PARERE DELLE REGIONI E DELLE
PROVINCE AUTONOME SUL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO
FINANZIARIA (DPEF) RELATIVO ALLA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA
PER GLI ANNI 2003 - 2006
Punto 2) O.d.g. Conferenza Unificata
Le Regioni
rilevano in maniera critica che il Dpef 2003-2006 è stato
loro reso disponibile con modalità e tempi che hanno reso
impossibile una completa disamina dello stesso.
Pertanto,
esse hanno potuto concentrarsi soltanto sulle questioni che
maggiormente e direttamente impattano sul sistema di finanza
regionale.
Ciò
premesso, le regioni rilevano quanto segue.
Nel
quadriennio 2003 – 2006 il DPEF presenta le seguenti linee
di cui le Regioni prendono atto:
Una crescita
del PIL reale effettivo del 2,9% per il 2003 e il 2004 e del
3% per i due anni successivi, ossia tassi di gran lunga
superiori a quello che è stato rideterminato per il 2002
(+1,3 anziché 3,1 come programmato l’anno scorso nel DPEF
2002-2006).
Un
indebitamento netto che si colloca al –0,8 del PIL ossia in
linea con le scelte effettuate a Siviglia di avvicinare il
pareggio nel 2003 e di raggiungerlo e superarlo negli anni
successivi.
Un rapporto
debito Pubblica Amministrazione su PIL che decresce fino a
scendere con il 2004 sotto il 100.
Un’evoluzione positiva degli indicatori del mercato del
lavoro (la disoccupazione scende dal 9,1 al 6,8 nel 2006 e
il tasso di occupazione cresce dal 54,6 al 60 nel 2006).
Una
riduzione della pressione fiscale dal 42,3 al 41,9 nel 2003
fino al 39,8 del 2006.
Il
raggiungimento di questi risultati è secondo il Governo
oltre che il frutto di un quadro macroeconomico internazione
di netta ripresa (+3,0 i paesi OCSE rispetto a +1,8 del
2002, +2,8 i paesi UE a fronte di +1,3 del 2002) la
conseguenza di azioni, riforme e progetti che riguardano
l’economia (fisco, mercato del lavoro, previdenza, funzione
pubblica) la società e le istituzioni (scuola, salute,
ambiente, sicurezza, giustizia, devoluzione) e progetti di
grande rilievo (infrastrutture, Mezzogiorno, sistema
produttivo, innovazione tecnologica).
Le Regioni
rilevano che il 2002 è stato un anno di profondo
ridimensionamento, su scala internazionale, dei programmati
obiettivi di sviluppo, tanto da lasciare ancora incertezze
nelle dinamiche delle grandezze economiche e finanziarie
così come sono state delineate nello stesso DPEF.
E’ indubbio
che il peggioramento delle prospettive di sviluppo nel 2002
ha creato difficoltà nelle politiche di bilancio dei più
grandi paesi dell’UEM come Italia, Francia e Germania,
inducendo l’attenuazione, proclamata a Siviglia, delle
strategie di rientro secondo i parametri del trattato di
Maastricht.
Tutto questo
ha allargato i margini di manovra riprofilando
l’indebitamento netto al –0,8 del PIL anziché al pareggio
come originariamente previsto nella nota integrativa e
spostando tale traguardo al 2005.
Le
Regioni, nel prendere atto che questo nuovo indirizzo
consente al Governo di programmare con maggior respiro una
politica di sgravi fiscali alle famiglie con redditi
medio-bassi e alle imprese con una riduzione dell’IRAP e
dell’IRPEG, da concretizzare con la prossima legge
finanziaria, si dichiarano d’accordo con questo
orientamento, ma sottolineano come oramai sia abitudine
ricorrente del Governo intervenire nella materia fiscale,
anche di competenza regionale come l'IRAP e la tassa
automobilistica, in maniera unilaterale e ribadiscono che
tali manovre non debbono comportare, comunque, perdite di
gettito di propria spettanza.
