FASCICOLI
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
Documento approvato
 

9 Settembre 2003

CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

OSSERVAZIONI E PROPOSTE INERENTI LA NUOVA PROPOSTA DI DIRETTIVA EUROPEA SULLA QUALITA’ DELLE ACQUE DI BALNEAZIONE

 1.      PREMESSA

La proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa alla qualità delle acque di balneazione, si inserisce nel quadro più generale delle politiche di tutela e miglioramento delle acque da parte della UE. Infatti, questa proposta integra precedenti Direttive (Direttiva 91/271/CEE, inerente il trattamento delle acque reflue urbane e Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole), recepite nel nostro ordinamento con il Decreto Legislativo n.152/1999 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché la Direttiva 98/83/CEE (qualità delle acque destinate al consumo umano), anch’essa recepita con il Decreto legislativo n. 31/2001 e successive modificazioni.

Per quanto riguarda la proposta attualmente in discussione a Bruxelles, che si riferisce alla qualità delle acque di balneazione, non si può non condividere l’approccio del tutto innovativo rispetto alla precedente Direttiva, in quanto prevale un orientamento,  a tutela della salute dei bagnanti, che si basa sulla gestione attiva degli eventuali problemi, che in qualche misura possono compromettere la buona qualità delle acque in questione. Infatti, l’articolo 3, comma (3) del testo, fa riferimento a: “misure di gestione “, indicando espressamente tra le varie misure da attuarsi, oltre al monitoraggio ed alla valutazione delle acque, azioni tese ad impedire l’esposizione delle persone all’inquinamento ed altre, volte a ridurre il rischio di inquinamento e contaminazione.

Le Regioni italiane nell’attuare la normativa vigente ( DPR 470/1982 ) ne hanno colto subito alcune rilevanti carenze: fra queste, ad esempio, l’eccessiva enfasi attribuita al solo monitoraggio, la presenza, tra i parametri da monitorare, di parametri fisico-chimici che, in alcuni casi - percentuale di saturazione dell’ossigeno -, sono espressione di uno stato di stress ambientale dell’ecosistema marino non in grado peraltro di determinare effetti sanitari, in altri casi - trasparenza - sono conseguenti ai fondali poco profondi dell’Adriatico in alcuni suoi tratti.

 

2.      OSSERVAZIONI E PROPOSTE

Nonostante il giudizio positivo espresso, pare opportuno segnalare alcuni aspetti, che è necessario siano presi in esame dalla Commissione:

·        Occorre che la nuova Direttiva distingua, per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo, tra acque marine e acque dolci.

Le due tipologie di acque devono essere differenziate, sulla base di evidenze scientifiche, relativamente ai parametri da controllare, la cui conformità o meno agli standard, assume significati diversi. Infatti per quanto riguarda in particolare i parametri microbiologici, le acque dolci richiedono il monitoraggio di qualche ulteriore parametro, più specifico per questo tipo di acque.

·        Parametri microbiologici proposti.

E’ del tutto evidente, come è riportato anche nella relazione introduttiva alla nuova proposta di Direttiva, che una normativa che tenga nella dovuta considerazione le diversità che caratterizzano il Mediterraneo e i mari dei Paesi nordici appartenenti all’Unione Europea, deve fondare i propri presupposti in primo luogo sulla necessaria distinzione tra parametri indicatori dello stato ambientale delle acque marine e parametri..” rappresentativi di gran parte degli episodi di contaminazione e correlati a problemi di salute “. Tale considerazione deve orientare coerentemente le scelte che ne derivano, ossia per tutelare i bagnanti, sono sufficienti i parametri microbiologici 1 e 2 proposti dall’ allegato 1, colonna A (Escherichia Coli ed Enterococchi.intestinali).

·        Fioriture di fitoplancton o proliferazione di macroalghe.

