Riforma della parte II della Costituzione
I Presidenti delle Regioni e delle Province
autonome hanno manifestato, con il parere del 28 giugno 2004, viva
preoccupazione, in ordine ad un testo di riforma della Costituzione che
presenta rilevanti rischi di conflitti e confusione istituzionale. Hanno anche rilevato - condividendo le
considerazioni espresse, in questo senso, anche da Autorità dello Stato - come
fosse inaccettabile fare una riforma come il federalismo senza ascoltare le
Regioni stesse.
Ora, in questa fase finale del procedimento
legislativo presso la Camera dei Deputati, le Regioni e le Province autonome
danno atto al Ministro Calderoli di avere aperto un
dialogo: dapprima con singoli gruppi (in occasione degli incontri del 1°
settembre a Potenza con le regioni
meridionali, e del 7 settembre con i Presidenti delle Regioni a Statuto
speciale e delle Province autonome), e, da ultimo, illustrando il 14 settembre,
in Conferenza dei Presidenti, le linee generali degli emendamenti che il Governo
stava elaborando.
L'esame dei numerosi emendamenti presentati
il 15 settembre dimostra tuttavia che in larga misura questi si muovono in
direzioni ben diverse rispetto alle valutazioni espresse da Regioni e
Province autonome, in vari punti adottando soluzioni non adeguate e non
coerenti rispetto al comune obbiettivo di completare un'architettura
costituzionale rispettosa dell'unitarietà della Repubblica e, al tempo stesso,
autonomista, cooperativa, semplificata ed efficace, in grado di superare
incertezze e conflittualità.
Pur nella ristrettezza dei tempi ormai
consentiti dal procedimento parlamentare, le Regioni e le Province autonome
esprimono le seguenti valutazioni e proposte, in una prospettiva di
costruttiva e leale collaborazione, nel perseguire modifiche del testo in
direzione di un sistema istituzionale più organico, coerente e funzionale.
La proposta contenuta nella lettera a) è
condivisa con le Associazioni degli enti locali (Anci,
Upi, Uncem)
a)
composizione
del Senato “federale”
I Presidenti delle Regioni hanno da tempo manifestato la convinzione che la migliore soluzione di composizione per un Senato realmente Federale sia quella espressa dal modello tedesco. Nell'assenza di condizioni per la realizzazione di tale modello ritengono tuttavia o comunque che debbano essere garantite, anche in presenza di una elezione diretta dei Senatori, l'efficacia della rappresentatività dei territori ed il legame con i territori stessi dei Senatori di ogni regione. In questo senso va intesa la posizione espressa nel parere del 28 giugno 2004, a favore dell'introduzione di un criterio di contestualità tra elezioni dei Senatori ed elezioni regionali, quale elemento per introdurre una nuova sinergia tra tempi, logiche e dinamiche tra Senato e istanze regionali, da un lato e tempi, logiche e dinamiche tra Camera e Governo dall'altro.
L'emendamento dei capigruppo della maggioranza
all'art. 6 (60) sembra andare nella direzione di un superamento della contestualità "affievolita" prevista nel testo
approvato in commissione, ma una lettura attenta dell'art. 43 evidenzia che la
disciplina transitoria, non modificata dagli emendamenti del Governo,
prevede in sostanza un pieno appiattimento delle elezioni del Senato rispetto a
quelle della Camera (secondo il ritmo 2006, 2011, 2016….), implicando
inevitabilmente una correzione dei tempi di durata degli organi regionali (per
propria natura sfalsate, rispetto alle elezioni nazionali, e con propri ritmi
che -per 14 regioni ordinarie- hanno la cadenza 2005, 2010, 2015,…).
In questo senso, l'art.43, secondo comma, deve
quindi essere modificato[1],
chiarendo da quale momento le scadenze
delle elezioni dei Senatori si adeguano a quelle delle regioni (e non
viceversa), dato che prevede, per la prima tornata elettorale del nuovo senato federale, la contestualità
con l'elezione della Camera e del Governo, lasciando aperta una impropria sovrapposizione tra logiche
del circuito politico-istituzionale nazionale e quelle del circuito delle
autonomie, sovrapposizione idonea a determinare confusione tra gli elettori, un
naturale inevitabile effetto di trascinamento degli orientamenti nazionali
rispetto agli interessi territoriali e, in definitiva, a stemperare nella
competizione nazionale l'autonomo rilievo della consultazione elettorale regionale,
finendo per negare la sostanziale autonomia della rappresentanza degli organi
regionali. Per tutelare questa autonomia è dunque necessario che la
disposizione transitoria non preveda ma, all'opposto, esplicitamente escluda
una coincidenza tra i due tipi di elezione.