Questo
atteggiamento che di per sé sarebbe stato già criticabile,
lo è a maggior ragione nel nuovo contesto del Titolo V°. Le
Regioni chiedono quindi che gli indirizzi sulla politica
fiscale e sulla riduzione della relativa pressione vengano
preventivamente concertati con le Regioni e le Autonomie
Locali, che sono detentrici di potestà impositiva, affinchè
l’ obbiettivo di riduzione della pressione fiscale sia
effettivamente reale. In definitiva ogni programmazione di
riduzione fiscale deve essere coerente e rapportato con
l’intero sistema istituzionale che governa la leva fiscale.
In sostanza
e nonostante la positiva intesa interistituzionale
intercorsa tra Stato-Regioni ed Enti Locali, la questione
del federalismo fiscale non pare ancora acquisita nei fatti
dal Governo nella sua fondamentale importanza come
dimostrano sia la riforma fiscale presentata in Parlamento
sia le ricorrenti manovre finanziarie effettuate (2002) o
programmate (2003). Le Regioni, nell’evidenziare che si
tratta del primo DPEF dopo la riforma del Titolo V° della
Costituzione, precisano che questo loro parere è informato
ad un’ottica istituzionale coerente con il nuovo profilo
che la riforma costituzionale ha configurato per l’autonomia
regionale.
Analizzando più in dettaglio il quadro programmatico, si
segnala che:
Il tasso di
inflazione programmato è modulato nella misura del 1,4% per
il 2003 quando per il 2002 è attualmente al 2,2%
nonostante che il DPEF 2002-2006 prevedesse una crescita per
il 2002 dell’1,7% e per il 2003 dell’1,3%. Le Regioni
richiamano quanto detto nel parere sul precedente DPEF,
ossia che l’indicazione di un parametro comporta politiche
coerenti con esso, determinando altrimenti criticità sulle
conseguenti evoluzioni della spesa.
La spesa
sanitaria nell’ultimo quadriennio pieno (1998-2001) è
cresciuta in media del 7,4% l’anno con accentuazione nel
secondo biennio (+8,8 medio annuo) mentre il PIL nominale è
cresciuto con una media annua del 4,3%. L’andamento del 2001
presenta – secondo la Corte dei Conti – un extra deficit di
circa 8.700 mld di lire che attesta la spesa 2001 a livelli
prossimi agli stanziamenti 2002.
Poiché nel
quadro tendenziale di finanza pubblica 2003-2006 la crescita
dei consumi intermedi, nel cui aggregato è compresa la spesa
sanitaria, è prevista pari al PIL nominale, ossia +4,4%, le
Regioni rilevano come ancora una volta si sta programmando
una previsione sottostimata della spesa, avuto riguardo ai
trends che riguardano in particolare i rinnovi contrattuali.
Il
federalismo e la devoluzione
La
prevista manovra finanziaria su IRAP e tassa auto comporterà
in primo luogo una necessaria ridefinizione delle aliquote
del decreto legislativo 56/2000 che sostanzialmente si
traduce in una quota della copertura finanziaria della spesa
sanitaria, ove non sia addirittura necessario superare il
modello introdotto prevedendone la modifica strutturale
nell'ottica del più ampio processo di riforma federalista.
Per le Regioni a Statuto Speciale e Province Autonome tale
manovra dovrà assicurare gli equilibri finanziari in
conformità ai rispettivi Statuti e relative norme di
attuazione., precisando che la Val d’Aosta e le Province
Autonome di Trento e Bolzano chiedono di rinegoziare ad un
tavolo politico gli accordi intercorsi con il Governo e
formalizzati con l’articolo 34 comma 3 della legge
23/12/1994, n. 724. Nel DDL La Loggia lo Stato avvia il
trasferimento delle risorse umane finanziarie e strumentali
a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge
anziché dal 2003 come previsto dall'accordo inter -
istituzionale con il Governo. Nel testo emerge già la
decisione di quantificare le risorse "tenendo conto delle
previsioni di spesa risultanti dal bilancio dello Stato per
l'anno 2002" l'alternativa proposta della media delle
risorse degli ultimi tre anni non viene presa in
considerazione. Stante l'indeterminatezza dei tempi si pone
il problema dell'aggiornamento della base di calcolo delle
risorse prese a riferimento per la quantificazione. Inoltre,
la copertura finanziaria è decisa con legge finanziaria
statale ogni anno fino all'entrata in vigore delle norme
relative all'art.119 anziché con la previsione di
inserimento dei trasferimenti nel meccanismo di
finanziamento del d.lgs.56/00. Il fatto di inserire i fondi
in legge finanziaria è accettabile solo relativamente alla
prima erogazione ma non per le successive in quanto ciò
implica incertezza sulla quantità delle risorse e dipendenza
dai tempi tecnici e politici del Governo e in sostanza un
arretramento rispetto l'autonomia regionale finanziaria già
riconosciuta dalla Costituzione. In ogni caso il sistema
dovrà assicurare un trend crescente delle risorse, almeno
del tasso previsto di incremento del PIL nominale. Le
Regioni ribadiscono l'importanza dell'erogazione dei
trasferimenti, dopo il primo anno, attraverso il sistema di
compartecipazione al gettito dei tributi erariali (decreto
legislativo 56/00) fino all'entrata in vigore delle norme
relative al nuovo sistema finanziario in attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione.