L'inserimento, per quanto riguarda le acque marine, di parametri finalizzati al controllo delle "Fioriture di fitoplancton o proliferazioni di macroalghe" appare non coerente con la necessità di tutela della salute dei bagnanti, in particolare in aree costiere con caratteratteristiche oceanologiche, biologiche e geografiche come quelle del versante italiano dell’alto Adriatico. E’ noto da sempre che tutte le aree prossime alle foci di importanti fiumi (ad esempio il Po) vanno incontro a fisiologiche manifestazioni microalgali con la periodica comparsa di acque colorate per l'innalzarsi del livello trofico. E' altrettanto noto che tra le specie floristiche che compongono l'elenco delle microalghe presenti in Adriatico ve ne siano, da sempre, alcune in grado di sintetizzare tossine. Queste ultime sono da anni oggetto di studio e controllo da parte del Centro Ricerche Marine di Cesenatico (laboratorio Nazionale di Riferimento sulle Biotossine Marine). La quantificazione delle biotossine, Paralytic Shellfish Poisoning (DSP), Amnesic Shellfish Poisoning (ASP), Diarrhetic Shellfish Poisoning (DSP), Neurotoxic Shellfish Poisoning (NSP), si esercita soltanto attraverso l’analisi dei molluschi bivalvi. Infatti, è universalmente conosciuto che la modalità di trasmissione di queste tossine all’uomo è rappresentato principalmente dai molluschi bivalvi, capaci di filtrare decine di litri di acqua nelle ventiquattro ore. La straordinaria quantità di dati su queste biotossine e del loro agente eziologico, rilevati in questi ultimi venti anni, conferma la loro incidenza sulla salute dell’uomo esclusivamente associata al consumo di molluschi bivalvi con particolare riferimento ai mitili. Le attuali conoscenze escludono casi, scientificamente dimostrati, di intossicazione umana attraverso la balneazione o attraverso l’uso ricreativo dell’acqua di mare. Tale condizione viene tra l'altro richiamata da un documento della World Health Organization "Guidelines for Recreational - water Environments: Coastal and Fresh - Water", che testualmente cita: “Le alghe produttrici di tossine DSP, PSP, ASP, e NSP determinano rischi alla salute umana associati al consumo di molluschi o accumulati nella catena alimentare. Non hanno effetti negativi sull'uomo per quanto concerne le attività ricreative nelle acque marine”.

Alla luce di quanto riportato e dai dati epidemiologici rilevati dalle Regioni italiane, non trova effettiva consistenza la necessità di vincolare la qualità dell’acqua di balneazione a particolari controlli igienico – sanitari riferibili alla comparsa di alghe tossiche, anche perché ciò determinerebbe una doppia rete di monitoraggio, con evidente spreco di risorse.

Per quanto concerne invece le acque dolci, alcune specie di micro-macroalghe possono in effetti determinare qualche problema per la salute dei bagnanti;

Ulteriori problemi correlati con l’eventuale monitoraggio del parametro “fitoplancton”, sono sinteticamente riconducibili alla necessità di definire standard di riferimento per quantificare l’entità dell’eventuale fioritura algale e per i metodi di laboratorio per determinare l’eventuale presenza di tossine ai fini della balneazione.

Ad esempio; quali standard si propone di utilizzare se si prende in considerazione la concentrazione di cellule per litro? Quelli oggi in vigore per il controllo delle biotossine di origine algale?

Inoltre (secondo problema) si prevede anche di effettuare prove di tossicità (test sui topi)? In caso affermativo, si utilizza la stessa prova biologica che la legislazione prevede per il monitoraggio dei molluschi eduli lamellibranchi? Tale decisione porrebbe inoltre il problema dell’utilizzo di numerosi animali da esperimento, rispetto al quale problema l’Assemblea di Strasburgo “ritiene che l’autorizzazione ad effettuare esperimenti sugli animali debba presupporre che il richiedente sia in grado di documentare e motivare chiaramente l’obiettivo dell’esperimento…..”, aggiungendo inoltre “…. Presupposto per il rilascio di un’autorizzazione è una valutazione etica ….”.

·        Formazione di aggregati mucillaginosi

La raccomandazione di considerare, fra i parametri previsti dalla normativa, anche il fenomeno delle mucillagini (Parere del Comitato delle Regioni del 9 aprile 2003), appare, in analogia a quanto sopra espresso per le fioriture algali, senz’altro apprezzabile sotto il profilo dell’attenzione che va posta al problema, ma non riconducibile all’obiettivo di tutelare la salute dei bagnanti.

