FASCICOLI
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome

Documenti approvati
 

8 maggio 2003

CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

 

 

 

POSIZIONE DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME IN MERITO AL D.D.L. UNIFICATO IN MATERIA DI AGRITURISMO (C. 817, C. 1085, C. 1198, C. 2596, C. 2635).

 

            In merito al d.d.l. unificato in materia di agriturismo si deve preliminarmente rilevare come tale materia ricada, nel quadro della ripartizione delle competenze normative fra Stato e Regioni derivante dalla modifica costituzionale di cui alla Legge Costituzionale n. 3 del 2001, nell’ambito delle materie “innominate”, per le quali il comma quarto dell’art. 117 cost. attribuisce alle Regioni la competenza generale residuale (c.d. “esclusiva”). In tale ambito ricadono, del resto tutte le materie relative allo sviluppo delle attività produttive non menzionate nel comma terzo di detto articolo, ivi comprese quelle concernenti l’agricoltura ed il turismo (delle quali l’ “agriturismo” rappresenta una specifica interazione).

            Pertanto, un disegno di legge nazionale organico in materia di agriturismo risulta, già nel suo impianto generale, contrastante con il titolo V della parte seconda della Costituzione e dovrebbe essere ritirato.

            Questo non esclude, naturalmente, che lo Stato possa disciplinare quelle materie – che pure rilevano nell’ambito dell’attività agrituristica – che sono demandate alla propria competenza normativa esclusiva (ad esempio alcuni aspetti fiscali) o per le quali esso conserva una potestà legislativa limitata alla previsione di principi fondamentali: è il caso, ad esempio, delle disposizioni in materia di tutela della salute o di alimentazione (considerato il notevole rilievo dei requisiti igienici e gli specifici risvolti relativi alla preparazione e somministrazione dei pasti), nonché di alcune disposizioni che possono interessare il governo del territorio. Tuttavia, da un lato, questi aspetti non possono consentire una normazione statale che vada oltre gli specifici limiti di ogni materia (se il legislatore statale deve dettare solo “principi fondamentali” non può scendere nel dettaglio) e, d’altro lato, comunque l’insieme dei piccoli interventi legislativi che allo Stato competono rispetto a questo settore non può in nessun modo portare all’adozione di un intervento organico in materia di agriturismo, come quello che il d.d.l. ipotizza, ma semmai a limitate misure legislative specifiche.

            Inoltre, il disegno di legge in esame risulta totalmente scoordinato con l’evoluzione del quadro dei rapporti istituzionali fra Stato e Regioni ed, in particolare, con la normativa che si profila a seguito della discussione in Parlamento del disegno di legge “La Loggia” (n. 3590-A), cosa che rende, a maggior ragione, opportuna la sospensione del suo esame.

 

            Nel merito, ulteriori considerazioni critiche si impongono alla luce del concreto contenuto del disegno di legge, che conferma, nell’articolato, le perplessità di fondo sopra segnalata a proposito dell’impianto generale.

            Pur nella unanime convinzione della necessità di opportuni interventi per favorire un settore di recente evoluzione e molto importante per l’agricoltura e le zone rurali come quello dell’agriturismo, le Regioni rilevano che occorre assicurare il rispetto delle competenze costituzionalmente sancite, anche perché esso significa innanzitutto rispetto della volontà del legislatore costituzionale di attribuire la competenza e la responsabilità ad un livello più vicino a quello dei cittadini, quello delle Regioni.

In effetti, il testo si apre con enunciazioni che non competono al legislatore statale (facendo riferimento al “sostegno all’agricoltura”, alla “qualificazione e valorizzazione delle risorse di ciascun territorio”, al “mantenimento delle attività umane nelle aree rurali” e ad altri vari ambiti che la costituzione assegna all’intervento legislativo regionale) e prosegue con una serie di articoli che vanno a disciplinare con un dettaglio indubbiamente eccessivo – e questo rappresenta il vizio più evidente – la materia agrituristica. A questo proposito si evidenziano alcuni aspetti.

