valutazioni sull’assetto costituzionale a seguito della riforma del titolo V parte II della Costituzione

(l. cost. 3/2001).

6 dicembre 2001

 

                              Primi indirizzi per l’attuazione della riforma

 

 

La Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, dopo aver esaminato sotto i più rilevanti profili istituzionali la riforma del Titolo V della Costituzione, anche al fine di concorrere all’elaborazione dei criteri e delle modalità cui informare l’attività della cabina di regia, esprime una prima serie di indirizzi per l’attuazione della novella costituzionale.

 

A)    La riforma costituzionale muta radicalmente l’assetto e il rango delle funzioni normative, ponendo nella forma e nella sostanza sullo stesso piano costituzionale il potere legislativo statale e quello regionale.

Per questo importanza sostanziale riveste la previsione contenuta all’articolo 11 del testo di revisione costituzionale che individua un meccanismo consultivo qualificato di portata oltremodo rilevante, inserendo le Regioni direttamente nel procedimento legislativo parlamentare. La rilevanza dell’integrazione della Commissione rende indispensabile, quindi, la ricerca degli strumenti giuridici che consentano senza alcun indugio la sua pronta attivazione. A questo fine le Regioni chiedono che sia data attuazione alla previsione costituzionale, in tempi rapidi, in modo tale da garantire in ogni caso la presenza di tutti i Presidenti delle Regioni e Province autonome.

 

B)  Nel nuovo quadro costituzionale, lo Stato non può emanare disposizioni legislative in materie al di fuori di quelle di sua legislazione esclusiva di cui al secondo comma dell’art. 117.

In questo senso, non si può trascurare la nuova portata dell’art. 117, e della previsione, in esso contenuta, di un criterio di ripartizione vera e propria della funzione legislativa tra Stato e Regioni, da cui discende la trasformazione da regola ad eccezione della potestà dello Stato di dettare limiti all’esercizio delle potestà legislative regionali.

Da questo principio, che costituisce ormai parte integrante dei principi contenuti nel titolo I della Costituzione, deve desumersi che non è più compatibile con il quadro costituzionale la individuazione in via interpretativa di ulteriori poteri statali che non siano strettamente riconducibili alle competenze riservate allo Stato dall’art. 117, secondo comma.

E’ quindi in questa disposizione (come, probabilmente, nell’art. 120) che va eventualmente ricercato il fondamento di un intervento dello Stato a fini di tutela delle esigenze dell’unità dell’ordinamento, che potrà quindi avvenire ormai solo nella forma dell’esercizio di potestà legislative in quelle materie (o meglio, ambiti trasversali) individuati dall’art. 117 secondo comma, che più sembrano rispecchiare questa esigenza di salvaguardia dell’unità, come quella della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, o quelle della “tutela della concorrenza” o della determinazione delle “funzioni fondamentali di Province, comuni e città metropolitane”.

 

C)    Lo Stato non può emanare disposizioni regolamentari in materie diverse da quelle di sua competenza legislativa esclusiva. I regolamenti statali vigenti in materie regionali sono in ogni caso recessivi rispetto a norme di legge o di regolamento regionale.

 

D)    Lo Stato nelle materie di legislazione concorrente deve limitarsi all’emanazione di disposizioni legislative di principio e non può emanare alcuna disposizione diversa da quelle di principio; la norma  costituzionale è, sul punto, chiarissima, dando vita ad una vera e propria separazione di competenza fra Regioni e Stato: la potestà legislativa di regolazione anche in tali materie spetta alle Regioni, spettando allo Stato esclusivamente la determinazione dei relativi principi fondamentali.

 

E)     Le Regioni possono attivare da subito la potestà legislativa generale residuale di cui al comma 4 dell’art. 117 Cost. Gli unici limiti che questa incontra sono quelli stessi stabiliti nella Costituzione sia per la legislazione statale che per quella regionale (del tutto quindi equiordinate): rispetto della Costituzione stessa e dei vincoli relativi all’ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali. Nessun altro limite è posto in Costituzione e nessun altro limite può essere quindi ipotizzabile (tanto meno limiti elaborati in via giurisprudenziale o di prassi) vigente il pregresso, radicalmente diverso ordinamento costituzionale nei rapporti Stato-Regioni.