Infatti, alla luce di quanto dettagliatamente espresso nella relazione tecnica allegata (allegato 1) appare poco rilevante la necessità di porre vincolanti condizioni igienico - sanitarie ai fini della balneazione. La formazione di mucillagini è di fatto un processo naturale che periodicamente appare in particolari condizioni in Adriatico (e negli altri mari). Quindi, senza porre in maniera rigida una lista di codificati controlli (quali?, perché?) inseriti in specifiche normative, sarebbe più razionale approfondire, attraverso studi mirati, la loro effettiva ingerenza sulle attività balneari, qualora emergessero condizioni di effettiva pericolosità (cosa sino ad ora mai dimostrata). Solo in seguito si potrà, alla luce dell'esperienza acquisita e dei risultati di tale studio, codificare idonei parametri 

3.      CONCLUSIONI

Pur riconfermando la valutazione positiva del testo proposto, si ribadisce quanto precisato nei punti citati, ossia la necessità di distinguere tra acque marine e acque dolci; la validità dei parametri microbiologici 1 e 2 previsti dall’attuale allegato I, colonna A, nonché l’inutilità, per le acque marine in particolare, di controllare le fioriture di fitoplancton, la proliferazione di macroalghe e la formazione di mucillagini, che come è riconosciuto a livello scientifico, non determinano effetti sanitari sui bagnanti.

Per tali problemi è necessario, prescindendo dal controllo delle acque di balneazione, attuare programmi di monitoraggio e di ricerca, che peraltro sono previsti anche da normative specifiche vigenti nel nostro Paese (la Regione Emilia-Romagna, ad esempio, ha avviato, lungo i circa 130 Km. di costa, già dal 1977 programmi di monitoraggio e ricerca per quanto riguarda i fenomeni eutrofici e dal 1988 per quanto concerne la formazione di mucillagini, avvalendosi in entrambi i casi della motonave Daphne II, la cui attività è stata ed è tuttora punto di riferimento nazionale).

Roma, 9 settembre 2003

ALLEGATO 1

Il problema degli aggregati mucillaginosi

Le condizioni che determinano l’instaurarsi del fenomeno delle mucillagini sono da individuarsi nel sinergismo di più fattori. Il recente progetto MAT (Mucillagini in Adriatico e nel Tirreno), finanziato dal Ministero dell'Ambienet e coordinato dall'ICRAM (1999 - 2002) ha preso in considerazione variabili riguardanti il clima, lo stato idrologico, quello fisico - chimico e biologico.

La climatologia pare assumere una importante condizione di fondo attorno alla quale ruotano, dipendono, o ne sono fortemente influenzati, i restanti fattori che nel loro insieme compongono le condizioni innescanti il processo di formazione massiva degli aggregati.

Le anomalie del clima sono evidenti, marcate e coerenti con il più generale cambiamento globale che su scala planetaria si sta da anni manifestando. Le variabili meteoclimatiche sono state indagate con un buon grado di dettaglio su scala di bacino padano - adriatico. Correlazioni aggiuntive, che hanno tra l’altro rafforzato e confermato tali anomalie, vengono dall’analisi dell’indice NAO (North Atlantic Osillation). Ne è prova il fatto che l’esame comparativo di tali anomalie con gli sciami di eventi mucillaginosi  ha portato ad un riscontro positivo e lineare. Le corrispondenze osservate sono evidenti con l’aumento di temperatura; scarse se non irrilevanti sono le correlazioni con le portate del Po e, conseguentemente, con le precipitazioni atmosferiche.

In accordo con le citate condizioni climatiche, anche l’Adriatico centro – settentrionale ha manifestato anomalie termiche positive. Questa condizione ha accentuato la stabilità sulla colonna d’acqua e favorito generali condizioni di ristagno per l’instaurarsi di fasi di riciclo/ritorno dei normali flussi idrodinamici. La ridotta esportazione di masse d’acqua verso sud ha favorito l’accumulo di materia organica. Sono state altresì evidenziati spostamenti verso nord di masse d’acqua meridionali ad alta salinità e con spiccate condizioni oligotrofiche. Tale intrusione ha interessato principalmente la parte centro orientale del bacino ed è stata particolarmente accentuata negli anni con il maggiore sviluppo di aggregati gelatinosi. Si è inoltre osservato che proprio in corrispondenza dei fronti tra masse d’acque con gradienti estremi, in termini di differenze dei valori di salinità e di concentrazioni di nutrienti, si avevano le più cospicue presenze di aggregati di grosse dimensioni. Una certa analogia è stata riscontrata nel Tirreno ove acque di origine levantina e particolari condizioni di vento avrebbero favorito la risalita di acque profonde ad alta salinità.