Le Regioni,
nel riconoscere che il DPEF inizia a delineare la
devoluzione nei settori della Sanità, della Sicurezza e
dell’Istruzione, chiedono che venga altresì delineato un
percorso condiviso che renda chiari i meccanismi del sistema
di finanza regionale in applicazione dell’art. 119 della
Costituzione.
Le Regioni
chiedono che fin da adesso sia aperto il tavolo di confronto
tra Governo e regioni sull’applicazione dell’articolo 119
che secondo le Regioni dovrà ispirarsi ai seguenti principi:
a)
autonomia finanziaria di entrata e di spesa:
affermazione del principio che le Regioni, in quanto
equiordinate allo Stato e altrettanto dotate di potere
legislativo, soggiacciono soltanto a norme aventi requisito
di principi di coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario, non possono essere sottoposte al potere
ispettivo dello Stato; abolizione dei vincoli di
destinazione salvo quelli derivanti dai programmi UE, e da
accordi che costituiscano obbligazioni reciproche tra Stato
e Regioni; introduzione di una norma transitoria circa la
verifica delle partite finanziarie pregresse tra Stato e
singole Regioni in maniera da rendere certi e veridici i
residui e le economie vincolate, e circa le modalità e i
tempi di erogazione delle risorse dovute dallo Stato;
indebitamento solo per spese di investimento ; oneri di
indebitamento nei limiti di una capacità giuridica definita
in rapporto alle entrate tributarie; esclusione della
circolare e del regolamento come possibili strumenti formali
di coordinamento e di indirizzo dello Stato verso le
Regioni in materia di entrata e di spesa; individuazione
nell'Accordo sancito in Conferenza Stato- Regioni della
fonte sostitutiva del regolamento e della circolare;
b)
coordinamento finanza pubblica : affermazione
del principio e del metodo del confronto tra Stato e Regioni
per il raggiungimento dei comuni obbiettivi nel quadro del
Patto di stabilità; indicazione del DPEF come contenitore
degli indirizzi economici e finanziari per la programmazione
dello Stato e delle Regioni con particolare riguardo alla
politica fiscale, all'equa ripartizione dei vincoli
derivanti dal Patto di stabilità, alle politiche di spesa
con obbligo di indicazione del rapporto tra spesa sanitaria
e PIL; indicazione della "legge di stabilità" come strumento
per normare quanto indicato nel DPEF, con esclusione quindi
di norme unilaterali e improvvise nel corso dell'anno;
monitoraggio concordato della spesa corrente e di
investimento e messa a disposizione reciproca dei dati;
c)
coordinamento del sistema tributario:
affermazione del principio che le Regioni stabiliscono
tributi propri su basi imponibili non toccate da imposizioni
statali, indicazione dei tributi erariali sui quali le
Regioni possono avere addizionali in base a specifiche leggi
dello Stato, indicazione di altri tributi erariali sui quali
le Regioni possono esercitare una loro capacità impositiva,
indicazione dei tributi erariali compartecipati,
attribuzione alle Regioni della competenza sulla finanza
locale e principi di esercizio, determinazione dei principi
generali entro cui la legge regionale può disciplinare i
tributi locali, monitoraggio concordato delle entrate e
messa a disposizione reciproca dei dati, agenzie fiscali
come centri di servizio tributari di Stato, Regioni ed Enti
locali
d)
abolizione di tutti i trasferimenti erariali a
favore delle Regioni a statuto ordinario, ad eccezione di
quelli relativi al cofinanziamento dei programmi UE, di
quelli previsti dagli accordi di programmazione negoziata,
nonché degli interventi speciali ex art. 119 ; abolizione
delle aliquote di compartecipazione ai tributi erariali
stabiliti dalla legge 549/1995 come modificata dall'art.17
della legge 449/1997 (accisa benzina lire 242 al litro), dal
DLGS 446/1997 (addizionale Irpef 0,5%), dal DLGS 56/2000
