PROPOSTA
PER LA DEFINIZIONE DEI RAPPORTI STATO-REGIONI IN MATERIA
DI DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO, A SEGUITO DELLA
MODIFICA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE
COORDINAMENTO INTERREGIONALE DEGLI ASSESSORI
1. La modifica del
Titolo V della Costituzione ha introdotto rilevanti
novità in materia di diritto allo studio universitario.
In
particolare, oltre ad essere ridefinite le competenze di
Stato e Regioni, il diritto allo studio universitario si
configura non come un mero principio generale, ma come
insieme di specifici e ben definiti diritti di singoli
cittadini, che devono essere soddisfatti.
A seguito
di tali modifiche, non è più sostenibile l’assegnazione
della borsa di studio ad una sola parte degli studenti
idonei (attualmente la media nazionale è di circa il
75%), con l’esclusione di un’altra cospicua parte
(ammontante nel 2003 a circa 45.600 studenti) dal
godimento di una prestazione che, sulla base del
novellato Titolo V, è da ritenersi livello essenziale
del diritto allo studio universitario.
Non è,
inoltre, più sostenibile una situazione in cui continua
ad essere utilizzato un apparato normativo e
regolamentare incompatibile con le nuove competenze
esclusive tanto dello Stato quanto delle Regioni.
Non
essendo conseguentemente possibile usare il DPCM,
emanato sulla base di leggi preesistenti la modifica del
Titolo V, come strumento normativo per definire i
livelli essenziali delle prestazioni, le Regioni
ritengono necessario pervenire, in tempi ragionevolmente
brevi, alla revisione della l. 390/91.
Per il
raggiungimento di tale obiettivo, le Regioni confermano
la loro piena disponibilità a riavviare un confronto
aperto con il MIUR, finalizzato alla individuazione dei
principi condivisi da porre alla base della nuova
normativa, disponibilità già manifestata con la
partecipazione dei rappresentanti regionali all’avvio
delle attività del Gruppo di lavoro ministeriale per la
riforma della legge 390.
Immaginando un percorso che permetta di
passare con il dovuto realismo e con la necessaria
gradualità dall’attuale sistema di regole, procedure e
criteri minuziosi e dettagliati alla individuazione di
precise garanzie per i cittadini, si ritiene che, in
attesa della revisione della legge 390, e per assicurare
l’indispensabile continuità nell’erogazione dei
benefici, si possa procedere transitoriamente attraverso
l’elaborazione di Accordi annuali, da assumere in sede
di Conferenza Stato-Regioni.
In tali
accordi si procederà alla definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni, all’individuazione delle
risorse necessarie a garantirli e dei corrispondenti
criteri di riparto del finanziamento statale, superando
la logica del mero parere espresso dalle Regioni su atti
unilaterali del Governo, logica che ispira il regime
giuridico attuale, progettato sulla base di norme
costituzionali modificate dal novellato Titolo V.
2.
Le questioni più rilevanti da affrontare per la
definizione del nuovo apparato normativo, in materia di
diritto allo studio universitario, sono:
1) i
rapporti tra Stato e Regioni per l’esercizio delle
competenze rispettivamente attribuite dal nuovo assetto
costituzionale;
2) i
meccanismi di finanziamento dei L.E.;
3)
l’individuazione dei L.E. delle prestazioni.
2.1
I rapporti tra Stato e Regioni per l’esercizio delle
competenze rispettivamente attribuite dal nuovo assetto
costituzionale
La
definizione dei rapporti tra Stato e Regioni è resa
problematica dalla competenza esclusiva dello Stato a
determinare i L.E. delle prestazioni nell’ambito del
diritto allo studio universitario, settore di competenza
esclusiva delle Regioni.
Questo
doppio intreccio di competenze esclusive pone delicati
problemi interpretativi circa la determinazione del
confine tra il potere dello Stato e quello delle
Regioni.