Da segnalare la comparsa massiva della flagellata Gonyaulax fragilis in occasione del manifestarsi del fenomeno, in particolare nella parte occidentale del bacino. Oltre al ruolo delle diatomee e dei batteri va considerato anche il suo nella produzione di essudati. La G. fragilis  non è nuova negli elenchi floristici dell’Adriatico ma lo è nelle forme di ampia e consistente diffusione che ha assunto in questi anni. Potrebbe anch’essa essere stata favorita dall’innalzamento termico delle acque, se questo venisse confermato potrebbe essere definita come specie "termofila".

Le determinazioni sui nutrienti (sali di azoto e fosforo, silicati) hanno confermato una tendenza in atto da diversi anni; che vede, accanto ad una significativa riduzione della componente fosfatica, il mantenimento di quella azotata su valori costanti, pressoché invariati nel tempo, ed in genere elevati. Tale condizione è coerente con gli interventi attuati sul territorio ai fini del contenimento dei fenomeni di eutrofizzazione. Interventi efficaci sono stati realizzati nei confronti del fosforo (eliminazione del P nei prodotti della detergenza, suo abbattimento per via chimica e biologica negli impianti di depurazione), poco, ed in tutti i casi con risultati pressoché irrilevanti, è stato fatto per ridurre i carichi di azoto.  Da qui la sempre più evidente condizione di fosforolimitazione e quantità di azoto residuo non utilizzati che tendono ad accumularsi nelle aree centrali del bacino adriatico. 

Dai risultati emersi dal progetto viene anche confermata la refrattarietà degli essudati nei confronti della aggressione batterica. Si viene di fatto ad avere uno squilibrio tra produzione e degradazione batterica. La mancata/ridotta degradazione degli aggregati generati porterebbe a quegli esuberi che in particolari condizioni di ristagno idrodinamico determinano presenze invasive di aggregati. Lo squilibrio tra le citate componenti trofiche (N/P) pere essere uno dei fattori che contribuiscono alla formazione massiva di aggregati. Porterebbe da un lato ad una maggiore essudazione di polisaccaridi da parte delle biomasse autotrofe, dall’altro ad una minore efficacia nei processi di degradazione batterica degli essudati prodotti.

Questa situazione è particolarmente evidente nei fronti di masse d’acque differenti per salinità e concentrazione di sali nutritivi. Sia per ragioni fisiche legate ad aumenti di gradiente salino che influiscono sulla transizione di fase sol – gel, che per le differenze estreme nelle concentrazioni dei nutrienti, le zone frontali costituiscono siti ove avvengono sia processi di formazione che di coagulazione (fase da sol a gel) di essudati polisaccaridici. Il marcato mutamento delle concentrazioni dei nutrienti e dello stato fisico delle acque pare possa determinare stress nutrizionale nei confronti della biomassa autotrofa. Una possibile condizione caratterizzata da una più equilibrata presenza nei rapporti N/P (attraverso la riduzione dell’azoto) può attenuare situazioni di stress nutrizionale e ridurre la produzione di aggregati.

Dall’insieme delle informazioni raccolte emerge uno scenario indubbiamente complesso, ma che ha visto l’insieme delle sue complessità in buona parte esplorate dal progetto MAT. Pare evidente che si debbano considerare quali fattori chiave nel determinismo del processo, variabili non controllabili o difficilmente controllabili e variabili controllabili. Le prime si attestano sulle condizioni climatiche e sulle dirette conseguenze che queste hanno sullo stato ideologico ed idrodinamico del bacino adriatico, le seconde sulle concentrazioni dei sali nutritivi e conseguentemente sui carichi di azoto e fosforo di origine antropica generati sui bacini idrografici e nei sistemi costieri.

Il clima e le sue anomalie costituiscono materia di grande apprensione su scala planetaria, scuole di pensiero un tempo divergenti sui fattori causali tendono oggi a convergere verso precisi ruoli e responsabilità dell’uomo, il trattato di Kyoto ha definito le strategie da attuarsi con obiettivi e risultati chi si profilano in tempi non vicini. Il problema del clima appartiene purtroppo a quell’insieme di preoccupazioni che ci accompagnerà per lunghi tempi. Al contrario la riduzione, il riequilibrio della componente che qui viene definita “controllabile” potrebbe essere un obiettivo utile e con tempi accettabili. Un’efficace azione di contenimento dei carichi di azoto può apportare benefici non solo nella riduzione del processo oggetto del presente studio e del più generale fenomeno della eutrofizzazione, ma avere effetti positivi anche nei confronti dell’inquinamento degli acquiferi sotterranei, oggi ampiamente compromessi per gli usi idropotabili in vaste aree del bacino padano.

 

Roma, 9 settembre 2003