Nel contesto di un Senato che viene definito
“federale” ma che nella sostanza federale non è, appare inutile,
contraddittoria e, semmai, dannosa la previsione, introdotta da un altro
emendamento governativo all'ultimo comma del nuovo articolo 57 (cfr. art. 3 del ddl) della mera
possibilità per i presidenti delle regioni, e di un rappresentante per ogni
regione eletto dal rispettivo Consiglio delle Autonomie locali, di partecipare,
peraltro senza diritto di voto, ai lavori del Senato federale. I Presidenti
delle Regioni esprimono una valutazione nettamente negativa nei
confronti di una disposizione di questo tipo, volta a introdurre una presenza
meramente simbolica, non essendo in grado di incidere sull'assunzione delle
scelte, e le cui posizioni potrebbero anche non coincidere con quelle espresse
dai rappresentanti elettivi (duplicazione di rappresentanza). Permane quindi la
critica fondamentale circa il fatto che la rappresentanza delle regioni resta
così meramente simbolica e fortemente minoritaria.
Del resto risulta anche improprio che la
Costituzione disciplini puntualmente relazioni e circolazioni di informazioni
tra Senato o Senatori, da un lato, Regioni ed Enti locali dall'altro,
debordando su versanti che certamente sono più opportunamente da lasciare al
regolamento del Senato, agli Statuti delle regioni, ad altre fonti ed alla
prassi della leale collaborazione.
In sintesi, in
relazione alla composizione del Senato federale, le Regioni propongono:
a)
contestualità piena tra elezioni dei senatori ed elezioni regionali e non
affievolita né appiattita sui tempi di elezione della Camera, con coerenti ridefinizione della disciplina transitoria, nel rispetto
delle cadenze delle legislature regionali;
b)
eliminazione di ogni
presenza di rappresentanti delle Regioni o delle Autonomie, ora del resto
inserita in posizione minoritaria, consultiva e sostanzialmente simbolica[2];
c)
eleggibilità a senatore
degli amministratori regionali e locali, nello spirito dell’articolo 4 del
testo approvato dalla Commissione. Conseguentemente andrà modificato anche
l’attuale 122 , II comma, della Costituzione nel senso di eliminare
l’incompatibilità per i componenti dei Consigli e delle Giunte regionali;
d)
soppressione dell'art. 39 ter degli emendamenti della maggioranza;
In subordine, se non si accogliessero queste proposte, meglio sarebbe
mantenere l'attuale sistema.
b)
formazione
delle leggi
Il sistema di formazione delle leggi si basa su
una complessa tripartizione di fonti (leggi a prevalenza della Camera; leggi a
prevalenza del Senato; leggi bicamerali), collegata ad una complessa
tripartizione di competenze (esclusive dello Stato; concorrenti; aspetti fondamentali
di attuazione della Costituzione), destinata a complicarsi ulteriormente per
effetto dell'inserimento della "devoluzione". Si tratta di un sistema
macchinoso e intricato, destinato inevitabilmente a sommare alla conflittualità
esistente tra Stato e Regioni, una inedita conflittualità tra gli stessi rami
del Parlamento. Anche i Presidenti delle Camere hanno espresso viva
preoccupazione per modalità di riparto delle competenze legislative che possono
generare una elevata conflittualità tra i due rami del Parlamento, che si
aggiungerebbe a quella tra Stato e Regioni, coinvolgendo -in termini assai
rischiosi- le stesse massime espressioni dell'ordinamento costituzionale dello
Stato.
Già nel documento del 28 giugno, le Regioni
hanno proposto di semplificare il
confuso ed insostenibile sistema previsto dal progetto, riducendo la
tripartizione ivi prevista a due soli tipi (a prevalenza della Camera;
bicamerali) con valorizzazione delle leggi bicamerali[3].