È
evidente, a tale proposito, che il Titolo V, pur
attribuendo alle Regioni una competenza legislativa
esclusiva in materia di diritto allo studio, ha
delimitato tale competenza attraverso la fissazione, ad
opera del legislatore statale, delle “norme generali
sull’istruzione” e, soprattutto, dei “livelli
essenziali delle prestazioni in materia di diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale”.
Le
limitazioni alle competenze esclusive regionali hanno
una precisa giustificazione: evitare eccessive
differenziazioni che possano mettere a rischio
l’uguaglianza sostanziale nel godimento dei diritti
sociali, contemperando l’affermazione dell’autonomia
politica delle Regioni con l’esigenza di uguaglianza
sostanziale nella fruizione dei diritti civili e
sociali.
Ne
consegue che la garanzia di tali diritti passa
attraverso l’individuazione dei L.E. ad opera dello
Stato e l’attuazione degli stessi ad opera delle
Regioni.
La
logica dei L.E. mira, quindi, al coordinamento della
politica statale con le politiche regionali, poiché la
garanzia della cittadinanza sociale e dei diritti
sociali nel nuovo contesto costituzionale
non è solo compito dello
Stato o solo compito delle Regioni, bensì di entrambi,
seppure in maniera diversa.
Di qui
alcune conseguenze:
·
l’individuazione dei L.E. va concertata e
procedimentalizzata, poiché se è vero che la
Costituzione ne assegna la competenza allo Stato è
altrettanto vero che sono poi le Regioni, nei loro
territori, a doverne garantire la effettività;
·
l’individuazione dei L.E. deve andare di pari passo con
l’individuazione (e il trasferimento) delle risorse
finanziarie necessarie a garantire l’effettività dei
diritti.
2.2
I meccanismi di finanziamento dei L.E.
La
definizione dei meccanismi di finanziamento dei L.E.
deve avere a riferimento la competenza esclusiva dello
Stato, cui tocca l’onere prevalente nell’erogazione
delle risorse finanziarie.
Le
Regioni, nell’ambito di un quadro normativo che preveda
il coordinamento della politica statale con quella
regionale, sono disponibili a cofinanziare i L.E. o con
risorse finanziarie proprie o con l’erogazione
equivalente di servizi o con entrambe.
Si dovrà
quindi superare la logica del Fondo integrativo statale
per il sostegno degli interventi regionali e costituire
un Fondo statale per il diritto allo studio
universitario, a carico della fiscalità generale, per
alimentare il meccanismo di cofinaziamento dei L.E.
In assenza
di un sistema di autonomia fiscale delle Regioni,
l’apporto di cofinanziamento delle stesse potrà essere
maggiormente incisivo se cambierà di segno la politica
di contenimento della spesa pubblica, basata sul taglio
sistematico ed indiscriminato delle risorse trasferite
dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali.
Il
meccanismo di finanziamento dei L.E. dovrà, comunque,
necessariamente prevedere la persistenza di un apporto
diretto di tutti gli utenti del servizio universitario,
attraverso la tassa regionale per il diritto allo studio
universitario, il cui importo minimo, destinato a
coprire un’aliquota del finanziamento dei L.E., deve
essere uniforme in tutto il territorio nazionale.
Il livello
minimo della tassa dovrà essere definito a livello
nazionale e dovrà essere destinato esclusivamente al
finanziamento dei L.E, mentre eventuali incrementi
locali della tassa regionale rispetto al minimo,
potranno coprire prestazioni aggiuntive o finanziare
servizi regionali destinati alla generalità degli
studenti.
In tutti i
casi, ulteriori finanziamenti statali potranno poi
essere erogati a norma dell’art. 119, comma 5, della
Costituzione, a singole regioni che presentino
particolari squilibri (o particolari bisogni) anche
eventualmente sulla base di specifici accordi di
programma.
2.3
L’individuazione dei L.E. delle prestazioni
Nell’ambito del diritto allo studio universitario, sono
da considerarsi L.E. delle prestazioni gli importi
minimi delle borse.