(addizionale Irpef 0,4%, Iva nell'aliquota al momento
vigente, accisa benzina lire 8 al litro);
e)
sostituzione dei trasferimenti e delle
compartecipazioni di cui alla lettera d) con: aliquote di
compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Iva,
Irpeg;
f)
in previsione della soppressione parziale o totale
dell'Irap sua sostituzione, ai fini della
stabilizzazione delle risorse, con aliquote di
compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Irpeg,
Iva in aggiunta a quanto previsto alla lettera e), e, ai
fini del recupero della soppressa capacità impositiva sull'Irap,
individuazione di una specifica area di imposizione
g)
determinazione delle esatte misure delle aliquote
di compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Irpeg,
Iva in maniera da assicurare la copertura complessiva dei
trasferimenti aboliti, la copertura complessiva delle
aliquote di compartecipazione previgenti, la copertura
complessiva del minor gettito derivante dalla soppressione
parziale o totale dell'Irap
h)
previsione di meccanismi perequativi a favore
dei territori con minore capacità fiscale per abitante,
incentivando la capacità di recupero dell'evasione fiscale e
l’incremento delle proprie basi imponibili, e salvaguardando
il principio del finanziamento delle funzioni con il gettito
dei tributi raccolti sul territorio, riconoscendo alle
Regioni la competenza ad esercitare la funzione di
perequazione a favore dei territori con minore capacità
fiscale in ambito infraregionale;
i)
previsione di un fondo perequativo nazionale
finanziato attingendo alla compartecipazione all'Iva di cui
alla lettera f
j)
previsione, inoltre, di un eventuale periodo
transitorio non superiore ad un triennio nel quale la
perequazione possa anche tener conto della spesa storica al
fine di consentire a tutte le Regioni a statuto ordinario di
svolgere le proprie funzioni e di erogare i servizi di loro
competenza ai livelli essenziali
k)
previsione di un fondo speciale dello Stato
per destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi
speciali in favore di Regioni (oltre che di Comuni,
Province, Città metropolitane come previsto dall'art. 119)
per promuovere lo sviluppo economico, la coesione, e la
solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri
socioeconomici;
l)
estensione alle Regioni della esenzione fiscale
per le operazioni di trasformazione e soppressione di enti
pubblici, di organizzazione della gestione di funzioni che
preveda la costituzione di società, di privatizzazione e
valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico ivi
inclusa la costituzione di specifiche società
m)
previsione di assicurare da parte dello Stato
la continuità dell' intervento di riduzione dell'accisa
della benzina nelle zone di confine, ove questo sia in
corso, a seguito dell'abolizione della compartecipazione
all'accisa sulla benzina delle Regioni a statuto ordinari
n)
definizione delle modalità attraverso le quali
le Regioni e gli Enti locali siano coinvolti nella
predisposizione dei provvedimenti attuativi, nel processo di
individuazione dei trasferimenti erariali e delle
compartecipazioni tributarie da abolire e da sostituire con
nuove aliquote di compartecipazione ai grandi tributi
erariali Irpef, Irpeg, Iva e nel processo di determinazione
e di ripartizione del fondo perequativo, nella
predisposizione della disciplina relativa
La
riforma tributaria
Le Regioni,
nel ribadire quanto già indicato nel parere espresso sul
disegno di legge delega in materia tributaria, ricordano che
l'eventuale abolizione dell'IRAP deve corrispondere
all'istituzione o sostituzione con un’ imposta con pari
gettito fiscale e con pari possibilità di manovra di
aliquota e base imponibile per le Regioni. Non si può
pensare di abolire un tributo regionale sostituendolo con
trasferimenti.