L'emendamento al testo dell'art. 70 presentato dal
Governo (art. 13 del ddl), anziché attenuare tali
aspetti critici, li esalta complicando organi e procedimenti: creando
commissione mista e commissione paritetica, coinvolgendo nei percorsi
parlamentari Governo e Presidente della Repubblica in un pasticcio
inestricabile.
Anche sotto il profilo del funzionamento, in
questi termini, la configurazione data al Parlamento non riflette affatto le
esigenze di un ordinato assetto delle competenze legislative in uno schema
che nulla ha a che vedere con quanto si pratica negli Stati realmente federali.
In sintesi, in
relazione alla formazione delle leggi, le Regioni propongono:
a)
riformulare
integralmente il testo dell' art. 13 (70) o ridimensionando a due sole
tipologie di leggi e di procedimenti (secondo la proposta allegata) o comunque,
anche in base ai suggerimenti contenuti in proposte avanzate sia dalla
maggioranza che dall'opposizione, evitando sovrapposizioni, complicazioni,
confusioni, conflittualità.
In subordine, se non dovesse essere accolta questa proposta, meglio sarebbe mantenere l'attuale
sistema.
c)
competenze
legislative e devoluzione
Per quanto riguarda la configurazione delle
competenze delle regioni mentre si ipotizza, nel progetto, un ambiguo
conferimento di nuove funzioni in materia di sanità, istruzione e polizia
locale, gli emendamenti presentati dal Governo determinano un sostanzioso riaccentramento di competenze ora spettanti -in via
concorrente od esclusiva- alle Regioni.
Vengono riportati allo Stato grandi blocchi di
competenze realizzando così uno scoordinato ibrido tra centralismo e devolution. In questi termini si tende così risolvere
difficoltà e conflittualità imputate agli attuali assetti delle competenze,
semplicemente eliminando, in importanti ambiti, gli spazi di intervento delle
Regioni: trascurando la ben più equilibrata opera svolta dalla Corte
costituzionale alla ricerca di ponderati equilibri tra le questioni di rilievo
nazionale, gli interventi regionali, le necessità di cooperazione.
La ricentralizzazione,
d'altronde, non riguarda le sole materie considerate nei vari commi
dell'art.117: così, ad esempio, riservando allo Stato la nuova materia
dell'"ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale",
l'art.118, comma 6, apre spazi ad una disciplina destinata ad incidere in una
indefinita serie di materie regionali.
Del resto la definizione delle materie riservate
allo Stato è effettuata negli
emendamenti in termini del tutto opinabili e problematici.
In effetti, in primo luogo si fa ampio ricorso
alla riserva statale in ordine alle "norme generali" in una
serie di materie, rendendo arduo distinguere i contenuti dell'intervento
statale rispetto ai contenuti dei "principi fondamentali" previsti
nelle materie concorrenti.
Dall'altro lato si fa ampio ricorso a criteri
di dimensione che in molti ambiti sono del tutto opinabili e soggettivi: è
certamente arduo delimitare i confini della "produzione trasporto e
distribuzione nazionali dell'energia" (art. 117 co.
2° lett. z) o della "comunicazione di interesse regionale" (art. 117 co. 3° lett. d) "istituti di credito a carattere
regionale" (art. 117 co. 3 lett. f), e
dell’ordinamento sportivo ora distinto tra “nazionale” e “regionale”.
Definizioni di questo tipo sono inevitabilmente destinate a produrre
interminabili discussioni, incertezza e
nuove conflittualità.
Sulla devoluzione,
del resto, le regioni non hanno manifestato opinioni unanimi; anche se
condividono tutte la preoccupazione di evitare ogni confusione o ambiguità sul
riparto di competenze. In questo senso, non è condivisibile la riserva allo
Stato in materia di "norme generali sulla tutela della salute"
(art.117, comma 2, lett. m.bis) del testo approvato in Commissione), affiancata
dall'attribuzione in via esclusiva alle Regioni della competenza in materia di
"assistenza e organizzazione sanitaria" (art.117, comma 4, lett.a). La prima materia, in effetti, secondo le correnti
definizioni, accettate comunemente anche dalle organizzazioni internazionali, è
comprensiva della seconda; rendendo inestricabile la soluzione dei casi
concreti e, dunque, non più soltanto il riconoscimento della competenza, nel
caso concreto, allo Stato o alle Regioni, ma anche la ripartizione stessa tra
Camera e Senato "federale".
