PROPOSTA DI Programma
nazionale degli interventi nel settore idrico IN ATTUAZIONE DELL’articolo 4,
commi 35 e 36 della LEGGE 24 DICEMBRE 2003, N. 350 (FINANZIARIA 2004)
Punto
19) O.d.g. Conferenza Stato-Regioni
L’articolo 4 commi 35 e 36 della legge 24 dicembre 2003 n. 350 prevede che
il Programma nazionale degli intervanti nel settore idrico sia formulato dal
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i
Ministeri interessati, sulla base di progetti segnalati da una pluralità di
istituzioni operanti nel settore.
La metodologia adottata nel
reperimento di proposte da inserire in un atto di programmazione nazionale
finalizzato espressamente dalla legge a “garantire il necessario
coordinamento nella realizzazione di tutte le opere del settore idrico”, si
è quindi basata su una pluralità di richieste direttamente indirizzate a
vari soggetti, cui non è seguita la necessaria attività di verifica e
raccordo con le regioni.
Peraltro, la procedura
adottata non ha preso in debita considerazione alcuni importanti aspetti
della materia.
L’acqua è una risorsa
unica, che deve contemporaneamente soddisfare tutti i bisogni primari della
collettività, da quello potabile a quelli irrigui, energetici e industriali
e la cui fruibilità nel tempo può essere garantita soltanto da una
complessiva pianificazione che, contemperate le opposte esigenze di
sfruttamento in un’ottica di sviluppo sostenibile, abbia a suo fondamento il
perseguimento dell’equilibrio tra fabbisogni e disponibilità di un
determinato territorio.
Chiamando direttamente in
causa le specificità delle singole competenze, si è quindi trascurato il
ruolo unificante riconosciuto nel settore alla competenza regionale e delle
province autonome, chiamate dalla più recente legislazione in materia ad un
nuovo approccio complessivo ed integrato nella gestione della risorsa e
delle pressioni che la stessa subisce.
È a tutti noto infatti come
la tutela delle risorse naturali e, tra queste in particolare le risorse
idriche, sia strettamente connessa alla materia “governo del territorio”, in
cui sono presenti tutte le componenti essenziali del comparto cui si
riferiscono le opere in esame: dalla gestione del demanio idrico, alla
tutela dagli inquinamenti, alla regolazione dei servizi di acquedotto,
fognatura e depurazione.
Tutti gli aspetti appena
citati sono normati da un complesso di leggi che, pur contemplando una
pluralità di soggetti e competenze di diversa natura e livello, trovano,
soprattutto nel decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, la loro unitaria
ricomposizione in un quadro organico, che affida alle Regioni l’adozione del
Piano di tutela delle acque (PTA), strumento volto a definire l’insieme
complessivo delle misure necessarie alla tutela dell’intero sistema idrico
regionale e di bacino, in quanto stralcio territoriale e di settore del
piano di bacino di cui alla l. 183/1989.
Quello
regionale si è rivelato infatti un livello appropriato per la risoluzione
dei problemi legati alle risorse idriche, elementi contemporaneamente
fluenti e localizzati sul territorio, perché la Regione dispone di una
ampiezza territoriale idonea a coordinare e armonizzare i molteplici
interessi, spesso antagonisti, insediati sul territorio che i corpi idrici
attraversano.
In particolare il PTA
regionale definisce, sulla base di una approfondita attività di analisi del
contesto territoriale e delle pressioni dallo stesso subite, il complesso
delle azioni volte a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli
obiettivi di qualità dei corpi idrici e le misure necessarie al razionale
utilizzo della risorsa.
In quest’ottica,
lo stesso modello procedimentale delineato dall’articolo 44 del d.lgs.
152/1999 presuppone necessariamente un rapporto di stretto coordinamento tra
il livello regionale e le altre istituzioni competenti in materia,
assegnando alle Autorità di bacino la fissazione degli obiettivi e delle
priorità di intervento a scala di bacino e prevedendo il coinvolgimento
delle Autorità d’ambito quali soggetti che dovranno trarre dal PTA le
coordinate di riferimento della loro attività di pianificazione.