La
neutralità fiscale
Le Regioni
avanzano le seguenti richieste:
a)
applicazione anche alle Regioni dei benefici fiscali
della legge 410/2001: il parere dell'Agenzia delle Entrate
sul tema della esenzione fiscale del trasferimento dei beni
ferroviari di cui all'art.8 del d.lgs.422/97 non è infatti
sufficiente a risolvere la questione sulla possibilità di
esenzione fiscale in operazioni di trasformazione di enti e
di valorizzazioni del patrimonio;
b)
modifiche al regime fiscale IVA sanità: l’IVA sugli
acquisti costituisce un costo puro, a causa della non
deducibilità della stessa, in quanto di fatto gli operatori
sanitari sono considerati consumatori finali e come tali
sono i soggetti su cui va a gravare l’imposta poiché i
servizi prestati sono in regime di esenzione dall’IVA. Per
favorire il contenimento della spesa sanitaria e le
operazioni riorganizzative evitando aggravi di costi,
occorre quindi: verificare i profili fiscali connessi
prevedendo una disciplina di esenzione dall'IVA delle
operazioni a carattere sanitario sopra indicate; rendere
fiscalmente neutro il trasferimento di beni e l'esternalizzazione
di servizi in capo a nuovi soggetti costituiti nell'ambito
di riorganizzazioni del Servizio sanitario.;
c)
la previsione dell’IVA sulle locazioni degli immobili
strumentali alle attività esenti o escluse dall’imposta
(istruzione, formazione, sanità e assistenza) viene a
costituire un costo puro per le aziende – previsione
introdotta con l’art. 35 bis, del DL 2 marzo 1989, in
contrasto peraltro con la Direttiva comunitaria. Da
segnalare inoltre che sugli immobili destinati all’attività
sanitaria si applica una tassa sul reddito figurativo in
percentuale della rendita catastale, che penalizza
fortemente l’erogatore pubblico e/o privato non profit.In
questa ottica ne andrebbe sterilizzato l’impatto
d)
il regime fiscale del trasferimento di beni e dell’esternalizzazione
di servizi in capo a nuovi soggetti costituiti nell'ambito
di riorganizzazioni nel Servizio Sanitario Regionale ein
altri ambiti di competenza regionale. A tal fine può trarsi
ispirazione dall'art.90 della legge 23/12/2000 n.388 (legge
finanziaria 2001) per rendere permanente ed esteso un regime
fiscale agevolato, ossia non limitato al 31/12/2001, non
limitato alle sperimentazioni gestionali, non limitato alle
sole imposte ivi menzionate.
e)
Adeguato finanziamento, a carico del bilancio dello
Stato, del capitolo relativo alla erogazione a favore degli
Enti emittenti del 50% dell’aliquota dell’imposta
sostitutiva (12,5%) che grava sugli interessi percepiti dai
sottoscrittori delle obbligazioni (L. 724/94 – art. 35 e
Dlgs 239/96 – art. 1 – comma 2).
Patto di stabilità
Data la
rilevanza strategica dell'obiettivo di risanamento della
finanza pubblica e dell'importanza del concorso del comparto
regionale, si richiede la partecipazione delle Regioni a
ogni decisione relativa agli obiettivi e ai metodi di
calcolo sulla rilevazione dei dati per il Patto di
stabilità.
Il sistema
delle Regioni ha sempre rispettato i dettami del Patto di
stabilità interno nonostante che i limiti si siano fatti
sempre più stringenti fino a raggiungere con il 2002 e per
gli anni successivi la forma del tetto alla crescita della
spesa corrente secondo i tassi di inflazione programmata, e
quindi con una riduzione reale.
Le Regioni
hanno presentato in occasione del parere sul DL 63/2002
nella Conferenza Stato-Regioni del 9.5.2002 proposte di
emendamento alle norme sul patto di stabilità (art. 1 della
L. 405/2001) in maniera da escludere dai vincoli del Patto
stesso le spese finanziate con trasferimenti statali e
quelle che per loro natura rivestono carattere di
eccezionalità. Poiché gli emendamenti proposti non hanno
trovato accoglimento da parte del Governo in sede di esame
del DL 63/2002, le Regioni chiedono che essi siano inseriti
in altro provvedimento di legge.