In
prima applicazione dovranno essere garantiti almeno
gli importi minimi delle
borse previste dal DPCM in vigore.
L’individuazione degli importi minimi, per avere senso e
corrispondere ai suoi fini in termini di praticabilità,
deve essere accompagnata da quella dei criteri relativi
all’individuazione degli aventi diritto: tali criteri
devono essere basati su parametri certi e trasparenti
cui le Regioni possano far riferimento.
Per la
determinazione delle condizioni economiche, si propone
di assumere come parametri di riferimento gli Indicatori
della Situazione Economica Equivalente (ISEE) e gli
Indicatori della Situazione Patrimoniale Equivalente (ISPE),
di cui al DPCM in vigore.
La
definizione del valore di soglia dell’ ISEE che
consente l’accesso ai benefici deve fondarsi su
meccanismi automatici, che tengano conto delle
condizioni economiche generali delle singole Regioni.
Nella
scheda tecnica allegata viene illustrato un possibile
meccanismo, che prevede la dipendenza del valore di
soglia dell’ISEE dal PIL per abitante di ciascuna
Regione.
Per l’
ISPE si propone di adeguare la fascia di variazione
fissata dal DPCM in vigore, prevedendo un intervallo di
variazione dei valori, entro cui le Regioni possono
stabilire il proprio limite, tra i 23.000 e i 35.000
Euro.
Per la
determinazione dei criteri di merito, in coerenza con
la disciplina dei livelli essenziali, dovranno essere
applicati su tutto il territorio nazionale, si
propongono quelli già approvati dal Coordinamento
tecnico interregionale del 28 aprile 2004, condivisi dal
Coordinamento interregionale degli Assessori del 13
maggio 2004 e già oggetto di confronto con il MIUR
nella sede tecnica della Conferenza Stato-Regioni (*).
Le Regioni
sono autonome nell’attuazione dei L.E e hanno la facoltà
di valutare, sulla base delle proprie peculiarità
organizzative, l’opportunità di corrispondere moneta, di
erogare in alternativa servizi equivalenti oppure di
fornire un mix dell’uno e dell’altro.
I livelli
delle prestazioni possono essere superiori a quelli
minimi e può essere ampliato il numero dei beneficiari
degli interventi , se gli incrementi finanziari che ne
derivano sono sostenuti interamente con risorse
regionali.
3. Dovendo essere
garantita l’erogazione dei L.E. a tutti gli aventi
diritto, la spesa subirà naturalmente un sensibile
incremento, rispetto alla situazione attuale.
Nella
transizione dall’attuale situazione al nuovo regime,
dovrà, inoltre, essere assicurato alle Regioni un
finanziamento non inferiore a quello ottenuto nell’anno
precedente l’entrata in funzione del nuovo sistema.
La
fattibilità della proposta è pertanto strettamente
legata all’incremento dei finanziamenti statali
destinati al diritto allo studio universitario.
(*)
1. Per gli
studenti iscritti al primo anno dei corsi di laurea e di
laurea specialistica la seconda rata della borsa è
corrisposta al conseguimento di un livello minimo di
merito, stabilito dalle regioni e dalla province
autonome, sentite le università, sino ad un massimo di
30 crediti per i corsi organizzati in più periodi
didattici, quadrimestri, semestri o moduli, e di 25
crediti per gli altri purché conseguiti entro il 10
agosto.
2. Il
requisito di merito di cui al comma 1 è definito
autonomamente, anche in forme differenziate per atenei e
corsi, dalle regioni, dalle province autonome, sentite
le università, e comunque in misura non inferiore alla
media dei crediti conseguiti dagli studenti negli
specifici corsi, nel caso di corsi ad accesso
programmato ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264,
articoli 1 e 2, o dei regolamenti didattici e di
deliberazioni degli organi accademici delle università
non statali legalmente riconosciute. Il requisito di
merito necessario per il conseguimento del beneficio nel
secondo anno di corso non può essere inferiore a quello
determinato ai sensi del presente comma.