D’altro
canto non può non rammentarsi come le Autorità di bacino siano, in caso di
bacini di rilievo nazionale e interregionale, la sede di coordinamento tra
le Regioni appartenenti all’area idrografica di riferimento e negli altri
casi coincidano con le Regioni stesse.
A loro
volta, le previsioni infrastrutturali degli atti di pianificazione delle
Autorità d’ambito, sin qui adottati, non potranno avere alcuna valenza se
non saranno giudicate compatibili con le linee di governo definite dai PTA
regionali o, nelle more della loro approvazione, in linea con gli atti di
pianificazione e programmazione regionale.
Per le
finalità di tutela complessiva del sistema idrico proprie del PTA e per la
sua natura di piano sovraordinato, lo strumento si presta inoltre in via
naturale ad essere il momento di presa in carico, armonizzazione e
integrazione di tutti gli interventi (dalla realizzazione e gestione di
invasi, agli interventi di lotta alla siccità e alla desertificazione)
connessi all’utilizzo di una risorsa che, per la sua crescente strategicità
e vulnerabilità, non può più soffrire approcci squisitamente settoriali e
tra loro non coerenti.
Dalla disamina del Programma
presentato è emerso, tra l’altro, a titolo esemplificativo, che non sono
stati ricompresi alcuni progetti indicati dalle Amministrazioni regionali e,
in particolare, per diverse regioni sono state registrate incongruenze e
duplicazioni, nonché omissioni, a fronte di proposte formalmente adottate
con Deliberazioni regionali (Basilicata, Sardegna e Valle d’Aosta).
Alcune regioni segnalano,
quindi, significative incongruenze anche in rapporto a mancati ed
indispensabili raccordi interregionali (per la regione Puglia è inserito un
intervento da 120 Meuro che prevede la realizzazione delle principali
infrastrutture in territorio della Regione Molise).
Per le
ragioni sin qui illustrate e alla luce delle considerazioni svolte
nell’incontro tenutosi presso il Ministero dell’ambiente il 25 maggio u.s.,
nella riunione interregionale del successivo 10 giugno e nella riunione in
data odierna, si sottolinea, pertanto, la necessità che, riconosciuta la
centralità della pianificazione regionale, il Programma nazionale in
questione sia definito esclusivamente in conformità alla medesima.
Sulla
base di quanto detto, la relazione di accompagnamento al PNISI è
condivisibile se intesa come strumento finalizzato esclusivamente a
presentare le problematiche del settore idrico a livello nazionale.
Diversamente, detta relazione non può essere accettata, in quanto devono
essere concordate con le regioni: priorità, modalità di ripartizione e
utilizzo delle risorse ed eventuali economie, definizione degli indicatori e
dei criteri di valutazione degli interventi.
Alla luce di quanto sopra esposto e tenuto conto della mancanza di risorse
finanziarie oltre a quelle assegnate al comparto irriguo o genericamente
individuate per gli interventi di cui alla Legge Obiettivo, le Regioni e le
Province autonome esprimono parere favorevole
all’approvazione degli allegati tecnici del Programma a condizione che:
a)
Sia preso atto dei provvedimenti e delle proposte delle Regioni e delle
Province autonome contenenti gli interventi individuati dalle stesse, ai
fini della rettifica e integrazione, in fase di attuazione, degli allegati
tecnici del programma.
b)
L’attuazione del programma avvenga in conformità e nel rispetto della
pianificazione e delle competenze regionali, applicando, per il riparto
delle risorse finanziarie e per l’individuazione degli interventi prioritari
da finanziare, criteri preventivamente concertati con le Regioni e le
Province autonome.
Sulla
base delle considerazioni prima esposte, resta quindi fermo che il programma
prioritario degli interventi da finanziare dovrà essere il risultato di un
intensa attività di concertazione tra il Ministeri interessati e le Regioni.
Roma, 23
settembre 2004
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