Le Regioni
in ordine alla strategia di contenimento della spesa
corrente, per cui l’obiettivo programmatico migliora di 8,2
miliardi di euro rispetto al tendenziale, in mancanza di
specificazioni su quali settori inciderà la manovra,
esprimono, anche per le considerazioni dette a proposito di
spesa sanitaria, le proprie preoccupazioni in merito.
La
questione sanità
L’accordo
dell’agosto 2001 tra Governo e Regioni sulla spesa sanitaria
ha significato per le Regioni un incremento delle risorse
per il periodo 2001-2004 superiore a quanto previsto in
precedenza (accordo agosto 2000, legge finanziaria 2001), ma
comunque non ancora allineato al fabbisogno nel frattempo
alimentato sia da incrementi della spesa farmaceutica
originati anche dall’eliminazione del ticket, sia dalla
dinamica della spesa di personale. Valgono al riguardo le
segnalazioni della Corte dei Conti al Parlamento
soprariferite.
Le Regioni
ritengono che l’obiettivo di dare stabilità, certezza e
congruità ai finanziamenti per il servizio sanitario non è
ancora stato raggiunto sebbene le Regioni abbiano fatto
fronte alle loro responsabilità.
Lo Stato
pertanto non può considerare esaustivo il livello di
finanziamento indicato nell’accordo dell’8 agosto 2001 e
ribadito nel DPEF 2003-2006, pari per il 2002 a lire 144.376
miliardi, per il 2003 a lire 150.122 miliardi, e per il 2004
a lire 155.871 miliardi cui si aggiungono risorse di L. 2000
miliardi per ciascuno degli anni 2002 e 2003, e di L. 1500
miliardi per il 2004. Infatti come ha rappresentato la Corte
dei Conti nei referti al Parlamento già nel 2001 si sono
raggiunti livelli di spesa pari circa allo stanziato per il
2002. Su questo esercizio, a parte l’effervescenza della
spesa farmaceutica, si stanno scaricando oneri aggiuntivi di
spesa relativi al contratto di lavoro nonché per la
riduzione delle liste di attesa.
Il livello
di finanziamento a carico dello Stato per ciascuno dei tre
anni dovrà essere riverificato sulla base del lavoro dei
tavoli di monitoraggio e verifica sui livelli essenziali di
assistenza effettivamente erogati e sulla corrispondenza ai
volumi di spesa stimati e previsti articolati per fattori
produttivi e responsabilità decisionali.
Già da ora
le Regioni evidenziano che il principio di ancorare il
finanziamento pubblico della sanità al PIL nominale,
affermato nell’accordo dell’8 agosto 2001, deve trovare una
più congrua esplicitazione intorno a livelli più allineati a
quelli di altri paesi dell’Unione Europea, e comunque in
misura non inferiore al 6 per cento.
Infatti, se
è vero che il DPEF prefigura azioni di utilizzo di leve già
adottate (controlli, e-procurement, ruolo CONSIP), e forme
di contenimento ulteriore dei consumi di farmaci (nuovo
prontuario), le Regioni, con riferimento alle azioni di
controllo e di razionalizzazione dell’acquisto di beni e
servizi, ritengono che tali azioni rientrino nella loro
sfera di competenza e le stanno già attivando, in base al
principio di responsabilità amministrativa e politica. Le
regioni ritengono che questi interventi non siano
completamente risolutivi del problema del finanziamento
della spesa sanitaria che, negli ultimi due anni
rendicontati (2000 e 2001) ha prodotto un incremento medio
annuo dell’8,8%.
Le
Regioni, nell’ esprimere apprezzamento per l’impegno del
Governo a sostenere il completamento del processo di
trasferimento alle stesse delle funzioni di gestione e di
organizzazione della Sanità, chiedono che nella stesura
definitiva del testo venga, anche sul piano terminologico,
pienamente rispettata l’effettiva portata della riforma
del Titolo V della Costituzione.
In particolare si sottolinea come le attività di
indirizzo e coordinamento dello Stato possano riguardare
solo l’aspetto relativo ai Livelli Essenziali di Assistenza,
in quanto nella più generale materia della tutela della
salute, oggetto di competenza legislativa concorrente, ogni
potestà regolamentare è riservata alle Regioni.