3. La
borsa è revocata agli studenti iscritti al primo anno
dei corsi di laurea e di laurea specialistica i quali,
entro il 30 novembre dell’anno solare successivo
all’iscrizione, non abbiano conseguito almeno trenta
crediti, riconosciuti per il corso di studio cui gli
studenti sono iscritti nell'anno di conseguimento della
borsa o per quello cui si iscrivono nell'anno
successivo, anche se diverso da quello precedente. Le
regioni, le province autonome e gli organismi regionali
di gestione, in casi eccezionali, possono differire di
non oltre tre mesi il termine previsto per il
conseguimento dei livelli minimi di merito richiesti per
evitare la revoca.
4. Al fine
di determinare il diritto al mantenimento dei benefici
per gli anni successivi al primo per i corsi di laurea,
lo studente deve possedere i seguenti requisiti:
a.
per il secondo anno, 30
crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione
della domanda, nonché il soddisfacimento di eventuali
obblighi formativi ove previsti all’atto dell’ammissione
ai corsi;
b.
per il terzo anno, 90
crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione
della domanda.
5. Al fine
di determinare il diritto al mantenimento dei benefici
per gli anni successivi al primo dei corsi di laurea
specialistica a ciclo unico, lo studente deve possedere
i seguenti requisiti:
a.
per il secondo anno, 30
crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione
della domanda, nonché il soddisfacimento di eventuali
obblighi formativi ove previsti all’atto dell’ammissione
ai corsi;
b.
per il terzo anno, 90
crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione
della domanda;
c.
per il quarto anno, 145
crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione
della domanda;
d.
per il quinto anno, 200
crediti entro il 10 agosto dell’anno di presentazione
della domanda;
e.
per il sesto anno, ove
previsto, 260 crediti entro il 10 agosto dell’anno di
presentazione della domanda.
6. Per il
conseguimento dei requisiti di merito di cui ai commi 4
e 5, lo studente può utilizzare, in aggiunta ai crediti
effettivamente conseguiti, un "bonus", maturato sulla
base dell’anno di corso frequentato con le seguenti
modalità:
a.
5 crediti, se utilizzato
per la prima volta per il conseguimento dei benefici per
il secondo anno accademico;
b.
10 crediti, se utilizzato
per la prima volta per il conseguimento dei benefici per
il terzo anno accademico;
c.
15 crediti, se utilizzato
per la prima volta per il conseguimento dei benefici per
gli anni accademici successivi.
La quota
del "bonus" non utilizzata nell’anno accademico di
riferimento può essere utilizzata in quelli successivi.
7. Al fine
di determinare il diritto al mantenimento dei benefici
per gli anni successivi al primo degli altri corsi di
laurea specialistica, lo studente deve aver acquisito 35
crediti in più rispetto a quelli riconosciuti al momento
dell’iscrizione.
Per il
conseguimento dei requisiti di merito di cui al presente
comma, lo studente può utilizzare il bonus maturato e
non fruito nel corso di laurea. Tale disposizione non si
applica agli iscritti ai corsi di laurea specialistica
provenienti dai vecchi ordinamenti.
8. I
crediti, di cui ai commi precedenti, sono validi solo se
riconosciuti per il corso di studio per il quale gli
studenti chiedono il beneficio, anche se diverso da
quello dell'anno precedente.
9. I
limiti previsti dai commi 4, 5 e 7, possono essere
innalzati dalle regioni, dalle province autonome e dalle
università, per gli interventi di rispettiva competenza,
in misura non superiore al venticinque per cento per i
corsi ad accesso programmato, ai sensi della legge 2
agosto 1999, n. 264, articoli 1 e 2, o dei regolamenti
didattici e di deliberazioni degli organi accademici
delle università non statali legalmente riconosciute.
