PARERE SULLO SCHEMA
DI DECRETO MINISTERIALE DI MODIFICA DEL DECRETO DEL MINISTRO
DELL'INTERNO 1° SETTEMBRE 2000, N. 318 RECANTE REGOLAMENTO
CONCERNENTE I CRITERI DI RIPARTO DEI FONDI ERARIALI DESTINATI AL
FINANZIAMENTO DELLE PROCEDURE DI FUSIONE TRA I COMUNI E
L'ESERCIZIO ASSOCIATO DI FUNZIONI COMUNALI
Punto 6) odg
Conferenza Unificata
Le Regioni,
esaminato il testo di modifica del D.M. 318/2000:
·
rilevano che il
decreto medesimo presenta oggi, sotto diversi profili, aspetti di
dubbia legittimità costituzionale, poiché il quadro istituzionale
è profondamente mutato rispetto al 2000, a seguito della riforma
costituzionale del 2001, e si deve pertanto ritenere che oggi sia
precluso allo Stato esercitare potere regolamentare in materie che
non rientrano nelle sue competenze esclusive;
·
richiamano la recente
giurisprudenza della Corte costituzionale, ed in particolare:
1) la sentenza n.16 del 10 gennaio 2004, ove, al punto 5
del considerato in diritto, viene chiarito che: " non possono
trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a
favore dei Comuni, vincolati nella destinazione, per normali
attività e compiti di competenza di questi ultimi, fuori
dall’ambito dell’attuazione di discipline dettate dalla legge
statale nelle materie di propria competenza, o della disciplina
degli speciali interventi finanziari in favore di determinati
Comuni, ai sensi del nuovo articolo 119, quinto comma. Soprattutto
non sono ammissibili siffatte forme di intervento nell’ambito di
materie e funzioni la cui disciplina spetta invece alla legge
regionale, pur eventualmente nel rispetto (quanto alle competenze
concorrenti) dei principi fondamentali della legge dello Stato.
Gli interventi
speciali previsti dall’articolo 119, quinto comma, a loro volta,
non solo debbono essere aggiuntivi rispetto al finanziamento
integrale (articolo 119, quarto comma) delle funzioni spettanti ai
Comuni o agli altri enti, e riferirsi alle finalità di
perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o
comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni,
ma debbono essere indirizzati a determinati Comuni o categorie di
Comuni (o Province, Città metropolitane, Regioni).
L’esigenza di rispettare il riparto costituzionale
delle competenze legislative fra Stato e Regioni comporta altresì
che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza
delle Regioni, queste siano chiamate ad esercitare compiti di
programmazione e di riparto dei fondi all’interno del proprio
territorio.
Ove non fossero
osservati tali limiti e criteri, il ricorso a finanziamenti ad
hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto ma
pervasivo di ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni
degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di
indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi
dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.",
2) la sentenza n.
49 del 20 gennaio 2004, relativa alle norme che istituiscono
ex novo il “Fondo nazionale per il sostegno alla
progettazione delle opere pubbliche delle Regioni e degli enti
locali” ed il “Fondo nazionale per la realizzazione di
infrastrutture di interesse locale”, nella quale,
riconfermando la linea interpretativa della sentenza n.16/2004, si
afferma che "Gli interventi di cui alle norme impugnate si
atteggiano come prosecuzione di una pratica di trasferimento
diretto di risorse dal bilancio dello Stato agli enti locali in
base a criteri stabiliti dall’amministrazione centrale, senza
tenere presente che, per quanto riguarda la disciplina della
spesa ed il trasferimento di risorse dal bilancio statale, lo
Stato deve agire in conformità al nuovo riparto di competenze e
alle nuove regole, disponendo i trasferimenti senza vincoli di
destinazione specifica, passando, se del caso, attraverso il
filtro dei programmi regionali e coinvolgendo le Regioni
interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e la
destinazione dei fondi, nel rispetto dell’autonomia di spesa degli
enti locali.";
·
richiamano in ogni
caso l'ineludibile esigenza che provvedimenti di questo tipo,
della cui legittimità costituzionale oggi si dubita per le ragioni
sopra richiamate, vengano quantomeno discussi e concertati con le
Regioni ed esaminati in Conferenza Unificata, nel rispetto
dell'imprescindibile principio di leale collaborazione. Tale
provvedimento è stato infatti assunto senza richiedere alle
Regioni alcun parere. Rilevano a tale riguardo l'illegittimità
dell'iter seguito per il decreto ministeriale del 23
dicembre 2003, recante "Modalita' di assegnazione del contributo
spettante alle unioni di comuni per il servizio di polizia locale"
(GU n. 17 del 22-1-2004), che attribuisce direttamente
finanziamenti alle Unioni senza che vi sia stata predeterminazione
dei requisiti e dei criteri di attribuzione, e che esclude
completamente dai finanziamenti i servizi di polizia locale
realizzati in forma associata dalle Comunità montane;
·
ritengono che il testo
di modifica risulta comunque migliorato rispetto al testo
precedente, in quanto appaiono condivisibili sia l'intento di
favorire l'associazionismo dei Comuni di minore dimensione
demografica, che la previsione di strumenti di verifica
dell'effettività delle gestioni associate;
·
richiamano, ancor
prima del profilo dei vizi formali della procedura, l'esigenza
sostanziale che le modifiche al sistema di finanziamento alle
Unioni vengano confrontate, discusse e concertate con le Regioni,
al fine di evitare politiche confliggenti tra Stato e Regioni.
L'esperienza concreta ha più volte insegnato che i criteri
utilizzati dallo Stato si sono spesso rivelati in contrasto con
quelli che ispirano le politiche regionali di disciplina ed
incentivazione dell'associazionismo intercomunale, politiche che
rappresentano il frutto di un'intensa concertazione con il sistema
delle Autonomie locali e con le associazioni rappresentative delle
stesse a livello regionale;
·
ribadiscono pertanto
di rappresentare, in questa sede, non solo le istanze delle
Regioni, ma anche quelle del proprio sistema locale;
·
ritengono che per lo
Stato, soprattutto a causa della sua lontananza dagli specifici
contesti territoriali, sarà estremamente ardua la verifica
sull'effettività delle gestioni associate, e l'individuazione di
criteri volti a valutare l'implementazione ed il grado di
miglioramento dei servizi associati;
·
ritengono che il
decreto ministeriale possa essere approvato in via transitoria,
limitandone la vigenza all'anno 2004, e prevedendo l'avvio
immediato di un tavolo di lavoro misto tra Stato, Regioni ed
associazioni nazionali rappresentative delle Autonomie locali.
Roma, 28 aprile 2004 |