipotesi a), cofinanziamento dello Stato pari al 70% per le Regioni aventi un PIL al di sopra della media nazionale e all’80% per quelle aventi un PIL al di sotto della media nazionale.

 

c)      raggiungimento da parte delle Regioni del livello minimo di tassa per il diritto allo studio (€ 100) nel corso di un triennio, con possibilità di usufruire, nel transitorio, di un sostegno ad hoc dello Stato, per poter livellare gradualmente gli importi derivanti da tale cespite a quelli delle Regioni che hanno già raggiunto il livello minimo di 100 euro.,

 

 

 

2.      Indicazioni per il fabbisogno finanziario

 

 

 

E’ necessario premettere che non si sono potuti  effettuare calcoli sulla base di dati coerenti

con i criteri illustrati nel documento per l’individuazione dei Livelli essenziali, in quanto non è possibile, ad esempio, ipotizzare le variazioni che le modifiche negli attuali meccanismi di individuazione degli aventi diritto potranno comportare  nelle singole Regioni sul numero di idonei.

 

Al fine, però, di fornire alcuni elementi di orientamento sul possibile ordine di grandezza del fabbisogno finanziario  derivante dall’ adozione dei livelli essenziali, secondo gli indirizzi proposti dalle Regioni, si è proceduto a stimare la spesa necessaria per l’erogazione della borsa di studio a tutti gli idonei, prendendo come riferimento  i dati contenuti nelle Tabelle elaborate dal MIUR per il riparto del Fondo Integrativo 2004.

 

Il fabbisogno è stato calcolato moltiplicando gli importi di borsa previsti dal D.P.C.M. in vigore, per il numero di studenti idonei dell’a.a. 2003/04, il cui numero è, però, determinato dai criteri per l’individuazione degli aventi diritto stabiliti dal  D.P.C.M.

 

Nello specifico, per gli studenti con ISEE sotto i 2/3 della soglia, il numero di idonei fuori sede è stato moltiplicato per € 4.101, il numero di pendolari per € 2.261 e degli in sede per € 1.546.

 

Il numero di idonei, con ISEE sopra i 2/3 della soglia, è stato moltiplicato per gli importi minimi inferiori, corrispondenti all'80% degli importi sopra indicati.

 

Ne è risultato un  fabbisogno fabbisogno totale, a livello nazionale, pari a  € 495.889.055, di cui  296.619.124 per i fuori sede, € 145.060.74 per i pendolari, € 54.209.189 per gli studenti in sede.

 

E’ quindi stata stimata la spesa necessaria per l’erogazione della borsa di studio a tutti gli idonei, al netto degli introiti da tassa regionale, assunta pari a 100 euro per tutte le Regioni.

 

Considerato che l’introito da tassa regionale così calcolato ammonta  a € 180.445.834,  risulta un fabbisogno totale, a livello nazionale, di € 315.443.222.

 

Sulla copertura del fabbisogno di € 315.443.222, al netto degli introiti da tassa regionale assunta pari a 100, si è proceduto ad effettuare il calcolo di cofinanziamento, secondo la prima ipotesi di cofinanziamento dello Stato pari al 70% per tutte le Regioni.

 

E’ risultata una quota di cofinanziamento statale pari  € 220.810.255, con un incremento di € 76.602.255 rispetto all’importo dell’  attuale Fondo Integrativo e una  quota di cofinanziamento regionale pari a €  94.632.966, con un incremento di  € 3.632.966.

 

Sempre sulla copertura del fabbisogno di € 315.443.222, al netto degli introiti da tassa regionale assunta pari a 100, è stato effettuato il calcolo di cofinanziamento, secondo la seconda ipotesi di cofinanziamento dello Stato pari al  70% per le Regioni aventi un PIL al di sopra della media nazionale e all’80% per quelle aventi un PIL al di sotto della media nazionale. 

 

E’ risultata una quota di cofinanziamento statale pari  €  238.848.195, con un incremento di €, 94.640.195  rispetto all’importo dell’  attuale Fondo Integrativo e una  quota di cofinanziamento regionale pari a €  76.595.026 , con un decremento di  € 21.054.321.

 

Come enunciato nel documento, le Regioni sono autonome nell’attuazione dei Livelli essenziali e hanno la facoltà di valutare, sulla base delle proprie peculiarità organizzative, l’opportunità di corrispondere moneta, di erogare in alternativa servizi equivalenti oppure di fornire un mix dell’unno e dell’altro.

 

Assumendo come riferimento gli importi fissati dal D.P.C.M vigente per le detrazioni del posto alloggio e di un pasto giornaliero dall'importo della borsa di studio, si è ipotizzata la  conversione della borsa di studio di tutti gli idonei fuori sede in un posto alloggio e di tutti gli idonei fuori sede e pendolari in un pasto giornaliero.

 

Il  valore di tale conversione è risultato pari a  €  141.031.800.

 

Sono state, infine, ipotizzate le risorse statali necessarie, nell’arco di un triennio, a sostenere le Regioni, dove è in vigore una tassa di importo minore di 100 Euro, a raggiungere il valore di 100 euro.

 

Il primo anno le risorse statali dovrebbero essere pari a € 25.211.980, il secondo anno a € 15.798.351, il terzo anno a  €  7.899.175, fino ad azzerarsi nel quarto anno.