10. Al
fine di determinare il diritto al mantenimento dei
benefici per gli anni successivi al primo, ove previsto,
dei corsi di specializzazione e di dottorato di ricerca,
lo studente deve possedere i requisiti necessari per
l'ammissione previsti dai rispettivi ordinamenti delle
specifiche università.
11. Al
fine di determinare il diritto al mantenimento dei
benefici per gli anni successivi al primo per i corsi
attivati prima dell’attuazione del decreto del Ministro
dell’università e della ricerca scientifica e
tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, lo studente deve
possedere i requisiti di merito previsti dall’articolo 4
del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
"Uniformità di trattamento sul diritto agli studi
universitari" del 30 aprile 1997 e agli studenti
immatricolati prima dell’anno accademico 2004/2005 ai
corsi di studio di cui al decreto del Ministro
dell’università e della ricerca scientifica e
tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, le disposizioni
del D.P.C.M. “Disposizioni per l’uniformità di
trattamento sul diritto agli studi universitari” del 9
aprile 2001.
12. In
sede di attivazione dei corsi di laurea e di laurea
specialistica previsti dal decreto del Ministro
dell’università e della ricerca scientifica e
tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, ed
indipendentemente dall’eventuale ritardo nell’attuazione
delle disposizioni dell’articolo 13, comma 2, dello
stesso decreto, secondo le quali le università
riformulano in termini di crediti gli ordinamenti
didattici vigenti e le carriere degli studenti già
iscritti, i requisiti di merito per l’accesso ai
benefici in materia di diritto allo studio da parte
degli studenti che chiedono il passaggio a corsi di
studio del nuovo ordinamento sono quelli risultanti
dalla carriera scolastica del corso di provenienza, ai
sensi del comma 11, limitatamente all’anno accademico
nel quale viene effettuato il passaggio ed a quello
successivo.
13. Nella
fase di transizione dai vecchi ai nuovi ordinamenti, nei
casi in cui non siano immediatamente applicabili i
criteri di cui al comma 12, le regioni, le province
autonome e le università definiscono, di comune intesa,
i criteri per la valutazione del merito per l'accesso ai
benefici.
14. Al
fine di ottenere il mantenimento dei benefici, oltre al
possesso dei requisiti di merito previsti dal presente
articolo, lo studente deve essere ammesso alla frequenza
dell’anno di corso per il quale sono richiesti sulla
base dei regolamenti didattici delle specifiche
università.
15. I
benefici sono concessi nei limiti della durata normale
dei corsi, così come definita dal decreto del Ministro
dell’università e della ricerca scientifica e
tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 e successive
modificazioni.
SCHEDA
TECNICA
Determinazione del valore di soglia dell’ ISEE che
consente l’accesso ai benefici
Detto L il
valore di soglia dell’ Indicatore della situazione
economica equivalente che consente l’accesso ai
benefici, si assume che L possa variare all’interno di
un intervallo predefinito i cui estremi sono Lmin
(valore minimo di L) ed Lmax (valore massimo
di L).
All’interno di tale intervallo il valore di L di
ciascuna Regione non è più definito dalla stessa, ma è
fissato in funzione del PIL per abitante.
Per la
Regione, che presenta il PIL minimo, il valore di L è
pari a Lmin.
Per la
Regione, che presenta il PIL massimo, il valore di L è
pari a Lmax.
Per le
altre Regioni, il valore limite è determinato con le
seguenti relazioni di interpolazione lineare, in base a
cui l’incremento del valore limite dell’indicatore
rispetto al minimo è proporzionale alla differenza tra
il PIL della Regione e quello della Regione che presenta
il PIL minimo:
L = Lmin +
(PILRegione – PILminimo)x(Lmin
- Lmax)/( PILmassimo – PILminimo)
Il valore
minimo del PIL per abitante è quello della Regione
Calabria, che nel 2003 è risultato pari a 13.277,6 Euro,
mentre il valore massimo del PIL per abitante è quello
della Regione Trentino Alto Adige , che nel 2003 è
risultato pari a 28.045,0 Euro.