 

F)     Le Regioni possono attivare da subito anche la potestà legislativa concorrente per le materie di cui al comma 3 dell’art. 117, desumendo eventualmente i principi fondamentali dalla legislazione vigente. L’opportunità di una norma statale che indichi i principi della materia non è, infatti, ostativa né propedeutica alla approvazione di leggi regionali in materia, essendo palesemente inaccettabile che l’esercizio di potestà legislative alle Regioni voluto dal legislatore costituente possa essere condizionato, nella sua effettività, dall’eventuale inerzia del legislatore statale ordinario nell’esercitare la propria potestà di determinare i principi . Qualora in una materia non vi sia normativa da cui desumere principi, in aderenza a quanto già accadeva nell’ordinamento previgente, le Regioni possono comunque legiferare. La potestà legislativa concorrente regionale, oltre agli eventuali principi stabiliti dalla legge statale, non troverà altri limiti che quelli stabiliti per la legislazione esclusiva: nessun altro limite specifico è infatti indicato in Costituzione e nessun altro limite è quindi ipotizzabile, a pena di invalidare l’intero impianto costituzionale di equiordinazione tra leggi statali e leggi regionali. E’ compito della Cabina di Regia ricercare le soluzioni idonee a comporre eventuali diversità di interpretazione, che si manifestino in ordine alla delimitazione dei confini tra poteri dello Stato e poteri delle Regioni nell’ambito delle materie concorrenti.

 

G)    Nella disciplina delle materie in cui lo Stato ha potestà legislativa esclusiva è tenuto comunque a garantire il nuovo assetto delle competenze amministrative di cui all’articolo 118 (competenza amministrativa ordinariamente attribuita ai Comuni, salve esigenze di esercizio unitario che impongano, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, una diversa allocazione- Province, Regioni e, solo in ultima analisi, Stato).

Lo Stato e le Regioni nell’ambito delle rispettive potestà legislative sono tenuti comunque a garantire il nuovo assetto delle competenze di cui all’art. 118 della Costituzione.

 

H)    Le Regioni ritengono che, l’operatività della riforma costituzionale e l’assunzione delle nuove competenze legislative da parte delle stesse sarebbe vanificata qualora non si procedesse alla rapida attuazione di quanto previsto dal nuovo articolo 119, i cui punti salienti sono riportati nello specifico documento allegato.

 

I)       Le Regioni attribuiscono una rilevanza fondamentale al nuovo ruolo che ad esse viene riconosciuto dalla riforma costituzionale nel quadro europeo e internazionale. In particolare, il nuovo testo dell’art. 117 contiene importanti innovazioni anche per quanto concerne la partecipazione delle Regioni alla cd. fase ascendente e discendente del diritto comunitario, ovvero alla elaborazione degli atti comunitari ed alla loro esecuzione nell’ordinamento interno.

La riforma costituisce l’occasione per una profonda rimeditazione dei meccanismi di partecipazione attuali, per un superamento dei loro limiti intrinseci, già da tempo evidenziati dalle Regioni. Tramite questa disposizione – che riconosce alle Regioni un vero e proprio diritto, e correlativamente impone allo Stato l’obbligo di creare la condizioni affinché la partecipazione delle Regioni al procedimento decisionale europeo sia effettivo – le Regioni hanno piena legittimazione a pretendere la presenza di propri rappresentanti sia nelle fasi istruttorie preliminari alle decisioni delle istituzioni comunitarie sia nella fase decisionale in sede di Consiglio, sulla scorta delle esperienze di altri paesi europei, quando sono in discussione provvedimenti afferenti materie di competenza regionale; potrebbe altresì farsi promotrice, per il tramite dello Stato, di iniziative volte all’attuazione delle riforme, da lungo tempo prospettate, delle misure previste dal Trattato UE in tema di partecipazione delle Regioni, tramite la richiesta di inserire propri rappresentanti nella delegazione nazionale che parteciperà alla Convenzione preparatoria della Conferenza Intergovernativa per la revisione dei Trattati.

 

 

            Roma, 6 dicembre 2001