Gli emendamenti da ultimo presentati dalla
maggioranza hanno notevolmente accentuato difficoltà di questo tipo,
frantumando artificiosamente la materie e sdoppiandole in modo tale da rendere
assolutamente ardua la definizione dei confini delle competenze.
Così, ad esempio, non solo "l'ordinamento
delle professioni intellettuali" è stato incluso tra le materie di
esclusiva competenza statale, ma permane, sempre in materia di
"professioni" la competenza concorrente delle regioni (non essendo
stato modificato su questo punto il terzo comma dell'art. 117).
In materia di tutela della salute, alle
critiche già evidenziate si aggiunge ora l'inclusione, nella lettera m bis)
della materia "sicurezza e qualità alimentari" che, inoltre, coesiste
con la competenza concorrente regionale in materia di
"alimentazione".
Ancor più eclatante
è il caso della "istruzione": tale materia si trova ora
infatti ad essere, addirittura tripartita in quanto:
-
permane la competenza esclusiva statale
in materia "norme generali
sull'istruzione" (lett. n);
-
permane altresì la competenza concorrente
regionale in materia di "istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche";
-
l'articolo 117 co.
4 lettere b) e c) introduce due nuovi casi di competenza esclusiva regionale:
"organizzazione scolastica ……" e "definizione dei programmi
scolastici di interesse della regione"[4].
E' fin troppo evidente che un sistema così
intricato di riparto delle competenze non può che essere foriero di ulteriori,
difficilmente risolubili, conflitti.
D'altronde l'emendamento proposto all'art. 120,
prevedendo che lo Stato possa adottare provvedimenti legislativi in qualunque
materia di competenza regionale ogni volta in cui ritenga che esistano esigenza
di tutela dell'unità giuridica od economica, apre un indefinito spazio di
compressione della potestà legislativa regionale anche al di là di quanto
previsto dalla Costituzione del 1948 e da luogo ad un ulteriore piano di
incertezze.
In sintesi, in
relazione alle competenze legislative e alla devoluzione, le Regioni propongono:
a)
rivedere i riaccentramenti e comunque le duplicazioni e le
sovrapposizioni delle stesse materie tra competenza esclusiva dello Stato,
competenze concorrenti, competenza esclusiva delle Regioni;
b)
in particolare, evitare la
sovrapposizione tra norme generali e principi fondamentali;
c)
evitare opinabili riparti
basati sulle dimensioni" nazionali" o "regionali" degli
interessi nelle singole materie;
d)
sopprimere l'art. 36 (120)
degli emendamenti.
d)
interesse
nazionale
I Presidenti delle Regioni confermano il parere
del 28 giugno 2004, esprimendo condivisione per le preoccupazioni
sollevate nel dibattito politico-istituzionale in relazione al tema dell'interesse
nazionale, quale esigenza di fondo di un nucleo essenziale di unitarietà
del sistema. I Presidenti delle Regioni meridionali hanno già opportunamente
sottolineato l'esigenza di "riconoscere il valore politico e
costituzionale della salvaguardia dell'interesse nazionale, osservando che esso
richiede uno stretto collegamento ai principi della solidarietà e della sussidiarietà".
Preoccupazioni di questo tipo, peraltro, non
possono tradursi in una impropria censura su singole leggi approvate dai
Consigli regionali, sulla base di valutazioni di merito, di natura
squisitamente politica.
Gli emendamenti
presentati dal della maggioranza al testo dell'articolo 127, che disciplinava
questa eventualità prevedendo un improprio
coinvolgimento del Senato federale,
appaiono sostanzialmente peggiorativi
in quanto attribuiscono ad una "Commissione mista paritetica di deputati e
di senatori" la potestà di proporre con deliberazione adottata a maggioranza
assoluta l'annullamento della legge regionale. Anche sotto questo profilo si
viene così a stemperare la funzione federale del Senato, pienamente parificato alla Camera.