A titolo meramente orientativo, ipotizzando
ad esempio che i valori limite di L siano assunti pari
rispettivamente:
Lmin=13.500
Euro; Lmax =19.000 Euro
si
ottengono i valori indicativi di L riportati nella
seguente Tabella.
Regioni -
Province autonome |
PIL per abitante
nel 2003 |
Valore di soglia
dell’ISEE |
|
Euro |
Euro |
ABRUZZO |
17.615,40 |
15.115,58 |
BASILICATA |
14.912,80 |
14.109,02 |
CALABRIA |
13.277,60 |
13.500,00 |
CAMPANIA |
13.926,70 |
13.741,75 |
EMILIA ROMAGNA |
26.288,10 |
18.345,66 |
FRIULI VENEZIA
GIULIA |
24.040,00 |
17.508,37 |
LAZIO |
24.719,60 |
17.761,48 |
LIGURIA |
23.306,90 |
17.235,33 |
LOMBARDIA |
27.371,70 |
18.749,23 |
MARCHE |
20.981,00 |
16.369,07 |
MOLISE |
16.856,80 |
14.833,04 |
PIEMONTE |
24.334,70 |
17.618,13 |
PUGLIA |
13.973,60 |
13.759,22 |
SARDEGNA |
16.145,50 |
14.568,13 |
SICILIA |
14.125,60 |
13.815,83 |
TOSCANA |
23.533,60 |
17.319,77 |
UMBRIA |
20.709,60 |
16.267,99 |
VALLE d'AOSTA |
25.773,30 |
18.153,92 |
VENETO |
23.919,50 |
17.463,49 |
PROVINCIA BOLZANO |
28.045,00 |
19.000,00 |
PROVINCIA TRENTO |
28.045,00 |
19.000,00 |
ALLEGATO
1.
Alcune
ipotesi di cofinanziamento Stato-Regioni
Al fine di
fornire prime indicazioni sui possibili scenari
derivanti dalla proposta per
la
definizione dei rapporti Stato-Regioni in materia di
diritto allo studio universitario, a seguito della
modifica del Titolo V della costituzione, si
prospettano, a titolo meramente
esemplificativo, alcune
ipotesi di finanziamento:
a)
cofinanziamento dello Stato pari al 70% per tutte le
Regioni ;
b)
in
alternativa all’ipotesi a), cofinanziamento dello Stato
pari al 70% per le Regioni aventi un PIL al di sopra
della media nazionale e all’80% per quelle aventi un PIL
al di sotto della media nazionale.
c)
raggiungimento da parte delle Regioni del livello minimo
di tassa per il diritto allo studio (€ 100) nel corso di
un triennio, con possibilità di usufruire, nel
transitorio, di un sostegno ad hoc dello Stato, per
poter livellare gradualmente gli importi derivanti da
tale cespite a quelli delle Regioni che hanno già
raggiunto il livello minimo di 100 euro.,
2.
Indicazioni
per il fabbisogno finanziario
E’
necessario premettere che non si sono potuti effettuare
calcoli sulla base di dati coerenti
con i
criteri illustrati nel documento per l’individuazione
dei Livelli essenziali, in quanto non è possibile, ad
esempio, ipotizzare le variazioni che le modifiche negli
attuali meccanismi di individuazione degli aventi
diritto potranno comportare nelle singole Regioni sul
numero di idonei.
Al fine,
però, di fornire alcuni elementi di orientamento sul
possibile ordine di grandezza del fabbisogno
finanziario derivante dall’ adozione dei livelli
essenziali, secondo gli indirizzi proposti dalle
Regioni, si è proceduto a stimare la spesa necessaria
per l’erogazione della borsa di studio a tutti gli
idonei, prendendo come riferimento i dati contenuti
nelle Tabelle elaborate dal MIUR per il riparto del
Fondo Integrativo 2004.