Una notazione specifica va fatta a proposito
della prospettata necessità di procedere all’attuazione
della legge 368/1999 per l’attivazione dei contratti di
formazione lavoro per i medici specializzandi. Le
Regioni ovviamente esprimono accordo ma richiedono che i
costi incrementali derivanti da tale attivazione – pari a
circa 100 milioni di euro annui – siano almeno in parte
coperti con fondi aggiuntivi rispetto a quello previsti
dall’ Accordo dell’8 agosto 2001.
Sugli
esercizi 2001 e precedenti (addirittura fino al 1994) le
Regioni sottolineano i ritardi del Governo nella erogazione
delle risorse. Mentre ancora non sono state erogate
completamene le risorse stanziate per il periodo 1994-1999,
il DL 63/2002 dispone l’erogazione del 50% (697,2 milioni di
euro pari a 1350 miliardi di lire) riferiti al 2000, e il
25% (853,17 milioni di euro pari a 1652 miliardi di lire)
riferiti al 2001.
Questo
acuisce la crisi di liquidità in cui versa il sistema
sanitario pubblico, espone le Regioni ad un contenzioso
sempre più pesante e ad oneri finanziari aggiuntivi per
interessi e spese legali, e pone difficoltà alle politiche
di contenimento dei costi per acquisto di beni e servizi.
Poiché gli
emendamenti proposti dalle Regioni volti ad ottenere la
liquidazione dell’intero importo 2000 (1394,4 milioni di
euro) e del 50% dell’importo 2001 (1706,3 milioni di euro)
avanzati nella Conferenza Stato Regioni del 9.5.2002 non
hanno trovato accoglimento da parte del Governo in sede di
esame del DL 63/2002 da parte del Parlamento , chiedono al
Governo di farsi carico del problema nella prossima legge di
assestamento del bilancio 2002.
La
casa e le infrastrutture
Nel parere
al D.P.E.F. 2002/2006, nonché in quello sulla legge
finanziaria 2001 e nel parere sull’intesa della Conferenza
Unificata di cui all’art. 64 del D.lgs 112/1998, le Regioni
avevano richiesto l’impegno del Governo a finanziare per il
futuro l’edilizia residenziale pubblica, competenza
trasferita alle Regioni dal D.lgs 112/98 con almeno
1.100.053.195,06 euro (2130 mld di lire) l’anno che
equivalgono alla media dei finanziamenti assicurati al
settore dallo Stato nel triennio di riferimento per la spesa
storica 1995/1997. Le Regioni chiedono inoltre che vengano
distribuite alle stesse per i loro interventi di politica
abitativa, le risorse del bilancio dello Stato sull’edilizia
residenziale pari a residui passivi per circa 570 milioni di
euro (1.100 miliardi di lire circa).
Allo scopo
di contenere la spesa corrente, le Regioni richiedono che in
attuazione della L.133/99 e della L. 388/2000 venga adottato
il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze che
stabilisce il tasso di riferimento per la rinegoziazione dei
mutui in edilizia residenziale. Nelle more di detto
provvedimento le Regioni continuano a sostenere spese per
contributi in c/interesse in misura superiore a quanto
risulterebbe ai tassi di mercato e alle norme sui tassi
usurari.
IVA trasporti
Il d.lgs.56/2000
conferisce alle Regioni una compartecipazione IVA
sostitutiva di trasferimenti. Nel 2001 la compartecipazione
è stata attribuita per €27.437.805.677,94 (53.127 mld di
lire) corrispondenti al 38,55% del gettito IVA 1999.
Le Regioni
attivando i contratti di servizio del Trasporto Pubblico
Locale in base alla legge 422/97 pagano l'IVA sui contratti
che affluisce alle casse dello Stato (gettito stimato in €
568.102.589,00 (1.100 mld di lire).
Le Regioni
hanno ottenuto il recupero dell'IVA attraverso il d.lgs.472/99
che ha previsto allo scopo maggiori contributi statali a
favore delle Regioni; tuttavia non viene restituita l'intera
somma ma viene operata una decurtazione del 38,55% pari alla
quota di compartecipazione IVA di tutte le Regioni e del
10% per la quota spettante all'UE.
La
trattenuta del 38,55% è assolutamente infondata perché le
Regioni dalla compartecipazione IVA non hanno ricevuto
risorse aggiuntive ma solo risorse sostitutive di
trasferimenti statali soppressi di pari ammontare. Le
Regioni chiedono che venga assicurato loro il recupero
dell'IVA senza la decurtazione del 38,55%. Al riguardo sono
già state fornite prime assicurazioni da parte dello Stato.