Né a
superare le obiezioni può valere il fatto che la decisione finale di
annullamento della legge sia demandata al Presidente della Repubblica, sia
perché il testo dell'emendamento non pare lasciare a tale organo un reale
spazio di decisione , sia perché in ogni caso l'eventuale attribuzione al Presidente
della Repubblica di una scelta di opportunità e dunque inevitabilmente politica
si presenterebbe inopportuna e contrastante con la natura di organo neutrale di
garanzia che la riforma vuol attribuire al Presidente stesso.
In base a queste considerazioni, occorre,
dunque, sopprimere ogni intervento di censura successiva su leggi regionali e
limitarsi a prevedere leggi (approvate da entrambe le Camere a maggioranza
assoluta) di coordinamento ed armonizzazione tra legislazione statale e
regionale, quali strumenti di unificazione del sistema.
Da tale meccanismo devono
comunque restare escluse le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome
di Trento e Bolzano in quanto la tutela dell’interesse nazionale avviene
secondo quanto previsto dai rispettivi Statuti e dalle relative norme di
attuazione.
Le posizioni già espresse dalle Regioni al
riguardo sono da confermare. In questa direzione, una proposta di emendamento è
stata formulata nel documento della Conferenza dei Presidenti del 28 giugno[5].
e)
Regioni a statuto speciale e
Province autonome
Le Regioni ad autonomia
speciale e le Province autonome hanno evidenziato come l'impianto del disegno
di legge costituzionale incida radicalmente sull'assetto costituzionale dei
rispettivi ordinamenti.
In particolare, la nuova
formulazione della norma finale, come modificata dalla Commissione Affari
costituzionali, introduce gravissime limitazioni alle Autonomie speciali,
prevedendo la diretta automatica applicabilità di diverse disposizioni che
hanno l'effetto di modificare direttamente gli Statuti, in assenza di qualsiasi
consultazione delle Assemblee legislative regionali.
In sintesi, in
relazione alle Regioni a statuto speciale e Province autonome nel confermare
quanto contenuto nel documento consegnato nell’incontro del 7 settembre al
Ministero per le Riforme, On. Calderoli, le regioni propongono in relazione agli
emendamenti presentanti dai capigruppo della maggioranza:
Emendamento all’emendamento 34.201 (art. 34) per la parte che introduce l’articolo 43 quater
a) Nel primo periodo, dopo le parole: “province autonome di Trento e di Bolzano” è introdotta la seguente parola: “esclusivamente”;
b)
Nel primo periodo, dopo le
parole: “secondo i rispettivi statuti” sono aggiunte infine le seguenti parole:
“,come modificati e integrati dalle successive leggi costituzionali e dalle
relative norme di attuazione.”;
c)
Le parole da: “Sino
all’adeguamento” fino alle parole: “di Trento e di Bolzano” sono sostituite
dalle seguenti: “Sino all’adeguamento predetto, non si applica la disposizione di cui all’articolo 43, comma 2 della
presente legge relativa allo scioglimento dei consigli regionali. Le modalità di elezione dei senatori nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome, nonché le modalità di
partecipazione dei rispettivi rappresentanti ai sensi dell’articolo 57, ultimo
comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 3 della presente
legge, sono disciplinate con norme di attuazione adottate secondo quanto
disposto dai rispettivi statuti.”.
f)
istituzione di nuove Regioni
I Presidenti delle Regioni ribadiscono una netta
contrarietà ad un meccanismo che, derogando, alle procedure di garanzia
stabilite dal primo comma dell'art. 132 della Costituzione, apra la prospettiva
di una frantumazione delle Regioni esistenti, tra l'altro escludendo da ogni
consultazione le popolazioni dei territori non soggetti a distacco, considerate
non interessate persino nei casi in cui il distacco stesso riguardasse parti
assai rilevanti nella essenziale configurazione territoriale della Regione.
In sintesi, in
relazione all'istituzione di nuove Regioni
le regioni propongono di sopprimere l'art. 43 del testo C. 4862[6];
g)
attuazione
dell'art. 119 Cost.