Il
fabbisogno è stato calcolato moltiplicando gli importi
di borsa previsti dal D.P.C.M. in vigore, per il numero
di studenti idonei dell’a.a. 2003/04, il cui numero è,
però, determinato dai criteri per l’individuazione degli
aventi diritto stabiliti dal D.P.C.M.
Nello
specifico, per gli studenti con ISEE sotto i 2/3 della
soglia, il numero di idonei fuori sede è stato
moltiplicato per € 4.101, il numero di pendolari per €
2.261 e degli in sede per € 1.546.
Il numero
di idonei, con ISEE sopra i 2/3 della soglia, è stato
moltiplicato per gli importi minimi inferiori,
corrispondenti all'80% degli importi sopra indicati.
Ne è
risultato un fabbisogno fabbisogno totale,
a livello nazionale, pari a €
495.889.055, di cui € 296.619.124 per
i fuori sede, € 145.060.74 per i pendolari, € 54.209.189
per gli studenti in sede.
E’ quindi
stata stimata la spesa necessaria per l’erogazione della
borsa di studio a tutti gli idonei, al netto degli
introiti da tassa regionale, assunta pari a 100 euro per
tutte le Regioni.
Considerato che l’introito da tassa regionale così
calcolato ammonta a €
180.445.834,
risulta
un fabbisogno totale, a livello nazionale, di €
315.443.222.
Sulla
copertura del fabbisogno di € 315.443.222, al
netto degli introiti da tassa regionale assunta pari a
100, si è proceduto ad effettuare il calcolo di
cofinanziamento, secondo la prima ipotesi di
cofinanziamento dello Stato pari al 70% per tutte le
Regioni.
E’
risultata una quota di cofinanziamento statale pari €
220.810.255, con un incremento di €
76.602.255
rispetto
all’importo dell’ attuale Fondo Integrativo e una
quota di cofinanziamento regionale pari a €
94.632.966, con un incremento di € 3.632.966.
Sempre
sulla copertura del fabbisogno di € 315.443.222,
al netto degli introiti da tassa regionale assunta pari
a 100, è stato effettuato il calcolo di cofinanziamento,
secondo la seconda ipotesi di cofinanziamento
dello Stato pari al 70% per le Regioni aventi un PIL al
di sopra della media nazionale e all’80% per quelle
aventi un PIL al di sotto della media nazionale.
E’
risultata una quota di cofinanziamento statale pari €
238.848.195, con un incremento di €,
94.640.195
rispetto
all’importo dell’ attuale Fondo Integrativo e una
quota di cofinanziamento regionale pari a €
76.595.026 , con un decremento di € 21.054.321.
Come
enunciato nel documento, le Regioni sono autonome
nell’attuazione dei Livelli essenziali e hanno la
facoltà di valutare, sulla base delle proprie
peculiarità organizzative, l’opportunità di
corrispondere moneta, di erogare in alternativa servizi
equivalenti oppure di fornire un mix dell’unno e
dell’altro.
Assumendo
come riferimento gli importi fissati dal D.P.C.M vigente
per le detrazioni del posto alloggio e di un pasto
giornaliero dall'importo della borsa di studio, si è
ipotizzata la conversione della borsa di studio di
tutti gli idonei fuori sede in un posto alloggio e di
tutti gli idonei fuori sede e pendolari in un pasto
giornaliero.
Il
valore di tale conversione è risultato pari a €
141.031.800.
Sono
state, infine, ipotizzate le risorse statali necessarie,
nell’arco di un triennio, a sostenere le Regioni, dove è
in vigore una tassa di importo minore di 100 Euro, a
raggiungere il valore di 100 euro.
Il primo
anno le risorse statali dovrebbero essere pari a €
25.211.980, il secondo anno a € 15.798.351,
il terzo anno a € 7.899.175, fino ad azzerarsi
nel quarto anno. |