Occorre che adesso seguano atti formali per consentire alle
Regioni di procedere alla sistemazione della partita
finanziaria nei loro bilanci assicurando la piena e rapida
efficienza gestionale.
Riduzione gettito accisa sulla benzina
Con il
collegato alla legge finanziaria 1998, venivano apportate
modifiche alle finanze regionali prevedendo un aumento del
gettito delle tasse automobilistiche dovuto al cambiamento
di calcolo basato non più sui cavalli fiscali ma sulla
potenza effettiva dei veicoli e la contestuale riduzione
della quota di accisa sulla benzina spettante alle regioni a
statuto ordinario a 242 lire al litro: l'articolo stabiliva
un'equivalenza tra il gettito delle nuove tasse
automobilistiche e la riduzione dell'accisa.
Nei fatti la
manovra statale si è concretizzata in una sottrazione di
entrate per le regioni, in parte ripianata a seguito
dall'attività svolta dal gruppo di lavoro Regioni -
Ministero delle Finanze, che ha portato al riconoscimento di
una perdita annua per le regioni di € 342.582.904,24 (lire
663.333.000.000) fino al 2000.
Dal 2001 e
per gli anni seguenti manca il provvedimento legislativo per
la copertura di queste perdite.
Inoltre, le
Regioni hanno accertato perdite di entrata in continua
crescita a causa del trend in diminuzione dell'accisa sulla
benzina e della crescita minima del gettito delle tasse
automobilistiche.
Diventa
necessario costituire, come già avvenuto nel 1999, un tavolo
di lavoro Stato - Regioni per l'aggiornamento e il
riconoscimento di risorse compensative per queste minori
entrate.
Contratto autoferrotranvieri 2000-2003
A novembre
del 2000, le Regioni e le Autonomie Locali hanno
sottoscritto con i Ministeri del Lavoro e dei Trasporti un
protocollo d'intesa al fine di assicurare la copertura
finanziaria degli oneri legati al rinnovo del CCNL
autoferrotranvieri e per permettere la chiusura delle
trattative sindacali. Nel protocollo si prevedeva l'impegno
dei sottoscrittori ad affrontare congiuntamente i problemi
delle dinamiche contrattuali oltre il 2001. Infatti, la
copertura prevista dal Governo per il contratto per il 2001
è solo parziale (art.145, comma 30 legge 388/00) e la quota
a carico delle Regioni è di € 41.833.008,83 (81 mld.di
lire).
Per gli anni
2002 – 2003, venendo a mancare l’intervento dello Stato
l’onere complessivo per le Regioni è stimato in oltre €
211.747.328,63 (410 mld di lire) - effetti del I biennio.
Questo importo non tiene conto dei maggiori oneri legati
alla rinegoziazione economica del II biennio del contratto.
È necessario
che il Governo provveda ad assicurare la copertura del
contratto per la sua parte concordando con le Regioni anche
la parte a loro carico.
Decentramento amministrativo ex legge 59/1997 e DLGS
112/1998
Le Regioni
riaffermano di voler essere protagoniste del confronto sul
processo di riforme costituzionali e federaliste. Per quanto
concerne il federalismo amministrativo (decentramento
Bassanini) occorre che il confronto Governo-Regioni risolva
definitivamente questioni di carattere finanziario e
organizzativo che incidono pesantemente sull’esercizio delle
competenze trasferite alle Regioni e agli Enti locali,
tenuto conto che in molte Regioni risultano criticità per
quanto concerne specifiche materie peculiari di ciascuna
realtà.
In
conclusione le Regioni sanno di aver posto sul tappeto, con
queste loro osservazioni, una serie di questioni cruciali
circa l’impostazione del rapporto Stato Regioni e la
struttura della prossima finanziaria, e si aspettano, anche
alla luce delle modifiche del Titolo V della Costituzione,
risposte puntuali dal Governo e dal Parlamento.
Su tutte le
questioni finanziarie rimaste aperte fra Governo e Regioni,
ivi comprese quelle relative al decentramento Bassanini, si
allegano al presente documento le specifiche tabelle
riepilogative per materia.
Roma, 11
luglio 2002