I Presidenti delle Regioni considerano
essenziale e pregiudiziale una rapida attuazione dei meccanismi di
federalismo fiscale e di perequazione previsti dall'art.119 della
Costituzione e non condividono la possibilità di inserire regimi finanziari
transitori, che sarebbero inevitabilmente destinati a protrarre per un
ulteriore, indefinito lasso di tempo la necessaria effettiva attuazione
dell'articolo stesso.
Le Regioni e il sistema delle autonomie locali
hanno affermato concordemente l'assoluta necessità dell'approvazione
dell’Accordo sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale di cui all’art.
3, comma 1, lett. a) della legge 27 dicembre 2002, n. 289, già definito tra
Regioni ed Enti locali e consegnato nella seduta della Conferenza Unificata del
19 giugno 2003. Al riguardo non condividono ipotesi di inserimento nella riforma
costituzionale di disposizioni volte a stabilire regimi finanziari transitori,
che sarebbero inevitabilmente destinati a protrarre per un ulteriore ed indefinito lasso di tempo la
necessaria ed effettiva attuazione dell’art. 119 della Costituzione nella sua
interezza.
Del resto, la stessa Corte costituzionale
(particolarmente nella sent. n.36 del 2004), nel
tracciare equilibri per il coordinamento della finanza pubblica, ha
sottolineato con nettezza il carattere strettamente transitorio delle soluzioni
adottate, e dunque la necessità di portare a regime il funzionamento del
sistema.
L'emendamento governativo 43 ter
fissando un ulteriore termine dilatorio di cinque anni dall'entrata in vigore
della legge costituzionale per l'attuazione del federalismo fiscale e introduce
un anomalo precetto in base al quale "in nessun caso l'attribuzione
dell'autonomia impositiva alle regioni alle province,
alle città metropolitane e ai comuni può determinare un incremento della
pressione fiscale complessiva", affermazione o del tutto inapplicabile
o destinata a centralizzare su scelte unilaterali dello Stato gli spazi di
manovra fiscale di tutti i soggetti dell'ordinamento in una sorta di
sistema a pressione fiscale calante all'infinito.
In sintesi, in
relazione all'attuazione dell'art. 119 Cost. le regioni propongono di
sopprimere l'art. 43, comma 11 del testo C. 4862[7];
h) accesso diretto alla Corte Costituzionale per gli enti locali
Sull'emendamento le regioni
non comprendono come una riforma giustificata dalla motivazione di rimediare ad
un eccessiva conflittualità del sistema vigente possa estendere la facoltà di
ricorso alla Corte costituzionale.
Del resto alle esigenze che
stanno alla base delle disposizione già ha inteso dare una risposta la
disciplina contenuta nella legge n. 131 del 2003 (art.9), che eventualmente
potrebbe essere, nei suoi contenuti essenziali, recepita in Costituzione.
In sintesi, in
relazione all'accesso diretto alla Corte Costituzionale per gli enti locali le
Regioni propongono:
a)
sopprimere l' art. 39
bis(128) degli emendamenti;
b)
in via alternativa,
introdurre in Costituzione un sistema
basato sulle Conferenze e sui consigli delle autonomie, secondo una logica
ispirata alla legge 131 del 2003[8].
l)
Il riconoscimento in
Costituzione della Conferenza.
L'emendamento apportato all'art. 118, comma tre, ha
introdotto seppure in forma assai tenue il riconoscimento costituzionale del
sistema delle Conferenze interistituzionali, da tempo auspicato dalle regioni.
Tale previsione dovrebbe tuttavia essere rimodulata e
precisata, di modo da consentire che la Conferenza possa effetivamente
costituire il centro dei rapporti, di concertazione, di consultazione, di
prevenzione e di superamento delle conflittualità, anzitutto sul piano
legislativo, tra Stato e Regioni, con la partecipazione dei rappresentanti
degli enti locali per le materie di rispettiva competenza.
Le Regioni
propongono la previsione di una Conferenza “federale” per i rapporti tra Stato
e Regioni, composta da rappresentanti del Governo, dai Presidenti delle Regioni
e, per le questioni che coinvolgono le competenze amministrative locali, da
Sindaci e Presidenti di Provincia[9].
[1] Emendamento all’art. 43, comma 2:
Al primo periodo del comma due dell'art. 43 le parole "cinque anni" sono sostituite con le seguenti: "quattro anni".