Un aspetto è quello che concerne l’individuazione delle attività agrituristiche e la disciplina dei relativi requisiti e procedimenti amministrativi. Dopo una definizione di “attività agrituristica” che si specifica in eccessivi dettagli (al comma 4 dell’art. 2), l’articolato contiene, infatti, varie disposizioni dettagliate di carattere procedurale che ledono la competenza normativa delle Regioni. Ad esempio, l’art. 4, nel demandare alle Regioni la fissazione di “criteri, limiti ed obblighi amministrativi per lo svolgimento dell’attività agrituristica” si dilunga poi in una serie di specificazioni che costituiscono un limite alla potestà regionale e si spingono fino ad una minuziosa disciplina riguardo al tema della “somministrazione di pasti e bevande” (eloquente il caso delle norme sui prodotti impiegati che arrivano a richiedere l’individuazione di “zone omogenee contigue di regioni limitrofe”).

Anche la disciplina del procedimento di autorizzazione per l’esercizio dell’attività agrituristica rientra certamente nella potestà legislativa delle Regioni, mentre invece è minuziosamente disciplinata dagli articoli 6 e 8 (quest’ultimo relativo ai periodi di apertura ed alle tariffe).

Nello stesso senso appaiono invasive della competenza legislativa regionale le norme che disciplinano il “certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica”. Peraltro, tale aspetto, e la connessa istituzione dell’ “elenco dei soggetti abilitati”, deve essere vista alla luce della competenza regionale nella materia delle “professioni”, rispetto alla quale lo Stato si deve limitare a dettare “principi generali”. Inoltre la materia delle professioni è oggetto di un ampio dibattito (vedasi ad esempio il progetto elaborato dalla commissione parlamentare “Vietti” per le “professioni intellettuali” o le questioni in materia di professioni sanitarie), dal quale non si può prescindere per un aspetto così specifico come quello dell’agriturismo, anche perché investe fortemente il riparto delle competenze normative.

Particolarmente delicati appaiono poi gli aspetti relativi al previsto requisito della “connessione” (art. 10) con l’attività e con le risorse agricole nell’azienda: la disciplina minuta da parte dello Stato della possibilità dell’azienda di continuare ad operare previa ottenimento dell’autorizzazione commerciale e dei pubblica sicurezza per lo svolgimento di attività ricettiva e di somministrazione di pasti e bevande, può avere delicati risvolti, prefigurando un’agevolazione per la trasformazione delle aziende agrituristiche in aziende turistiche, con il rischio che gli aiuti pubblici (comunitari, statali e regionali) del settore agricolo risultino, infine, incentivi per svolgere attività non agricole.

Alcuni aspetti di dettaglio che vanno oltre la competenza legislativa statale riguardano poi i locali adibiti alle attività agrituristiche, norme di carattere urbanistico e norme di carattere sanitario.

Infatti, va oltre la competenza legislativa dello Stato l’art. 3, che disciplina i locali che possono essere adibiti all’attività agrituristica e demanda alle Regioni gli interventi di recupero del patrimonio edilizio: trattasi di materie che rientrano pienamente nella competenza legislativa regionale. Un altro gruppo di disposizioni di dettaglio, variamente connesso al precedente, si riferisce alle norme igienico-sanitarie degli immobili e delle attrezzature utilizzate (art. 5) e contiene norme di dettaglio che si spingono a definire anche la valenza del requisito urbanistico dell’abitabilità nei limiti dei 10 posti letto (comma 4-bis). È appena il caso di ricordare che nelle materie della tutela della salute e del governo del territorio (da cui peraltro esulano gli aspetti edilizi più minuti) lo Stato può solo dettare principi generali.

Un altro aspetto che non si può condividere si rinviene nell’art. 12: la previsione di uno strumento programmatorio per le Regioni, il “programma agrituristico regionale” costituisce una delle più palesi violazioni dell’autonomia regionale, non essendovi dubbio sul fatto che le Regioni possano disciplinare come meglio ritengono questi aspetti.

Infine, appare estemporanea e quasi avulsa dal contesto della legge la disposizione dell’art. 12-bis, che estende in parte le nuove norme all’attività della pesca ed alla relativa ospitalità e somministrazione di alimenti: trattasi di un altro settore di competenza normativa regionale, rispetto al quale sussistono, inoltre, evidenti peculiarità, che sarà la disciplina delle Regioni ad affrontare.

Per le considerazioni sopra svolte, le Regioni chiedono al Governo di intervenire presso il Parlamento affinché il disegno di legge in oggetto possa essere ritirato.

 

 

Roma, 8 maggio 2003