Al secondo periodo del comma due dell'art. 43 le parole "cinque anni" sono sostituite con le seguenti : "quattro anni".
Al terzo periodo del comma due dell'art. 43 dopo le parole "in carica a tale data, che sono" sono aggiunte le seguenti ", ove necessario”
[2] Emendamento all’art. 3 (art. 57 della Costituzione)
Sopprimere l’ultimo comma dell’articolo 57 come modificato dall’articolo 3.
[3] Articolo 13:
" Art. 70
La Camera dei Deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie non comprese nel comma secondo del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera dei Deputati, tali disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica. Il Senato, su richiesta della maggioranza dei propri componenti formulata entro dieci giorni dalla trasmissione, esamina il disegno di legge. Entro i trenta giorni successivi il Senato delibera e può proporre modifiche sulle quali la Camera dei Deputati decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di legge di conversione dei decreti legge. Qualora il Senato federale della Repubblica non proponga modifiche entri i termini previsti, la legge è promulgata ai sensi degli articoli 73 e 74.
La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, comma terzo, la perequazione delle risorse finanziarie, le funzioni fondamentali dei Comuni. Province e Città metropolitane, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, le leggi di coordinamento di cui all'art. 118, comma terzo, nonché il sistema di elezione della Camera dei Deputati e del Senato federale della Repubblica. Tali disegni di legge sono presentati al senato federale e devono essere approvati, nell'identico testo, dalle due Camere".
[4] Emendamenti all’articolo 34:
Nell' art. 117 della Costituzione, così come riformulato dall'art. 34, al comma secondo le lettere m bis) ed n) sono soppresse. Nell' art. 117 della Costituzione, così come riformulato dall'art. 34, al comma terzo la parola "nazionale" è soppressa.
[5] Emendamento all'articolo 34
Dopo il comma quarto dell'art. 117 della Costituzione, è inserito il seguente:
”A tutela dell'interesse nazionale e dell'unitarietà giuridica o economica della repubblica, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, leggi approvate dalle due camere, a maggioranza assoluta dei componenti, stabiliscono i principi generali che garantiscono il coordinamento e l'armonizzazione tra la legislazione regionale e quella statale nelle materie di competenza residuale delle Regioni".
Disposizione transitoria:
" Fino all'entrata in vigore delle leggi di armonizzazione di cui al comma quinto dell'art. 117, la legislazione regionale nelle materie di cui al quarto comma,precedentemente incluse nelle competenze concorrenti, opera nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato".
Emendamento all’articolo 39
Sostituire l’articolo 127 della Costituzione con il seguente:
“Il Parlamento con la procedura bicamerale di cui all’art. 70, II comma approva leggi contenenti principi fondamentali anche nelle materie di cui al 4° comma dell’art. 117 della Costituzione nei casi in cui sussistono straordinarie ragioni di tutela dell’interesse nazionale e dell’unità giuridica ed economica della nazione nel rispetto del principio di leale collaborazione.
Sopprimere di conseguenza l’emendamento del Governo all’articolo 120 della costituzione “anche con leggi”
[6] Emendamento all’articolo 43:
Il comma 8 dell’articolo 43 è soppresso.
[7] Emendamento all’articolo 43:
Il comma 11 dell’articolo 43 è soppresso.
[8] Si potrebbe formulare un emendamento del seguente tenore:
“"La Conferenza Stato -
Città e Autonomie Locali e, nelle singole Regioni; i Consigli delle Autonomie
Locali (istituiti ai sensi dell'art. 123, u.c.,
della Costituzione) possono segnalare, rispettivamente, al Governo o ai Presidente delle Giunte
regionali, eventuali lesioni dell'autonomia locale da parte di leggi e
provvedimenti anche ai fini della promozione di questioni di legittimità o
conflitti di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale."
[9] Emendamento all’articolo 35 che introduce al comma 3 dell’articolo 118 una ipotesi relativa alle Conferenze:
"Con legge approvata dalle due camere è istituita la Conferenza per i rapporti tra Stato e Regioni, composta da rappresentanti del Governo, dai Presidenti delle Regioni e delle province autonome e, per le questioni che coinvolgono le competenze amministrative locali, da Sindaci e Presidenti di Provincia."